Udine, 18 aprile 1998
 
Il simile e l’identico

 

di Giorgio Giacometti

 

 

Vi è chi afferma che per dimostrare che due cose sono simili occorre mostrare che almeno alcuni dei loro elementi sono identici. Un triangolo, per esempio, si dice simile a un altro quando l’ampiezza dei suoi angoli è rispettivamente identica a quella degli angoli dell’altro triangolo, mentre la lunghezza dei lati è differente.

Possiamo tuttavia osservare. Chi afferma che per dimostrare che due cose sono simili occorre mostrare che almeno alcuni dei loro elementi siano identici, considera l’idea del simile come derivata dall’idea di identico. Ora possiamo chiedere: affinché il simile possa derivare dall’identico il simile deve essere, a sua volta, simile all’identico o dissimile rispetto ad esso?

E’ chiaro che il simile può derivare dall’identico solo perché è simile ad esso. Se infatti il simile venisse preso in esame in quanto è dissimile dall’identico non sarebbe possibile affermare, da questo punto di vista, che due cose sono simili perché possiedono elementi identici. In che modo, infatti, il fatto di possedere elementi identici potrebbe rendere due cose simili se l’idea di simile fosse dissimile da quella dell’identico, cioè non avesse nulla a che fare con essa?

Sembra, dunque, che il simile possa derivare dall’identico solo perché è simile ad esso. Ma la tesi è che due cose sono simili quando possiedono elementi identici. Quale elemento del simile sarebbe dunque identico a un elemento dell’identico affinché il simile possa essere dimostrato simile ad esso?

Per dimostrare che il simile è simile all’identico occorrerebbe dunque scomporre l’uno o l’altro o entrambi in elementi identici. Ma in quali elementi si può scomporre l’identico? Occorre postulare che il simile sia composto almeno di un elemento identico all’identico, ossia che l’idea di simile includa l’idea di identico. Questa, infatti, è il solo possibile elemento che possa essere, a sua volta, identico all’idea di identico considerata (per così dire dal di fuori) come simile all’idea di simile.

Il simile risulterebbe così composto di ciò che in esso è identico all’identico e di ciò che in esso non è identico all’identico, qualunque cosa esso sia. Ora, ciò che fa del simile appunto il simile e non l’identico sarà appunto ciò che in esso - qualunque cosa sia - non è identico all’identico. D’altra parte esso è simile all’identico per ciò che in esso è identico all’identico. Bisogna, dunque, concordare che ciò che fa del simile il simile e non l’identico non è ciò che fa del simile il simile all’identico, ma ciò che lo fa appunto il simile. Ora, che cosa fa del simile il simile è appunto ciò che in esso non è identico all’identico, ossia ciò che in esso non è simile a ciò di cui è simile (l’identico). E’ dunque qualcosa che non conosciamo -  e non già ciò che in esso vi è di identico ad altro - ciò che, distinguendo il simile, dall’identico ne fa un simile.

D’altra parte se il simile è simile all’identico per quell’elemento che in esso è identico all’identico, allora l’identico sarà a sua volta simile al simile per quell’elemento che in esso è identico al simile. L’identico, dunque, deve avere un elemento identico al simile per essere simile al simile. Ed è logico che se il simile è simile all’identico anche l’identico deve essere simile al simile. Ma se l’identico include un elemento identico al simile, questo, essendo identico al simile, conterrà a sua volta almeno due elementi, uno identico all’identico (per cui il simile è, a sua volta, simile all’identico) e uno non identico all’identico (per cui il simile è il simile e non l’identico). L’elemento del simile contenuto nell’identico che è identico all’identico conterrà a sua volta due elementi e così via all’infinito.

Si è, dunque, dimostrato che se si afferma che due cose sono simili quando possiedono elementi identici si finisce per concludere, antinomicamente, che ciò che, in ultima analisi, fa del simile il simile è proprio ciò che in esso non è identico a ciò a cui è simile, mentre quegli elementi che nel simile sono identici all’identico si decompongono all’infinito.