Sul metodo cartesiano cfr. U3, cap. 2, §§ 1, pp. 140-43.
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Sul modo in cui il nuovo criterio dell’evidenza può bloccare il “regresso all’infinito” nella ricerca delle premesse di un ragionamento, considera quanto segue.
L’integrazione di evidenza, come criterio della conoscenza, e procedimento razionale (analisi e sintesi) rappresenta un superamento della critica scettica di ogni conoscenza possibile (tropi di Agrippa). Infatti, il regresso all’infinito nella catena della dimostrazioni, denunciato dagli scettici, appare interrotto all’altezza degli assiomi autoevidenti dai quali tutto può essere dedotto ma che, in quanto evidenti, non hanno bisogno di essere dedotti da nient’altro. Il criterio dell’evidenza consente di evitare anche di passare attraverso le dimostrazioni per assurdo e le loro aporie.
L’evidenza di cui si parla è, tuttavia, razionale, non empirica, altrimenti sarebbe soggetta alla variazione e all’errore.
Inoltre, ciò che è contraddistinto da tale evidenza, non solo, secondo Cartesio, “salverebbero i fenomeni”, ma ci farebbe conoscere la realtà stessa dietro le apparenze; una realtà costituita dalle qualità primarie o oggettive dei corpi (le grandezze fisico-matematiche fondamentali, come spazio, tempo, peso e le loro combinazioni), di cui quelle secondarie o soggettive (empiriche, apparenti) sono derivate (p.e. colore, suono, odore ecc.).
Secondo Cartesio ciò che mi appare evidente – o è risultato della combinazione (composizione) matematica di verità evidenti – è vero, ossia non solo è coerente ai miei occhi (nella mia mente), ma corrisponde punto per punto a qualcosa di reale in natura).
Con ciò Cartesio, sulla scia del realismo di Galileo e come farà poi anche Newton, giustifica la trasformazione tipicamente moderna di quelle che per i Greci erano semplici ipotesi in principi (auto-evidenti) sui quali fondare il solido edificio della nuova scienza (principio di inerzia, principio della conservazione della quantità di moto, principio di conservazione della materia ecc.). Per ritornare a un approccio più critico alla scienza occorre attendere l’epistemologia (filosofia della scienza) del Novecento.