Abbiamo visto come Hegel critichi la teoria morale di Kant (esposta soprattutto nella Critica della ragion pratica), negando, in sostanza, che vi possano essere comportamenti insieme morali e illegali (ad esempio i comportamenti di chi fa “obiezione di coscienza” rispetto a determinati obblighi legali, a viso aperto e pagando un congruo prezzo penale per il proprio gesto).
- Discuti questa tesi (ossia esprimi il tuo parere argomentato a favore della tesi di Hegel o, se credi, di quella di Kant), magari ricorrendo (come abbiamo fatto in aula) anche ad esempi che ti sembrino significativi (identici o diversi rispetto a quelli che abbiamo esaminato in aula).
Personalmente ritengo che una azione può ritenersi morale e illegale solamente in determinate situazioni.
Considerando l’esempio del servizio militare: una persona viene obbligata a prestare servizio militare da un ente superiore. Supponendo tale persona come forte sostenitore del pacifismo, egli, a mio parere, può rifiutare tale obbligo, essendo cosciente delle conseguenze che ricadrebbero sulla sua persona.
Riassumendo, un simil comportamento può attuarsi se e solo se le conseguenze ricadono unicamente sull’individuo protagonista di tale azione; così facendo, viene attribuito un valore maggiore alla morale rispetto a ciò che è imposto dalla legge.
D’altra parte se le conseguenze ricadono non più su una singola persona, ma bensì anche su altri, tale ragionamento risulterebbe scorretto.
Prendiamo in esame l’esempio trattato in classe relativo all’aborto: un medico contrario a tale procedura ha il dovere di eseguirla, non solo perché è la legge che lo impone, ma anche perché, in quanto medico, ha precedentemente giurato di prestare soccorso e aiuto a chi lo richiede, in qualunque condizione. Perciò, pur non essendo d’accordo in una determinata situazione, rispettando la decisone altrui, io, medico, agisco moralmente in quanto sto compiendo la volontà altrui, aiutandolo/a. Contrariamente, risulterebbe scorretto, immorale, illegale ed egoista.
In questo modo, l’agire moralmente e illegalmente non sono compatibili contemporaneamente.
Invece, per quanto riguarda la definizione di “azione morale” espressa da Kant, ritengo, come Hegel, che sia contradditoria, perché due persone con ideali opposti, per agire moralmente, dovrebbero obbedire a due leggi contrarie.
Molto interessante questa distinzione tra azioni morali “illegali” legittime (perché non ricadono su altri) e illegittime. Tuttavia, nella pratica, chi o che cosa stabilisce il confine, se viene meno il criterio del rispetto della legge dello Stato? Considera il caso del pacifista. Se tutti o anche solo molti seguissero il suo esempio, i cittadini sarebbero esposti alle invasioni straniere, proprio come le donne, se prevalessero medici antiabortisti, sarebbero esposte ingiustamente a impedimenti sulla strada dell’interruzione di gravidanza.
La storicismo hegeliano è evidente anche nel suo studio dell’etica e della morale. Hegel critica apertamente la teoria kantiana secondo la quale il comportamento morale assoluto sta nell’agire secondo una legge personale, interiore, soggettiva e astratta che potrebbe essere resa universale. Ad esempio, se la mia legge è ‘’non uccido’’, essa potrebbe diventare legge morale, e quindi universale , perché ogni uomo potrebbe accettarla, e quindi non uccidere.
Per Hegel ciò non è sufficiente, perché, dal suo punto di vista, non si può basare la morale su qualcosa che parte dal singolo, dall’individuo, dall’astratto. Come abbiamo detto in classe, per un pacifista ‘’non prendere le armi’’ potrebbe essere la legge morale, e quindi accetterebbe che tutti la seguissero; ma se un militarista ritenesse legge morale l’obbligo a prendere la armi, il pacifista non lo accetterebbe, si rifiuterebbe, nonostante per un’altra persona si tratti di una legge potenzialmente universale. Lo stesso problema di presenta, negli ultimi anni, per quanto riguarda la questione dell’aborto. E’ possibile creare una legge morale universale (dal punto di vista kantiano) su di essa? Qui si crea il paradosso, l’antinomia.
A risolvere la questione interviene lo Stato. Come abbiamo detto, l’etica e la morale non possono essere basate su qualcosa di soggettivo ed astratto, quindi la legge morale migliore, ‘’più giusta’’ in un determinato periodo storico, diviene quella della Stato, la legge civile. Dato che lo Stato incarna lo Spirito Assoluto dell’epoca, e lo Spirito Assoluto siamo tutti noi, seguire le leggi civili dello Stato è in qualche modo seguire la ‘’nostra’’ legge morale.
Concordo pienamente con la visione hegeliana della questione, nonostante creda che quella kantiana dia maggior importanza all’interiorità di ciascun individuo, alla soggettività: con Kant un uomo, un individuo è libero di ricercare in se stesso la legge morale. Ma un atteggiamento del genere è possibile, concretamente, nella realtà? Dal punto di vista di Hegel, e dal mio, no. Egli ammette che possa esserci un qualcosa che dovrebbe o potrebbe essere migliorato nella legge dello Stato (e perciò ammette che con un lenta e ‘’legale’’ opposizione, protesta ciò si possa cambiare grazie anche al passare del tempo ad allo sviluppo della stessa Storia), ma in ogni caso quest’ultima rimane migliore di qualsiasi moralità nata dalla soggettività.
Credo che il problema dell’etica e della moralità sia sempre molto attuale, e nonostante Hegel scrivesse nei primi anni dell’ Ottocento, la sua filosofia potrebbe essere attuata ai nostri tempi, dove sempre di più si sviluppano problemi etici e morali (bioetica, aborto, eutanasia, ingegneria genetica ecc.)
Ottima comprensione di Hegel, ma il quesito richiedeva una discussione più personale del problema, pur muovendo da Hegel e da Kant e dai loro argomenti (ma anche, se del caso, criticandoli).
Secondo me entrambe le leggi morali dei filosofi in questione sono interessanti e possono essere assunte come valide. Se dovessi scegliere, però, tra Hegel o Kant, in questo caso opterei per la “legge morale” del primo. Ritengo che l’imperativo categorico kantiano sia egoistico ed é evidente che non possa essere riconosciuto ed accettato da tutti. Infatti, la legge morale che mi impongo può essere in totale contrapposizione con quella che si impone un’altra persona e ciò genera, come dice Hegel, aporie, antinomie e contraddizioni. Per ovviare a questo, Hegel afferma che la legge debba essere imposta dallo Stato in modo che essa possa essere rispettata e compresa da tutti. Due persone che hanno idee diverse ma che devono rispettare la stessa legge riescono a vivere in modo civile, in quanto sanno che trasgredire le imposizioni statali li porterebbe ad una punizione. Inoltre, essendo le leggi uguali per tutti, non c’è pericolo che qualcuno le interpreti a modo suo. Questo può succedere invece con gli imperativi categorici kantiano, che sono pressoché diversi da individuo ad individuo e possono essere fraintesi. Oltre a ciò, gli imperativi che una persona si impone possono variare nel tempo, ma a sapere di questo cambiamento è solo lo stesso individuo. Con le leggi statali questo non accade. Eventuali modifiche vengono riconosciute da tutti gli abitanti dello Stato che possono così adeguarsi alle variazioni che sono state apportate. Per concludere, ritengo che la legge di Hegel sia più attuale. Infatti anche oggi si seguono le leggi che uno stato ci impone e non quelle che noi consideriamo giuste.
Hai seguito con correttezza il ragionamento hegeliano. Naturalmente Kant non intendeva esaltare l’arroganza moralistica dei singoli, perché non aveva in mente le implicazioni politiche del suo imperativo categorico, ma solo i suoi fondamenti morali. Gli interessava, cioè, capire che tipo di comportamento potesse essere considerato morale.
Per me la tesi più corretta è quella di Hegel, perché non va a creare antinomie, aporie e contraddizioni. Secondo Kant ognuno dovrebbe seguire la filosofia del “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” ma questo porterebbe all’anarchia, dal momento che ogni individuo farebbe i propri interessi in modo egoistico.
Secondo Hegel invece bisogna rispettare la legge data dallo Stato e rispettarla.
Non trovi qualche limite nella “statolatria” di Hegel?
secondo hegel l’etica ideata da kant presenta una grande lacuna cioè egli permette a ciascun uomo di autoregolarsi mediante la regola ” non fare agli altri ciò che non vuoi che gli altri facciano a te” quindi egli permette a ciascun uomo di attuare su se stesso e su gli altri in modo egoistico una legge individuale rendendola generale; per cui l’unica legge morale esistente in realtà è la legge dello stato riconosciuta dal costume di un popolo.
dal mio punto di vista la visione di hegel è fortemente dispotica e antidemocratica perchè annulla completamente qualsiasi libertà personale di cui il singolo può usufruire anzi rendendo il potere statale, esercitato dallo stato sui cittadini con la legge, intangibile da scelte personali prese individualmente.
secondo me la visione hegeliana della questione è che secondo lui ogni persona applica sugli altri la propria morale in modo egoistico credendo che la propria etica sia superiore a quella degli altri quando in realtà la legge morale non può essere generalizzata perchè la morale è intrinsecamente una materia soggettiva e a mio avviso nessuno di noi dovrebbe avere la superbia di credere che solo la propria legge morale possa essere considerata giusta ma anzi un continuo rapporto fra la morale individuale e ciò che la cultura ritiene giusto, porta a una evoluzione positiva della morale generale.
Interessante questa concezione evolutiva… Resta un problema. Se la tua “morale” è in contraddizione con le leggi dello Stato devi seguirle oppure no? Sarebbe facile dire di no, se le leggi sono dispotiche e ingiuste (p.e. leggi razziali, discriminatorie ecc.), ma se lo Stato chiede p.e. più tasse o impone nuove regole stradali? Se ognuno si sentisse autorizzato a “ribellarsi” per “nobili” motivi morali, sarebbe come negare allo Stato qualsiasi funzione (salvo quella di minacciare sanzioni a chi non rispetta le sue leggi).
A questa domanda credo potrei semplicemente rispondere che la scelta è obbligata, questo in quanto Hegel dimostra la fallacità dell’imperativo morale kantiano, mostrandone le contraddizioni (se pongo una mia morale come universale, o accetto che ciascuno faccia lo stesso, e cado nell’anarchia, o nego agli altri ciò che a me stesso concedo, e allora non agisco moralmente), per giunta utilizzando il sistema confutativo per eccellenza di Kant, la dialettica. Dunque su di un piano prettamente teorico la scelta ricadrebbe su Hegel.
Anche Hegel può, tuttavia, essere, almeno in parte, confutato, questo in virtù del fatto che il suo sistema, che pone lo Stato come base per determinare ciò che è morale rispetto a ciò che non lo è, sia frutto di una precedente tesi, secondo la quale l’evoluzione sia possibile perché vi sono dei singoli, da Galileo a Van Gogh, che hanno già l’intuizione di ciò che sarà lo spirito del tempo del successivo periodo storico e che, soprattutto, una volta che sarà giunto il giusto momento, verranno riconosciuti, prima dai cittadini e poi (e soprattutto) da coloro che governano lo Stato. Saranno questi ultimi in fine a dichiarare la norma, la regola che questi “profeti” già sostenevano come esatta.
Dunque l’evoluzione del pensiero si svolgerà naturalmente, senza bisogno di rivoluzioni, quando i tempi saranno maturi e i cittadini pronti per comprendere questo cambiamento.
A questa semplice visione idealista si può opporre una tesi storicista che vede, con la rivoluzione francese come esempio culmine, come non sia necessariamente lo Stato che ratifica l’innovazione, ma anzi come quest’ultimo agisca solo sotto costrizione, col pericolo di una rivolta e che quando egli si opponga quasi sempre crolli; e se anche qualcuno volesse contestare ciò asserendo che la rivoluzione francese partì col giuramento della palla corda, frutto di un gruppo di cittadini convocati
dal sovrano, e che quindi sia lui stesso l’artefice della rivoluzione, si potrà rispondere che egli l’assemblea l’aveva riunita solo ed in quanto sotto costrizione e che i rappresentanti erano stati scelti
dal popolo e che fu il popolo stesso a decidere di seguirli nella rivoluzione.
Si vede bene come sia il popolo, e non chi lo rappresenta, ad avere il vero potere di imporre una legge morale e in particolare di mantenerla e come questo sia frutto unicamente del volere della maggioranza, che dunque decide, influenzata da questo o da quel personaggio, cosa è giusto e cosa non lo è.
Per concludere, se non esiste un organismo che gestisce quando è tempo di evolversi, ma solo minoranze impegnate a farsi ergere dalle folle e ad usarle per schiacciare i pensatori contrari, allora non può valere una riflessione come quella hegeliana, ma tutti possono e devono avere una propria morale dando dunque senso storico e dialettico a ciò che Kant sosteneva: perché la tua morale dev’essere morale universale, e per questa devi batterti, sapendo che è il singolo che muta la pluralità del popolo, e dunque l’universale, un’anarchia che dialetticamente genera una morale.
La domanda da cui parto è sottintesa (se trovo più difendibile la tesi di Hegel o quella di Kant).
Hai “rovesciato” dialetticamente Kant su Hegel in modo impeccabile. Davvero convincente. Mi fai ricordare che, quando ero ragazzo, a mio padre che sosteneva il valore della legalità, perché, se non ci fossero le regole poste dallo Stato, “si salvi chi può”, opponevo che, sì, non ci si può fondare su regole arbitrarie, ma perché proprio quelle dello Stato e non, p.e., quelle della Chiesa o di altre organizzazioni sovra-nazionali? Perché proprio lo Stato? Mi sembra che tu asserisca qualcosa del genere: Perché lo Stato e non il Popolo?
Naturalmente, prendendo spunto anche da quello che sta avvenendo in Catalogna, si potrebbero opporre alcune contraddizione del principio di autodecisione dei popoli…
Hegel e Kant hanno due visioni diverse riguardo la teoria morale. Per Kant la morale si basa sul principio “ Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Secondo lui quindi il comportamento morale sta nell’agire secondo una legge personale, che cambia tra i singoli individui ma che potrebbe diventare legge universale. Per Hegel, però, questo non basta. Esso infatti ritiene che l’unica morale che non porta contraddizioni è la legge dello Stato. Io personalmente preferisco la teoria di Hegel perché, come lui stesso dice, la teoria di Kant porta ad antinomie dato che la legge che mi impongo è diversa dalle leggi che gli altri si impongono e non sempre può essere accettata da tutti. Secondo me, quindi, Kant si concentra sull’esigenza del singolo senza badare alle persone che lo circondano e quello che una legge che si impone il singolo può suscitare negli altri. A questo proposito Hegel inserisce la figura dello Stato; esso ha il compito di evitare aporie emanando leggi che tutti possono rispettare e comprendere. Dato che la legge è uguale per tutti e nessuno può interpretarla a modo suo due persone che fino ad ora hanno seguito la morale kantiana, a questo punto, devono rinunciare a seguire le loro leggi e devono iniziare a rispettare la legge dello Stato senza trasgredirla; grazie a ciò riusciranno a vivere civilmente. In conclusione, si può capire come Hegel è più attuale rispetto a Kant dato che ancora oggi noi singoli individui siamo soggetti alla legge dello stato e non a quella che il singolo si impone.
Ottima riflessione, ben argomentata con riferimenti anche alla nostra esperienza politica attuale.
Per quanto la Teoria morale di Kant sia autorevole io personalmente concordo con le critiche fatte da Hegel. Infatti, come abbiamo detto in classe, se un pacifista si pone contro la guerra anche tutti gli altri devono rispettare il suo pensiero, tuttavia lui stesso non accetterebbe mai di seguire il pensiero di un militarista favorevole alla guerra. Inoltre trovo ragionevole che la legge dello stato rispecchi in un certo senso anche quella morale perché, essendo Nazionale, è accettata da tutti.
Sintetico e chiaro… Forse poco approfondito e personale? Puoi fare altri esempi a conforto della tua tesi?
Personalmente tra i due trovo più convincente la posizione di Kant, mentre trovo quella di Hegel più difficile da difendere, critico in particolare 3 punti:
1. Hegel da per scontato che la maggioranza del popolo (il quale determina la legislazione) voti per ciò che ritiene più moralmente giusto rendendo morale la legge stessa, tuttavia trovo più facile che ognuno punti ai propri interessi personali che non necessariamente corrispondono al bene.
2. Riprendendo il problema del obiezione di coscienza essa anche se va contro la legge essa è comunque legittima come protesta e partecipazione attiva alla politica, il proclamarlo e accettarne le pene previste lo rende diverso da un qualsiasi altro crimine.
3.Riprendendo il pensiero di Pascal la morale e la giustizia dovrebbero essere universali e non ha senso che vengano decisi da un confine, che qualcosa di moralmente giusto in un paese, sia sbagliato e punito in quello confinante, perciò dobbiamo dedurre che la legislazione di uno stato non può corrispondere alla legge morale.
Il punto 2 allude alla questione di “Socrate” sollevata da un tuo compagno. Vi possono essere comportamenti illegali per i quali, tuttavia, chi li attua paga un giusto prezzo legale, che li rende “morali”.
Il punto 3 richiederebbe che qualcuno (il filosofo-re di Platone, il Papa per i cattolici ecc.) disponesse della verità circa la giustizia universale e potesse dimostrare a tutti che la giustizia fosse così e così… Ma ahimé non esiste alcun modo conosciuto di dimostrare irrefutabilmente che cosa sia giusto.
La teoria morale di hegel dello stato che impone la morale sui cittadini e quella di kant dove ogni uomo decide la propria morale sono, a mio avviso, entrambe incomplete fondendole si giunge ad una morale completa ed esaustiva.
Ciò perchè è sbagliato che uno stato imponga le leggi ai propri abitanti siccome più di uno può non essere d’accordo o addirittura esserne svantaggiato (come il pacifista che viene obbligato a combattere in guerra). Se si fa come dice kant invece ogni uomo, scegliendo la propria morale, può andare in contrasto con altri.
Se invece ognuno sceglie le leggi più “giuste” per tutto lo stato e le vota democraticamente, poi lo stato impone queste leggi a tutti che, in teoria, vanno bene per tutto lo stato.
Quindi, la soluzione di Hegel sarebbe la migliore ma a condizione che lo Stato sia democratico e che le leggi siano effettivamente condivise? Qui sorge il problema posto dal principio di maggioranza. Raramente si decide all’unanimità (e, se lo si fa, non sarebbe neppure necessario imporre ciò che si è deciso per legge, perché tutti sarebbero già d’accordo nell’agire in quel modo). Dunque anche in un regime democratico qualcuno sarebbe “costretto” dalla maggioranza degli altri ad agire contro la propria coscienza… L’aporia si ripropone.
Trovo che l’idea hegeliana di un’etica dettata dallo stato, non garantisca al singolo la propria libertà effettiva, costringendo quest’ultimo a seguire delle leggi imposte “dall’alto”. Per questo trovo l’idea di Kant più convincente. E’ il singolo individuo a scegliere e formare ciò che è giusto. L’idea del “non fare agli altri ciò che non vuoi che gli altri facciano a te”, seppur all’apparenza banale può rivelarsi una buona base per distinguere ciò che si può o cosa, d’altraparte, non è permesso fare. Riconosco che questa visione può essere ritenuta egoistica e, come abbiamo discusso in classe, porta ad inevitabili contraddizioni e aporie. Tuttavia rimango dell’idea che la visione di Hegel tenda al distopico, pretendendo che tutti seguano il volere dello Stato.
Perché pensi che obbedire allo Stato costituisca una “distopia”? Ciò vale anche nel caso che lo Stato in questione fosse democratico e le decisioni assunte fossero prese a maggioranza e non imposte da pochi a molti?
Personalmente ritengo che sia l’imperativo categorico di Kant che la visione di Hegel possano essere assunte entrambe come valide, poiché a seconda delle diverse situazioni entrambe le visioni porterebbero a compiere un’azione “moralmente corretta”. La morale di Kant, per esempio, può essere applicata a mio avviso a situazioni dove la decisione del singolo non avrebbe ripercussioni negative su un gran numero di persone. Il ragionamento di Hegel, d’altra parte, potrebbe essere applicato a quelle situazioni in cui il non seguire la legge imposta dallo Stato intacca il benessere della comunità intera, come nel caso dei vaccini. Il rifiuto di farsi vaccinare o di far vaccinare i propri figli, per esempio ha delle ricadute sull’intera comunità. Una persona non vaccinata corre il rischio di rimettere in circolo malattie che erano ormai considerate debellate dal nostro paese, mettendo in pericolo le generazioni future. I rischi in cui si potrebbe incorrere sottoponendo i propri figli o se stessi al vaccino sono minori del rischio di contagio in cui si incorrerebbe se si decidesse di non vaccinare.
In conclusione ritengo che entrambe le teorie possano essere considerate valide, rimanendo però all’ interno di certe situazioni.
Come ho replicato a qualcun altro, non è così facile stabilire le situazioni in cui le tue azioni ricadono su molti altri e quelle in cui questo non avviene. Si potrebbe spostare il quesito e chiedersi: chi dovrebbe stabilirlo? Lo Stato tramite una legge (ma allora esso stesso regolerebbe i casi di legittima “obiezione di coscienza” e, in ultima analisi, tutto rientrerebbe sotto la legge dello Stato, come vuole Hegel) o ciascuno di noi, in coascienza (ma, in questo caso, uno potrebbe ritenere moralmente lecito qualcosa che, invece, altri considerano avere effetti negativi su molti altri)?
La difficoltà di discriminare è dovuta al fatto che, in linea di principio, ogni comportamento illegale, anche adottato con le migliori intenzioni, tende a generare differenze determinando vantaggi e svantaggi competitivi e, quindi, potenzialmente, danneggiando qualcuno che, se tutti seguissero la legge, non sarebbe stato danneggiato. P.e. se un funzionario, in coscienza, ammette a un concorso un candidato povero e bisognoso, che ha fatto domanda in ritardo, potrebbe danneggiare (se costui vince il concorso) qualcuno che, invece, ha fatto domanda entro i termini. L’azione di “chiudere un occhio” per compassione (che magari il funzionario compie ritenendo che tutti dovrebbero compierla, dunque secondo i principi di Kant, e senza trarne alcun vantaggio personale) sembra molto “giusta”, ma, in quanto illegale, potrebbe essere ingiusta.
Kant afferma che l’uomo ha ricevuto dalla Natura delle regole per l’uso della Ragione, tant’è che la Ragione è regolata sia dal diritto che dalla morale.
Nello specifico, quanto alla morale, tutti gli uomini cercano di agire moralmente, cioè cercano di individuare il comportamento più corretto per quella determinata situazione. Ad esempio, se un individuo trova un portafoglio per strada immediatamente gli verrebbe voglia di intascarsi il denaro contenuto, ma se interviene la morale automaticamente cerca di riportare il portafoglio al suo proprietario.
Il diritto, invece, è l’insieme delle condizioni con le quali la volontà dell’uomo si accorda con la volontà degli altri uomini e si fonda sui principi di libertà, eguaglianza ed indipendenza.
Poiché questi principi appartengono all’uomo, è evidente per Kant che spetta allo Stato individuare le regole e punire chi le viola. Per Kant quindi la Ragione è lineare, l’uomo usa la Ragione secondo le regole del diritto, ma anche secondo la sua morale arrivando a dire che ci possono essere dei comportamenti morali e illegali.
Hegel partendo da questa contraddizione e cioè che ci possono essere comportamenti morali e illegali, arriva ad affermare che il comportamento dell’uomo secondo morale non può essere illegale e che è il diritto che lo Stato ha individuato che deve essere rispettato da tutti gli individui.
In sostanza, quindi, ogni individuo, per poter tenere un comportamento morale, deve rispettare le leggi dello Stato e comunque deve essere cosciente che se le viola deve essere punito.
Il ragionamento di Hegel mi sembra più convincente rispetto a quello di Kant perché ritengo che le regole del diritto pensate dallo Stato sono anche regole morali. Ogni regola del diritto pensata dalla Stato trova in sé anche una regola morale.
Ritengo invece sbagliata l’affermazione di Kant che dice che l’agire umano deve seguire la regola di non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, perché dimostra che è l’individuo al centro del tutto e non lo Stato e quindi che decide ciò che è morale o meno.
Se l’uomo nel suo vivere quotidiano può agire solo secondo la sua morale, con la conseguenza che può non rispettare il diritto, si può arrivare alla conseguenza estrema che lo Stato non può imporre più nulla e che ogni individuo può agire come desidera.
In una società come la nostra dove l’indipendenza, la libertà e l’eguaglianza sono principi fondamentali irrinunciabili è impensabile che si possa applicare la regola di Kant espressa nella Ragion pratica, dove nel rapporto tra individuo e Stato prevale sempre l’individuo.
L’individuo in quanto tale può prevalere solo se riconosce a applica le regole del diritto che in quanto tali sono anche espressione della morale.
L’analisi è approfondita e pertinente. Non è chiaro, tuttavia, come tu riesca a distinguere la regola aurea implicitamente seguita da Kant (“non fare agli altri ecc.”) dalla sua morale che, secondo te, per quel che capisco, non si discosterebbe da quella di Hegel (nel senso che a prenderla sul serio comporterebbe la moralità delle leggi dello Stato). In effetti la regola aurea è il modo in cui comunemente si interpreta globalmente l’impostazione di Kant (come Kant sembra autorizzare in una nota della Fondazione della metafisica dei costumi).
Penso che nel contestare la legge morale di Kant, Hegel non abbia analizzato a fondo uno degli episodi più importanti della storia antica: Il processo a Socrate. In questo famoso processo, il filosofo viene accusato di empietà, corruzione dei giovani, introduzione di nuove divinità e non riconoscimento di quelle tradizionali. Durante tutta l’udienza Socrate non si difende, ma pone a ritmo incalzante delle domande ai suoi accusatori, facendo cadere ogni loro accusa e facendo capire ai cittadini accorsi all’Areopago che questo processo sia una scusa per eliminare il filosofo dalla vita politica e sociale ateniese. Nonostante i giudici diano a Socrate la possibilità di scappare, lui rifiuta, rispetta la sua condanna e beve la cicuta. Hegel commenterà il fatto positivamente: Socrate rinunciando alla propria individualità, pone la decisione dello Stato, anche se ingiusta, sopra ogni altra cosa, anche sopra la sua la stessa vita. Facendo ciò, egli dimostra che lo Stato è più importante dell’individuo ed in quanto tale ogni sua legge vada rispettata. Quindi Socrate da il buon esempio ai cittadini ateniesi, cioè dimostra che è sempre giusto seguire le regole del governo. Ma quando il filosofo “da il buon esempio” non sta esercitando forse la legge morale come la intende Kant quindi il condizionare, tramite le proprie azioni, le azioni e la morale degli altri? Come può dunque, Hegel essere d’accordo con una cosa che ha appena contestato?
Cioè, intendi dire, per semplificare, che Socrate dimostra di seguire una legge diversa da quella dello Stato, quella della propria “coscienza” (il “demone” interiore), anche se rispetta la legge dello Stato? In effetti, è un’interessante prospettiva. In fondo anche il “nostro” obiettore di coscienza alla leva militare “paga”, nel nostro esempio, un prezzo per il suo gesto e accetta di buon grado il carcere per testimoniare la sua “virtù” (come avrebbero detto gli antichi)… C’è da rifletterci
Hegel, analizzando l’etica di Kant, ne critica alcuni principi.
Difatti egli sosteneva che ognuno ha la libertà di agire come meglio crede, amettendo che anche gli altri possano agire allo stesso modo. La scelta morale, in questo caso, diviene immorale, in quanto ognuno fa propri principi scelti arbitrariamente, diventando così “capo di se stesso”.
Penso che Hegel abbia pienamente ragione nel contestare le idee di Kant; come vige nella società attuale l’individuo sottostà ad una legge comune, facendo propri i diritti del Codice Civile, che ammette uguaglianza e democrazia fra la popolazione.
Credo che, seguendo ciò che è stato detto da Kant, questo modo di agire, dove ognuno cerca il proprio bene, sia in parte “egoista”, in quando l’individuo, prima di tutto pensa a se stesso e per raggiungere il suo scopo fa sì che tutti possano usufruirne, mascherando così il suo interesse.
Questa libertà che ognuno si crea , fa sì che tutti si sentano privi di qualsiasi ostacolo: molto spesso diciamo, o sentiamo dire “se lo fa lui, posso farlo anche io” oppure “ma intanto lo fanno tutti” riguardanti azioni che non sono del tutto legali o moralmente corrette; questo pensiero che è del tutto moderno e oltremodo condiviso, va contro tutti i principi che il cittadino deve rispettare, in quanto parte di uno Stato che, seppur rigido nel suo codice, vuole assicurare un certo livello di uniformità e unione dei singoli individui.
Sì, questi possono essere semplici pensieri che si fanno anche scherzando, ma nel momento in cui io realizzo che “non c’è niente di male” in questo, ottengo esattamente l’opposto..come una persona può considerare ciò, lo possono fare altre cento o altre mille, e così via.. facendo di quella legge scritta sulla Costituzione solo una misera frase senza senso.
Molto convincente la tua “arringa” a favore della legalità costituzionale contro le norme “fai da te”. Tuttavia, non dobbiamo neppure attribuire a Kant una sorta di invito all’imitazione di comportamenti negativi o distruttivi. Anche per Kant la legge che ci si dà deve essere credibile, nel senso che deve poter essere parte di una legislazione comune, senza contraddizioni o controindicazioni (come sarebbero le norme: “ruba”, “divertiti a spese di altri” ecc.; qualcuno direbbe che anche “assumi stupefacenti”, “dedicati a vizi” ecc. siano norme che Kant non accetterebbe perché, sebbene, apparentemente siano “universalizzabili” senza contraddizione, di fatto, se universalizzate, costruirebbero una società di persone “corrotte” nel corpo come nell’anima che non sarebbe politicamente raccomandabile).