Lo stesso Kant appare coinvolto in questo processo, nel momento in cui, nella terza Critica (la Critica del GIudizio, pubblicata nel 1790, all’indomani della Rivoluzione Francese), si interroga sulla funzione fondamentale del “giudizio“, non riducibile a una meccanica applicazione dei principi razionali all’esperienza: esso incorpora sempre un margine di “discrezionalità” (salvo quando è determinante, oggettivo, come nei casi dei giudizi sintetici a priori propri della matematica e della fisica) che può essere colmato solo dal “sentimento” (in altre epoche si sarebbe detto dall’intuizione) o, nel caso peculiare del giudizio estetico, dal “genio”.
Cfr. U7, cap. 4, §§ 1-3, pp. 671-675; §§ 5-6, pp. 677–81.