- Nel dialogo sull’accettabilità o meno della stepchild adoption hai sostenuto, in buona sostanza, che il modo in cui una coppia o una famiglia debba essere formata sia una questione culturale. Ma a me pare, invece, che vi sia un solo modo naturale in cui famiglie e coppie possano essere formate: le coppie possono essere solo eterosessuali, perché solo tali coppie sono feconde; la famiglia scaturisce, naturalmente, dalla fecondità di una coppia eterosessuale.
In altre parole, a tuo parere, non si può fare che una coppia sia omosessuale o una famiglia sia costituita da due mamme (o due papà) e uno o più bambini, per la stessa ragione per cui non si può fare che un triangolo abbia quattro lati. È così?
- Esattamente. Si tratta di una verità inconfutabile.
Inconfutabile secondo chi?
- Ad esempio secondo la Chiesa cattolica.
E la Chiesa cattolica non potrebbe errare?
- Ma che dici? La filosofia ti ha “mal educato”. Se dubiti anche del Magistero della Chiesa, che cosa ti resta da credere? Cadi in un relativismo senza speranza…
Al contrario. Qui si annida un equivoco in cui cadono oggi tanto i credenti, quanto i non credenti.
- Quale?
Molti, per “combattere” quello che considerano il “dogmatismo” della Chiesa (o altri cosiddetti “fondamentalismi”), sostengono una forma di cosiddetto “pensiero debole”, secondo il quale sarebbe finita l’epoca della “metafisica” e della “verità” forti, proclamate da questa o quella istituzione (o da questo o quel partito).
- Credevo che tu fossi su questa linea.
Assolutamente no. Questa prospettiva è autocontraddittoria, come hanno ben evidenziato le classiche confutazioni del relativismo. Se nulla è vero, non può essere vera neppure la negazione della verità. Ma c’è un’implicazione ancora più grave…
- Quale?
Se ci rifletti, quest’atteggiamento sembra suggerire che, in fondo, la Chiesa fosse (e sia) effettivamente depositaria di qualche verità, con la V maiuscola; di cui forse si ha paura o che, come dice San Paolo nella Lettera ai Romani (1, 18-21), non ci fa forse comodo credere, per poter “commettere peccato”. Per paura della Verità (di esserne giudicati), la si nega e ci si rifugia nel relativismo, senza avvedersi delle sue contraddizioni.
- Ma tu sembravi non credere alle verità proclamate, ad esempio, dalla Chiesa. Non è anche questa una forma di relativismo?
Nient’affatto. Fino a prova contraria la Chiesa, come chiunque altro, esprime soltanto “opinioni”. Non a caso essa stessa li riconosce come dogmi (che in greco significa “opinioni”) e invita ad avere fede in essi (proclamando, ad esempio, il Credo niceno-costantinopolitano). Posso anche credere a ciò che la Chiesa proclama, ma so, appunto perché vi credo, che di “credenza” od “opinione” si tratta. Non posso spacciare per dimostrabilmente vero ciò che è soltanto creduto tale.
- Ma questo non è, appunto, relativismo? Sostenendo che la Chiesa proclami solo “opinioni” dubiti della loro verità.
Dubitare non è negare. Vi si può credere, dubitando. Ma, nel dubbio, si può preferire alcune opinioni ad altre, sulla base di argomentazioni che ci appaiono più convincenti di altre. Quello che non si può assolutamente fare è spacciare come verità universali, valide per tutti, ciò che tu o io crediamo che sia vero.
- Ma come fai a credere che sia vera una cosa (per esempio l’esistenza di Dio), senza credere che essa sia vera per tutti.
Certo, se Dio esiste, esiste per tutti. Ma “gli altri”, che non se ne avvedono, possono liberamente continuare a non crederci. Non posso rimproverarli di non “accettare la verità”, poiché non ho nessun modo per dimostrargliela. E questo vale anche per ciò che tu ritenevi “naturale” (come la famiglia “tradizionale”). Forse le cose stanno veramente come tu e la Chiesa sostenete. Forse la famiglia tradizionale è davvero naturale. Il problema è che non appare possibile dimostrarlo a chi non è d’accordo con voi. Si può solo tentare di persuadere gli “avversari” attraverso argomentazioni ad hominem, cioè che facciano appello alle premesse da cui questi stessi avversari muovono (per esempio i principi della Costituzione Italiana).
- Ma questa non è appunto l’apoteosi del relativismo?
Al contrario. Posso riconoscere che la mia è soltanto un’opinione perché
- la considero vera, pur non potendo dimostrare che essa sia tale;
- riconosco una verità “assoluta”, che trascende la mia opinione, proprio perché riconosco che la mia è soltanto un’opinione che non coincide senza residui con quella “verità” che pure le attribuisco.
Pertanto è impossibile credere a qualcosa senza presupporre, a differenza dei relativisti, la verità:
- come qualità che si attribuisce alla propria credenza e, insieme,
- come ciò che, se la credenza fosse dimostrata, la renderebbe un sapere (universalmente riconosciuto).