FIlo conduttore nelle nostre riflessioni sul (Basso) Medioevo sarà la celebre “teoria dei tre ordini” (oratores, bellatores, laboratores) proposta del Carmen ad Robertum regem (1025 ca) di Adalberone, vescovo di Laon [cfr. manuale di seconda, p. 319-20: I tre ordini della società, cfr. anche manuale di terza, § 4.3, pp. 93-93: Un modello di società tripartita].
Il testo espone una dottrina che era comunemente condivisa nel Medioevo: è pacifica e giusta quella società (o, meglio ancora: comunità) nella quale ciascuno agisce all’interno del proprio stato od ordine, complementare agli altri.
Non vi può essere comunità se non vi è chi lavora la terra (e nutre chi lo difende) così come chi difende chi lavora la terra (da cui viene nutrito). La Chiesa, a sua volta, è necessaria per educare tutti ai valori propri di ciascun ordine e ai valori comuni e per rendere possibili e legittimi comportamenti coerenti (assolve quella che Marx avrebbe chiamato nel XIX sec. una funzione ideologica, la cui importanza appare evidente se si considera, ad esempio, il celebre episodio di Canossa) [cfr. manuale di seconda, pp. 320-21: La Chiesa nel mondo feudale].
Naturalmente l’immagine dei tre ordini che operano in armonia è un’idealizzazione. Tuttavia essa esprime bene il “mondo” culturale entro cui le cose accadevano e anche il metro del giudizio che permetteva, ad esempio, di biasimare il cavaliere che non avesse protetto l’uomo di Chiesa, o la donna o l’orfano; secondo quei valori di “cavalleria” (la cavalleria va costituendosi come “ordine chiuso” proprio nel X sec. [cfr. manuale di seconda, p. 320: La cavalleria]), educando ai quali la Chiesa stessa intendeva mitigare l’altrimenti arbitrario esercizio della violenza (ad opera dei “signori”, di origine germanica, eredi dei barbari che irruppero nel V-VI sec. nell’impero romano d’occidente).
Gli stessi contadini, certamente sfruttati e oppressi, in quanto vittime del sistema curtense e feudale, se si ribellavano, come spesso accadeva, lo facevano non già (come avrebbero potuto fare dopo la Rivoluzione Francese e la diffusione delle idee illuministiche del XVIII sec.) per eliminare l’ineguaglianza di trattamento tra loro e i signori (p.e. per pretendere che a parità di delitto commesso la pena comminata a un contadino fosse la medesima comminata a un nobile), ma per ripristinare l’ordine (con le sue diseguaglianze) percepito come violato (ad esempio perché il signore si era appropriato senza giustificazione di beni ritenuti appartenere al contadino o aveva limitato arbitrariamente “diritti” ancestrali relativi all’uso del bosco ecc.).
Infine, possiamo osservare che la tripartizione della comunità presupposta da Adalberone di Laon non è alcunché di originale, di specifico del Medioevo europeo, ma, in qualche modo, si ritrova nell’organizzazione di molte civiltà, soprattutto (se ha ragione Georges Dumézil) di quelle di origine indo-europea: gli hindu, ad esempio, sono tradizionalmente divisi in caste, che sono quella dei bràhmana (sacerdoti), kshàtrya (guerrieri), vàisya e shùdra (contandini, artigiani, commercianti ecc.); le divinità dei diversi “pantheon” delle diverse culture (pensiamo agli dei omerici) distinguono spesso divinità legate alla saggezza e regalità, divinità legate alla guerra e divinità legate alla fecondità (delle donne e dei campi); lo stesso Platone, evocando un’antica tradizione, nella sua dottrina politica, immagina una pòlis ideale, governata da filosofi, difesa da guerrieri e resa fiorente da agricoltori e artigiani.