[Socrate interroga il giovane matematico Teeteto intorno alla questione che
cosa sia la scienza o conoscenza. Al dialogo partecipa anche il maestro di
costui, il matematico Teodoro, discepolo a sua volta del sofista Protagora]
(151d) TEET.: Ebbene, Socrate, visto che mi esorti così, non sarebbe bello che
non mi sforzassi di (e) esprimere quello che ho in mente. A me dunque sembra
che chi ha scienza di qualcosa, di questa cosa ha sensazione; anzi, ora come
ora, la scienza non mi pare altro che sensazione. [...] SO.: Non mi sembra
affatto da disprezzare questa definizione (152a) di scienza; anzi, è quella che
dava anche Protagora. Però Protagora diceva la cosa in modo un po' diverso:
"Di tutte le cose misura è l'uomo: di quelle che sono, che sono, di quelle
che non sono, che non sono". Hai letto anche tu il suo libro? TEET.: Sì, e
molte volte. SO.: E non viene dunque a dire questo, che ogni cosa, come mi
appare, così anche è per me, e come appare a te, così è per te; e uomo sei tu e
uomo son io. TEET.: Sì, è così che dice. (b) SO.: Ed è probabile che un uomo
così saggio non dica cose senza senso; dunque, seguiamolo. Non accade forse
talvolta che, quando soffia il vento, uno ha freddo e l'altro no? oppure uno ha
freddo un po' e l'altro molto? TEET.: Sì, certo. SO.: E quel vento allora, in
se stesso, lo diremo freddo o non freddo? o diremo con Protagora, che per chi
ha freddo è freddo, per chi non ha freddo, no? TEET.: Direi di sì. SO.: Oppure
che così, freddo e non freddo, appare? TEET.: Sì. SO.: Ma questo
"appare" vuol dire "averne la sensazione"?TEET.: Sì, certo.
(e) SO.: Apparenza e sensazione, dunque, coincidono, per il caldo e per le
altre qualità del genere: e per questo può darsi che ogni cosa sia per ciascuno
così. come la percepisce coi sensi. TEET.: Così sembra. SO.: Ma una sensazione
è sempre di ciò che è, e quindi non è falsa. TEET.: chiaro.
SO.: Per le Grazie! Gran sapiente questo Protagora, che al popolo diceva
enigmi, e ai suoi discepoli la verità. (d) TEET.: Cosa vuoi dire, Socrate? SO.:
Te lo dirò, ché non è dottrina da poco. Dunque: niente, di per sé, è uno; e a
niente si può attribuire una determinazione o una qualità: se lo si dice
grande, apparirà anche piccolo, se pesante, leggero, e così per tutto, perché
niente è uno, né ha precisa determinazione o qualità. Tutto ciò che noi diciamo
che è, diviene perché muta luogo, si muove, si mescola con altro; e perciò non
è corretto dire che è, (e) perché niente mai è, ma sempre diviene. E i su
questo punto tutti i sapienti, ad eccezione di Parmenide, bisogna dire che
concordano: Protagora, Eraclito, Empedocle e i poeti più grandi. [...] (153e)
TEET.: Come dici? SO.: Seguiamo l'affermazione che niente in sé e per sé è uno.
Nero e bianco e ogni altro colore, allora, ci appariranno generati
dall'incontro degli occhi con qualcosa che si muove verso essi, e ciò che
(154a) diciamo questo o quel colore non sarà né ciò che va verso gli occhi, né
gli occhi, bensì qualcosa che si genera tra essi e che si genera in modo
peculiare per ciascuno. O non vorrai sostenere che un colore si presenti a un
cane o a un altro animale come si presenta a te? TEET.: No, certo, per Zeus!
SO.: E c'è qualche cosa che appaia uguale a un altro uomo e a te? Sei convinto
di questo? O, ancora meglio, sei convinto che neanche a te stesso una cosa
appare la stessa, per il fatto che neppure tu sei mai uguale a te stesso? [...]
(155c) TEET.: Per gli dèi, Socrate, io sono straordinariamente meravigliato da
queste apparenze; anzi talora, se mi metto a pensarci, mi vengono le vertigini.
SO.: È evidente che Teodoro non si è sbagliato a giudicare la tua natura. Quel
che tu provi, l'essere pieno di meravíglia, è infatti proprio del filosofo. Sì,
il principio della filosofia non è altro che questo, e chi ha detto che Iride è
figlia di Taumante [< "thaumazein" = meravigliarsi] non mi
pare abbia sbagliato genealogia. Ma capisci ormai come questi problemi derivino
dalle teorie di Protagora, o no? TEET.: Non ancora, mi sembra, Socrate. [...]
(157b) SO.: Se tutto è come appare, la parola "essere" va eliminata,
anche se noi stessi l'abbiamo usata, per abitudine o per ignoranza. Così dicono
questi sapienti; non solo: ma nemmeno va usato "qualcosa" o
"me" o "questo" né alcun'altra parola che indichi qualcosa
di stabile. Vanno invece adoperate espressioni conformi alla natura delle cose,
e cioè che si generano, si fanno, periscono, si alterano. Se uno infatti rende
stabile qualcosa con la parola, si espone subito a essere confutato. [...] (e)
Allora, Teeteto, ti sembrano di tuo gusto queste cose? TEET.: Non saprei,
Socrate. Non so neanche se tu le pensi o voglia mettere alla prova me. SO.: Ma
caro, non ricordi che io non so [...]? (d) TEET.: Allora domanda.
SO.: Dimmi allora se ti va questa affermazione, che niente è ma sempre diviene,
il buono, il bello, e tutto il resto che abbiamo detto. TEET.: Detto come l'hai
detto, sì. [...] (e) SO.: Resta però da dire dei sogni e delle malattie, e in
particolare della follia. [...] Tu sai che [...] (158a) le sensazioni che si
hanno in queste condizioni sono le più ingannevoli... TEET.: È proprio vero,
Socrate. [...] (b) SO.: E sai anche che si domanda quale prova ci sia per
rispondere se in questo momento stiamo sognando o siamo svegli. [...] TEET.: È
impossibile, lo so. [...] SO.: Infatti, sia nel sonno che nella veglia la
nostra anima sostiene con tutte le forze le opinioni che in quel momento le
sono presenti. [...] TEET.: È proprio così, Socrate. SO.: E anche per le
malattie e la pazzia il discorso è lo stesso, a parte il fatto che non hanno la
stessa durata? TEET.: Esatto. SO.: E allora? La verità sarà determinata dal
tempo più o meno lungo in cui sembra tale? (e) TEET.: Questo sarebbe davvero
ridicolo. SO.: Ma tu hai qualche criterio più chiaro per dimostrare quale tra
le opinioni è vera? TEET.: Non mi pare. [...] (160d) SO.: A queste conclusioni
si arriva sia con Omero, Eraclito e i loro seguaci, per cui tutte le cose si
muovono come in un continuo fluire, sia col sapientissimo Protagora, per cui
l'uomo è misura di tutte le cose, sia con Teeteto, per cui la sensazione è
scienza. Ebbene, Teeteto, vogliamo dire che questo pensiero è tuo figlio appena
nato, generato col mio aiuto, o cosa? TEET.: Così, necessariamente, Socrate.
(161c) SO.: Del resto, anche a me piace molto quel che ha detto Protagora, che
ciò che pare a ciascuno, questo anche è. Mi meraviglia però che all'inizio del
suo libro La verità non abbia detto "di tutte le cose misura è il
porco" o "il cinocefalo" o qualunque altro animale, anche il più
strano, capace di aver sensazioni perché noi lo ammiravamo come un dio per la
sua sapienza, (d) e lui non valeva di più, non dico di un altro uomo, ma
nemmeno di un girino di rana. O come altro dovremo dire? Se per ciascuno è vera
l'opinione che si fa in base alle sensazioni e nessuno sarà capace di valutarla
meglio di lui; se nessuno avrà l'autorità per stabilire se l'opinione di un
altro è vera o falsa, ma ciascuno, come si è detto più volte, potrà avere la
sua, e ognuna sarà giusta e vera: ebbene, se tutto questo è vero, perché mai
Protagora doveva (e) essere sapiente al punto da far da maestro agli altri, e con
grossi compensi, e noi invece dovremmo essere ignoranti e andare a scuola da
lui, se ciascuno è misura della propria sapienza? Come non credere che
Protagora diceva queste cose per adescare il popolo? per non dire del ridicolo
mio e [...] della mia pratica del discutere. Esaminare e cercar di confutare le
opinioni che per gli altri sono vere, non sarebbe infatti una grande, (162a)
anzi una enorme stoltezza, se La verità di Protagora è vera, e non invece uno
scherzo? [...]
(c) TEET. Per Zeus, prima mi sembrava tutto molto ben detto, (d) ora d'un
tratto mi pare il contrario. [...] (163a) SO.: Allora, proviamo a fare una
ricerca diversa. TEET.: Va bene, facciamola. [...] (164a) SO.: Colui che vede,
diciamo, si forma la scienza di ciò che vede: abbiamo convenuto, infatti, che
vista, sensazione e scienza sono la stessa cosa. TEET.: Certo. SO.: Ma colui
che vede, e perciò si è formato la scienza di ciò che ha visto, se chiude gli
occhi se ne ricorda, ma non lo vede più. Non è così? TEET.: Sì. (b) SO.: Ma
questo "non vede" vuol dire "non ha scienza", se è vero che
vedere è aver scienza. TEET.: È vero. SO.: E allora ne viene che chi si è
formato la scienza di una cosa, anche se se ne ricorda, non ne ha scienza,
perché non la vede; il che, se fosse, sarebbe assurdo. TEET.: È proprio vero.
SO.: Dunque, è chiaro che, dicendo che scienza e sensazione sono la stessa
cosa, si avrebbe una conseguenza impossibile. TEET.: Mi sembra di sì. SO.: E
allora, si dovrà dire che altro è la scienza, altro la sensazione. TEET.: Mi pare
di sì. [...] (165e) SO.: Però, tu dirai, Protagora, se fosse qui, direbbe
qualcosa a difesa delle sue posizioni. Vogliamo tentar di farlo noi? TEET.:
Certo!
SO.: Ebbene egli dirà quello che abbiamo già detto noi, (166a) e poi ci
aggredirà con disprezzo: [...] (e) "Tu parli di porci e cinocefali, ma il
porco lo fai tu, e induci a farlo (d) quelli che ti stanno a sentire; ma sbagli
a fare così. Io dico che la verità è esattamente come ho scritto: ciascuno di
noi è misura delle cose che sono e delle cose che non sono, ma c'è un'enorme
differenza tra l'uno e l'altro, e questo proprio perché a uno appaiono in un
modo, a un altro in un altro. E sono così lontano dal negare che esistano la
sapienza e il sapiente, che anzi chiamo sapiente proprio quello che, se a uno
di noi le cose appaiono e anche sono cattive, lo cambia e gliele fa apparire, e
anche essere, buone. E tu, non (e) rifiutare il mio discorso giocando sulle
parole, ma cerca di capire con chiarezza quel che voglio dire. Per esempio,
ricorda ciò che dicevamo del malato, che per lui ciò che mangia sembra ed è
amaro, mentre per chi sta bene è ed appare il contrario. Ebbene: non bisogna
decidere chi è più sapiente (167a), perché questo è impossibile, e nemmeno dire
che il malato è ignorante perché ha una certa opinione, e il sano sapiente
perché ne ha una diversa. Quel che bisogna fare è cambiare uno stato
nell'altro, perché quello di salute è migliore. Così, anche nell'educazione:
bisogna far passare da un modo di essere peggiore a un modo di essere migliore.
Ora, quel cambiamento lo produce il medico, coi farmaci; questo il sofista, coi
discorsi. In effetti, nessuno mai riesce a far avere opinioni vere a uno che le
ha false, perché uno non può pensare cose che per lui non esistono, o cose
diverse dalle impressioni che ha, (b) perché queste sono per lui vere in ogni
caso. Però, uno che, per una certa disposizione dell'anima, ha opinioni
cattive, si può far sì che abbia una disposizione migliore, e quindi anche
opinioni migliori: e sono queste che taluni per ignoranza dicono vere, e io
dico semplicemente migliori di altre, ma più vere no. E i sapienti, caro
Socrate, ben lontano dal chiamarli ranocchi; anzi, li chiamo medici o
agricoltori, [...] Essi infatti introducono, (c) in quelli che si ammalano, al
posto di sensazioni cattive, sensazioni buone e sane, non vere; allo stesso
modo i retori, quelli buoni e sapienti, fanno sì che alle città sembrino giuste
le cose buone invece che quelle cattive. Questo perché per una città è giusto e
bello ciò che essa riconosce per tale; ma è il sapiente a far sì che tali
appaiano non le cose cattive, ma quelle vantaggiose. Per lo stesso motivo,
anche il sofista che sia capace di educare in tal modo i suoi discepoli è
sapiente (d) e merita da loro grandi compensi. E così alcuni sono più sapienti
di altri, ma nessuno ha opinioni false; e tu devi accettare, voglia o no, di
essere misura delle cose, perché quello che ho detto salva la mia
dottrina". [...]
(168c) Questi sono gli argomenti, che porterei a favore di Protagora. [...] Certo,
se fosse qui lui, ne avrebbe portato di più rilevanti. TEODORO: Vuoi scherzare,
Socrate? Hai difeso Protagora con l'energia di un giovane. [...] (169e) SO.:
Sì, però uno potrebbe dire che non avevamo diritto di metterci al posto suo.
Perciò è meglio che ci accordiamo tra noi su questo punto, che non è di poca
importanza. TEOD.: È vero. SO.: Ebbene, (170a) cerchiamo di raggiungere questo
accordo in base alla sua stessa dottrina, per la via più breve. TEOD.: Come?
SO.: Così. Protagora dice che ciò che a ciascuno pare, così anche è per lui.
TEOD.: Questo dice, sì. SO.: Dunque, caro Protagora, anche noi esprimiamo ciò
che pare a un uomo, anzi a tutti gli uomini, quando diciamo che non c'è nessuno
che non creda se stesso più sapiente degli altri in certe cose, ma in altre
crede gli altri più sapienti di sé. [...] (b) Ora, in tutti i casi del genere,
che cosa potremo dire se non che gli uomini pensano che in loro esistano
sapienza e ignoranza? TEOD. : Questo, e nient'altro. SO.: Cioè che ritengono
pensiero vero la scienza, e opinione falsa l'ignoranza? (c) TEOD.: Sì, certo.
SO.: E allora, Protagora, come ci regoleremo con la tua teoria? Dovremo dire
che gli uomini hanno sempre opinioni vere, oppure che le hanno ora vere ora
false? In tutti e due i casi, mi sembra, ne viene che non hanno sempre opinioni
vere, ma sia vere sia false. E difatti, TEODdoro, c'è sempre un seguace di
Protagora, o tu stesso, che non sosterrebbe che un altro è ignorante o ha
opinioni false? TEOD.: Non sarebbe credibile, Socrate. (d) SO.: Eppure, proprio
a questo dovrebbe portare la sua teoria dell'uomo misura di tutte le cose.
TEOD.: In che modo? SO.: Quando tu [...] esprimi un'opinione, questa, secondo
la teoria di Protagora, dovrebbe essere vera; ma per gli altri? [...] Non
succede mille volte che ti oppongano opinioni contrarie, sostenendo che pensi
il falso? (e) TEOD.: Per Zeus, Socrate, mille volte sì. [...] SO.: E allora?
Vuoi che diciamo che in tali circostanze per te la tua opinione è vera, per
quei mille falsa? TEOD.: E' necessario, almeno in base a quella teoria. SO.: E
riguardo a Protagora stesso? Se non avesse pensato che l'uomo è misura [...]
questa verità (171a) non esisterebbe per nessuno, no? Se invece l'ha pensata,
ma i più non sono d'accordo, tu capisci che quanto maggiore è il numero di
quelli a cui non pare, tanto meno essa è [vera] TEOD.: E' inevitabile, se è
vero che è o non è a seconda dell'opinione di ciascuno. SO.: E c'è un'altra
conseguenza, più raffinata: riconoscendo che tutte le opinioni sono vere,
Protagora viene ad ammettere l'opinione dei suoi oppositori, secondo cui lui è
nel falso. TEOD.: Non c'è dubbio. [...] (e) SO.: D'altra parte, Protagora ha
sostenuto che non ogni donnetta o ragazzo è in grado di conoscere ciò che giova
alla sua salute, anzi qui uno si rivela superiore a un altro. TEOD.: E' vero.
[...] (172b) SO.: Il giusto e l'ingiusto, invece, i suoi seguaci insistono che
non hanno una loro esistenza e natura, ma che vero è ciò che sembra ai più, nel
momento e per tutto il tempo che lo sembra; e così concepiscono la sapienza.
Così però passiamo da discorso all'altro, (c) da uno meno importante a uno più
importante. [...]