Dopo aver riconosciuto il debito delle “teologie” delle grandi religioni del Libro (o abramitiche) nei confronti della filosofia greca e, in particolare, del neoplatonismo, vediamo se nel loro ambito e, in particolare, nel cristianesimo (che contraddistingue con maggiore profondità la cultura occidentale all’interno della quale si è svolta anche la “storia della filosofia” che studiamo a scuola) si è elaborata un’autonoma e originale filosofia, che ha eventualmente condizionato tutto lo sviluppo successivo della storia del pensiero, fino ai giorni nostri.
A questo fine, dopo aver chiarito come lo stesso cristianesimo, nel suo complesso (non diversamente dal buddhismo e da altre “religioni”) possa essere considerato una “filosofia”, dovremo da un lato ricercare i suoi elementi originali, andando a scavare nella sua storia (a cominciare dalla questione del cosiddetto Gesù storico, da distinguere dal Cristo della fede), dall’altro lato comprendere come gli elementi tratti dalla filosofia greca (soprattutto platonica) che abbiamo già in parte incontrato subiscano una peculiare torsione nell’alveo della nuova fede (diversa a seconda delle correnti e degli autori, le une e gli altri più o meno ortodossi o eterodossi).
Per comprendere meglio la complessità che ne scaturisce fino ai grandi scismi del II millennio (lo scisma d’Oriente e la Riforma protestante) ci dovremo misurare con due questioni tra loro intimamente connesse: la questione dell’interpretazione delle Scritture (e dell’eventuale ruolo della cosiddetta Tradizione) e la questione del rapporto tra fede e ragione (o scienza) fino al celebre processo a Galileo.