da Platone, Parmenide

[136a] [Parmenide disse]:- Inoltre è necessario fare anche questo: non solo, dopo aver formulato l'ipotesi se ciascuna cosa sia, osservare le conseguenze dell'ipotesi, ma, se vuoi esercitarti meglio, anche quelle dell'ipotesi se la stessa cosa non sia. [Socrate:] - E come? [Parmenide disse]: - Nel caso, ad esempio, dell'ipotesi che Zenone ha formulato, cioè se molte cose sono, [devi osservare] che cosa è necessario che ne consegua sia per le stesse molte cose rispetto a se stesse e rispetto all'uno, sia per l'uno rispetto a se stesso e rispetto alle molte cose; e, d'altra parte, nell'ipotesi che molte cose non siano, osservare, di nuovo, che cosa ne conseguirà sia per l'uno sia per le molte cose, e per ciascuno di questi due soggetti sia rispetto a se stesso, sia rispetto all'altro. Analogamente, qualora tu abbia formulato l'ipotesi che la somiglianza sia oppure che non sia, [devi osservare] che cosa conseguirà dall'ipotesi per ciascuno dei due casi sia per lo stesso oggetto dell'ipotesi, sia per tutte le altre cose, e per ciascuno di questi due soggetti sia rispetto a se stesso, sia rispetto all'altro. Lo stesso discorso vale per il dissimile, per il moto e per la quiete, per la generazione e per la corruzione, per lo stesso essere e non essere. Insomma, per qualsiasi cosa di cui tu formuli l'ipotesi che sia o che non sia e che sia affetta da qualunque altra affezione, bisogna osservare ciò che ne consegue rispetto a se stessa e rispetto a ciascuna delle altre singole cose, a cominciare da una qualsiasi, a tua scelta, proseguendo con un numero maggiore fino a comprenderle, in tal modo, tutte. E, di nuovo, [devi osservare] queste altre cose rispetto a se stesse e rispetto a ciascun altra cosa, da te di volta in volta scelta, sia che tu abbia formulati l'ipotesi che fosse, sia che non fosse; sempre che tu, esercitandoti in modo completo, voglia contemplare con piena padronanza la verità. [Socrate:] - Parmenide, tu parli di un'opera sconfinata e non la comprendo bene.

[Parmenide disse]: ? Mi capita [136a]come al cavallo di Ibico. Questo cavallo da corsa, ormai troppo vecchio, era sul punto di gareggiare col carro e tremava, per la già lunga esperienza, di fronte a ciò che stava per affrontare; a questo cavallo paragonando se stesso il poeta, "senza desiderio" disse "anch'io così vecchio sono costretto ad affrontare l'amore". Anch'io sento di avere paura, per il ricordo che ne ho, pensando a come farò ad attraversare, a questa età, tale e tanto grande mare di parole. E però devo accontentarvi perché tra l'altro, come Zenone dice, siamo tra noi. Dunque di dove cominciare? [b] Da quali ipotesi partiremo ? Oppure volete, dato che si è dell'avviso di giocare questo gioco serio, che io cominci da me stesso, dalla mia ipotesi, ponendo, intorno all'uno in quanto tale, sia l'ipotesi che l'uno sia, sia l'ipotesi che non lo sia e domandandomi quali ne sono le conseguenze? ? D'accordo, disse Zenone. ? [...]
[137c] ? Bene, disse Parmenide, se l'uno è, non è vero che per nessun'altra ragione l'uno sarà molti? ? Come potrebbe, infatti? - E non deve esistere una sua parte né esso sarà un tutto. ? Perché? - La parte è parte di un tutto, direi. ? Sì.? E il tutto? Non è un tutto ciò cui non manca nessuna parte ? ? Certo. ? E allora in ambedue i modi l'uno dovrebbe constare di parti, sia cioè come tutto, sia avendo parti. ? Per necessità. [d] ? In ambedue i modi pertanto l'uno sarebbe molti e non uno. ? È vero. ? Ma invece deve essere uno e non molti. ? Appunto. ? Non sarà quindi un tutto, né avrà parti l'uno, se vuol essere uno. ? No, infatti. ? Così se non ha parte alcuna non avrà né principio né mezzo né fine; queste infatti sarebbero di già parti sue. ? Giusto. ? Principio e fine senza dubbio costituiscono il limite di ciascuna cosa. ?Come no ? ? E allora l'uno è infinito, se non ha principio né fine. [e] ? Infinito. [...] ? E certo essendo tale non sarà in nessun luogo; non può essere infatti né in altro da sé né in se stesso. ? E come? ? Essendo in altro da sé, sarebbe circondato come da un cerchio da ciò in cui sarebbe e con molti suoi punti verrebbe a toccare in molti punti l'altro, ma, essendo che l'uno è senza parti [...] è impossibile che abbia in molti, punti contatti all'intorno. ? È impossibile. ? Ma, essendo in se stesso, nient'altro sarebbe ciò che lo circonda se non [138b] esso stesso, se appunto fosse in se stesso. È infatti impossibile che qualche cosa sia in qualche cosa che non la circondi. ?Impossibile. ? Saranno dunque cosa diversa il circondante come tale e il circondato; infatti non nella sua totalità, simultaneamente, avrà la doppia funzione di fare e di subire in relazione alla medesima azione. Così l'uno non sarebbe più uno, ma due. ? Infatti. ? Dunque l'uno non è in nessun luogo, non essendo né in se stesso né in altro da sé. ? Appunto.[...]
? E l'uno non sarà identico ad altro né a se stesso, e neppure d'altra parte diverso da se stesso né da altro. ? E come mai? ? Essendo diverso in qualche modo da se stesso sarebbe diverso dall'uno e così non sarebbe uno. ? È vero. ? Essendo poi identico ad [139c] altro sarebbe quell'altro e non sarebbe più se stesso; cosicché non sarebbe ciò che è, cioè uno, ma sarebbe diverso dall'uno. ? Non sarebbe uno, infatti. ? Quindi non sarà identico ad altro da sé né diverso da se stesso. ? Non lo sarà infatti. ? Però non sarà neppure diverso da altro da sé, finché sia uno; non è proprio infatti dell'uno essere diverso da qualche cosa, ciò è proprio soltanto del diverso che è tale rispetto ad altro diverso, non è proprio di nient'altro. ? Giusto. ? Quindi in quanto è uno non sarà affatto anche diverso; o credi di sì? ? No, affatto. ? Ma certo se non è diverso per questa ragione, non lo è neppure a cagione di se stesso, e se non lo è a cagione di se stesso, non lo è nemmeno esso stesso; ed esso non essendo diverso in nessun modo, non sarà dunque [d] diverso da nulla. ? Giusto. ? Né sarà identico a se stesso. ? E come no? ? Perché la natura dell'uno non è certamente anche quella dell'identico. ? E perché? ? Perché non in quanto un qualche cosa viene ad essere identico a qualche cosa viene ad essere uno. ? Ma certo. ? Se si identifica ai molti di necessità viene ad essere molti e non uno. ? È vero. ? Ma se invece non c'è diversità alcuna fra l'uno e l'identico, allora quando un qualche cosa venisse ad essere identico, sempre verrebbe ad essere uno, quando uno, identico. - È proprio così. ? Se dunque l'uno sarà identico a se stesso, non sarà più uno con se stesso [perché l'uno e l'identico sono diversi]; e così essendo uno non sarà più uno. Questo però è impossibile, è impossibile quindi anche che l'uno sia diverso da altro diverso o identico a se stesso. ?Impossibile. ? Così l'uno non potrà essere diverso né identico né rispetto a se stesso né ad altro. ? Infatti non potrà.
? Nemmeno simile a qualche cosa sarà né dissimile, non rispetto a se stesso e non rispetto ad altro. ? E perché ? ? Perché ciò che è affetto da affezione identica, in qualche modo, è simile. ? Sì. ? Ma apparve chiaro che la natura dell'identico è estranea a quella dell'uno [140a]. ?Chiaro, infatti. ? E allora se l'uno è affetto da qualche cosa che è estraneo all'essere uno, sarà affetto dall'essere più che uno, e questo è impossibile. ? Certo. ? Non è dunque possibile in nessun modo che l'uno sia affetto da affezione identica né rispetto ad altro né a se stesso. ? Appare che non è possibile. ? E quindi non è nemmeno possibile che sia simile né ad altro né a se stesso. ? Evidente. ? Né da affezione diversa è affetto l'uno; se così fosse infatti l'uno sarebbe affetto dall'essere più che uno. ?Appunto più che uno. ? E senza dubbio ciò almeno che è affetto da affezione diversa rispetto a sé o ad altro sarà dissimile [b] da sé o da altro, se infatti ciò che è affetto da affezione identica è simile. ? Giusto. ? L'uno dunque, come sembra, l'uno che non è mai affetto da affezione diversa non è in nessun modo dissimile né da sé né da altro. [...]
? E ancora: l'uno pare che possa essere più vecchio, più giovane o della stessa età di qualche cosa? ? Perché no? ? Perché avendo in qualche modo la stessa età in rapporto a se stesso o in rapporto ad altro parteciperà dell'uguaglianza sulla base del tempo e della somiglianza, ma noi dicevamo che l'uno non partecipa di queste, né della somiglianza né della uguaglianza. ? Infatti lo dicevamo. ? E dicevamo anche che non partecipa neppure della disuguaglianza né della dissomiglianza. [141a] ? Certo. ? Come sarà dunque possibile che a queste condizioni sia più vecchio o più giovane o abbia la stessa età di qualche cosa? ? In nessun modo. ? Quindi l'uno non può essere né più vecchio né più giovane né avere la stessa età, né in rapporto ad altro né in rapporto a se stesso. ? Così appare. ? Ma essendo tale l'uno non potrebbe essere assolutamente nel tempo. O non è forse necessario che se un qualche cosa è nel tempo venga ad essere continuamente più vecchio di se stesso ? ? Necessario. ? Ma ciò che è più vecchio non è sempre più vecchio di ciò che ne è più giovane ? ? Come no? [b] ? Allora ciò che continuamente viene ad essere più vecchio di se stesso deve insieme venir ad essere anche più giovane di se stesso, se deve esserci qualche cosa di cui venga ad essere più vecchio. ? Che dici? ? Questo. [...] "Più vecchio" è differenza relativa a "più giovane"' e non ad altro. ? È così. ? Quindi ciò che viene ad essere più vecchio di se stesso è necessario che venga ad essere simultaneamente anche più giovane di se stesso. ? Evidente. ? Ma non può divenire per più tempo di quello che è il suo tempo né per meno tempo di questo, ma per lo stesso tempo che è il suo tempo deve divenire e essere, essere divenuto, essere per essere [rispettivamente più vecchio e più giovane di se stesso]. ? Anche questo è infatti necessario. ? Dunque è pure necessario, sembra, che tutto ciò che è nel tempo e [d] che partecipa del tempo, abbia insieme la stessa età di se stesso e venga ad essere pure più vecchio di se stesso e più giovane insieme. ? Può essere proprio così. ? Però all'uno non appartiene nessuna di queste affezioni, noi lo dicevamo. ? No di certo. ? Non partecipa del tempo quindi e non è in nessun tempo. ? No di certo, il discorso vuole così. ? Ebbene? L' "era"', l' "è venuto ad essere"', il "veniva ad essere" non ti pare significhino la partecipazione al tempo passato ? ?Certo. ? E [e] il "sarà", il "verrà ad essere", il "sarà venuto ad essere" non si riferiscono al tempo del poi? ? Sì. ? E l'"è", il "viene ad essere" non si riferiscono al presente? ? Certo. ? Se dunque l'uno non partecipa per nulla a nessun tempo, allora non è mai venuto ad essere, non veniva ad essere, non era mai, non è venuto ad essere ora, non viene ora ad essere, non è ora, non verrà ad essere, non sarà venuto ad essere, non sarà. ? Verissimo. ? C'è oltre a questo qualche altro modo di partecipare all'essere? ? Non c'è. ?Quindi l'uno per nessun modo vi partecipa. ? Appare di no. ? E allora per nessun modo l'uno è. ? A quanto pare. ? Non è tale quindi da essere uno; se fosse infatti esso sarebbe e parteciperebbe all'essere, ma a quanto pare l'uno né è uno né è assolutamente, se bisogna proprio credere a questo discorso. [142a] ? Può darsi. ? Ciò che non è, questo non essere, può avere qualche cosa che sia sua o che gli sia propria? ? E come? ? Quindi non c'è di esso né nome né discorso né scienza né sensazione né opinione. ? Pare di no. ? Non c'è quindi modo né di nominarlo né di farlo oggetto di un discorso né di opinare su di esso né dì conoscerlo, non c'è niente fra le cose che sono che ne abbia sensazione. ? Sembra di no. ? È proprio possibile dunque che a questa la situazione dell'uno ? ? A me pare di no.

Vuoi dunque che noi ricominciando da capo [b] ritorniamo di nuovo alla ipotesi, e vediamo se in tal modo ritornando indietro ci appaiano conclusioni diverse? ? Sono completamente d'accordo con te. ? Se dunque l'uno è bisogna accettare di ciò le conseguenze, quali che siano, quelle che ne derivano per l'uno ? Queste noi le dobbiamo accettare, non credi ? ? Certamente. ?Vedi allora dapprincipio. Se l'uno è, è possibile che sia senza partecipare dell'essere? ? Non è possibile. ? Ma anche l'essere dell'uno sarà senza essere identico all'uno; altrimenti infatti esso non sarebbe l'essere dell'uno, né questo (l'uno) ne parteciperebbe, ma sarebbe equivalente dire [c] che l'uno è e che l'uno è uno. Ora invece non è questa la nostra ipotesi, se l'uno è uno quali sono le conseguenze necessarie, ma se l'uno è. Non è vero? ? Senza dubbio. ? Quindi noi presupponiamo che l'"è" significa qualche cosa di altro dall'uno? ? Necessariamente. ? Se dunque uno afferma sinteticamente che l'uno è, non avrà altro significato questa proposizione se non questo: che l'uno partecipa dell'essere? ? Non altro. ? Diciamo dunque ancora: se l'uno è, quali ne sono le conseguenze? Vedi se non è necessario che questa ipotesi non significhi altro se non che l'uno è tale da constare di parti. ? E [d] come? ? Così: se l'"è" si dice dell'uno che è e l'"uno" di ciò che è uno, e non sono la medesima cosa l'essere e l'uno, ma si riferiscono a quella stessa cosa che è l'oggetto dell'ipotesi posta, l'uno che è, non ti pare allora necessario che un tutto sia l'uno appunto che è e che ne vengano ad essere parti l'uno e l'essere? ? Necessario. ? Diremo dunque che ciascuna di queste due parti è solo parte, oppure bisogna dire la parte, parte del tutto? ? Parte del tutto. ? Dunque ciò che è uno è un tutto ed ha parti. ? Inevitabilmente. ? E allora? Ciascuna di queste due parti dell'uno che è, "l'uno" e "ciò che è" [e], è manchevole all'altra, 1"'uno" alla parte "ciò che è" e "ciò che è" alla parte "uno"? ? Non è possibile. ? E allora nuovamente anche ciascuna delle due parti involge sia l'uno sia ciò che è, e la parte risulta a sua volta almeno dì due parti e per lo stesso discorso sempre così, qualsiasi parte ne venga ad essere include in sé sempre queste due parti; l'uno infatti sempre ha con sé ciò che è, [mentre] ciò che è, sempre, ha con sé l'uno; ed è pertanto necessità, [143a] che, infinitamente sdoppiandosi, non sia mai uno. ? È assolutamente necessario. [...]
? Ma possiamo dire che l'uno partecipa anche del tempo ed è e viene ad essere più giovane e più vecchio di sé e degli altri, e dire pure che non è né viene ad essere più giovane né più vecchio di sé e degli altri pur partecipando del tempo? ? Come? ? Se l'uno è, gli appartiene l'essere. ? Sì. ? Che altro è questo "essere" se non partecipare all'essere nel tempo presente, così [152a] come 1'"era" vale partecipare all'essere nel tempo passato e il "sarà" nel futuro? ? È così infatti. ? Se dunque partecipa dell'essere, partecipa pure del tempo. ? Senza dubbio. ? [...] ? Per tutto quanto abbiamo detto dunque l'uno è e viene ad essere più vecchio e più giovane rispetto a sé ed agli altri e non è e non viene ad essere né più vecchio né più giovane rispetto a sé ed agli altri. ? Perfetto. ? Ma perché l'uno partecipa del tempo e del venire ad [d] essere più vecchio e più giovane non si deve ammettere che partecipi del "prima " e dell'"ora" e del "poi", se partecipa del tempo? ? Necessariamente. ? E così l'uno era ed è e sarà e veniva ad essere, viene, verrà ad essere? ? Come no? ? E ci può essere dunque e c'era e c'è e ci sarà qualche cosa relativo ad esso e di esso? ? Indubbiamente. ? E quindi scienza, opinione e sensazione, se è vero che noi ora esercitiamo tutto ciò nei suoi confronti. ? Dici bene. ? Ed ha nome e v'è un discorso dell'uno, quindi, ed è oggetto dell'essere nominato [e] e trattato nel discorso; e tutto quanto appartiene a questo piano ed è valido per le altre cose, questo anche per l'uno è valido. - Totalmente giusto quello che tu dici. [...]