La Chiesa cattolica rispose alla “provocazione” prima luterana, poi calvinista, in modo paradossalmente cauto (se si confronta tale reazione con lo stile con cui nel Medioevo si agiva contro gli eretici), per ragioni prevalentemente politiche: agli inizi il papa desiderava l’appoggio di alcuni principi con simpatie protestanti per favorire l’elezione del proprio candidato (il futuro Carlo V) alla corona imperiale; in seguito, considerati i crescenti appoggi politici di cui godevano i protestanti, su impulso dello stesso Carlo V che desiderava pacificare il suo impero, si cercò di giungere a un compromesso (che fu sfiorato negli anni ’40 ai colloqui di Ratisbona); alla fine, su pressioni dello stesso Carlo V, ci si decise a convocare il concilio (richiesto a gran voce dallo stesso Lutero nei suoi primi scritti) a Trento (indetto nel 1542 da Paolo III Farnese, iniziato effettivamente nel 1545), città scelta perché collocata a mezza via tra l’Italia cattolica e la Germania tendente al protestantesimo.
Tuttavia, nel frattempo, la fazione più intransigente tra i cattolici, guidata dal cardinale Gian Pietro Carafa (divenuto papa col nome di Paolo IV tra il ’54 e il ’59), prevalse: il concilio (che durò molti anni fra numerose interruzioni e si concluse nel 1563), a cui i protestanti non parteciparono, si risolse, sul piano teologico, nella riaffermazione della dottrina cattolica (in sostanza si ribadirono tutte le dottrine contro le quali i protestanti erano insorti: ci si salva non solo per fede, ma anche grazie alle proprie opere, che possiamo compiere in quanto siamo dotati di libero arbitrio; i sacerdoti sono ministri del culto distinti dai laici in virtù del sacramento dell’ordine; sono validi tutti i sette sacramenti; nell’eucaristia è presente realmente il corpo di Cristo; alla Madonna e ai santi è dovuto il culto ecc.).
Sul piano disciplinare, invece, consapevoli della corruzione e del discredito nei quali era caduta la Chiesa, si presero provvedimenti volti a moralizzare e riorganizzare la Chiesa (obbligo di residenza dei vescovi nella propria diocesi, sorveglianza delle attività dei parroci, istituzioni di seminari per la preparazione dei sacerdoti ecc.).
Nacquero nuovi ordini religiosi, orientati a propagandare la fede cattolica e a formare i credenti, in particolare la Compagna di Gesù (gesuiti), ad opera di Ignazio di Loyola, riconosciuta nel 1540, che operò con efficacia per riconquistare con la predicazione molti principi alla fede cattolica e per educare le giovani generazioni istituendo le celebri “scuole di latino” (embrione dei futuri licei). I gesuiti si segnalano anche per la loro opera missionaria nelle Americhe (nelle quali difesero spesso gli indios, convertiti, dalla pressione dei coloni bianchi) e nell’Estremo Oriente (della cui cultura e civiltà informarono gli occidentali).
Tra le iniziative più note e discusse che prese la Chiesa cattolica vi fu l’istituzione del Sant’Uffizio (il tribunale dell’inquisizione romana) nel 1542 e dell’Index librorum prohibitorum nel 1559, “creature” volte a reprimere con ogni mezzo l’eresia, sia alla fonte (condannando al rogo i nemici della “vera fede”), sia impedendone la diffusione attraverso la stampa (strumento che effettivamente favorì grandemente la Riforma).
Al riguardo, dopo aver ricordato le analoghe iniziative prese dai protestanti nei territori da loro controllati (soprattutto per quanto riguarda la persecuzione di eretici e streghe e la repressione delle tradizioni di origine vagamente pagana, come il carnevale ecc.), bisogna considerare quanta importanza si assegnasse alla “protezione” dei fedeli da dottrine che avrebbero potuto compromettere la salvezza della loro anima (il che spiega anche la resistenza della Chiesa cattolica, la cui teologia era legata, a differenza di quella protestante, non solo alle Scritture, ma anche a filosofie come quella di Aristotele, a favorire la diffusione delle nuove idee scientifiche, come nel celebre episodio del processo a Galileo).
Cfr. §§ 12.5-6, pp. 381-90.