Chi crede che tutto sia costituito di sola materia, ad esempio di atomi in movimento, e nega l’esistenza di anime separabili dal corpo e, a maggior ragione, di divinità misericordiose e provvidenti, in grado di orientare la “vita” del cosmo sulla base di nobili fini, che etica dovrebbe coltivare?
A differenza di quello che si potrebbe credere, storicamente concezioni materialistiche e meccanicistiche in campo fisico, come quelle degli antichi atomisti, non comportano “automaticamente” concezioni edonistiche in campo etico (ossia concezioni secondo le quali sarebbe intelligente abbandonarsi al piacere senza limiti e senza regole), come testimonia il caso sorgivo dell’etica di Democrito, che si distingue per “elevatezza” e profondo senso (tipicamente “greco”) della misura (cfr. U1, cap. 4, p. 56).
Tuttavia, non risulta del tutto chiaro il rapporto tra la fisica materialistica di Democrito e la sua etica “elevata”.
Diverso il caso di Epicuro, la cui etica è fondata esplicitamente su una fisica atomistica di derivazione democritea (da cui differisce solo per l’introduzione dell’ipotesi del clinamen, ossia l’ipotesi secondo la quale talvolta gli atomi si allontanerebbero “liberamente” dalle traiettorie che sembrerebbero destinati a seguire, ipotesi introdotta per “salvare” la libertà di scelta dell’uomo, cfr. U5, cap. 3, § 5, pp. 434-35; U5, P6, T12, p. 493-94 e T13, p. 495).
Approfondiamo, a questo punto, la dottrina etica di Epicuro
- leggendo la Lettera a Meneceo (che abbiamo iniziato a leggere in aula e di cui puoi rileggere alcuni passi commentati anche sul manuale, cfr. pp. 498-500)
- studiando il quadrifarmaco che ti può aiutare a meglio intenderla (cfr. U5, cap. 3, § 3, p. 432)
- inquadrando, infine, il tutto sulla pagina di questo sito dedicata e sul manuale (U5, cap. 3, §§1-2, pp. 430-32; § 6, pp. 435-37).
Il messaggio di fondo sembra essere questo: “Cogli l’attimo (carpe diem, ripreso dal poeta latino Orazio), perché oggi ci siamo, domani chissà, essendo fatti di atomi che casualmente si aggregano e si disgregano; ma godi del presente senza però sacrificare il tuo futuro cadendo nel vizio, il quale ci toglie il piacere, perché vi ci fa abituare e lo ripaga spesso con il dolore”. L’epicureo, dunque, lungi dall’abbandonarsi a piaceri senza ritegno, esercita le virtù etiche fondamentali care a tutti i Greci (soprattutto la temperanza o moderazione, p.e. nel bere e nel mangiare), non in quanto fini a se stesse, ma come mezzo per preservare la propria capacità di godimento.