Come abbiamo visto, la fondamentale distinzione tra essere e apparire (o, corrispondentemente, tra sapere e credere o tra scienza e opinione) sulla base della quale i filosofi classici (Platone e Aristotele) fondano il nostro concetto di “scienza”, prendendo le distanze sia dai miti arcaici (dai quali erano pervase non solo la Grecia arcaica ma anche le civiltà pre-elleniche come quella egizia, babilonese, ebraica ecc.) sia dal relativismo sofistico, affonda le proprie radici nella dottrina di Parmenide di Elea, difesa e sostenuta dal suo discepolo Zenone.
Cfr. U1, cap. 3, pp. 52-59; tt1-3, pp. 62-65.
Questa dottrina, che giunge a negare il movimento e il molteplice (considerando, in ultima analisi, illusori il tempo e lo spazio, che ne sono condizione), può sembrare assai bizzarra, ma, se ci si riflette, è alla base di fondamentali dottrine successive, alcune delle quali vivissime anche oggi, in campo sia teologico (religioso), sia scientifico (fisico e chimico).