La classica dottrina che mette in discussione la capacità dell’uomo di pervenire a conoscenze certe mediante la ragione è lo scetticismo che, sotto certi aspetti, riprende alcuni temi dell’antica sofistica, cambiandoli, per così dire, di segno: mentre per i sofisti tutte le opinioni erano vere, per gli scettici sono tutte irrimediabilmente false o, almeno, indimostrabili. Il risultato è un radicale nichilismo (niente è vero) “condito” di “relativismo” (nessuna opinione è migliore delle altre, sicché possiamo seguirne una qualsiasi senza paura di sbagliare).
Cfr. 1B, U5, cap. 4, §§ 1-3, pp. 440-43; § 5, p. 446, Agrippa
Per intendere il fondamento dello scetticismo basta ragionare sui limiti delle pretese aristoteliche di pervenire a un sapere certo e universale (una “sapienza”, fatta di intelligenza e scienza) sulla base di una logica fondata, come sappiamo, su procedimenti puramente razionali come il sillogismo.
Cfr. 1A, U4, cap. 2, § 2, p. 319-321, Il problema delle premesse.