Studia (o ripassa) l’unità didattica sulla prima guerra mondiale (nella versione attuale), concentrandoti soprattutto sull’intervento dell’Italia.
Quindi, sulla base dell’estratto di Papini offerto in lettura (doc. 1, pp. 145-46), rispondi al seguente quesito:
- Per quali ragioni gli intellettuali italiani, come Papini (che, tuttavia, a un certo punto cambiò opinione), plaudevano all’entrata in guerra dell’Italia?
La maggior parte degli intellettuali era a favore dell’intervento italiano nel conflitto mondiale, tanto che erano proprio queste avanguardie letterarie a guidare i nazionalisti nell’adesione all’intervento.
I letterati, infatti, vedevano nella guerra l’unica possibilità di distaccarsi dai valori corrotti che avevano caratterizzato la società italiana fino a quel periodo e creare dei nuovi. Essi consideravano la guerra come la possibile rigenerazione della società stessa, necessaria e immediata. Ciò che per loro era importante è che il singolo deve lottare per la comunità, rischiando anche la propria vita se necessario (motivo per cui D’Annunzio è intervenuto nel 1915 in guerra).
Lo stesso Papini nell’estratto “Amiamo la guerra”, sostiene che il conflitto è rinvigorisce tutto, persino i campi, rendendoli fertili senza l’uso di prodotti fertilizzanti; giova anche ai villaggi, perchè una volta distrutti potranno essere ricostruiti in modo migliore, così come “leva di torno un’infinità di uomini che vivevano perché erano nati”.
La guerra però ha mostrato come questa rigenerazione tanto attesa, in realtà ha prodotto solo conseguenze negative per i sopravvissuti e la società, senza mai avverarsi.
Ottima analisi.
Gli intellettuali italiani di inizio novecento plaudevano all’entrata in guerra sostanzialmente perchè la ponevano sul piano del coraggio e dell’avventura,quasi a far sentire dei codardi coloro che avrebbero evitato di intervenire nel conflitto. Per Papini poi la guerra,in quanto cruenta e terribile,doveva essere amata con tutto il cuore ed assaporata dal sesso maschile proprio per queste sue caratteristiche.
Anche intellettuali più moderati come Renato Serra sostennero l’entrata in guerra facendone una questione di onore,il popolo italiano doveva quindi combattere per evitare di restare accantonato in un
angolo come dei falliti.
Buono il riferimento a Renato Serra.
L’Italia del 1914-1915, era di base alleata con gli imperi centrali, ma dato che il patto stipulato era solo a scopo difensivo, l’Italia inizialmente non si senti coinvolta nel conflitto, ma successivamente ritenne di poter ottenere territori che erano sotto il controllo dell’antico nemico, l’Austria. Questo pensiero venne sostenuto anche da intellettuali, come d’Annunzio, il quale tentò anche la successiva conquista di Fiume. La definitiva entrata in guerra fu decisa dal re che forzando la mano parlamento dichiarò guerra.
Questi sono i fatti. Ma le motivazioni di questi intellettuali, tra cui il primo Papini? Solo un acceso “irredentismo” o altro?
nell’articolo preso sotto esame sono messi in evidenza diverse ragioni a supporto dell’entrata nella prima guerra mondiale.
secondo gli interventisti la libertà dei singoli e dei popoli risiedeva nello spirito di sacrificio, e ciò proto a una creazione di un immagine della guerra come rigenerazione morale; per i sostenitori della guerra la morte dell’individuo e la sofferenza dei popoli erano secondari agli ideali della nazione, per cui il singolo vale niente e la nazione tutto.
Inoltre la guerra, era considerata una operazione “maltusiana”, ovvero una riduzione di sovrappopolamento.
la guerra giustificava l’odio e lo alimentava, giovava all’agricoltura e alla modernità.
Si, è esatto. Dove rilevi la componente nazionalistica nel testo di Papini? O parlavi in generale?
Gli intellettuali consideravano la guerra come evento risolutivo, dalle cui ceneri sarebbero nati un uomo e una società nuovi, rigenerati dal corrotto e ipocrita ordine borghese, in quanto il pacifismo era visto come un sinonimo di debolezza e crisi spirituale. Per gli interventisti, lo spirito di sacrificio che avrebbe portato gli individui fuori dalla schiavitù della vita quotidiana era immagine di una rigenerazione morale, in quanto la disponibilità alla morte rappresentava l’ideale della vera vita. La guerra doveva sostituire la vigliaccheria e il “tiepidume delle lacrime fraterne”, ed era ritenuta un’operazione fondamentale per ripulire la società dalle “troppe bocche da sfamare”, giovando (secondo la loro opinione) all’agricoltura e creando nuove opportunità di rinascita dopo la distruzione.
Giusto. Rilevi echi del darwinismo sociale e della concezione del superuomo di Nietzsche?
la cultura dell’interventismo si diffonde in Italia ed in Europa soprattutto negli ambienti intellettuali.
La guerra è considerata quasi un atto eroico e molti letterati come Papini sostengono che la guerra riconduca l’uomo alla natura
Forse potevi chiarire meglio il senso di questo “ritorno dell’uomo alla natura”.
Gli intellettuali italiani, come anche Papini, plaudevano l’entrata nel conflitto mondiale dell’Italia perché vedevano la guerra come purificatrice della società dalla corruzione e nulla facenza di molte persone. Inoltre ritenevano che dalla distruzione e dalle macerie sarebbe potuta rinasce una nuova società con un diverso stile e costumi. Infine credevano che le battaglie avrebbero giovato anche alle loro figure rendendoli più conosciuti e onorati.
Da dove ricavi l’ultima motivazione (che gli intellettuali sarebbero stati più “conosciuti e onorati”)? E’ una tua ipotesi?
Una delle responsabilità va a intellettuali (come Papini) che, nelle riviste del primo Novecento, condizionarono l’opinione pubblica. Furono infatti proprio le masse popolari a decidere la partecipazione dell’Italia alla guerra. Tant’è che l’italia decise di abbandonare il patto segreto sancito dalla triplice alleanza e di dichiarare guerra all’Austria-Ungheria. Le riviste del novecento di alcuni intellettuali spinsero così l’italia a dichiarare guerra per recuperare i valori patriottici.
Gli intellettuali, come Papini, assunsero posizioni belliciste, certo. Ma con quali argomenti?
Inoltre, non direi che essi furono seguiti dalle “masse” genericamente, ma da una parte vivace di queste, anche se numericamente minoritaria.
Per ragioni di tipo letterario, alemeno questo é quello che più o meno lui stesso dice “Letteratura e poesia non collidono con la guerra, anzi è proprio dalla fragilità in essa che scaturiscono le accensioni oniriche e i chimismi lirici del genio.”
Anche questo è vero, ma in quale prospettiva? Forse si tratta di un’eco della concezione nietzschiana dell’artista come oltre-uomo?
L’intellettuale Papini sosteneva la guerra, anzi la riteneva necessaria per vari motivi: in primo luogo perché secondo lui c’erano troppe persone che vivevano ‘solo perché dovevano’, nel senso che non erano in una posizione sociale di rilievo, facevano la loro vita senza essere d’aiuto al popolo ecc ecc. In secondo luogo dice che la guerra Giustifica e consola l’odio che si è creato tra le varie parti. Infine riflette anche sull’ambito agricolo dicendo che i campi di battaglia rendono di più i primi anni, in modo da produrre di più per la popolazione (ovviamente ridotta rispetto al pre guerra)
Letteralmente o analiticamente corretto. Manca, tuttavia, una comprensione sintetica del senso generale delle argomentazioni di Papini.
Gli italiani furono a favore dell’intervento perche vedevano la guerra come un campo per affermare la propria nazione, ovviamente questo punto di vista fu annientato dai fatto successivi e dalle grande perdite umane
Non tutti gli Italiani, però, soltanto molti intellettuali e altri esponenti di alcune culture politiche.
Partendo dal presupposto che col passare del tempo cominciavano ad essere in molti tra cui gli intellettuali i quali erano spinti da un forte sentimento nazionalista (e spingevano gli altri ad esserlo ) che appunto avrebbe portato a finire l’unificazione italiana incominciata da Garibaldi e non ancora conclusa.
Papini che era un intellettuale consideravano la guerra come evento risolutivo perché appunto c’erano troppe persone che “vivevano perché dovevano ” ed inoltre si era consolidato un forte sentimento di odio tra le varie parti che doveva essere risolto in qualche modo.
La tua risposta appare un po’ scoordinata. Manca qualcosa dal punto di vista grammaticale…