Il primo postulato del meccanicismo a incrinarsi, come abbiamo visto, nella seconda metà dell’Ottocento, è quello della reversibilità (teorica) di tutti i processi naturali. Si registrano, infatti, processi irreversibili: segnatamente i processi termodinamici (in campo fisico) e quelli evolutivi (in campo biologico).
La teoria dell’evoluzione di Darwin, in particolare, costituisce una svolta epocale in ambito non solo scientifico, ma anche – indirettamente, al di là delle intenzioni dello stesso Darwin – filosofico e teologico. Se da un lato tale teoria incrina il postulato della reversibilità dei processi, dall’altro lato rafforza il meccanicismo materialistico trovando una spiegazione all’origine delle forme viventi alternativa al platonismo e all’aristotelismo impliciti nella biologia del tempo (fissismo, teoria secondo la quale gli organismi delle diverse specie “implementerebbero” da sempre forme eterne e immutabili, già “progettate” in modo funzionale all’ambiente in cui tali organismi sono destinati a vivere). Cfr. 3A, U3, cap. 2, §§ 1-2, pp. 177-80 e S, vol 2, § 18.5, Darwin e l’origine delle specie, pp. 620-22.
Sul significato filosofico del darwinismo e sul dibattito che tale teoria ha innescato cfr. questa pagina del sito principale.
Un’altra conseguenza discussa del darwinismo concerne la sfera umana e sociale. La selezione naturale è ancora operante in questo ambito? In caso positivo, come dovremmo intenderla? Chi è il più adatto? Dovremmo fare qualcosa (ad esempio applicando l’eugenetica) per “implementare” questo meccanismo o esso opera spontaneamente? Leggi le considerazioni contenute su questa pagina del sito principale (a cui abbiamo alluso anche in aula) e le riflessioni sociologiche di Herbert Spencer (cfr. 3A, U3, cap. 2, § 3, Sociologia e politica, pp. 186-87).