Dopo aver studiato il Rinascimento tanto in Filosofia quanto in Storia, leggendo con attenzione le relative unità didattiche, le pagine di questo sito e del manuale a cui esse rinviano, i testi associati (di Cusano, Pico, Valla ecc.), da scaricare a video o da leggere sul manuale, rispondi al seguente quesito:
- Che cosa a tuo parere ha maggiormente contribuito a sviluppare l’idea, magistralmente espressa da Pico nella celebre Orazione sulla dignità dell’uomo, che ciascuno di noi sia il solo e unico artefice del proprio destino?
A mio parere l’idea che ognuno di noi è artefice del proprio destino si è sviluppata grazie alle signorie, che in Italia hanno portato uno spirito “imprenditoriale”, e grazie all’arrivo di saggi provenienti dall’Impero Romano d’Oriente, che portarono con loro le filosofie antiche.
L’uomo del Rinascimento, infatti, si basa principalmente sulla dottrina del libero arbitrio sviluppata dalla filosofia cristiana, ma poi integrata con parti pagane da Pico, partendo dall’ipotesi che l’uomo, sebbene sappia ciò che è bene, tende a fare ciò che è male.
Pico della Mirandola utilizza l’idea platonica secondo la quale il mondo è creato sulla base di archetipi, integrandola con l’idea cristiana che l’uomo è superiore ai “bruti” ma, essendo di natura indefinita, può anche scegliere cosa essere, dando al libero arbitrio una sorta di “onnipotenza”.
Hai colto l’essenziale.
N.B. L’inclinazione del libero arbitrio al male è retaggio medioevale che Pico e altri mettono in ombra
Un fattore che ha particolarmente influenzato l’idea che ciascuno di noi sia il solo e unico artefice del proprio destino (homo faber fortunae suae) è stato sicuramente il periodo storico in cui si è sviluppata questa idea.
Infatti, in quell’epoca, in Italia, ci fu un periodo di relativa pace che contribuì all’affermarsi delle varie signorie italiane. Queste signorie erano molto dedite all’arte e alla cultura, infatti aprirono numerose scuole ed università in favore di essa.
Un’alto fattore storico importante che contribuì il diffondersi di queste idee (e scuole) fu la caduta di Costantinopoli: infatti molti letterati emigrarono in Italia portando con sé biblioteche ricche di classici grechi (specialmente Platone e Aristotele), i quali portarono nuove idee e dottrine in tutta italia.
Questo periodo di “pace” contribuì alla formazione del pensiero, che iniziò a staccarsi dalla concezione medievale (secondo la quale un uomo era parte di un tutto) per arrivare ad una concezione rinascimentale secondo la quale l’uomo è artefice del proprio destino.
Un particolare studioso e sostenitore di questa nuova teoria fu Pico della Mirandola. Egli, nel suo “Oratio de hominis dignitate”, afferma che Dio ha creato tutto il mondo secondo archetipi (idee platoniche) e una volta concluso il lavoro decise di inventare una creatura capace di apprezzarlo, tuttavia una volta realizzato l’uomo, non avendo più a disposizione archertipi, decise di lasciare all’uomo una propria libertà di essere e diventare ciò che gli pareva. L’uomo quindi, avendo una natura indefinita, ha la libertà di scegliere liberamente ciò che vuole essere.
Buona analisi anche se non molto approfondita.
N.B. I signori promossero libere accademie, mentre le università già esistevano da epoca medioevale (e conservavano spesso una visione medioevale)
Pico nella celebre Orazione sulla dignità dell’uomo afferma: Dio creatore quando fece la Terra diede ad ogni essere un naturale archetipo, tuttavia quando andò a creare l’uomo (ultima creatura), poiché desiderava che qualcuno fosse capace di capire il perché di un’opera sì grande, di amarne la bellezza e ammirarne l’immensità, vide che tutti gli archetipi erano “stati distribuiti” ad altre creature, non restandone nessuno all’uomo.
Stabilì allora che a colui a cui non poteva dare nulla di proprio, fosse comune tutto ciò che unicamente aveva assegnato agli altri; creò allora l’uomo di natura indefinita in modo che potesse determinarsela secondo il suo proprio volere e creasse così il proprio destino senza determinati limiti.
Si, ma la domanda era riferita ai presupposti di tale dottrina
Secondo me una caratteristica che ha contribuito allo sviluppo dell’ idea di Pico è la fusione della filosofia cristiana e delle antiche filosofie pagane che nel rinascimento hanno portato ad avere più fiducia nelle capacità umane. Inoltre come abbiamo visto, Pico della Mirandola, oltre ad appoggiare l’idea platonica che il mondo sia fatto dalle così dette idee platoniche, aggiunge l’idea che l’uomo abbia una natura indefinita e che quindi possa scegliere il suo destino. Questa idea, ovvero quella del libero arbitrio, viene sviluppata anche precedentemente dalla filosofia cristiana, la quale sostiene che l’uomo a causa del peccato originale sappia ciò che è bene ma che a volte voglia fare anche del male.
Hai colto un’intersezione rilevante per spiegare il rinascimento, forse non esclusiva
Credo ci siano tre principali fattori che hanno contribuito a sviluppare questa idea. Il primo fra tutti è la semplice religione cristiana che ha dato un primo assaggio di libero arbitrio,anche se esso è ovviamente molto limitato dalla grazia divina. Il secondo fattore che va a completare il primo è la riscoperta dei testi classici dovuta in parte alla ricerca di questi compiuta da alcuni umanisti e in parte alla caduta di Costantinopoli che ha fatto “emigrare” in Italia alcuni bizantini che portavano con loro testi grechi. Questa influenza filosofica portò a una nuova interpretazione dei testi sacri che liberò il libero arbitrio dal vincolo della grazia divina, mettendo in primo piano, davanti a Dio, la Natura e perciò ponendo l’uomo al centro. Il terzo fattore che va a legare tutto con un filo logico è la teoria dell’infinito, secondo la quale dio essendo infinito si trova ovunque nell’universo e perciò è contenuto in ogni cosa, ciò vuol dire che è in ciascuno di noi; perciò visto che in ognuno di noi c’è Dio abbiamo il “potere” di scegliere il nostro destino.
Hai colto l’essenziale, anche se forse si poteva approfindire il ruolo dell’umanesimo: perché proprio i classici e quei classici? Forse perché consonanti con un certo “spirito” tipico della cultura post-comunale?
A mio parere con l’affermazione del Rinascimento si inizia a instaurare una diversa concezione sull’uomo rispetto a quella del Medioevo dove esso faceva parte di un prototipo e doveva rimanere tale. Inizialmente secondo un modello angloamericano che diceva che ciascuno poteva fare di se stesso quello che voleva e successivamente con il De hominis dignitate di Pico della Mirandola, si inizia a enfatizzare l’idea che l’uomo è l’unico artefice del proprio destino. Quest’idea viene sviluppata da quando l’uomo è considerato intelligente, e non più succube del destino come nel Medioevo, e capace di sfruttare al meglio ogni possibilità che si presenta costruendosi cosi un proprio futuro e quindi un proprio destino.
Valgono gli stessi rilievi fatti a Riccardo la cui analisi sembra la fotocopia della tua
A parere mio una delle caratteristiche del rinascimento che ha contribuito allo sviluppo del pensiero espressoci da Pico è sicuramente l’approccio che le persone e i filosofi dell’epoca hanno sull’età classica, e quindi, sulle antiche dottrine, tra cui anche quella platonica.
Infatti, come abbiamo accennato in classe, per definire il concetto di rinascimento bisogna identificare le sue caratteristiche, quali: una vera riscoperta dell’antico, dal quale creare le nuove basi del rinascimento, poiché cera bisogno di adattare i pensieri (le idee platoniche) con lo sviluppo del Cristianesimo e la concezione dell’importanza dell’uomo in un contesto più divino, cioè in rapporto con Dio.
Non a caso nel celebre passo letto in classe “Orazione sulla dignità dell’uomo”, Pico non si presta solo a dare un pensiero personale, anzi, tramite un rapporto delle idee platoniche (utile come “unità di misura” di tutto ciò che si ha scienza) con il nuovo concetto di archetipi, da al mondo rinascimentale una nuova concezione dell’uomo, dove quest’ultimo non sembra né essere dipendente da Dio (peccato originale, Grazia divina), ma neppure essere superiore ad esso (essendo Dio stesso dimenticato di se stesso), bensì gli conferisce libertà.
In conclusione ritengo che a causa di determinati eventi storici tra cui la caduta di Costantinopoli (che portò alla riscoperta sia delle dottrine filosofiche antiche, sia una concezione religiosa relativamente differente, cose che hanno necessariamente influenzato), il pensiero tipico dell’occidente sia mutato, creando Accademie e cambiando il pensiero di persone di chiesa e personaggi storici importanti (come Lorenzo il Magnifico).
La tua analisi non è affatto chiara. Inizi col richiamare l’approccio agli antichi, poi sottolinei l’originalità di Pico (tra l’altro invocando la nozione di “archetipo” che, invece, è platonica).. Da dove viene l’originalità? In conclusione invece di “stringere” su quanto detto allarghi di nuovo il quadro. Mancano in generale adeguate argomentazioni
A mio parere con l’arrivo del rinascimento la figura dell’uomo viene totalmente capovolta rispetto alla concezione del medioevo: nel medioevo l’uomo faceva parte di un prototipo e doveva rimanere tale mentre nel rinascimento l’uomo, secondo inizialmente un modello angloamericano dove affermava che ognuno poteva fare di se stesso ciò che riteneva più adatto e successivamente con il De hominis dignitate di Pico della Mirandola, divnta l’unico responsabile del proprio destino. Non a caso nel Rinascimento l’uomo viene etichettato come “intelligente” per il semplice motivo che è capace di sfruttare al meglio ciò da cui è circondato costruendosi quindi lui stesso il proprio futuro.
Il “modello angloamericano” (del self made man?) non può precedere, ma viene molto dopo quello rinascimentale a cui alla lontana (forse) si ispira, non fosse altro che per il fatto che le Americhe dovevano ancora essere scoperte! Cmq il quesito chiedeva altro….
Secondo me la nuova concezione dell’uomo come artefice del proprio destino si è sviluppata dal fatto che, con l’inizio del Rinascimento, l’uomo è a conoscenza di essere più intellettuale rispetto agli uomini del Medioevo e che erano schiavi del loro destino, è quindi in grado di costruirsi un proprio futuro/destino sfruttando ogni possibilitá che gli si presenti.
La risposta suona “tautologica”, come dire: l’uomo si scopre artefice del proprio destino perché… si scopre artefice del proprio destino!
A mio parere, uno dei motivi più importanti della nascita del pensiero umanistico è stato il cambiamento avvenuto nel 15 secolo all’interno della Chiesa: il fatto che anche l’autorità religiosa per eccellenza (il Papa) e il suo seguito , cominciasse ad abbandonare la rigidità del credo medievale, per concentrarsi sull’amministrazione del potere temporale e sulle attività artistiche e le humane litterae fu una grande spinta al cambio di pensiero avvenuto in quell’epoca.
Tenendo a mente che gli uomini rinascimentali non si consideravano rivoluzionari, si può capire come il passaggio sia stato graduale e senza un “taglio netto col passato”, ma si può intendere come un evoluzione del pensiero precedente avvenuta anche grazie alla progressiva riscoperta degli autori classici, e della cultura antica. Quest’ultimo fenomeno avrebbe anche fatto evolvere il pensiero stesso di Dio e sembrerebbe essere la principale ispirazione per Cusano e Pico.
Anche la frammentazione politica del territorio italiano dovrebbe aver giocato un ruolo importante perché permise la nascita delle corti e del nuovo mecenatismo, oltre all’interesse competitivo tra i signori di mostrare il loro lustro con opere artistiche a loro dedicate; anch’essi fattori che hanno influenzato la crescita del pensiero che l’uomo possa essere il fautore del suo destino.
A mio parere ciò che ha maggiormente contribuito a sviluppare l’idea che ciascuno di noi sia il solo e unico artefice del proprio destino è l’avvenuta della mentalità rinascimentale. Nel rinascimento infatti ci sono state numerose scoperte come quella del metodo scientifico; scoperte in ambiti di astronomia, anatomia, matematica e chimica; la scoperta delle Americhe e di conseguenza di un nuovo tipo di uomini simili ma allo stesso tempo molto diversi da noi. Tutto ciò ha portato a sviluppare una mentalità più aperta e tollerante nei confronti degli altri, ha smontato alcune teorie della chiesa togliendole autorità e dandone di più agli importanti personaggi scientifici dell’epoca. Essi hanno dimostrato alla popolazione che poteva scoprire cose e una volta verificate cambiare la vita propria e quella degli altri. Questo ha portato un aumento di fiducia negli uomini stessi e nelle loro capacità spingendoli a pensare che sono artefici del loro destino.
A breve parleremo dell’influenza delle scoperte geografiche sulla cultura rinascimentale e poi moderna. Tuttavia, ci sarebbe da chiedersi se tutti questi elementi su cui metti l’accento siano presupposti o piuttosto effetti del cambio di mentalità descritto da Pico. Considera che l’orazione di Pico è del 1486, dunque antecedente alla scoperta dell’America (anche se già i Portoghesi avevano allargato l’orizzonte mentale degli Europei con le loro esplorazioni dell’Africa e dell’Asia). Forse le stesse esplorazioni presuppongono in chi le compiva, ma anche in chi le finanziava (p.e i monarchi spagnoli e portoghesi) un cambio di mentalità rispetto al Medioevo…
Pico sostiene innanzitutto la natura privilegiata dell uomo, il quale si colloca al centro dell universo. Dio infatti, dopo aver creato ogni cosa, decide di dover avere qualcuno che ammirasse tutta la bellezza da lui creata: per questo motivo, creó L uomo. Però ogni archetipo era già stato precedentemente utilizzato, tutto era già stato creato gerarchicamente, quindi Dio diede all uomo una natura indefinita, perché egli potesse liberamente scegliere quale archetipo seguire, non avendone uno prestabilito dalla volontà divina. Se inoltre L uomo é artefice della propria natura, consegue una fondamentale esigenza di autonomia nei suoi comportamenti e nelle sue scelte, privilegiando implicitamente la virtù rispetto alla fortuna.
Rileggi con attenzione il quesito. Ti si chiedeva di riassumere le tesi di Pico? No, ma di individuarne i presupposti…
A mio parere ciò che ha maggiormente contribuito a sviluppare l’idea che ciascuno di noi è il solo e unico artefice del proprio destino è stato per il fatto che ci sia stato un periodo di pace dove si affermarono diverse signorie italiane che aprirono molte scuole ed università. C’è anche stata una rivalutazione della figura dell’uomo; infatti se prima l’uomo nel Medioevo veniva considerato sottomesso dal destino, durante il Rinascimento viene visto come al centro del mondo, intelligente e astuto, tanto da sfruttare nel modo migliore quello che gli offre la natura, riuscendo quindi ad essere artefice del proprio destino. Come dice Pico nella “Orazione sulla dignità dell’uomo” Dio ci ha dato una natura indefinita, così da permetterci di scegliere liberamente che modello di vita seguire.
I riferimenti sono corretti. Tuttavia presterei maggiore attenzione ai nessi logici. Non direi che (dopo il periodo di pace e l’apertura di nuove scuole… non università – attenzione -, ma accademie…) “c’è ANCHE stata una rivalutazione della figura dell’uomo”, ma che tutto questo (in particolare la rinascita dei commerci e il crescente interesse del nuovo ceto borghese per la vita mondana) ha PRODOTTO (DETERMINATO, RESO POSSIBILE ecc.) una rivalutazione ecc. (che poi è quello che emerge dal testo di Pico e di cui il quesito chiedeva quali fossero le premesse).
A mio parere, la visione rinascimentale dell’uomo secondo cui egli è l’unico artefice del proprio destino pone le sue radici sia nel cristianesimo che nel neoplatonismo, introdotto dai dotti bizantini emigrati in Italia in seguito alla caduta di Costantinopoli: secondo il cristianesimo, l’uomo è stato infatti creato a immagine e somiglianza di Dio, ed è quindi posto a un livello di superiorità rispetto agli altri animali e di vicinanza rispetto a Dio; secondo il neoplatonismo, l’uomo è in realtà Dio dimentico di se stesso e può, tramite l’esercizio della filosofia e della dialettica, ritornare alla sua vera natura.
Questi due concetti vengono poi ripresi da Niccolò Cusano, che vede ogni parte dell’Universo contenuta in ogni altra: pertanto, l’uomo contiene Dio e questo, come l’Universo, è infinito e incomprensibile a una mente finita.
Ne deriva quindi la visione antropocentrica che caratterizza il Rinascimento, espressa da Pico della Mirandola nel “De Dignitate Hominis”, secondo cui l’uomo, essendo Dio ed essendo questo al di là di qualsiasi definizione, per transitività è anch’egli privo di una determinata essenza e può pertanto decidere egli stesso se degradarsi verso la natura o innalzarsi verso Dio, la cui esistenza non è esclusa dai rinascimentali ma semplicemente messa in secondo piano rispetto all’uomo.
Ottima analisi. Resterebbe da chiedersi se un ruolo l’abbia svolto anche la nuova civiltà urbana sviluppatasi nei principati italiani.
Tra i tanti elementi che hanno caratterizzato la nascita di questo pensiero, sicuramente possiamo citare la rivoluzione della chiesa avvenuta nel XV secolo, dovuta soprattutto all’abbandono della “rigidità” medievale e all’ aumento di interesse nelle attività artistiche e in amministrazioni politiche “temporali” e quindi non solo “spirituali”. La chiesa aveva già sviluppato una prima idea di questa tesi con Ezechiele, capitolo 18, 20-24: “Colui che ha peccato, e non altri, deve morire. Il figlio non sconta l’iniquità del padre, né il padre l’iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia, e al malvagio la sua malvagità. Ma se il malvagio si ritrae da tutti i peccati che ha commesso e osserva gli ultimi decreti e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticata”. Alla luce di ciò ciascuno è artefice del proprio destino, con l’aiuto del Signore, non è dipendente dal male che quelli prima di lui hanno fatto.
“Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate, a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso egli morirà”. Quindi, secondo la chiesa, in questi passi, noi possiamo cambiare il nostro destino riconoscendo i nostri peccati e seguendo l aiuto “divino”. Anche durante l’Umanesimo e il Rinascimento, soprattutto con la riconsiderazione del rapporto tra virtù e fortuna intese come una nuova visione del destino e dell’uomo in genere, l’uomo è visto come sottomesso al destino, nell’Umanesimo e nel Rinascimento esso è visto come intelligente, astuto e rinato, e perciò capace di utilizzare al meglio ciò che la natura gli offre ed essere dunque artefice del proprio destino. L’evoluzione dei testi della bibbia e la nascita di queste nuove correnti di pensiero sono state la base per la creazione di questo nuovo concetto di ragionamento.
Interessante, anche se un po’ unilaterale, questo richiamo al testo di Ezechiele (non direi però che la Chiesa avesse sviluppato certe idee “con Ezechiele”, come se il testo fosse stato scritto dalla Chiesa, ma, piuttosto, “attraverso una nuova interpretazione di Ezechiele o valorizzando un passo di Ezechiele” ecc.). Tuttavia, ci sarebbe da chiedersi perché in quest’epoca e non in altra la Bibbia venisse letta in un modo diverso. Come abbiamo visto, la Bibbia contiene ogni genere di affermazione, anche tra loro letteralmente contraddittorie. Dunque quello che conta è lo “Spirito” (creduto Santo dai credenti) attraverso cui la si legge. Non sono i testi della Bibbia a evolvere, ma le loro interpretazioni. In ogni caso è rilevante la ripresa in grande stile di una interpretazione non letterale, ma allegorica, platonicamente ispirata.
A mio parere, è la “riscoperta” dell’Antico, in particolare dei testi greci ed ermetici, a contribuire maggiormente all’idea di un uomo capace di fabbricare il proprio destino. Lo studio di questi codici potrebbe aver portato uomini come Pico della Mirandola a mettere in discussione la propria natura, rivisitandola in chiave diversa. Essa sarebbe, dunque, indefinita capace di elevarsi, se esercitata alla virtù, arrivando, anche, a fondersi con Dio, oppure di degenere in qualcosa di “animalesco”.
Senz’altro questi testi hanno giocato un ruolo importante. Probabilmente, però, non avrebbero “colpito” tanto se nel frattempo la cultura urbana sviluppatesi nei comuni e poi nelle corti signorili non si fosse trovata in “consonanza” con i valori mediati da tali “humanae litterae”.
Secondo me, nel rinascimento si ha una riscoperta del valore dell’uomo in primo luogo per la riscoperta degli ideali e delle filosofie antiche (che portarono i filosofi e i pensatori rinascimentali all’ideazione di nuove correnti filosofiche), ma soprattutto per l’indebolimento del potere spirituale della Chiesa che, in quel tempo, si preoccupò maggiormente del mantenimento del suo potere temporale.
La tua risposta riequilibra quella di coloro che, come Alessandro e Riccardo M., mettono l’accento sull’azione di auto-riforma e di modernizzazione della Chiesa (desiderata p.e. da Cusano, ma sostanzialmente fallita, come dimostreranno Riforma protestante e Controriforma cattolica).
Pico dice che noi possiamo scegliere di diventare ciò che vogliamo o santi o bruti e possiamo farlo quasi senza l’aiuto di Dio. Lui con questa affermazione si stacca dalla filosofia Cristiana la quale sostiene che l’uomo fa qualche cosa solo se Dio lo decide invece Pico sostiene che ognuno possa fare di se stesso quello che vuole scrivendo da se il proprio destino è quindi scegliere se essere un “bruto” o santo.
Non ti si chiedeva di riassumere le tesi di Pico, ma di indagarne i presupposti.
A mio parere una cosa in particolare ha portato allo sviluppo di questa idea: il tentativo di riformare la Chiesa. Questo tentativo di riforma della Chiesa si basava sulla riscoperta del cristianesimo delle origini che voleva combattere la corruzione di essa, avvenuto durante il periodo medievale, e che la vedeva più legata ad una visione del uomo in rapporto con Dio. Quindi credo che questo cambiamento abbia migliorato il modo di vedere la Chiesa e l’uomo.
Valgono le considerazioni fatte intorno alla risposta di Riccardo Maestrutti. Forse dobbiamo distinguere due fasi: nella prima dominava l’interesse per la civiltà antica, nella seconda la Chiesa si pose il problema di riformare se stessa, ma in direzioni anche diverse (come dimostra il contrasto tra Erasmo e Lutero).
Secondo me, quello che ha maggiormente influenzato e contribuito a sviluppare questa idea è stato il cambiamento della chiesa da chiesa medievale e antiquata a chiesa modernizzata riguardo all’approccio verso la cultura, le attività artistiche e le humane litterae. Questa diversità di approccio diede un grande contributo per il cambio di idee avvenuto poi di conseguenza. L a nascita delle corti luoghi dove gli intellettuali si incontravano e discutevano sui più vari argomenti e la riscoperta del classico e dell’antico quindi anche di una chiesa antica hanno contribuito all’evoluzione del pensiero ecclesiastico su Dio e sulla religione e sono stati fattori che hanno favorito maggiormente la crescita del pensiero e di conseguenza la tesi esposta da Pico.
Probabilmente tu ti riferisci alle teorie innovative di molti uomini di Chiesa, a cominciare da Niccolò Cusano, per continuare con umanisti che erano anche sacerdoti come Marsilio Ficino… Tuttavia, non dobbiamo neppure sopravvalutare questo aspetto. Le corti erano realtà autonome, promosse dai signori (per ragioni di prestigio) più che dalla Chiesa (se eccettuiamo la corte papale). Inoltre quella che tu chiami “moernizzazione” della Chiesa era anche legata alla profondo crisi iniziata con la cattività avignonese e proseguita con lo scisma d’Occidente. Non dimentichiamo che la stessa Chiesa “moderna” era vista dalla Germania di Lutero come la sentina di ogni corruzione (obiettivamente gli stessi Papi mecenati del Rinascimento erano, spesso, anche nepotisti e corrotti).