Lo sviluppo dell’industrializzazione con la conseguente costituzione di una nuova classe sociale, il proletariato, antagonista rispetto alla borghesia, uscita vincitrice dalle rivoluzioni inglese, americana e francese e protagonista della rivoluzione industriale (che si diffonde anche in Paesi politicamente “conservatori” come la Germania), induce diversi intellettuali e filosofi a riflettere sui limiti dell’approccio liberale alla questioni sociali e gettare le basi di un nuovo pensiero, quello socialista, centrato sul tema dei diritti sociali, come condizione per la piena realizzazione anche dei diritti civili e politici (e della corrispettiva forma di eguaglianza).
Tuttavia i primi socialisti (definiti perciò da Engels “utopisti”), così come i liberali, illudendosi di migliorare le cose soltanto attraverso la diffusione delle nuove idee, sembrano non accorgersi di una serie di contraddizioni interne al modello di sviluppo economico industriale (ispirato ai principi dell’illuminismo). Queste, per risolvere le quali sembra necessaria ad alcuni una “rottura” rivoluzionaria dell’ordine borghese, saranno messe in luce da Karl Marx, ispirato da Hegel, dal quale mutua la dialettica come potente metodo di comprensione razionale del reale.