In questo modulo ci siamo interrogati su come sia possibile conoscere il Bene, in una prospettiva platonica, inteso come Principio di ogni cosa (simbolicamente rappresentato al Sole fuori della caverna), e, quindi, automaticamente (se ha ragione Socrate), comportarci di conseguenza.
Non è affatto facile, considerando i limiti della nostra ragione (diànoia), messi in luce dagli scettici e dallo stesso Platone (cfr. i limiti della dimostrazione per assurdo). L’amore (inteso come nostalgia), attraverso la bellezza, ci lascia, certo, presagire il nostro Bene (come qualcosa di noi stessi che ci manca, la nostra “metà” smarrita); la dialettica, liberando la nostra anima dalle “incrostazioni” del falso opinare, prepara il terreno a una possibile “intuizione intellettuale” del Principio. Questa , tuttavia, non è affatto garantita: Platone, in una sua lettera (la VII), precisa che occorre a questo fine vivere a lungo in comune ed esercitare il dialogo, ma l’illuminazione resta qualcosa di improvviso, di inatteso, di gratuito (non deriva “logicamente” da una catena di ragionamenti o sillogismi, ma scaturisce, anzi, dalle aporie nelle quali la nostra ragione si imbroglia).
Cfr. U3, P3, T9, Il bene come vertice del mondo delle idee, pp. 266-68
Il filosofo “neoplatonico” Plotino, nel III sec. a. C., ricapitola, nel suo trattato Enneadi, i “guadagni” teorici del platonismo a lui precedente e, in generale, di tutta la filosofia antica, pagana, proponendoci una fondamentale teoria circa l’origine e la struttura dell’universo: al vertice il Principio che Plotino, evocando il Parmenide platonico, chiama, oltre che Bene, anche Uno; quindi il “mondo delle idee”, perlustrate dalla dialettica, per le quali non vige più (anzi: ancora) il principio di non contraddizione, che Plotino denomina “intelligenza” (dal momento che è mediante tale “facoltà” che alla fine riusciamo a coglierle); infine il mondo sensibile, messo in movimento (un movimento orientato al fine della massima perfezione possibile) dall’anima del mondo (corrispondente al Lògos degli stoici) e dalle nostre anime particolari, che ne sono ramificazioni (nel quale vige il principio di non contraddizione e la logica aristotelica e stoica). Nel nostro mondo appare molteplice, perché moltiplicato nello “specchio” disordinato e caotico della materia (la “caverna” platonica), ciò che in ultima analisi non è che immagine multipla dell’Uno (che, dunque, al fondo, noi stessi siamo e, seguendo le indicazioni platoniche, possiamo riconoscere e ricordare di essere). Sviluppando quanto Platone accenna per immagini nel dialogo Timeo, Plotino ci offre anche una sorta di “spiegazione” (a sua volta immaginifica) dell’origine del mondo sensibile dall’Uno e dalle idee.
Cfr. 1B, U5, cap. 6, § 2, pp. 451-458.
Ecco un’antologia ordinata di passi tratti dalle Enneadi di Plotino che mostra come l’anima possa riconoscersi per gradi tutt’uno col Principio.