Non possiamo concludere il modulo sul Rinascimento senza ricordare il tema delle “utopie” politiche che vi furono concepite, a cominciare dall’Utopia di Tommaso Moro del 1516.
Ma non possiamo ricordare tali utopie senza fare un passo indietro e ricordare la città ideale delineata nella Repubblica di Platone, modello per i platonici e, in generale, i dotti del rinascimento (pensiamo anche alla rappresentazioni prospettiche della città ideale tipiche del Rinascimento), esplicitamente o implicitamente evocata p.e. da Moro, ma anche da Tommaso Campanella nella Città del Sole.
Cfr. questi estratti, questa pagina del sito e la sintesi riportata nel manuale di terza, 1A, U3, cap. 2, § 3, pp. 205-209 fino a I guardiani sono felici incluso.
Sull’Utopia di Tommaso Moro cfr. 2A, U1, cap. 3, § 8, Il giusnaturalismo, p. 36, cc. 1-3; e il testo 2A, U1, P2, T4, pp. 60-71.
Su Campanella e la sua Città del Sole, cfr. 2A, U3, cap. 4, § 5, pp. 48-52; e il testo 2A, U3, P2, T5, pp. 71-74.
Un elemento comune a questi disegni utopici sembra essere il cosiddetto “comunismo” (messa in comune, condivisione delle proprietà) dei beni (e, talora, delle donne).
N. B. Questo comunismo fondamentalmente etico e politico, motivato dall’esigenza che ciascuno consideri come proprio il bene di tutti, va distinto dal comunismo moderno, fondamentalmente economico (teorizzato soprattutto da Karl Marx, come vedremo in quinta), motivato dalla necessità di togliere il potere di ricatto esercitato dai possessori dei mezzi di produzione (campi, fabbriche) nei confronti dei loro dipendenti.
D’altra parte è anche vero che in Moro e Campanella il comunismo è esteso a tutti i cittadini (e non solo ai custodi dello Stato, come in Platone); dunque, poiché la gran parte dei cittadini assolve funzioni economiche, esso, pur motivato eticamente e politicamente come in Platone, comporta tali effetti nell’organizzazione della produzione e nella redistribuzione dei beni da far sì che possa essere considerato precursore delle consimili dottrine moderne.
Non dimentichiamo, infine, le “utopie” successive, come la New Atlantis di Bacone, cosiddette “tecnologiche” o “fantascientifiche” (cfr. U2, cap. 3, § 1, p. 131, c. 2: La Nuova Atlantide come “paradiso” della tecnica).
In generale in questi disegni, come nella tradizionale concezione della politica propria p.e. anche di Aristotele e degli stoici, così come di molte culture extraeuropee e premoderne, domina una visione organicistica: lo Stato è un organismo in cui si distinguono diverse classi con diverse funzioni come nel corpo si distinguono diversi organi, superiori e inferiori gli uni agli altri. Analogamente anche l’universo, secondo l’antica concezione stoica rinnovata nel rinascimento, è posto in relazione simpatetica col corpo umano (rapporto macrocosmo / microcosmo). In tale prospettiva gli individui esistono in funzione della “città” a cui possono essere sacrificati e non viceversa. Solo con le teorie politiche moderne concretizzatesi con le rivoluzioni americana e francese (che inaugurano una visione non organicistica bensì individualistica o atomistica della politica) abbiamo iniziato a credere che, piuttosto, è lo Stato (sorto immaginariamente da un contratto tra privati) ad esistere in funzione degli individui.
N. B. Questa differenza di prospettiva non va esagerata. Nell’età moderna persistono tradizioni che, richiamandosi alle concezioni antiche, insistono sulla superiorità del tutto politico sulle parti (p.e. la tradizione cosiddetta “repubblicana” o “patriottica” o la filosofia politica di Hegel), così come anche nel mondo antico i sofisti, gli epicurei e altri avevano anticipato alcuni elementi della concezione “liberale” moderna.
Sul tema dell’Utopia in generale (con riferimenti alle nozioni di “eutopia”, “ucronia”, “distopia” ecc.). cfr. questa puntata (breve) di Zettel su Rai Filosofia.