Dopo avere studiato l’illuminismo e le sue implicazioni strettamente politiche sulle pagine del manuale di Storia e di quello di Filosofia indicate in questa unità didattica (compresi i relativamente brevi testi di Montesquieu, Voltaire, Rousseau e Kant ivi indicati), rispondi al seguente quesito:
- Quali dottrine illuministiche (con particolare riguardo alle dottrine politico-religiose di Voltaire, Montesquieu e Rousseau) furono più direttamente applicate nei diversi regni e territori nei quali si attuarono riforme politiche nel corso del Settecento e quali altre dottrine, invece, non furono immediatamente tradotte in coerenti trasformazioni politico-istituzionali (e dovettero, presumibilmente, attendere le grandi rivoluzioni moderne, americana e francese, per vedersi concretizzate)?
P.S. Il quesito. d’interesse tanto storico quanto filosofico, richiede una risposta articolata e uno studio abbastanza approfondito dell’argomento, al quale puoi tuttavia dedicare, se lo ritieni opportuno, anche le ore nelle quali il docente di Filosofia e Storia, tra il 21 e il 25 marzo, sarà sostituito da docenti supplenti.
Molte dottrine illuministiche vennero applicate nei vari regni durante le riforme del Settecento. I sovrani europei attuarono una serie di riforme per migliorare l’apparato statale, avvalendosi della collaborazione di intellettuali illuministi. Vennero introdotti funzionari specializzati (seguendo l’idea illuminista della divisione del potere a diversi organi che poi negli anni avvenire porterà alla divisione dei poteri in legislativo, esecutivo e giudiziario), riforme fiscali per rafforzare gli eserciti e risanare le casse statali, colpendo anche il clero e i nobili ( riducendo così il potere della nobiltà e della Chiesa). Venne ridimensionato il ruolo della Chiesa, creando uno Stato laico, secondo le idee illuministe. I governi assunsero il controllo dell’ educazione delle classi dirigenti ma non solo (con Federico II, re di Prussia, si rese obbligatoria l’istruzione elementare anche per i contadini), fino a quel momento prerogativa dei gesuiti. In Prussia, Federico II attuò una politica di tolleranza religiosa (pluralismo confessionale). Nell’impero asburgico, l’attività riformatrice di Giuseppe II impresse una nuova connotazione di “dispotismo illuminato”, in quanto si tradusse in un pieno riconoscimento dei diritti dei sudditi ma non rimase esente dalla contraddizione presente nell’ assolutismo illuminato, difatti i sudditi avevano dei diritti ma era il sovrano a sancirli. Molti sovrani infine si avvalsero dell’aiuto di illuministi e si organizzarono molti salotti e caffè, come a Milano, per illuministi.
A differenza di altri, che hanno ecceduto in senso opposto, tu ti sei soffermata molto sull’applicazione concreta dei principi illuministici alle diverse realtà politiche e giuridiche, trascurando un po’ di chiarire queste stesse dottrine.
Voltaire si scagliò contro ogni forma di intolleranza e fanatismo religioso. Egli auspicó ad uno stato laico per garantire una pacifica convivenza basato sulla separazione tra sfera privata e sfera pubblica, regolata da un potere politico assoluto ma “illuminato”. Egli fu dunque lontano da idee populiste ( non aveva fiducia sul popolo). La sua posizione fu quella di un liberale moderato ma sostenitore della monarchia assoluta nella forma “illuminata”. Il caposaldo del suo pensiero politico fu la tolleranza, valore di un’autentica società civile che va esercitata dal governatore praticamente sempre. Egli inoltre accolse favorevolmente la tesi dell’illuminista italiano Cesare Beccaria sull’abolizione della tortura e della pena di morte.
Montesquieu si focalizzó più sull’aspetto politico e compiendo un esame comparativo delle diverse forme di governo (repubblica, monarchia, dispotismo) elaboró la dottrina della separazione dei poteri. Solamente separandoli e attribuendoli a diversi organi dello stato sarebbe stato possibile garantire la libertà ed evitare un regime dispotico.
Rousseau espresse una prospettiva politica e sociale rivoluzionaria. Egli infatti abbandona la visione liberale per giungere ad una critica radicale dei regimi costituiti ed esigendo un mutamento sociale e istituzionale. Propose dunque a fondamento di una nuova società l’eguaglianza; per garantirla il contratto sociale doveva sancire la sovranità popolare e la democrazia, unica forma di governo legittimo, nel quale la libertà del singolo individuo coincide con quella dell comunità.
Voltaire trovó realizzazione delle sue idee politiche nella Prussia di Federico II, apparentemente un re-filosofo. Egli costruì attorno a se un’immagine di monarca tollerante, contrario alla tortura etc anche se molte delle sue decisioni di governo avevano come scopo esclusivo il rafforzamento del regno. Egli attivó una politica di tolleranza religiosa che ammetteva il pluralismo confessionale, consolidando la sua reputazione di principe “illuminato”, proprio come voleva il filosofo francese.
Anche nell’Impero asburgico, inizialmente con Maria Teresa poi con Giuseppe II, vi fu un atteggiamento di generale tolleranza religiosa. In accordo con le idee di Rousseau invece, il sovrano abolì la servitù della gleba e assicuró a tutti i sudditi la piena cittadinanza, arrivando a riconoscere poi i loro diritti. In questo modo si intravede uno “scorcio” di eguaglianza. Giuseppe II inoltre, introducendo un nuovo codice penale, eliminó la tortura, rispecchiando gli auspici volteriani.
Come lui, Pietro Leopoldo, con la riforma del codice penale fece sì che la Toscana fosse il primo stato al mondo ad abolire la pena di morte, oltre alla tortura e alla confisca dei beni del condannato. Le dottrine che invece non trovarono immediata applicazione durante tali riforme furono quelle dì Montesquieu (divisione poteri) e Rousseau (democrazia). Esse verranno poi riprese durante gli eventi successivi.
Ecco, hai unito correttamente la presentazione delle principali dottrine politiche illuministiche con l’illustrazione della loro traduzione in concreti atti politici e giuridici nei diversi Stati, dove tale traduzione si verificò e nei limiti esatti in cui si verificò.
Gli illuministi erano grandi ammiratori del sistema liberale inglese, così lo proposero come modello nel loro programma di riforme politiche per la Francia:
– libertà religiosa;
– Libertà di stampa;
– Abolizione dei privilegi fiscali;
– Limitazione dell’assolutismo regio.
Furono tre i principali illuministi a prediligere questo modello politico:
-VOLTAIRE: aveva fatto conoscere in Francia il sistema parlamentare inglese, rendendosi conto che la società civile francese era più arretrata di quella inglese e che l’eccessivo indebolimento della monarchia potesse degenerare in anarchia; Voltaire inoltre riponeva scarsa fiducia nelle masse popolari, poichè riteneva fossero soggette al dominio dell’ignoranza e della superstizione; per questo motivo un monarca assoluto, ma illuminato, poteva essere il migliore garante del rinnovamento della società. Egli identificava i possibili monarchi illuminati in Federico II e Caterina di Russia.
-ROUSSEAU aveva fatto inizialmente parte del movimento degli illuministi, ma poi se ne era progressivamente allontanato. Nella sua opera egli respingeva l’idea di progresso e incivilimento (progresso verso migliori condizioni materiali di vita e costumi più raffinati e umani) e la contrapponeva con la visione di un’austera comunità repubblicana, nella quale le virtù morali e politiche contavano di più delle scienze, della tecnica e degli artificiosi raffinamenti dei costumi. Propose un modello di Stato in cui il sovrano fosse tutto il popolo e le leggi derivassero dalla volontà generale del popolo. Inoltre elaborò il concetto di sovranità popolare che si riferiva alla capacità degli individui di cogliere l’unico interesse generale, liberandosi quindi dei loro egoismi. In un simile Stato gli organi del Governo erano al servizio dell’intera comunità. Venne anche elaborata la definizione di Stato democratico, in cui la proprietà privata doveva essere subordinata all’interesse generale.
-MONTESQUIEU mise in paragone le diverse forme di Governo (repubblica, monarchia, dispotismo). Secondo lui il sistema di leggi di ciascun Paese ha uno spirito (logica interna); le leggi non sono solo il prodotto del legislatore, ma sono i rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose. Il dispotismo gli appariva come una forma di Governo tipica dei Paesi asiatici, dove era agevolato da tre fattori:
– l’enorme estensione;
– La fitta popolazione;
– La relativa semplicità delle strutture sociali.
Quando tra l’autorità del sovrano e la massa dei sudditi non esistono corpi intermedi dotati di autonomia, il dispotismo è un’ evoluzione inevitabile. Tra le forze sociali intermedie, Montesquieu dava importanza a quelle magistrature supreme che erano i parlamentari. Nel momento in cui queste forze prendessero ogni potere, la monarchia sarebbe degenerata nel dispotismo; Montesquieu giudicava poco adatta per la Francia la forma di governo repubblicana poichè lo spirito repubblicano poteva solo realizzarsi in comunità territorialmente e demograficamente limitate, come Sparta e Roma nell’ antichità. Dell’Inghilterra bisognava imitare la divisione dei poteri (la potenza statale così distribuita non sarebbe stata esposta al rischio dell’assolutismo) in tre funzioni diverse:
– la legislazione (Parlamento, l’emanazione di leggi generali);
– Il Governo (re e Governo, eseguire le leggi e occuparsi dell’alta politica);
– L’amministrazione della Giustizia;
La magistratura sarà pienamente indipendente dal potere del Governo, senza che nessuno dei tre poteri cerchi di usurpare le funzioni altrui, auspicava quindi una monarchia costituzionale.
Hai esposto molto correttamente le principali dottrine politiche illuministiche, ma attenzione! Il quesito chiedeva altro! Prima di scrivere (questo vale soprattutto per le verifiche formali) leggi sempre con attenzione la consegna e cerca di rispondere in modo sintetico, rielaborando personalmente, nella misura del possibile e del sensato, quanto hai di volta in volta studiato.
Buonasera prof,
Un’ attualizzazione dei principi e delle dottrine illuministe si può evidenziare prima di tutto nel momento in cui i sovrani del Settecento si rivolsero per la prima volta dopo anni ai filosofi ( in questo caso filosofi illuministi) per intraprendere le riforme. Questi uomini infatti mostravano un grande intelletto, grande conoscenza in svariati campi e un grande razionalismo. Gli illuministi infatti volevano un profondo rinnovo delle istituzioni, quindi questa collaborazione con i governanti tornava molto utile, dal momento che questi erano visti come una “leva” che poteva rendere possibili le trasformazioni in cui credevano. Un altra applicazione delle teorie illuminate di lui rilevare nella laicizzazione degli organi scolastici, fino a quel momento in mano al clero. Gli illuministi, atei, fondarono altre università o convertirono quelle già esistenti, introducendo materie che avevano un indirizzo più professionale e pratico. Luna delle più grandi teorie illuminate fu messa in atto, cioè quella dell’uguaglianza: si cerco quindi di fare valere il principio di unificazione delle procedure giuridiche e vennero anche eliminate la tortura e la pena di morte.
Nella Germania asburgica si evidenziano grandi cambiamenti di stampo illuminista, come l’editto di tolleranza religiosa e la legge sulla possibilità di contrarre un matrimonio civile e di divorziare. Durante il regno di Giuseppe II vennero anche eliminate le differenze di classe sociale davanti alla legge e venne abolita la servitù della gleba.
Rimani un po’ generica per quanto riguarda le specifiche dottrine che trovarono applicazione politica, ma la risposta è corretta e ricca, comunque, di riferimenti. Che c’entra la Luna?
Nel 700′ presero piede in Europa delle dottrine illuministiche.
Innanzitutto i sovrani attuarono una serie di riforme con l’obbiettivo di migliorare l’apparato statale cercando di fare aumentare le entrate per sostenere spese belliche. Essi si fecero affiancare da intellettuali illuministi che conferivano un attestato di legittimazione culturale dell’autorità del sovrano. Sovrano che con una riforma volta ad una centralizzazione amministrativa toglieva sempre più potere alla nobiltà.
Vi fu poi nell’ambito delle riforme fiscali l’introduzione del catasto che ben rappresenta la razionalità e la trasparenza del pensiero illuminista.
Furono poi messe appunto alcune manovre con lo scopo di ridurre il potere ecclesiastico (che rappresentava un antagonista dello Stato) come ad esempiola riduzione di proprietà fondiarie clericali oppure l’abolizione della compagnia di gesù. In merito a quest’ultima si può affermare che essa rappresentava una potente istituzione in ambito educativo-culturale. Furono quindi creati istituti statali, vennero riformate le università, l’istruzione di base divenne obbligatoria per tutti i cittadini.
Nell’Impero Asburgico poi, Giuseppe II attuò il cosidetto dispotismo illuminato. In pratica egli riconosceva pienamente i diritti dei sudditi (libertà di culto, cittadinanza, abolizione servitù della gleba, reso possibile il divorzio) ma tuttavia erano comunque sanciti dal potere monarchico.
In Italia si può ricordare come il Granducato di Toscana sia stato il primo governo al mondo ad abolire la pena di morte (vedi Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria che lo propose per primo).
Non hai ricordato, però, le fonti dottrinali da cui almeno in parte tali riforme promanavano (p.e. le filosofie di Voltaire, Montesquieu ecc.).
Premetto che essendo stato assente per diversi giorni non penso di avere un quadro chiaro di ciò che è importante sottolineare nel mio commento. Provo comunque a fornire un elaborato in base a ciò che ho potuto leggere nei libri.
È indubbiamente interessante analizzare come l’illuminismo ed i pensieri politico-filosofici e teologici dei suoi pensatori si riflettano in quelle che sono poi le riforme apportate dai diversi sovrani al sistema di leggi e di diritti statale.
A mio parere la concezione di tolleranza di Voltaire è la carta vincente che permette all’Illuminismo di emergere e di affermarsi come uno dei momenti di svolta nella storia dell’umanità. Il principio di tolleranza si sviluppa in diversi ambiti, come quello religioso, dove, attraverso la concezione di un Dio che esiste secondo ragione ed i cui attributi non possano essere stabiliti dall’uomo poiché il concetto di perfezione dell’uomo differisce da quello di Dio stesso (denominata “deismo”) porta ad un progressivo distacco della società dal fanatismo ed in generale dalle guerre religiose, fino a portare alla privazione di diversi privilegi ecclesiastici (diritto di proprietà perpetuo ed inalienabile, esenzione da imposte..) e al ridimensionamento del ruolo istituzionale della Chiesa cattolica, secondo i principi del cosiddetto giurisdizionalismo. Anche in ambito sociale le migliorie furono molte: all’illuminismo dobbiamo la libertà di stampa, o perlomeno un avvicinamento costante al giornalismo moderno; nel ‘700 lo scambio culturale si intensifica, con artisti, scrittori e musicisti che usano incontrarsi in circoli culturali caffè per scambiarsi idee e per trarre ispirazione gli uni dagli altri.
La tolleranza inoltre portò a diverse conquiste nell’ambito dei diritti umani, come possiamo notare per esempio nell’impero asburgico, dove Giuseppe II riconosce i diritti del popolo di fronte al sovrano, che si priva di alcune facoltà, e abolisce la tortura e ogni discriminazione di ceto di fronte alla legge. Nasce inoltre la coscienza di genere femminile e cominciano le battaglie per ottenere maggiori diritti.
Per quanto riguarda Montesquieu, il quale afferma la necessità di separare i 3 poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), non vediamo alcun sovrano prendere questa direzione in modo netto. In questo periodo storico infatti si va verso un assolutismo illuminato, con i sovrani (esempio lampante è Federico II di Prussia) che cercano di accentrare il potere per amministrare con più efficacia. Per osservare la separazione dei poteri, pur ricordando le conquiste inglesi in questo senso, che dimostrano una presa di coscienza maggiore rispetto agli altri Stati, bisognerà aspettare ancora.
Montesquieu però non è l’unico ad aspettare: anche Rousseau, che getta le basi per concezioni future come comunismo e socialismo, non vede il suo principio affermarsi. Nel ‘700 non esiste infatti Stato dove la sovranità sia esercitata direttamente dal popolo che infatti la cede (in prestito o meno, a seconda della corrente di pensiero) al sovrano, il quale si fa carico degli oneri amministrativi e decisionali. Sebbene Rousseau parta da presupposti simili a quelli di Hobbes e Locke (idea di patto, stato naturale dell’uomo ecc.) giunge a conclusioni che forse sono ancora troppo precoci per una società che ha appena cominciato a sperimentare la bellezza dei diritti e della tolleranza.
Anche se sei stato assente, hai svolto davvero un’ottima e circostanziata analisi.