Come abbiamo accennato, i trattati di pace conclusivi della prima guerra mondiale, ispirati da una parte al principio di nazionalità, su cui insistette molto il presidente americano Wilson (ma anche le altre potenze vincitrici, come l’Italia, ma soltanto quando loro conveniva), dall’altro lato a una più tradizionale logica di potenza, orientata a soddisfare le esigenze di espansione e di sicurezza dei vincitori (adottata soprattutto dalla Francia), possono essere considerati, almeno in parte, cause indirette di quell’instabilità europea che condusse, nel giro di una ventina d’anni, alla seconda guerra mondiale.
A tuo parere, avendo studiato le vicende delle prima guerra mondiale e, soprattutto, conoscendo, almeno a grandi linee, la composizione etnica, spesso variegata, delle diverse potenze coinvolte nel conflitto, si sarebbe potuto fare meglio, se si fosse voluto disegnare un’Europa stabile e pacificata? Secondo quali principi, linee guida, soluzioni concrete?
(Spesso si dice che non si può “fare la storia con i se”, ma, a volte, testare le diverse “possibilità” in gioco nelle diverse situazioni, oltre quelle che furono effettivamente esperite, aiuta a ponderare, come ci insegna Max Weber, con la sua “teoria della possibilità oggettiva“, la presumibile incidenza causale dei fattori in gioco nei diversi processi storici)
P.S. Qualcuno si ricordi di portare, cortesemente, il manuale di storia!
Secondo me dividere ed isolare i vari popoli e le varie etnie in Stati che comprendano solo persone di una determinata razza è impossibile. Infatti, tenendo conto del principio di Wilson si verrebbero a creare degli Stati troppo piccoli e disuniti. Seguendo, invece, le pulsioni espansionistiche delle grandi potenze europee non si terrebbe conto delle distinzioni culturali delle persone. Come si può vedere in entrambi i casi non si arriva ad una soluzione definitiva e sinceramente nemmeno io riuscirei ad immaginarne una. Dal mio punto di vista la “mossa” più risolutiva, ma irrealizzabile, sarebbe quella di creare un unico grande stato in cui venga rispettata ogni peculiarità sociale e territoriale ldelle varie etnie. In questo modo non ci sarebbero motivazioni che spingono un popolo a dichiarare guerra contro un altro.
Buona ipotesi, ma, come tu stesso temi (e con te anche Eugenio), forse difficilmente realizzabile.
La domanda che viene posta sul fatto che la storia possa essere cambiata se qualche evento (in questo caso le trattative di pace) venga modificato è impossibile, o comunque molto difficile. Io credo che le dichiarazioni del presidente Wilson siano state fatte innanzitutto per limitare la potenza dei paesi europei vincitori, altrimenti poteva accadere un’altra guerra per la conquista dell’europa ad opera, per esempio, della Francia.
Anche limitare o comunque cercare di “tappare i buchi” della sconfitta della germania e austria-ungheria fu fatta per evitare che questi due stati vengano sottomessi e salvaguardati dal “bullismo” dei paesi vincitrici.
Tuttavia credo che Wilson abbia fatto un buon lavoro, poichè ha comunque ristabilita la situazione (con qualche cambiamento) che c’era prima dello scoppio della guerra, e che tutto sommato non era troppo vantaggiosa per nessuno. Inoltre ha cercato, anche se dopo si è rivelato inutile, di far crescere la germania e l’austria affinchè le potenze vincitrici non facessero le “spavalde” ai loro confronti, e non venga generato desiderio di rivalsa e vendetta. Questo tuttavia è esattemente ciò che accadde e su cui fece leva Hitler.
Sono d’accordo sulle buone intenzioni di Wilson, meno sul fatto che la situazione fissata dai trattati conclusivi della Prima Guerra Mondiale fosse “ristabilita” con qualche cambiamento: la cartina geopolitica della Mitteleuropa fu “stravolta” (e con l’avvallo pieno di Wilson) con la nascita di Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia ecc. Forse non era solo il “bullismo” dei Paesi vincitori (più che “vincitrici”) la remota condizione che favorì lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale…
Secondo me la scelta di affidarsi quasi completamente al principio di autodeterminazione dei popoli nei trattati di pace della prima guerra mondile fu decisa sopratutto perché nei primi decenni del 900 in tutta europa dilagava l’ideologia del nazionalismo che quasi sempre distruggeva la possibilità delle minoranze etniche di un paese di essere riconosciute.
A mio avviso c’era un modo per evitare queste discriminazioni all’interno di stati a maggioranza di una particolare etnia: la Creazione di macrostati divisi per sistema federale in cui costituzionalmente si offrivano protezione e diritti alle minoranze;questo sistema a mio avviso era attuabile sia nel vecchio impero austriaco ungherese e per i paesi della penisola balcanica che presentano un grandissimo numero di etnie nei loro confini.
Interessante ipotesi anche se non sono da sottovalutare le obiezioni di Eugenio…
Il quattordicesimo punto di Wilson dice che :”Una Società generale delle Nazioni Unite dovrebbe essere formata in virtù di convenzioni formali aventi per oggetto di fornire garanzie reciproche di indipendenza politica e territoriale ai piccoli come ai grandi Stati”. Ritengo che questo punto sia quello fondamentale perché in poche righe riesce a dare eguali diritti a tutti gli stati anche a quelli che hanno perso la guerra e a questo proposito credo che da questo punto di vista si volesse tutelare tutti i Paesi anche quelli più piccoli. Inoltre i 14 punti cercano di dare eguali diritti ai cittadini all’interno del confine dello Stato a cui appartengono e cercano di modificare i confini a seconda della popolazione che ci vive. Per concludere, secondo me, il trattato di pace della prima guerra mondiale non avrebbe potuto fare di meglio per evitare lo scoppio della seconda guerra mondiale.
In che termini il rispetto dei punti di Wilson, oltre che gli Stati, garantirebbe anche i cittadini all’interno di essi?
Personalmente non saprei un modo efficiente per suddividere i territori europei. Pretendere che esistano dei veri e propri confini non solo fisici ma soprattutto culturali credo sia una sciocchezza. Per quanto ci si impegni ogni regione comprenderà al proprio interno delle minoranze, che in un futuro potrebbero ribellarsi. Tanto più se ci si proponesse di unire sotto un unico Stato popolazioni profondamente differenti.
Anche se lo Stato in questione fosse democratico e liberale e concedesse a tutti spazi culturali e risorse?
Il principio di nazionalità del presidente americano Wilson lo considero molto interessante ma non altrettanto realizzabile soprattutto in quegli anni per le varie mescolanze di nazionalità in Europa. I 14 punti di Wilson però prevedevano molti ideali condivisibili e che ritengo personalmente corretti come: la pace definitiva, il libero commercio, il disarmo e la libertà di navigazione. Sfortunatamente tutti questi principi espressi dal presidente americano non durarono molto nel tempo infatti terminarono con lo scoppio della seconda Guerra Mondiale, Anche la Società delle Nazioni non riscosse un grande successo soprattutto per il senato degli Stati Uniti che voleva rimanere distaccato dall’Europa.
Inoltre ritengo giusto penalizzare la Germania ma forse i quattro stati usciti vincitori dalla guerra sono stati un po’ troppo severi nei confronti della potenza tedesca. Questo creò in Germania uno stato d’animo generale voglioso di rivalsa e proprio su questo fece leva Hitler.
Per quanto riguarda invece la “vittoria mutilata” da parte dell’Italia ritengo che il termine “mutilato” venga usato in modo errato; la nostra nazione secondo me poteva accontentarsi delle città di Trento e Trieste e non richiedere anche la Dalmazia e la città di Fiume territori, soprattutto la prima, dove la maggioranza dei cittadini era di origine slava.
Le tue considerazioni sono abbastanza interessanti, ma non è sempre chiara la connessione con la consegna. Interpreto: se l’Italia si fosse accontentata e non avesse alimentato il mito della “vittoria mutilata”, se la Germania fosse stata meno penalizzata ecc., forse certe condizioni favorevoli allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale non si sarebbero date. E’ corretto?
Sì è corretto.
Personalmente ritengo che non si sarebbe potuto fare di meglio. Le vicende che hanno caratterizzato l’Europa nel corso della storia hanno portato ad una grande varietà entica, dovuta a guerre e migrazioni. È impossibile tracciare dei confini netti tra gli stati, perché nelle regioni a contatto con popoli diversi, le etnie si mescolano ed entrano a contatto tra di loro, diluendo i confini e rendendo oggettivamente impossibile una divisione precisa che tenga conto delle esigenze di tutti.
Per stabilire una condizione di pace sarebbe necessario risalire agli albori della civiltà e definire fin da subito delle frontiere riconosciute da entrambe le parti. Facendo ciò però si cambierebbe il corso della storia, il che potrebbe portare alla non formazione di determinati popoli, rendendo il lavoro fatto inutile.
Questa risposta tiene “fede” al principio di autodeterminazione dei popoli. E se la “tara” si annidasse proprio in esso?
Al giorno d’oggi è molto semplice rispondere a queste domande, soprattutto per la mia generazione, nata in un’ Europa in pace e senza frontiere. O almeno sembra. Proviamo ad immaginarci un’ Europa straziata dalla fame, da cui la guerra aveva portato via intere annate di giovani e dove sembrava non esistesse più la parola futuro. Ed ora proviamo a pensare alla nascita di quella nuova e rivoluzionaria idea di un’ Europa unita che fece rinascere una fievole speranza per un futuro migliore. È evidente che, come tutte le nuove teorie, anche il sentimento europeo necessitò di un periodo di maturazione affinché tutti, dai capi di stato ai braccianti, furono convinti che era giusto, che era ora di vivere in un mondo in pace. Ed è in questo momento, secondo me, che moralmente si creò l’Europa unita, quando si capì che il futuro era vivere insieme, seguendo regole di solidarietà e rispetto verso tutti e senza odio alcuno. Anche concretamente la nascita dell’Europa fu basata sul principio di comunità. Il primo passo fu quello di unire le risorse comuni del carbone e dell’acciaio come fece la CECA che dimostrò non solo che poteva esistere un rapporto di fiducia tra due o più stati, ma anche che tale unione frenava conflitti e portava ricchezza ad entrambi i paesi.
Concludendo, in tempi in cui nel nostro continente si stanno nuovamente insediando, come un serpente velenoso, l’odio, il razzismo e sentimenti nazionalisti, credo sia necessario, soprattutto da parte di noi giovani, ricordare e riaffermare i valori di comunità e rispetto su cui si poggia l’Europa unita, e non farsi abbindolare da falsi miti supportati da persone che hanno perso memoria di sé, perchè da soli non si va da nessuna parte: Il futuro è insieme.
La conclusione è molto “politica” e anche pervasa da elevati ideali, ma sfugge un po’ all’esercizio. Da quello che scrivi (ma avresti potuto forse esplicitarlo meglio) sembrerebbe che all’epoca di cui parliamo, immediatamente dopo la fine della Grande Guerra, non vi fossero le condizioni per soluzioni molto diverse da quelle effettivamente adottate.
Per prima cosa vorrei criticare la corsa al disarmo, soprattutto nei confronti della Germania, che ha creato uno squilibrio agli stati interni oltre a portare ad una vulnerabilità nei confronti dei paesi esterni ai trattati ed una certa dipendenza (forse voluta) da stati militarmente superiori come gli USA. Inoltre se tutti gli stati posseggono grandi risorse offensive le ingenti perdite e la ampia devastazione in un ipotetica guerra non saranno compensate dai magri guadagni. Questo è il principio che abbiamo potuto osservare durante la guerra fredda nella quale le imponenti potenze belliche hanno evitato qualsiasi scontro diretto.
Non sono molti i provvedimenti che avrebbero potuto evitare una guerra, la presenza nel territorio di molte popolazioni culturalmente molto diverse e di diversa dimensione rende difficile la creazione di confini e Stati: se a questi popoli fosse permesso di riunirsi in stati indipendenti quest’ ultimi sarebbero magari piccoli e deboli quindi facilmente conquistabili da una potenza maggiore; invece se questi popoli fossero inglobati in stati più grandi questi necessariamente creerebbero una instabilità interna al paese stesso come successo in molti paesi baltici.
Ance la Germania costituisce un problema notevole: se fosse stata penalizzata di più questo avrebbe aggravato la già difficilissima situazione al termine della guerra causando ancora maggiore miseria, mentre imposte meno pesanti avrebbero consentito ad Hitler di comandare uno stato ancora più potente militarmente e industrialmente permettendogli forse di vincere la guerra.
Per evitare la guerra sarebbero probabilmente servite una diversa visione della guerra ed una maggiore comprensione ma questo sembra troppo difficile ed improbabile per questo delicato gioco di “se” riferiti ad una storia già scritta.
Insomma, mi sembra di capire che le cose sarebbero difficilmente potute andare diversamente… Paradossalmente, se questo fosse vero, sarebbe difficile “ponderare” il “peso” dei diversi fattori in gioco (mancando il cosiddetto “controfattuale”, ossia “che cosa sarebbe accaduto se non…”), al punto da non poter più neppure identificare vere e proprie “cause” di quanto è accaduto.
Per raggiungere lo scopo di un’ Europa stabile e pacificata gli stati uscenti vincitori dalla Prima Guerra Mondiale decisero di tracciare i confini europei secondo il principio di autodeterminazione dei popoli sostenuto soprattutto dal presidente americano Wilson. In poche parole, secondo questo principio, ogni popolo (o nazionalità) ha diritto ad un proprio stato. Principio a prima vista molto nobile, grazie al quale vennero create Jugoslavia, Polonia, Cecoslovacchia ecc. Eppure questa divisione portò solo pochi anni successivi a numerose tensioni che sfociarono nella Seconda Guerra Mondiale e anche alle seguenti guerre balcaniche. Evidentemente quella adottata non fu la miglior soluzione. Secondo il mio parere già in quegli anni (ancor di più adesso) sarebbe stato impossibile dividere in maniera perfetta l’Europa in base a nazionalità ed etnie: la popolazione era già troppo variegata, fusa, multiculturale per poter essere suddivisa così brutalmente. Si sarebbe potuto creare in entità, uno ”stato” multietnico e sovranazionale dove popolazioni e culture diverse avrebbero potuto convivere assieme senza ostacolarsi, dove i diritti di ognuno sarebbero stati rispettati e garantiti. Forse non ci sarebbe stato alcun attentato all’arciduca Francesco Ferdinando e magari nessuna Seconda Guerra Mondiale, almeno nei termini in cui la conosciamo noi. Certamente si tratta di un’ipotesi, di un ideale, che avrebbe anche potuto rivelarsi fallimentare: non è detto che le varie popolazioni ed etnie sarebbero state disposte a collaborare e a tollerarsi (basti pensare all’attuale situazione in Israele).
Intendi che PRIMA della guerra si sarebbe potuto forse creare uno Stato multietnico? Magari trasformando in un simile Stato l’Austria-Ungheria? In effetti furono esperiti tentativi in questo senso (da parte dello stesso arciduca assassinato, per ironia della sorte…).
P.S. Chiamerei le guerre “jugoslave” degli anni Novante guerre balcaniche per non confonderle con quelle di fine Ottocento / primi del Novecento.
Credo che, per poter ricostruire gli eventi storici perché non portino ad una seconda guerra mondiale, debba necessariamente escludere la componente casuale o irrazionale dell’agire umano e pensare che ogni azione sia stata presa al fine di ottenere un vantaggio, che sia questo di ordine politico, sociale o economico.
Data questa premessa credo che sia perfettamente identico se uno Stato venga suddiviso affinché vengano tutelate le varie culture e minoranze o che, con gli stessi intenti, si decida di dare alle voci di queste maggiore importanza nella legiferazione delle leggi.
Questa mia tesi è motivata dal fatto che dipende, come ogni volta, dalle intenzioni delle persone interessate, se queste vogliono maggiore voce in parlamento, o l’autonomia più totale da questo, per seguire i propri fini allora ciò porterà inevitabilmente alla nascita di tensioni fra le varie culture, a prescindere dal sistema scelto. Allo stesso modo se ci troviamo di fronte ad una popolazione che, per la prima volta nella storia, colta da un improvviso ideale di uguaglianza e resasi cosciente dell’insensatezza del dividersi e classificarsi sulla base di razze o credi, decida di dare a tutte le minoranze la possibilità di esprimersi, credo sarebbe identico se lo facesse tramite la divisione in diversi Paesi o l’unione in uno steso Stato, poiché in entrambi i casi prevarrebbe il desiderio di collaborazione e solidarietà.
Dunque a prescindere dalle volontà dei vincitori della prima guerra mondiale, se quelle tensioni che si svilupparono ebbero motivi razionali allora queste si sarebbero sviluppate comunque e con loro le inevitabili conseguenze. In alternativa posso affermare che il tutto nacque dal fatto che le minoranze decisero di restituire i soprusi che gli austro ungarici, in questo caso, fecero loro per irrazionale capriccio, ma volessi basarmi sul fatto che tutto è casuale e l’uomo è dominato dai suoi istinti, come potrei trovare una soluzione certa?
Ottima riflessione. In sostanza, se ben intendo, tu inviti a non conferire troppa importanza ai trattati di pace, sottolineando il “peso” esercitato dalla concreta volontà dei singoli popoli, legata alla cultura dominante presso ciascuno di essi. Buona l’ipotesi, che si trova anche in Weber, che l’agire umano debba venire interpretato a partire dalla congettura che esso non sia, complessivamente, irrazionale, pena l’impossibilità di qualsiasi previsione attendibile.
La prima Guerra Mondiale è conosciuta anche come Grande Guerra non solo per i territori e le truppe coinvolte, ma anche per il numero degli stati interessati. Il conflitto mondiale vide, infatti, Germania e Austria-Ungheria contro la Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia, Russia). Gli imperi centrali ebbero poi l’aiuto dell’Impero Ottomano e con la Triplice Intesa si schierarono Italia, Grecia e Stati Uniti. Non solo, il conflitto mondiale distrusse equilibri politici oramai consolidati, disegnò una nuova Europa debole e un nuovo Medio Oriente. In tutto questo furono determinanti le alleanze e gli schieramenti tra i vari Stati.
Secondo me è ovvio che se alcuni Stati come Italia, Stati Uniti, Russia e Germania avessero stretto differenti alleanze o ancor meglio non avessero partecipato al conflitto, i confini dell’Europa e gli equilibri interni sarebbero stati entrambi diversi. Se ad esempio l’Italia invece di schierarsi con la Triplice Intesa si fosse schierata con la Triplice Alleanza, sicuramente non avrebbe avuto la stessa disponibilità economica-bellica da farla diventare un peso determinante all’interno del conflitto, conclusosi con l’acquisizione di nuovi territori. Altra conseguenza è che forse nel 1922 non ci sarebbe stato l’incarico di Governo a Mussolini. Quanto agli Stati Uniti, ritengo che il loro intervento nel conflitto sia stato essenziale per due motivi: la Triplice Intesa non avrebbe sicuramente vinto il conflitto; e gli Stati Uniti non sarebbero diventati la prima potenza mondiale capace di influenzare le varie decisioni in ambito politico. Infine la Russia non sarebbe diventato uno Stato sovietico e quindi non ci sarebbe stato il regime comunista; e la Germania non sarebbe arrivata all’estremismo nazionalista.
Quindi, ritengo che il conflitto mondiale, se avesse avuto una diversa configurazione delle forze territoriali in guerra, si sarebbe definito in maniera totalmente diversa e l’Europa sarebbe stata composta da Stati stabili, pacifici e con un peso economico e politico importante.
Direi che la tua analisi è ineccepibile: se la guerra avesse avuto protagonisti diversi o diversamente alleati, gli esiti sarebbero potuti essere diversi. In realtà la domanda dava per scontato che la guerra si svolgesse come si è svolta e chiedeva, piuttosto, che cosa si sarebbe potuto fare in sede di trattati di pace.
La prima guerra mondiale, come appunto sottolineato dall’aggettivo, ha coinvolto le maggiori potenze europee del XX secolo, portando scompiglio e disordini di rilevante importanza. La risoluzione e i trattati di pace sviluppati al termine di questa, evidentemente, si sono rivelati precari in quanto hanno comportato lo scoppio di un secondo conflitto nel giro di vent’anni.
Questi ultimi hanno smembrato territori sconfitti, come l’impero Austroungarico, in piccoli e vulnerabili stati e tali suddivisioni non hanno considerato minimamente il conseguente smistamento di gruppi etnici simili in potenze diverse. Ma gli accordi stipulati avevano come fine quello di premiare i “vincitori” o apportare delle rettifiche tali da garantire la pace mondiale ed evitare altre ostilità di simile importanza?
Una delle cause della seconda guerra mondiale era fondata, per l’appunto, sulla necessità di riunificare i territori i cui abitanti parlassero il tedesco. In aggiunta, per garantirle uno sbocco sul mare, la Polonia acquisisce il Corridoio di Danzica, frazionando così i possedimenti tedeschi da quelli prussiani.
Perciò, a mio parere, i trattati di pace avrebbero dovuto focalizzarsi non tanto sulla definizione di nuovi confini, quanto sul mantenimento, sull’unione e sul rafforzamento delle etnie, i cui membri avrebbero potuto trovarsi in accordo su diverse tematiche, evitando così divergenze morali e provando a ristabilire quell’equilibrio che tra il 1914 e il 1918 viene distrutto.
La soluzione che proponi è accattivante, ma rimane un po’ astratta… Come realizzarla concretamente? Attraverso uno Stato multietnico, come l’Austria-Ungheria, opportunamente democratizzato e liberalizzato?
Penso che i vari Stati coinvolti avrebbero dovuto immaginare cosa si sarebbe prodotto se le reciproche ostilità non avrebbero cessato il loro corso nella storia.
Credo che sarebbe stato più logico lasciare i confini così come erano, valutando eventuali trattati e piccoli cambiamenti che si sarebbero risolti in modo altrettanto pacifico, non per forza concludendo ogni piccolo capriccio con le armi. Fin dai tempi più antichi la civiltà ha cercato sempre di strafare, varcando indubbiamente le proprie possibilità, non credendo importante sfruttare le risorse già possedute.
Forse la Prima Guerra Mondiale era inevitabile, visto il grande fermento che riscaldava l’animo dell’Europa Occidentale, ma, maturando posizioni diplomatiche e fondate, al giorno d’oggi non potremmo parlare di Hitler e Mussolini come essi vengono ricordati.
Prendendo in considerazione il fatto che questa guerra sia stata oggetto della nostra storia, i vari governi e Stati avrebbero potuto stipulare patti e provvedimenti che avrebbero accontentato gran parte della popolazione, tutelando la propria libertà e i propri diritti, rendendola partecipe alla vita politica e sociale, mentre tutto ciò è stato oscurato ai loro occhi, portando così avversioni sia all’interno che all’esterno dei vari Stati.
Questa guerra, insieme alla successiva, ha sicuramente mutato il nostro giudizio e pensiero riguardo alla vita di comunità, cercando, fin quanto è possibile, una sfera di felicità e pace collettiva .
Non è affatto chiaro il senso globale della tua risposta, in particolare con riferimento al quesito proposto. Anche dal punto di vista strettamente linguistico alcuni periodo (come ad es. il primo) non sono affatto chiari. In altri punti rimani un po’ generica: che genere di patti gli Stati avrebbero potuto stipulare? quali diritti avrebbero dovuto tutelare?