Alla luce di quanto hai finora studiato, con particolare riguardo alle prospettive di Cartesio (se credi) e, soprattutto, Kant e Fichte (e agli argomenti a cui ricorre quest’ultimo per negare l’esistenza della cosa in sé), e sulla base della tua esperienza discuti se la realtà sia il frutto della nostra immaginazione o piuttosto esista fuori di noi; e in quest’ultimo caso se sia come proprio appare (come sostiene Cartesio) o, piuttosto, sia alcunché di inconoscibile anche se esistente (la cosa in sé kantiana).
A mio parere la realtà esiste al di fuori di noi ed è inconoscibile, come sosteneva anche Kant. Infatti, se fosse solamente frutto della nostra immaginazione, la realtà che percepisco io sarebbe completamente diversa da quella che percepisce un’altra persona. Per esempio, mia sorella potrebbe vedere l’evidenziatore giallo che io ho sulla mia scrivania di colore fucsia e in una posizione diversa da dove “realmente” si trova. Oltre a questo, se veramente la realtà fosse frutto di un nostro “sogno” in primo luogo sarebbe come la vogliamo noi, quindi senza alcun tipo di sofferenza, e in secondo luogo sarebbe prevedibile, quindi io potrei dire con certezza che domani mattina mi sveglierò alle 7.59 e che mangerò una mela alle 9.43.
Dato che noi non possiamo prevedere il futuro e che la “nostra realtà” presenta anche aspetti negativi, anche se non vorremmo, ritengo che la realtà non può essere frutto di un nostro sogno e quindi deve essere esterna a noi. Anche questa constatazione però presenta delle incoerenze, infatti la domanda ora è: la realtà è cosi come appare o è inconoscibile?
A questa domanda non sono capace di rispondere con certezza perché il mio parere potrebbe mutare con il tempo, in ogni caso io credo che la realtà sia inconoscibile per il semplice fatto che, nonostante la specie umana abbia passato millenni a fare ricerche per scoprire le leggi della Natura, non sia ancora arrivata ad una conclusione certa e “vera”. Se la realtà fosse così come appare le leggi della Natura non muterebbero non appena gli scienziati scoprono qualcosa di nuovo, quindi l’unica soluzione accettabile è che la realtà è esterna a noi ed è inconoscibile.
La tua critica all’idealismo è un classico. Tuttavia esiste almeno un caso noto di “realtà” fittizia, costruita dalla nostra mente, che non corrisponde affatto a quello che noi vorremmo o desidereremmo: gli incubi.
Per quanto riguarda l’argomento che adotti per sostenere che la realtà non è come appare, riferendoti al fatto che essa muta di continuo, esso appare un po’ paradossale e quasi opposto all’argomento di Kant per sostenere la stessa tesi. Come ricorderai, Kant sostiene che la realtà sia inconoscibile proprio perché ci appare seguire sempre le stesse leggi, essere costante, leggi che, secondo lui, dipendono da noi. Se la realtà cambiasse sempre aspetto sarebbe un indizio che effettivamente ne facciamo esperienza direttamente. Il fatto che sia sempre uguale suggerisce, invece, che la vediamo attraverso il “filtro” sempre uguale dei nostri sensi (cfr. la metafora degli occhiali rossi).
Personalmente condivido la filosofia di Kant per quanto riguarda l’esistenza della realtà, infatti ritengo che esista fuori da noi una realtà o cosa in sé che noi interpretiamo attraverso i nostri sensi e la nostra ragione e trasformiamo in un fenomeno e successivamente in un oggetto, ma noi non conosciamo questa realtà direttamente e possiamo vedere esclusivamente i suoi effetti. Inoltre anche se, come sosteneva Fichte, la cosa in sé non ha una “causa” questo non vuol dire che non esista, e a mio parere sostenere che esista è meno limitativo del contrario e in ogni caso anche non fosse vero, non ci sarebbero conseguenze importanti sulla restante parte del processo studiato da Kant per interpretare la realtà, infatti si partirebbe semplicemente dal fenomeno piuttosto che dalla cosa in sé ma la parte rimanente sarebbe analoga. In sintesi penso che la realtà esista ma sia inconoscibile.
In effetti che abbiano ragione Kant o Fichte a fini “pratici” ed “empirici” cambierebbe ben poco (del resto la teoria di Fichte in campo morale e scientifico coincide sostanzialmente con quella di Kant). Nota comunque che Fichte argomenta che la cosa in sé non possa “essere” (non “avere”) causa (dei fenomeni, perché ciascuno spiega quello che lo segue ed è spiegato da quello che precede, sicché la cosa in sé, sarebbe un’aggiunta superflua).
Io credo che la realtà spiegata attraverso il dualismo cartesiano comporti una visione troppo meccanica che non spiegherebbe le numerose particolarità dell’essere umano. Come affermava Kant penso che il fenomeno, soggetto a intelletto e a sensazioni sia una realtà ma, a differenza di Kant sostengo che questa realtà sia momentanea. Kant diceva che se vedo il mondo con gli occhiali arancioni quest’ultimo diventa arancione e questa è la nostra realtà, concordo con questo in parte perchè, a mio parere, la mia realtà è il mondo come lo vedo la maggior parte delle volte e il mondo arancione è una sfumatura della realtà o una realtà momentanea.
Non è molto chiaro quello che intendi dire… Allora, il mondo “meccanico” (come il mondo che appare “arancione”) sarebbe “momentaneo” (intendo: solo un modo molto parziale e soggettivo di guardare al mondo). Ma, ciò ammesso (e lo stesso Kant, come sai, nella Critica del giudizio, attraverso il sentimento, così come nella Critica della ragion pratica, propone altri “sguardi” sul mondo), che ne è del problema dell’idealismo? Esiste o no un mondo fuori di noi?
Secondo Cartesio la realtà esiste solo in quanto filtrata dalla nostra persona: se non ci fosse il soggetto pensante non ci sarebbe l’oggetto pensato. La realtà si divide in due zone eterogenee e radicalmente opposte (dualismo ontologico), la mente e gli oggetti.
Secondo Kant la realtà è composta da fenomeno e noumeno: il fenomeno è ciò che appare e che è percepibile dai sensi, mentre il noumeno è ciò che può essere solamente pensato, che però non può essere conosciuto tramite l’esperienza. La realtà o il mondo per Kant quindi è ciò che ci appare che è finito e conoscibile tramite l’esperienza.
Per Fichte la realtà è il “non io”, cioè tutto ciò che non è l’io e tutto ciò che quindi è esterno a questo, la cui esistenza è provata dal fatto che esiste sicuramente un io e quindi esisterà sicuramente qualcos’altro da sé (una realtà “umanizzata”).
A questo punto o la realtà non esiste o siamo noi che non la possiamo cogliere nella sua interezza o il nostro è solo uno dei diversi modi possibili di materializzarla. Anche se in prima apposizione la realtà è così come la vediamo (illusoria poiché decodificata attraverso i nostri cinque sensi, che risultano essere piuttosto limitati). Io sono convinta che la realtà non esiste o quantomeno non e come ci appare, quindi preferisco aspettare delle nuove teorie filosofiche/fisiche in futuro che siano più convincenti e certe.
In generale suggerisco sempre di cominciare in “medias res”, a partire dalla propria concezione e, a seguito di ciò, invocare le teorie che si ritiene la supportino e confutare quelle che le si oppongono. In ogni caso dalla tua presentazione risulta poco chiaro l’approccio di Fichte. Si direbbe che il “non io” abbia la stessa consistenza dell’io, mentre ne è un prodotto. Infine, tra l’ipotesi (idealistica) che la realtà non esista e l’ipotesi (kantiana) che essa non sia come ci appare c’è una grande differenza, non trovi? Dobbiamo aspettare nuove teorie o riflettere più a fondo in prima persona? QUalsiasi nuova teoria dovrebbe passare al vaglio della tua mente, a meno che tu non prenda le mosse dal principio di autorità, non credi?
A mio parere ritengo che la realtà, piuttosto che essere solamente il frutto della nostra immaginazione, corrisponde a un “qualcosa” che esiste al di fuori di noi e di cui possiamo avere scienza, soprattutto grazie l’esperienza.
Tra le due tesi studiate ritengo più valida quella kantiana rispetto a quella idealista, sostenuta da Fichte: quest’ultima infatti mi sembra assurda in quanto ritengo del tutto insensato e scorretto sostenere che la cosa in se non sia fisicamente esistente esternamente, ma presente in noi secondo la teoria del tutto è in noi, e noi siamo tutto.
Kant, dal altro lato sostiene, con la propria teoria, che la realtà esiste ma ci appare in modo diverso dal suo stato generale in quanto ne riceviamo le varie impressioni e le reinterpretiamo grazie all’intelletto, avendo scienza dei così detti fenomeni da un punto di vista soggettivo, personale.
Alla luce di ciò, avendo esperienza (o almeno credendo di averla) ogni giorno del mondo esterno, mi è più facile credere a Kant, e dunque pensare di acquisire una “scienza” soggettiva della realtà esterna, piuttosto che credere che la cosa in sé sia inesistente e solamente frutto della nostra mente.
Riflessioni chiare e condivisibili.
L’idea di Kant e della sua teoria secondo la quale la cosa in sè appare essere inconoscibile è sicuramente la più consona al nostro tipo di pensiero. Difatti oggi con i nostri sensi e con strumenti che studiano l’universo abbiamo sempre e comunque una percezione soggettivistica delle cose (appunto anche gli strumenti non possono essere considerati oggettivi poiché capaci di trasformare i dati raccolti in particolari comprensibili a noi umani e perciò ancora una volta soggetti al nostro filtro). Credo però che molti, persone per lo più normali che non si pongono il reale problema della realtà, siano vicini alla teoria di Cartesio, poiché non pensano al possibile filtro che la nostra mente applica a tutto ciò che ci circonda ed egocentricamente credono che la nostra visione possa essere corretta e oggettiva. Questo perché i più non si occupano a pensare e discutere ciò che credono, si limitano ad accettare, così anche cartesio, da un lato non ha accettato la teoria geocentrica e l’ha discussa, mentre si è fermato ben meno a cambiare la sua visione nell’ambito della realtà. Invece credo siano una minoranza assoluta chi crede alla teoria di Fichte che pare essere una svalutazione stessa della realtà e questo è dovuto al fatto che è troppo scomoda da credere e crea un po’ troppi dubbi sull’esistenza su cui pochissimi hanno voglia di discutere (appare quasi terrorizzante l’idea degli idealisti e del loro soggettivismo assoluto). Dunque sicuramente appare troppo comune e quasi rinunciataria la teoria di Copernico, invece quella degli idealisti pare fin troppo controversa e dimostrabile attraverso teorie che appaiono un po’ troppo fini a loro stesse (in sintesi l’idea che possiamo percepire o pensare a qualsiasi cosa, dunque potrebbe essere tutto frutto del soggetto; oppure la teoria di kant privata della cosa in sè poiché inutile nella dimostrazione apparentemente). Allora si accetterà più volentieri l’idea di Kant, che dubita, ma non troppo, e porta tesi nuove che oggi possiamo confermare con la nostra scienza. (Ovviamente tutte queste tre teorie potrebbero essere errate e magari potrebbero essere correte teorie contemporanee come il “siamo in una simulazione “ o varie).
Molto approfondito e interessante. Dubito solo che le tre “teorie” esaminate possano vedere simultaneamente (o mi chiedo come ciò sarebbe possibile).
Personalmente, mi trovo in disaccordo con le confutazioni utilizzate da Fichte per dimostrare l’inesistenza della cosa in sé, teorizzata da Kant, e quindi della realtà. Per argomentarne l’inesistenza, Fichte parte dal presupposto che le cose in sé esistano solo come concetti e risiedano quindi solo nella mente dell’Io: tuttavia, essendo la cosa in sé inconoscibile, ci è impossibile possederne un concetto esatto; la cosa in sé potrebbe quindi essere diversa dal concetto che noi abbiamo di essa ed esistere quindi al di fuori della nostra mente.
Fichte precisa inoltre come i fenomeni, secondo la teoria kantiana delle categorie, dovrebbero essere in grado di spiegarsi da soli, rendendo la cosa in sé inutile in quanto non-causa delle nostre percezioni: ciononostante, non vedo perché l’esistenza della cosa in sé dovrebbe essere determinata dall’utilità che ha nel mondo fisico: potrebbe benissimo esistere ma essere inutile e inconoscibile al tempo stesso.
In aggiunta, trovo contradditoria la definizione di Non-Io come ciò che l’Io “pone fuori di sé” in quanto Fichte stesso sostiene come al di fuori dell’Io non vi sia nulla.
Trovo quindi che la teoria di Kant sia più valida e come lui ritengo che la realtà esterna del mondo fisico in cui ci troviamo esista.
La prima e la terza confutazione della teoria di Fichte mi sembrano convincenti e ben argomentate. La seconda mi sembra più debole. Se la “cosa in sé” non assolve una funzione causale, anzi alcuna funzione affatto, perché immaginare che qualcosa del genere esista? Certo, potrebbero esistere, che ne so?, omini verdi su una lontana galassia, ma non c’è alcuna ragione di crederlo, se non ne abbiamo motivo (ad esempio se riceviamo segnali da loro, che, tuttavia, eserciterebbero un’influenza su di noi, dunque, ancora, “potere causale”).