La dottrina aristotelica delle cause o principi

Aristotele prende le mosse da una critica severa delle dottrine dei suoi predecessori (che costituisce anche il primo esempio di “storia della filosofia”, ecco il testo della Metafisica di Aristotele che è stato esaminato).

Approfondisci sul manuale le dottrine dei presocratici (esclusi Parmenide ed Eraclito, che abbiamo già incontrato, gli atomisti, di cui parleremo meglio tra poco e i pitagorici che dovremo reincontrare): per quanto riguarda Talete e gli altri filosofi ionici cfr. U1, cap. 2, § 2, pp. 25-29; sui filosofi “pluralisti” Empedocle e Anassagora, cfr. U1, cap. 4, § 1, pp. 66-71.

A partire da tale critica Aristotele, nella Metafisica e poi ancora nei libri della Fisica, sviluppa la sua dottrina delle cause, mediante la quale egli intende rendere ragione del divenire, dopo averlo concepito come un continuo passare delle forme delle cose dalla potenza all’atto.

Aristotele, infatti, dopo aver sostenuto che le cose cambiano (senza mutare, tuttavia, la propria essenza) passando dall’essere in potenza qualcosa (p.e. una quercia) all’essere in atto questo stesso qualcosa, deve spiegare perché si assista a questo cambiamento, che cosa lo provochi, cioè, appunto, quali ne siano le cause.

Insoddisfatto delle spiegazioni dei presocratici, che riducevano le cause delle cose a quelle materiali ed efficienti (o motrici), non diversamente, peraltro, da ciò che fa ancor oggi la scienza moderna (quando sembra voler spiegare tutto ricorrendo alle particelle fondamentali e alle forze fondamentali della natura), Aristotele riprende dai pitagorici e da Platone la nozione di causa formale e sviluppa la nozione di causa finale, elaborando la sua celebre dottrina delle quattro cause. Cfr. U4, cap. 2, § 4, pp. 282-84, § 5, La materia prima e la forma prima, p. 287.