Nella sezione TEORIA di questo sito (in particolare nella sotto-sezione FISICA) intendo svolgere (e in parte ho già svolto) il programma seguente.
- Innanzitutto, intendo mostrare la legittimità di un’interpretazione “olografica” dell’universo fisico (secondo le vedute di David Bohm, che evocano gli illustri precedenti delle filosofie monistiche di Cusano e Bruno) a partire dal paradosso EPR: ogni cosa sarebbe in connessione (entanglement) con ogni altra (implicata in ogni altra), come in un enorme organismo piuttosto che come in una gigantesca macchina inerziale. In tale organismo vigerebbero sia una causalità diacronica, legata alla manipolabilità soggettiva degli eventi e classicamente contraddistinta dalle quattro dimensioni “efficiente”, “finale”, “materiale” e “formale”, sia una quasi-causalità sincronica (per la quale si possono evocare la nozione junghiana di sincronicità, l’entanglement quantistico, la nozione di “risonanza morfica” ecc.)
- Intendo, correlativamente smontare il paradigma meccanicistico approfondendo il mistero della coscienza. Nessuna spiegazione fisicalistica e/o evoluzionistica della coscienza appare convincente.
- Vorrei, quindi, approfondire virtù e limiti della nozione di “selezione naturale” non solo in campo biologico: si dovrebbe riuscire a mostrare o che la stessa nozione di “selezione”, sorprendentemente, tradisce un cripto-finalismo (“selezione, cioè scelta in vista di che cosa?”, “da parte di Chi?, di una Natura teomorfa?”) o che va integrata da altre nozioni (quali: le cause finali e formali, correttamente intese, secondo un importante passo della Fisica di Aristotele, privo di riferimenti teologici; l'”attrattore” in senso matematico; il “creode” in senso biologico; le “onde convergenti” e la “sintropia” di Fantappié ecc.).
- A partire da tale complessa indagine vorrei formulare e difendere l’ipotesi che la Natura sia pervasa da una “quinta forza”, di natura essenzialmente psichica, variamente denominata: “libido“, “èros“, “orgone”, “kundalini“, “prana“, “ki“, “campo morfogenetico“, “élan vital“. Si tratta di rendere conto sinergicamente di diversi processi, tra loro intrecciati: lo sviluppo dei viventi dal genotipo al fenotipo, la spinta irresistibile all’accoppiamento e alla riproduzione, la tendenza, non solo dei viventi, a generare il bello e la forma, l’evoluzione delle specie, l’emergenza di una serie di proprietà (nei viventi, ma non solo) irriducibili alla rispettiva base fisico-chimica, proprietà tra le quali, in ultimo, l’intelligenza (e, appunto, la coscienza).
- A questo punto posso mostrare il ruolo determinante che la coscienza (a sua volta irriducibile a spiegazioni fisicalistiche) assolve nella spiegazione della manifestazione dell’universo fisico, in quanto esso non si riduce a un universo matematico (con particolare riguardo alla “riduzione del pacchetto d’onde” in meccanica quantistica e all’emergenza di proprietà irriducibili in chimica e biologia).
- Sul piano storico-culturale vorrei, a questo punto, confutare l’argomento diffuso tra i positivisti di ogni epoca: lo straordinario successo della scienza e della tecnica nello spiegare, prevedere e pianificare processi dimostrerebbe la veridicità del paradigma meccanicistico che la scienza presupporrebbe. Il punto è che la scienza non si è mai esclusivamente basata su questo paradigma (efficiente nello spiegare solo un certo tipo di processi per i quali esso è “macroscopicamente” sufficiente), ma è stata sempre costretta a ricorrere, in modo più o meno esplicito, a cause di tipo finale o formale (basti pensare alla nozione di “campo di forze“, con il cripto-finalismo che tale nozione comporta, introdotta dai discepoli di Leibniz e a lungo avversata dai “cartesiani puri”).
- Sempre sul piano storico-culturale intendo rivalutare il pitagorismo e il platonismo che hanno ispirato i principali attori delle rivoluzione scientifica moderna (Cusano, Copernico, Bruno, Galileo, Keplero), in continuità con le vedute degli scienziati del mondo antico (Aristarco, Archimede, Erone), capaci di grandi intuizioni e scoperte, ma nient’affatto legati a paradigmi di tipo meccanicistico. In particolare (sulla scia delle epistemologie di Kuhn e Feyerabend, ma anche di Quine) occorre ritornare a un’interpretazione della scienza come attività di costruzione di modelli matematici atti a salvare i fenomeni, al di là di ogni tentazione riduzionistica ed esclusivistica (cioè incline a escludere dal campo del sapere religione, arte, letteratura, filosofia ecc.).
- In questa luce posso finalmente riconsiderare l’intero paradigma (neo)platonico, opportunamente integrato e attualizzato, come del tutto adeguato a (re)interpretare il mondo, in un modo che – certo – può ricordare certa “filosofia” New Age (al di là dello sfruttamento commerciale di questi temi, questa “filosofia” va considerata il sintomo del giustificato bisogno di un “supplemento d’anima”), ma ancora più la prospettiva della c.d. Gnosi di Princeton: le cose che appaiono, soprattutto gli organismi viventi, in quanto forme organizzate di energia, non sono che la manifestazione visibile di alcunché di invisibile (modelli eterni, forme a priori, anime ancora disincarnate ecc.) a cui tali forme visibili (anime) tendono, in una lotta continua contro la “materia” (reinterpretata come inclinazione termodinamica verso il disordine e l’uniformità).
- Al fondo (o al di sopra) di tutto non posso che presupporre un Uno -Tutto o un Bene, l’Assoluto, al di là di ogni comprensione, in una parola Dio, di cui ogni cosa è “luce”, manifestazione (secondo il paradigma neoplatonico e advaita vedanta). In particolare ogni “anima”, umana e non umana, ne sarebbe “scintilla”, manifestazione, in una dialettica tra “generazione” e “creazione” che va ben oltre il rapporto che il Credo niceno-costantinopolitano riferisce alla sola relazione tra Cristo e il Padre.
- In questo quadro, fondamentalmente monistico, si può rendere ragione del metodo (fondamentalmente allegorico) con il quale il filosofo (della natura) può e deve accostarsi ai testi, sacri e profani, attraverso i quali gli uomini in ricerca (più o meno ispirati da quel Dio che essi stessi in certo modo “sono”) hanno esposto le loro dottrine filosofiche e religiose (con particolare riguardo al cristianesimo cattolico e ortodosso).
In generale occorre distinguere
- le cose come sono (fondamentalmente una cosa sola, la “cosa in sé” kantiana, il Principio, in cui non si distinguono soggetto e oggetto, spirito e materia ecc.)
- dalle cose come appaiono (in questa o quella prospettiva, la quale illude che si dia almeno una “dualità” soggetto-oggetto)