Concludiamo questo primo modulo mostrando come la filosofia, originariamente, oltre che suscitata dalla ricerca del bene, utile e necessaria, e/o scaturita dalla meraviglia per i fenomeni inesplicabili della natura, derivi da una critica radicale del relativismo delle opinioni.
È davvero possibile sostenere una posizione relativistica, come quella degli antichi sofisti?
La filosofia, in Socrate e Platone, nel momento in cui si metta alla ricerca della saggezza, deve fare i conti con questa insidiosa dottrina relativistica, apparentemente convincente (oggi più che mai, in assenza di “verità” imposte da Chiese o Partiti dogmaticamente), ma tale da rendere vana la ricerca medesima.
Cfr. il brano del Teeteto che abbiamo letto e il manuale, U2, cap. 2, § 6, Il concetto e il relativismo sofistico, pp. 134-35.
Se ci si riflette, il relativismo, se fosse accolto, vanificherebbe la ricerca. La questione è tanto più importante e urgente, quanto più, ancor oggi, si confonde spesso il giusto pluralismo delle dottrine (politiche, religiose, morali ecc.), esito di grandi movimenti storici come quello scaturito dalle grandi rivoluzioni liberali dell’età moderna (inglese, americana, francese) con il relativismo.
Non bisogna confondere, infatti, l’ammissione del pluralismo delle legittime opinioni, dovuto alla difficoltà o, magari, all’impossibilità di scoprire quale di esse, ammesso che ve ne sia una, è quella “vera” con la tesi del relativismo: per il relativismo non c’è alcuna possibile ricerca della verità, conseguita magari attraverso la discussione e il confronto delle opinioni, perché ciascuna opinione è già vera per chi la coltiva e non c’è, quindi, bisogno di discutere se essa sia vera o meno.
Il pluralismo è reso necessario dalla mancanza di certezze riguardo alla dottrina (politica, religiosa, morale ecc.) migliore o più vera. In passato spesso una dottrina si era imposta tirannicamente come “vera” senza, tuttavia, mai riuscire fino in fondo a dimostrarsi tale. Tuttavia, la pluralità delle opinioni non sottende la loro equivalenza. Ciascuno ritiene legittimamente che la sua opinione sia migliore, ma, non potendo dimostrarlo agli altri, “tollera” le opinioni altrui ed è disponibile a rivedere anche la propria, qualora altri lo persuadano magari attraverso ragionamenti.
Il relativismo consiste, invece, nel credere che le propria opinione non valga più di quelle degli altri, che le opinioni siano tutte vere e tutte equivalenti. Ma ciò vorrebbe dire, autocontraddittoriamente ,che non si ha davvero quella certa opinione, perché si riconoscono come equivalenti alla propria anche opinioni diverse od opposte.