Per risolvere le aporie delle due grandi correnti filosofiche moderne del razionalismo e dell’empirismo Kant compie la cosiddetta (metaforicamente) “rivoluzione copernicana“: dal momento che non sembra possibile, come tentavano di fare in vario modo i razionalisti (Cartesio, Spinoza, Leibniz ecc.) dimostrare la verità “esterna” (la “realtà”) di ciò che pure ci appare evidente (universale e necessario come le leggi di natura o le proprietà oggettive dei corpi), né sembra accettabile ritirarsi in una forma di empirismo scettico à la Hume (che sembra fare torto alla nostra intuizione circa il valore oggettivo di tali leggi di natura), la sola soluzione possibile (esposta nell’opera Critica della ragion pura) appare a Kant la seguente: “sganciare” per così dire l’oggettivo dal reale, considerando oggettivo (universalmente valido) ciò che appare necessariamente nello stesso modo a tutti (gli esseri umani), perché dipendente dalla regole che presiedono al funzionamento del nostro sistema percettivo-mentale, e reale ciò che (necessariamente, secondo Kant) esiste al di là della nostra percezione, la c.d. “cosa in sé”, destinata a restare inconoscibile almeno finché “abiteremo” il nostro corpo.
Quali sono queste regole di funzionamento della mente? Per quanto riguarda le percezioni sensoriali si tratta delle forme pure di spazio e tempo (spazio e tempo non sarebbero, secondo Kant, reali, ma modi nei quali “decodifichiamo”, per così dire, gli “input” sensoriali); per quanto riguarda l’intelletto (la “parte” di ragione che “pensa” o “giudica” ciò che percepiamo) si tratta di 4 classi di “categorie” (o concetti puri).
Possiamo anche seguire esemplificativamente come dalla “cosa in sé”, attraverso questi “filtri” “trascendentali”, si costituiscano gli “oggetti” di cui facciamo esperienza.
Possiamo, infine, comprendere come, applicando direttamente le categorie (in particolare quella delle relazione), NON al materiale empirico (per costruire questo o quell’oggetto corrispondente a questo o quel concetto empirico, un fiore, un albero ecc.), ma alle forme pure di spazio e tempo, si generino i principi fondamentali di metafisica della natura, cioè le leggi fondamentali della fisica (in particolare: la legge di conservazione della materia, il principio di azione e reazione, la legge di gravitazione universale), che, c.v.d., risiedono nel soggetto conoscente (come leggi “logiche” o come “algoritmi” organizzativi dell’esperienza) e non, come si crede comunemente, nella “realtà” esterna (inconoscibile).
Cfr. 2B, U7, cap. 2, §§ 3-7, pp. 620-627 (fino a La deduzione trascendentale esclusa)
Nella nostra mente (Kant dice “ragione”), tuttavia, non risiedono solo forme e concetti puri transcendentali (cioè destinati a “riempirsi” di contenuti empirici o, come dice Kant, condizioni di possibilità dell’esperienza), ma anche almeno tre idee metafisiche, cioè pure o a priori, ma prive di qualsivoglia (immediato) uso empirico. Si tratta delle idee di io (o anima), mondo e Dio. di cui Kant si occupa nella cosiddetta dialettica trascendentale. Pur essendo comuni a tutti, non siamo in grado di conferire loro un significato univoco (possiamo credere o meno di avere un’anima, che questa sia immortale, che Dio esista oppure no ecc.), dunque vanno oltre le nostre possibilità di conoscenza (anche se, come vedremo, esse rivestono un valore morale, come postulati della ragione pratica). Se si pretende di “pensarle” a fondo si finisce in antinomie, cioè in insolubili contraddizioni (specialmente per quanto riguarda l’idea di mondo).
Cfr. 2B, U7, cap. 2, § 7, pp. 635-38 (fino a La critica delle prove dell’esistenza di Dio esclusa)
Kant, così, distinguendo, nella sua logica trascendentale, la sezione analitica (che si occupa della categorie) dalla sezione dialettica (che si occupa delle idee), può distinguere per la prima volta, in modo chiaro, come , per lo più, facciamo ancor oggi, i concetti “astratti” che hanno, comunque, un valore organizzativo in ambito scientifico (come “causa”, “sostanza”, “azione” ecc.) dai concetti “astratti” tipicamente metafisici, che ricorrono in ambiti non scientifici come sono quelli etici e religiosi (come “anima” e “Dio”).
Ecco una tabella che aiuta a decodificare il lessico kantiano e a comprendere meglio il processo e la struttura della conoscenza secondo la Critica della ragion pura di Kant.