Se già nell’ultimo Kant, quello della Critica del Giudizio (1790), emergono temi romantici (concezione vitalistica della natura, celebrazione del sentimento, trattazione del sublime), la svolta della filosofia classica tedesca in senso romantico si compie con l’avvento dell’idealismo post-kantiano, inaugurato da Fichte, col gesto epocale dell’abolizione della “realtà esterna” (la kantiana “cosa in sé”) e con la riduzione di tutta la realtà al soggetto conoscente e agente, e portato a ulteriori conseguenze da Schelling, con la tesi della “spiritualità” inconscia della Natura e della funzione filosofica dell’Arte, mediata dal sentimento.
Sulla messa in discussione proto-idealistica della “cosa in sé”, ripresa da Fichte, e sui fondamenti dell’idealismo, cfr. U8, cap. 2, §§ 1-2, pp. 776-781; sulla dottrina fichtiana dell’io assoluto, § 3, pp. 781-87 fino a La struttura dialettica dell’Io esclusa.
Sulla filosofia di Schelling cfr. U8, cap. 3, §§ 2-4, pp. 808-18.
Sarà poi Hegel, come vedremo il prossimo anno, a “incorporare” i residui temi romantici nella sua filosofia idealistica (in particolare l’idea dello “spirito dei popoli” e del ruolo fondamentale della Storia come luogo di manifestazione dello Spirito), nel momento stesso in cui, esaltando la funzione “dialettica” della Ragione (che riprende da Platone e sarà ripresa da Karl Marx), prenderà le distanze dalla celebrazione romantica del sentimento e dell’arte (cara ancora a Schelling).