Rispondi (all’interno dell’unico box per il tuo commento) ai seguenti quesiti:
- Fai un esempio di eterogenesi dei fini (che mostri che hai capito questo concetto)
- Ti sembra convincente l’ipotesi del relativismo etico, abbracciata dai sofisti e argomentata p.e. dall’Anonimo sofista (cioè l’idea che il bene sia diverso a seconda dei momenti e dei punti di vista)?
Le nostre azioni possono essere utilizzate per finalità diverse da quelle per le quali abbiamo svolto quella determinata azione, questo concetto è chiamato eterogenesi dei fini. Un esempio concreto per spiegarlo può essere facendo riferimento all’ambito scolastico: un professore spiega e insegna ai suoi alunni principalmente per svolgere il suo lavoro, e di conseguenza guadagnare, mentre noi alunni utilizziamo il suo sapere, come mezzo per imparare al fine nostro di raggiungere buoni risultati. Riguardo l’ipotesi del relativismo etico non mi convince al 100% perché, sono d’accordo che non è possibile classificare cosa sia realmente bene e cosa sia male poiché una stessa cosa, a seconda delle persone, può cambiare il punto di vista però se prendiamo come esempio il fumo, la maggior parte dei fumatori sa che è un male poiché danneggia la salute eppure continua, di conseguenza su questo tema non ci sono due punti di vista visto che sia le persone che fumano e sia le persone che non fumano sostengono che sia un male. Tuttavia sono convinta che il bene e il male non siano la stessa cosa ma ciascuno può essere anche l’altro.
Mi sembra che tu (riguardo al bene e al male) abbia fatto esempi utili alla nostra discussione.
Con eterogenesi dei fini si intende il principio secondo il quale le azioni umane possono riuscire a fini diversi da quelli che sono perseguiti dal soggetto che compie l’azione.
Questo concetto potrebbe essere applicato alle ricerche mediche o astronomiche, per esempio un astronomo potrebbe fare degli studi per trovare nuovi pianeti nella nostra galassia, e quindi il suo fine è la sapienza, mentre per un secondo astronomo il fine di questi studi è scoprire cose utili all’umanità (ad esempio un pianeta in cui la vita è possibile nel quale “trasferirsi” se succedesse qualcosa alla Terra), e quindi venire finanziato per continuare la sua ricerca. Per il primo scienziato la ricerca del sapere è il fine e la sua utilità un mezzo mentre per il secondo è il contrario.
Un altro esempio più “vicino” alla nostra quotidianità potrebbe essere la scuola. Per uno studente lo studio potrebbe essere considerato il fine, e eventualmente la sua utilità per prendere buoni voti un mezzo, mentre per un secondo studente il fine è prendere buoni voti e lo studio è il mezzo.
Secondo me, la teoria del relativismo etico, abbracciata dai sofisti, è convincente ma ha dei limiti. Infatti non si arriverà mai a una conclusione perché, visto che ciò che è bene per me potrebbe non esserlo per qualcun altro, nessuno dei due avrà mai pienamente ragione. Per questo motivo questa teoria dovrebbe essere integrata con quella di Protagora, cioè che se non è possibile stabilire quale tra due opinioni è la più vera, almeno è possibile cercare di capire qual è la più utile.
Buoni gli esempi di eterogenesi.
Per quanto riguarda il relativismo è interessante lo spunto inserisci: “Non si arriverà mai a una conclusione”. In questa prospettiva (è proprio il caso di parlare di “prospettiva”) il bene assoluto potrebbe essere paragonato al “punto all’infinito” di un quadro. Ci si può approssimare, senza mai coglierlo.
Per quanto riguarda la soluzione di Protagora, sotto un certo profilo “sposta il problema”, non ti sembra? Anche dell'”utile” come del “vero” si tratta di chiedersi se sia tale “assolutamente”, “veramente” o solo relativamente a qualcuno (ciò che è utile/buono per uno potrebbe non esserlo per un altro).
Un esempio di eterogenesi dei fini può essere quando un pasticcere ha come scopo principale di vendere i suoi dolci per guadagnare, ma è limitato nel suo fine dalle persone diabetiche che non possono mangiare dolci.
L’ipotesi del relativismo etico mi sembra convincente perché ognuno di noi vede le cose da un punto di vista diverso, e quindi ciò che in un determinato momento e in una determinata società potrebbe essere bene, per altri potrebbe essere male, e viceversa.
L’esempio del pasticcere sembra più riferirsi a un conflitto tra fini che a un’eterogenesi.
La questione del relativismo è, posto che ciascuno ha le sue opinioni, se queste siano tutte vere.
Un esempio di eterogenesi dei fini potrebbe succedere quando un bambino studia per andare bene a scuola, affinché i suoi genitori gli diano il gioco che tanto vuole. Per i genitori l’importante è la conoscenza del bimbo, mentre per lui la conoscenza non è altro che un mezzo per ottenere ciò che vuole, il gioco.
Particolarmente dal punto di vista del relativismo etico e dei sofisti, ritengo che le loro tesi siano errate. Se ognuno stabilisse un parametro personale su cosa è giusto o no, succederebbe il caos; per esempio se io rubassi a qualcuno perché ritengo sia giusto soddisfare una mia necessita senza grandi fatiche, dal mio punto di vista ciò che ho fatto è giusto, ma per l’altro che sta subendo l’azione avviene il contrario visto che ciò lo danneggia. E’ necessario un parametro universale, capace di dettare la giustizia per fare si che questo bene universalmente determinato prevalga sul male.
Originale e controcorrente, nonché ben argomentata la tua discussione del relativismo
Io sono del parere di Socrate: per sapere quali bisogni soddisfare (quale sia il proprio bene) occorre fare filosofia (a costo di dare la vita per questo),poiché di solito una persona agisce ai fini personali solo nel modo in cui ha ritenuto più adatto a fare del bene a se stesso, perché se non fosse così uno vorrebbe farsi del male, come se uno studente decidesse di andare all’università solo ed esclusivamente non per laurearsi, crearsi un futuro dove spera di fare successo e perché si ritiene adatto a questo percorso, ma solo perché pensa che non passera mai la maturità e perché pensa che diventerà un fallito comunque. Come appuntato prima questo ragionamento è illogico quindi io deduco che una persona per avere e procurarsi beni materiali, che dovrebbero favorirlo, deve prima in consciamente ragionare su ciò che è bene per lui, è qui entra in gioco la filosofia perché non è altro che lo studio di ciò che è bene e ciò che non lo è, per se stessi in questo caso.
Però non è da escludere la possibilità che qualcuno decida di agire in un determinato modo non per fini personali come potrebbe fare tutti, bensì solo ed unicamente per il processo culturale e sociale in cui vi si trova, e quindi non più per se stessi ma per tutti; l’esempio più comune riguarda la scienza, nel caso di uno scienziato che intraprende uno studio, facendo anche nuove scoperte, anche se all’inizio non lo ha fatto per se stesso ma per l’innovazione e la scienza; ovvio che poi ci può essere anche un così detto “benefit personale” ma solo posteriore e sicuramente non programmato in precedenza.
In seguito appoggio ulteriormente il parere del relativismo etico, appoggiato ulteriormente dai sofisti e argomentato da un anonimo sofista, che consiste nel dire che ciò che è bene per noi stessi non lo deve mai obbligatoriamente essere per qualcun altro e che ” il bene” non è un qualcosa di perenne, cioè che ciò che è bene adesso potrebbe non esserlo in un altro momento, per esempio se una persona si deve lavare, perché non si lava da un giorno, è sa che emana un cattivo odore, lo fa perché è un bene per la sua igiene e quindi per lui, però solo in quella determinata circostanza per esempio ci potrebbe essere un’altra persona che si è lavata poco tempo prima (per esempio poche ore prima) quindi sa che se non vi è una causa specifica non sarebbe giustissimo lavarsi ulteriormente perché lo shampoo se abusato può danneggiare il capello e il cuoio cappelluto, così scegliendo di non lavarsi, un’altra persona può addirittura pensare che lo shampoo faccia male sempre e quindi non ne fa proprio uso. In sostanza si può capire che “il bene” è soggettivo e momentaneo.
Interessante la tua adesione alla prospettiva (presumibile) di Socrate, ma il quesito riguardava strettamente la nozione di eterogenesi dei fini.
Gli esempi che fai per difendere il relativismo mi sembrano un po’ contorti e anche controproducenti. Chi pensa a torto qualcosa sbaglia. Il fatto che molti abbiano opinioni diverse non comporta che il relativismo sia vero, ma solo che molti sbagliano (tranne magari uno, il solo ad avere ragione).
Un esempio di eterogenesi dei fini può essere ricavato dall’educazione dei bambini, ossia dall’ambito pedagogico: li si fa giocare affinché possano apprendere nuove abilità, mentre i bambini stessi, soggettivamente, hanno come scopo solo quello di divertirsi.
2)Io ritengo che l’ipotesi del relativismo etico , abbracciata dai sofisti e aargomentata dall’Anonimo sofista sia convincente perche volendo riprendere un esempio trattato dal testo soprastante ”la morte per chi
muore è un male, ma per gli impresari di pompe funebri e per i becchini è un bene” da un lato spiega che la morte è male perchè porta via con se una persona cara, tuttavia con la morte porta nelle casse dei pompe funebri grandi quantità di denaro , perciò è un bene per loro.
Tutto molto corretto, ma poco “discusso”. Sei davvero certo che le cose stiano come pensa l’Anonimo sofista? Per ogni cosa?
Due persone che non si conoscono si trovano intrappolate in un ascensore, tra il terzo e il quarto piano, a causa di una interruzione della corrente elettrica. L’uomo si trova nell’ascensore perché andava al quinto piano a trovare la figlia, la donna si trova nell’ascensore perché ha fatto la spesa e torna a casa, dal momento che abita al nono piano. Gli scopi per i quali hanno preso l’ascensore sono profondamente diversi ma ora ambedue si trovano lì. Infatti ciò che è notevole non è il fatto che ognuna delle due persone avesse uno scopo diverso, per essere lì, è notevole il fatto che esse siano lì, per motivi diversi. è importante che la conclusione sia identica pure se gli interessati tendevano a cose diverse.
Per quanto riguarda invece l’ipotesi del relativimismo etico penso che il bene per ognuno di noi sia quello che crediamo sia giusto in quel momento nella maggior parte dei casi però nelle cose più importanti e semplici da giudicare come per esempio ha fatto bene l’assassino ad uccidere la ragazza? Le persone civili direbbero tutte no ovviamente che è un atto terribile però se invece di questo quesito ne abbiamo un altro come per esempio: dire alla prof dell’errore che ho fatto in verifica con il rischio che mi abbassi il voto allora in queste situazioni uno può interpretare la visione del bene in modo diverso. Dunque un uomo vede generalmente il bene per quello che è o che gli sembra però con delle eccezioni se la visione del bene può andarlo a danneggiare.
L’esempio dell’ascensore sembra più un esempio di “casualità” che di eterogenesi dei fini. Non sempre si raggiunge il proprio fine, ma si verificano fatti del tutto casuali…. Anche se i due, un uomo e una donna, bloccati lì, si innamorassero perdutamente l’uno dell’altra sarebbe ancora una cosa diversa: si parlerebbe, in questo caso, di “serendipity”, che si ha quando si trova qualcosa che non si cercava, mentre si cerca qualcosa che non si trova.
Non è molto chiara la tua seconda risposta. Se ho ben inteso, secondo te vi sono situazioni in cui il bene è assoluto (non si uccidono le persone) e altre in cui è discutibile (p.e quando il prof assegna un voto). Tuttavia, in questo secondo caso, se ci rifletti, la “discutibilità” p.e. di un voto sembra dipendere dal fatto che lo studente pensi che il prof abbia sbagliato, che lui meritava di più, “oggettivamente”. Lo studente, infatti, non potrebbe discutere un voto o, meno che mai, “arrabbiarsi”, se pensasse: questo compito per me è da otto, ma capisco perfettamente che per il prof possa essere da quattro. Se lo studente capisce perfettamente che il suo compito possa essere da quattro, come fa a giudicarlo da otto?
un esempio di eterogenesi dei fini è l’atto di fumare, infatti questa azione è intenzionale, ma ha conseguenze non intenzionali che sarebbero malattie varie.
Sono d’accordo l’idea del bene che è diverso dipendentemente da momenti e situazioni; se prendiamo come esempio l’eutanasia come atto, quindi come suicidio, è un azione che sicuramente non rientra nella definizione di “bene” all’interno della società, ma se questa (l’eutanasia) è la sola speranza per un malato terminale di avere una morte veloce e soprattutto indolore, secondo me questa è sicuramente il bene per quella persona (e anche delle altre se volevano il bene di colui che compie l’atto).
L’esempio del fumare sarebbe buono se ci fosse un demonio malvagio che, allettandoti col piacere della sigaretta, ti volesse perdere (avesse questo preciso fine).
L’esempio dell’eutanasia è interessante, ma non so quanto pertinente. Se ammetti che il suicidio sia un disvalore assoluto (come fanno p.e. i cattolici, ma anche i platonici, a differenza degli stoici), semplicemente chi la pratica sbaglia, fa il suo male, senza ovviamente saperlo. Se riconosci che possa essere un bene, tu, che non ti stai suicidando, anche in questo caso si tratta per te, a certe condizioni, non di un disvalore, ma di un valore, egualmente universale (come dire: “è sempre meglio morire che soffrire inutilmente”). Se, infine, sostieni che ogni può fare quello che vuole della sua vita, ammetti il relativismo, ma ciò può valere per situazioni molto meno estreme (p.e. uno può ritenere giusta la pena di morte e l’altro no, uno può ritenere giusto cibarsi di carne e l’altro no, ecc.).
Un esempio di eterogenesi dei fini può essere ricavato dalla pedagogia, fin da quando sono piccoli noi forniamo ai bambini giochi che gli permettono di imparare diverse cose (es.colori,suoni,alfabeto,animali), per loro invece sarà solo occasione di divertimento. Infatti molte volte è più semplice imparare quando non ce ne rendiamo conto piuttosto di quando siamo obbligati.
Secondo me il bene è diverso rispetto i vari punti di vista, se io fossi uno psicologo sarei “felice” di avere un paziente con cui conversare, però molto probabilmente il paziente si è recato da me perchè non tutto va bene nella sua vita.
Il secondo sembra più un esempio di eterogenesi dei fini…
Un esempio di eterogenesi dei fini può essere nell’ambito scolastico: un professore spiega principalmente per svolgere il proprio lavoro mentre gli alunni usano il suo insegnamento per apprendere e sapere e raggiungere buoni risultati.
Sono d’accordo sul fatto che la visione del bene e del male cambia a seconda del punto di vista, un esempio può essere l’acqua del mare che per i pesci è vitale mentre per gli esseri umani è mortale.
L’esempio dell’acqua del mare è tra i più antichi, lo sapevi già? Risale a Eraclito di Efeso! Per il resto: risposta sintetica ma corretta.
Un esempio, relativo al mondo del lavoro di oggi, potrebbe essere che per una persona che sceglie un determinato lavoro senza impegnarsi in quello che fa e senza passione ma continua a farlo solo per portare a casa dei soldi sia bene, invece per un’altra persona svolgere un determinato lavoro anche mal pagato ma che lo appassioni sia meglio.
Concordo con l’opinione del relativismo etico abbracciata dai sofisti poichè credo che tutti noi siamo diversi e quindi è logico che chiunque possa avere un idea su ciò che è bene o male diversa dalla mia.
Vedi la mia risposta a Viola (sull’eterogenesi).
Riguardo al relativismo è interessante il fatto che tu lo fondi sulla differenza “ontologica” tra le persone…
Un esempio che mi viene in mente di eterogenesi dei fini riguarda due scrittori. Il primo scrittore ha come scopo scrivere e utilizza il suo libro per ricavare degli eventuali profitti. Il secondo scrittore ha come scopo guadagnare e si serve di un romanzo per raggiungere il suo scopo. In questo caso il primo scrittore scrive per il piacere di farlo mentre il secondo scrittore scrive per guadagnare.
L’ipotesi del relativismo etico penso che sia convincente in quanto ritengo che il bene sia relativo in base alle situazioni, ai punti di vista e alle persone coinvolte. Per esempio per qualcuno può essere un bene che una certa giornata piova (ad un agricoltore) ma per un’altra persona ciò può rappresentare un male (per esempio a una famiglia che a causa del temporale gli si è allagata la cantina.).
Però l’eterogenesi in senso stretto si ha quando la medesima attività che per qualcuno costituisce un fine per un altro costituisce un mezzo. Quindi più che un secondo scrittore avresti potuto introdurre l’editore del primo.
Buono l’esempio che hai fatto per difendere il relativismo.
1)Se ho ben capito, per “eterogenesi dei fini” si intende portare ad esempio a conoscenza qualcuno di qualcosa senza in realtà volerlo.
Un esempio potrebbe essere la situazione in cui io sono uno scienziato e scopro che un asteroide sta per colpire la terra ma l’ho scoperto per mio interesse senza pensare di aver dato un’informazione a qualcuno che potrebbe pensare, grazie alla mia scoperta, di evaquare il posto in cui l’asteroide ipoteticamente si andrà a schiantare. In questo caso io ho dato un’informazione utile a qualcuno senza volerlo.
2)Si approvo quanto detto nell’ipotesi del relativismo etico dal momento che il bene non è uguale per tutti e soprattutto ciò che definiamo “bene” in una situazione, in un’altra può diventare qualcosa di “male”.
L’esempio della scoperta dell’asteroide e del suo suo è un po’ forzato, ma ci può stare…
Nel replicare alla seconda domanda sei stato un po’ “tautologico”, cioè hai dato sostanzialmente una definizione di “relativismo etico”, ma il quesito richiedeva di giustificarlo (o criticarlo).
Un esempio e il famoso caso di giuda che consegnò cristo ai carnefici, questo permise la ressurrezzione di cristo consentendo la redenzione dell umanita.
Il bene è sempre diverso a seconda dei momenti. Per esempio possiamo prendere un ipotetico momento di crisi totale dove le persone per fare del bene sarebbero costrette a rubare il cibo invece di comprarlo.
Mi sembra che tu abbia letto la discussione che approfondisce la nozione di eterogenesi dei fini. Bene.
L’esempio dello “stato di necessità” (che giustifica anche legalmente il furto o, comunque, costituisce un’attenuante) si potrebbe approfondire meglio in rapporto alla questione del relativismo.
Attenzione all’eccesso di sintesi e alla forma (come si scrive “resurrezione”?). Ok, queste risposte sono scritte di getto, non è un compito di italiano, ma esercitarsi all’ortografia non fa mai male.
L’eterogenesi, composto da etero- e –genesi, in biologia, è una teoria dell’evoluzione, secondo la quale gli organismi si evolvono sotto la spinta di una “legge di perfezionamento” che li fa progredire in maniera discontinua. l’eterogenesi dei fini è un principio formulato da Wilhem Wundt, secondo cui le azioni umane possono riuscire a fini diversi da quelli perseguiti dal soggetto che compie l’azione. Si ha eterogenesi dei fini quando il fine che un individuo persegue diventa il mezzo attraverso cui un altro individuo può̀ conseguire altri fini. Un esempio di eterogenesi dei fini è il seguente: un’azienda, che produce pentole e padelle, in quanto desiderosa di guadagnare, ha come obiettivo quello di venderle; mentre un cliente, che le acquista , le utilizza come mezzo per prepararsi da mangiare, raggiungendo quindi un altro scopo.
Il relativismo è la teoria secondo cui non esiste alcuna verità teoretica (relativismo conoscitivo) né alcun principio morale (relativismo morale) che siano assoluti, cioè “sciolti” (dal latino absolutus, “libero da legami”) dalla soggettiva angolatura di pensiero di ogni singolo individuo, ma secondo cui ogni credenza è “relativa”(dal tardo latino relativus, deriv. da referre, “riferire”) a un determinato punto di vista sul mondo. Il relativismo sofistico, in quanto si riferisce al bene e al male, è una forma di relativismo etico (essendo l’etica la scienza del bene). Secondo l’anonimo sofista, autore dei Discorsi Doppi, appunto, il bene e il male possono essere considerati come “soggettivi”, ovvero che quello che per un individuo può essere considerato bene per un altro individuo può costituire male: “(…) la morte per chi muore è un male, ma per gli impresari di pompe funebri e per i becchini è un bene (…)”. A prima vista il relativismo sofistico parrebbe descrivere una visione corretta del mondo ma non la trovo del tutto convincente, in quanto ritengo che le cose non siano sempre come appaiono. Per esempio, infatti, vi è una grossa differenza tra credere di sapere qualcosa e saperlo effettivamente, ma secondo il relativismo, che definisce tutto come “soggettivo”, o appunto “relativo”, le due cose coinciderebbero, quando, invece, bisognerebbe ricercare la “verità”, e quindi il sapere, dietro al velo dell’”apparenza”, il credere.
Veramente ottima la tua seconda risposta, che argomenta in maniera impeccabile i limiti del relativismo.
Anche la prima risposta è interessante perché ricostruisci la genesi del termine… “eterogenesi” (scusa il gioco di parole), il quale, effettivamente, nasce in ambito biologico. Si tratta di una concezione risalente al cosiddetto “positivismo”, che studieremo in quinta, in un certo senso parallela o alternativa, a seconda di come la si legge, alla teoria darwiniana della selezione naturale casuale degli organismi più adatti (se la selezione fosse “finalizzata” allora si tratterebbe di eterogenesi, nella misura in cui il singolo individuo “non saprebbe” il ruolo che gioca).
un esempio di eterogenesi dei fini potrebbe essere chiunque faccia una scoperta di notevole importanza. egli l’ha fatta seguendo il puro scopo della conoscenza e non per trarne un guadagno secondario. Alle sue spalle potrebbe esserci però qualcun’altro che potrebbe usare la sua scoperta per secondi fini , i quali non erano l’obbiettivo della scoperta e della ricerca.
sì, mi sembra convincente l’ipotesi del relativismo etico abbracciata dai sofisti, la quale afferma che il bene sia diverso a seconda dei momenti e dei punti di vista. Infatti ciò che è bene per una persona non significa che lo sia necessariamente per un altra, ad esempio un azione che può essere vantaggiosa nei miei confronti potrebbe arrecare dei danni ad un’altra persona e viceversa.
Buona osservazioni. La tua adesione al relativismo vale se per “bene” intendiamo “utile”, “vantaggioso” (immediatamente, come p.e. danneggiare un altro per avvantaggiare se stessi). Qualcuno osserverebbe che le azioni che sembrano “utili”, quando sono dannose per altri, sono meno utili di quello che sembrano, se, p.e., noi fossimo gli altri o li amassimo o volessimo esserne amati ecc.
Un esempio di eterogenesi dei fini può essere ad esempio uno scienziato che studia i batteri al solo fine di comprendere i misteri di questi organismi e che non vuole trarne guadagno se non per poter continuare la propria ricerca e soddisfare la sua curiosità; poniamo che egli scopra l’esistenza di un particolare batterio che possa riciclare la plastica, esso non vorrà trarre guadagno da questa scoperta, anzi vorrà approfondire la sua conoscenza cercando di scoprire le caratteristiche specifiche dell’ organismo e che cosa lo rende così particolare; invece ci potrebbe essere un secondo individuo che utilizzerà questa scoperta per guadagnarci oppure per riciclare più plastica possibile e magari fare del bene all’ambiente. Questo esempio di eterogenesi dei fini dimostra che la filosofia non è solo fine a se stessa e che il filosofo non fa qualcosa di inutile, poiché le scoperte che i essi fanno per il solo gusto di conoscere possono rivelarsi molto utili per un secondo individuo che saprà utilizzarle.
Personalmente mi sembra convincente l’ipotesi del relativismo etico abbracciata dai sofisti, poiché credo l’uomo sia un animale soggettivo e perciò che non sempre condivida sempre le stesse idee di un secondo , infatti se ad esempio io ritengo che per me sia un bene tenere un gatto in casa perché mi fa compagnia, qualcun altro potrebbe considerarlo un male perché magari crede che esso sia portatore di malattie. A volte delle masse si impongono(non necessariamente con la violenza, ma anche con la moda o in base alla cultura) e cercano di dimostrare che esiste un bene unico, ad esempio la Chiesa, però anche in questo caso nonostante sia un’idea condivisa da una buona parte della società essa non è obbligatoriamente universale perché ci sarà sempre chi troverà una propria visione del bene.
Calzante, anche per il paragone con la filosofia, il tuo esempio di eterogenesi dei fini. Occorre, tuttavia, distinguere tra scienza e filosofia anche se, al tempo dei Greci, non erano discipline distinte (quello che dice Aristotele circa il ruolo della meraviglia si riferisce ad entrambe). Diciamo che la filosofia ha soprattutto di mira il bene come “architrave” delle altre scienze, almeno nella prospettiva socratico-platonica.
Per quanto riguarda il relativismo, oltre a quello che ho scritto a Caterina, potrei scrivere: il fatto che abbiamo tutti un’opinione diversa sul bene non implica che il bene sia soggettivo. Queste opinioni (compresa quella della massa e quella della Chiesa) potrebbero essere semplicemente sbagliate. Le opinioni della gente sul consumo di carboidrati possono essere molto diverse, ma questo non impedisce al dietologo di sapere qual è la “verità”….
L’esempio che ho portato riguardante lo scienziato che cerca di comprendere i segreti dei batteri per puro amore della conoscenza era puremente esplicativo, non era mia intenzione far intendere che la scienza e la filosofia sono la stessa cosa, infatti il punto in cui rapporto il mio esempio alla filosofia era un salto logico per far comprendere che l’eterogenesi dei fini non è strettamente legata al campo scientifico, ma vale anche per quello filosofico.
Credo di essermi spiegata male, con questo commento spero lei riesca a comprendere il mio pensiero.
Riguardo al relativismo etico io personalmente lo avevo concepito come un bene astratto, un bene che rigurdava più problemi non materiali ma del pensiero e della ragione. Adesso però credo di aver capito meglio questo concetto.
D’accordo. Ora mi sembra tutto più chiaro.
Parlando di eterogenesi dei fini si può prendere in considerazione l’esempio dell’energia nucleare. Essa è stata sviluppata a partire dal 1942 ed è stata usata, come suo principale impiego nella guerra, giocando un ruolo fondamentale nella storia recente e nell’odierno assetto di poteri (per fortuna non è stata più usata se non per minacciare e intimorire, dopo i bombardamenti del 1945). Ma l’impiego principale adesso si basa sulla creazione di energia elettrica tramite le centrali nucleari. Con questo non si esclude il fine per il quale è nata, ovvero quello di esercitare il comando tramite l’ampliamento degli arsenali, ma si dimostra come sia possibile, modificando il punto di vista, trasformare una potenziale arma distruttiva in qualcosa di costruttivo e utile, anche se non esente da effetti collaterali e pericoli ad essa legati.
Per quanto riguarda il relativismo, io mi trovo parzialmente d’accordo, nel senso che: ciò che potrebbe essere bene per me, non è certo che lo sia per qualcun altro, ma questo dovrebbe rispettare i limiti dell’etica morale umana. Quindi esistono beni e mali che sono condivisi da tutti coloro che seguono dei principi morali considerabili corretti dalla maggior parte delle persone: Quando pensando al proprio bene personale si infrange questa barriera dell’etica condivisa si rischia di sprofondare nel torto e quindi assaporarne le conseguenze (es. se per vendetta uccidessi qualcuno, la giustizia mi farebbe scontare una grave pena. Se invece ciò accadesse per legittima difesa, ovviamente ci sarebbe un processo e verrà valutata la legittimità del gesto.) Le persone che non condividono i beni considerati comuni all’umanità (come un dittatore per esempio) inseguono egoisticamente il proprio bene senza metterlo in discussione e ritenendolo l’unica verità, quindi accecati da questo, non prendono in considerazione il bene altrui.
Originale e interessante l’esempio di eterogenesi che fai. Perché sia “perfetto” si richiede che chi ha “inventato” l’energia nucleare avesse solo obiettivi militari e che, successivamente, la sua scoperta si rivelasse utile a fini civili.
La tua riflessione sul rapporto tra etica “privata” ed etica “pubblica” è un modo di risolvere il quesito che ho posto a Caterina. Vi possono essere valori morali comuni e opzioni individuali legittime, senza contraddizione, purché le seconde non violino i primi (non parlerei di “etica morale” perché “etica” e “morale” sono sostanzialmente sinonimi, sarebbe come dire “etica etica” e “morale morale”).
Un esempio di eterogenesi dei fini può essere ricavato dall’educazione dei bambini, ossia dall’ambito pedagogico: li si fa giocare affinché possano apprendere nuove abilità, mentre i bambini stessi, soggettivamente, hanno come scopo solo quello di divertirsi.
Prof sinceramente non saprei se esprimere a favore oppure contro la mia opinione, mi dispiace
La prima risposta va bene.
Non sai esprimerti perché non hai inteso il significato di relativismo? Insomma, secondo te, quando ti sembra che una cosa sia buona intendi che dovrebbe essere buona per tutti o solo per te? Può darsi che dipenda dai singoli casi. P.e. è tipico ammettere che sui gusti gastronomici le opinioni possano essere diverse, mentre difficilmente si ammette che possano avere altrettanto ragione quello che la pensano diversamente da noi in campo etico (p.e. sul ruolo della donna nella famiglia) ecc.
No prof ho capito il relativismo, ma non avevo capito bene la domanda evidentemente. Secondo me una cosa può essere buona per me, ma per un altro no, secondo me è una cosa soggettiva.
E perché dovrebbe essere così? Non potrebbe essere che, nel caso che proponi, uno dei due (magari tu) abbia ragione e l’altro torto? La divergenza di opinioni, in quanto tale, non dimostra il relativismo.
1. Un esempio di eterogenesi dei fini si può trovare nel rapporto tra un cuoco appassionato del suo lavoro e il proprietario del ristorante in cui lavora; mentre il cuoco cucina perchè ciò è la sua passione e svolge quindi un’azione fine a se stessa, il proprietario dell’ipotetico ristorante in cui lavora potrebbe utilizzare i prodotti della sua passione per attirare clienti e guadagnare denaro. Pertanto, il fine del cuoco, che è solamente quello di cucinare, rappresenta per il proprietario il mezzo con cui arricchirsi e si ha quindi un’eterogenesi dei fini.
Questo esempio può essere esteso alla filosofia e si può quindi affermare che questa non è mai totalmente fine a se stessa e, in particolare, che può avere un’utilità.
2. Concordo con l’Anonimo Sofista nell’affermare che il bene e il male sono concetti relativi. A mio pare, non esiste una distinzione netta tra questi due concetti in quanto bisogna sempre tenere conto dei vari punti di vista; a seconda di quest’ultimi potrebbero verificarsi situzioni in cui il bene viene ottenuto tramite azioni negative, o viceversa. Una lupa, ad esempio, che sottrae il pollame ad una fattoria per poter sfamare i suoi cuccioli, sta compiendo del bene o del male? Per rispondere a questa domanda bisogna considerare i punti di vista: mentre questa azione è un male per i proprietari della fattoria, per la lupa è un bene in quanto le ha permesso di nutrire la sua prole. Pertanto non è sempre possibile determinare una verità assoluta e per questo credo che il bene sia nella maggior parte dei casi un concetto soggettivo.
L’esempio originale di eterogenesi mi sembra azzeccatissimo. Quanto alla tua difesa del relativismo (tipica in noi “moderni”, di sentimenti liberali e anti-totalitari), vedremo alcune aporie in cui il relativismo assoluto incorre. Intanto leggetevi la mia replica a Caterina, per avere un’idea di come si possa adottare anche oggi una prospettiva non relativistica.
L’eterogenesi dei fini, è una teoria filosofica che dice che ad azioni intenzionali si susseguono conseguenze non intenzionali. Ad esempio, un sabato decido di organizzare un pranzo tra vecchi amici, arrivati al ristorante tutti invece di essere felici, sono nervosi e infastiditi dalla presenza di una band nel locale che io però non sapevo ci sarebbe stata.
Concordo pienamente con l’ipotesi del relativismo etico, infatti ritengo che il concetto di bene sia qualcosa di totalmente personale e che possa cambiare in base al punto di vista. Ad esempio, la proprietaria di un’azienda decide di fare dei colloqui per assumere un’impiegato; a questi colloqui si presenta un signore di cinquant’anni con una famiglia da mantenere e senza lavoro negli ultimi due anni, il bene per questo signore sarebbe essere assunto ma il bene dal punto di vista della proprietaria, dato che esso non ha i requisiti necessari per compiere il lavoro, è il non assumerlo.
Nel tuo esempio di eterogenesi dei fini manca il “secondo fine”. Perché si dia eterogenesi dei fini occorre che gli effetti non intenzionali per qualcuno costituiscano il fine di qualcun altro. Bisognerebbe che l’obiettivo della band fosse quello di disturbare la gente. Allora il tuo invito, fatto al fine di rendere felici, conseguirebbe indirettamente il fine della band. Ma è ovviamente un po’ forzato pensare che una band si dia questo fine.
Molto chiara la tua propensione per il relativismo. Platone forse ti chiederebbe se, qualora tu fossi un “giudice del lavoro” o, magari, il legislatore, “costringeresti” o meno l’azienda (mediante sentenze o leggi apposite) ad assumere il cinquantenne. In un caso simile non puoi “lavartene le mani”, o dai ragione al lavoratore o all’azienda (anche non decidere è decidere, in questo caso a favore dell’azienda, in un regime di mercato). Dal momento che, in teoria, come giudice o legislatore agisci in modo “disinteressato”, in base a quale criterio agisci? Platone direbbe: in base a un’ipotesi relativa al bene maggiore che si può conseguire in quel determinato caso, un bene (presunto) “oggettivo”, non dipendente dalla prospettiva dell’uno o dell’altro. Come dire: è più sana una comunità in cui viene assunto il cinquantenne o in cui l’azienda assume chi preferisce? Se ci pensi questa domanda non è molto diversa da quest’altra: è più sano un organismo in cui si soddisfano gli appetiti, qualunque essi siano, di ciascuna cellula, o quello nel quale le cellule vengono impiegate (se del caso sacrificandone alcune) per il bene (oggettivo) dell’intero? Nota che la salute è un bene oggettivo: se credo che mi faccia bene bere ettolitri di vino non è questione di “punti di vista” scoprire che mi sbaglio di grosso!