Dopo il Mille si registrò una vera e propria rinascita economica e, quindi, anche politica, culturale ecc. Quali le possibile cause?
Nell’approfondire tali cause meditiamo su una circostanza: la loro stessa molteplicità è sospetta. In effetti si tratta di differenti interpretazioni storiografiche, talora in contraddizione reciproca, ciascuna delle quali valorizza dati diversi, spesso “mescolate” nelle sintesi e sui manuali.
Il dato relativamente certo è che dopo l’anno 1000 (anzi già qualche decennio prima del fatidico anno) si registrò una crescita demografica che favorì un incremento della produzione agricola che, a sua volta, circolarmente, grazie al dissodamento di nuove terre e al miglioramento delle tecniche agricole (con conseguente aumento della produttività), favorì un ulteriore incremento demografico e così via, fino al Trecento, quando l’esaurirsi delle possibilità di ulteriore espansione, arrestarono e, anzi, invertirono il ciclo.
La questione è che cosa abbia innescato il processo. Perché proprio in quel periodo e non prima o dopo? Forse fu determinante a fine delle invasioni del X sec.? La scoperta di nuove tecniche agricole? Il mutamento dei rapporti economici e giuridici tra signori e contadini (il graduale abbandono dell’economia curtense a favore di un’economia monetaria e del sistema della mezzadria)?
La rinascita economica favorì, senz’altro, lo sviluppo delle città e la nascita, in alcune regioni, soprattutto nell’Italia settentrionale, dei liberi comuni.
Al riguardo gli interrogativi sono molti. Perché la forma del “comune” (cioè la costituzione di un’organizzazione non solo economica, ma anche embrionalmente politica della città) contraddistinse soprattutto l’Italia e non altre regioni d’Europa dove pure rinacque il commercio e rinacquero anche le città, come le Fiandre? Forse in Italia era rimasta un’eco dell’antica forma del “municipio” di età romana (magari con la magistratura consolare)? Forse era maggiore la “distanza” dai centri dell’impero? O era più debole la feudalità delle campagne?
Va comunque senz’altro corretto un “luogo comune” diffuso nella storiografia (e nei manuali) del passato. Non furono in generale i commercianti e gli artigiani a “costruire” il comune, almeno nella fase iniziale, ma gli stessi nobili (esponenti della feudalità minore), con la diminuzione delle minacce esterne, iniziarono a inurbarsi per tenere sotto controllo il vescovo locale e godere dei vantaggi della vita cittadina (presenza di mercati, manifatture artigiane ecc.). Furono spesso costoro gli artefici delle coniurationes da cui sorsero i primi organismi comunali, originariamente di diritto privato (come i consigli di amministrazione delle moderne aziende) e, solo dopo aspre lotte (con la feudalità e l’impero) e/o lunghe consuetudini, divenuti di diritto pubblico (cioè vere e proprie magistrature, come gli attuali consigli comunali, provinciali ecc.)
Ciò si verificò durante la fase del comune consolare o aristocratico (XI-XII secc.). Successivamente le lotte tra le fazioni nobiliari (paradigmatico il conflitto “letterario” tra Montecchi e Capuleti nella Verona shakespeariana di Romeo e Giulietta) suggerì in molti casi di chiamare da fuori città un magistrato per dirimere le controversie e reggere il comune per un tempo relativamente breve (in genere un anno): il podestà, esperto di diritto e abile diplomatico (XII-XIII secc.). L’aumento della complessità dell’organizzazione comunale, legato alla maggiore stratificazione sociale interna e all’espansione nel “contado” (l’antico comitatus o contea feudale, da cui il termine “contadini”), rese necessario (XIII-XIV secc.) un ulteriore mutamento del governo comunale, che in genere si svolse in due direzioni:
- a Nord, in Lombardia e Veneto (Friuli a est e Piemonte a ovest rimasero a lungo territori contraddistinti dal dominio della feudalità), si passò precocemente alla forma della “signoria”, cioè al governo personale di personaggi che riuscirono per qualche tempo a imporre la propria dinastia familiare (i Visconti a Milano, i Della Scala a Verona ecc.),
- mentre in Toscana prevalsero per lo più le soluzioni “popolari”, come negli Ordinamenti di giustizia di Firenze di fine Duecento, con la “cacciata” dei cosiddetti “magnati”, cioè di membri del ceto dirigente precedente, aristocratico (si trattava, in effetti, del governo dei rappresentanti delle “arti” maggiori, cioè delle corporazioni di artigiani e professionisti di maggior prestigio, come i banchieri, i mercanti, i medici, i notai ecc.)
La rinascita dei comuni porta, in Italia, nel XII sec. allo scontro con l’impero, in particolare con l’imperatore Federico Barbarossa [vedi il trailer di un film recente sul personaggio].
La tappe fondamentali dello scontro sono le seguenti:
- 1152 elezione di Federico I di Svevia a imperatore: il nuovo imperatore, trovato un accordo col rivale Leone di Sassonia (esponente dei Welfen, laddove la casata degli Hohenstaufen, a cui apparteneva Federico, disponeva del castello di Waiblingen, di qui la contrapposizione tra guelfi e ghibellini, prima in Germania, poi, per analogia, in Italia, dove i guelfi rappresentavano il “partito” filocomunale e filopapale, mentre i ghibellini rappresentavano il “partito” filoimperiale), ispira la sua azione al “mito” di Carlo Magno, di cui onorerà spesso la tomba in Aquisgrana
- 1154 prima dieta (Reichstag) di Roncaglia: sulla base dei suggerimenti dei giuristi bolognesi della scuola di Irnerio, Federico si arroga tutte le “regalie” (iura regalia) ovvero i poteri propri di un sovrano (di dichiarare e fare guerra, di battere moneta, di erigere fortificazioni, di imporre tasse ecc.), sulla base del principio del diritto romano (studiato a Bologna, prima università del mondo) quod principi placuit legis habet vigorem (in sostanza rivendicando un concetto romano di “imperium” contro la tradizione giuridica feudale medioevale che lo costringeva a continui “patteggiamenti” con vassalli e città ribelli)
- 1162 distruzione della ribelle Milano (in accordo con diverse città lombarde che temevano l’eccessivo ingrandimento dell’antica capitale imperiale lombarda)
- 1167 costituzione delle Lega Lombarda: diverse città lombarde cominciano a temere che l’imperatore tolga loro ogni residua autonomia
- 1176 vittoria di Legnano delle Lega Lombarda contro Federico Barbarossa (episodio evocato nell’attuale inno di Mameli, composto nell’Ottocento, come se si trattasse di un primo sussulto di spirito nazionale italiano contro il “barbaro” tedesco, mentre, in realtà, si trattò soltanto della difesa delle libertà delle singole città, alleate solo per l’occasione)
- 1183 pace di Costanza: Federico rinuncia a gran parte delle regalie, ma i comuni continuano a riconoscerlo formalmente come loro sovrano, dato da non sottovalutare, perché comporta che non si trattava di vere e proprie città-stato come le poleis greche di età classica
- 1190 morte di Federico I durante la III crociata in Terrasanta (a seguito di un incidente, annegato mentre guadava un fiume di poche decine di centimetri)
Cfr. § 1.2, pp. 9-20; § 3.2-3.3, pp. 65-66