L’empirismo logico (circolo di Vienna)

La crisi delle certezze tra Otto e Novecento, come abbiamo visto, investe anche la scienza, se consideriamo come le nuove teorie e scoperte scientifiche mettano in discussione diversi postulati del positivismo ottocentesco.

Davanti al rischio del diffondersi del nichilismo e dello scetticismo sulle  “verità” scientifiche i primi filosofi della scienza del Novecento, gli empiristi logici, rilanciano in forma nuova concezioni di tipo positivistico, ispirandosi all’approccio di Ernst Mach.

Schlick

Questi autori, nella prima metà del Novecento, cercano, attingendo alle risorse di una logica rigorosa, di “salvare” l’istanza del positivismo, ossia l’idea che soltanto il sapere scientifico, purché logicamente riveduto e corretto, sia sapere in senso proprio. Non a caso la corrente filosofica a cui appartengono (che ha il suo centro a Vienna, da cui la denominazione di Circolo di Vienna o Circolo Ernst Mach) è chiamata anche positivismo logico neopositivismo.

L’idea centrale dell’empirismo logico è la seguente: hanno senso significato soltanto le proposizioni che possano essere verificate empiricamente. Secondo la formula di Schlick:

Il significato di una proposizione è il metodo della sua verifica

Il che implica che la stragrande maggioranza dei discorsi (afferenti ad ambiti come religione, poesia, etica, politica ecc.) siano privi di senso. La stessa filosofia (anche quella neopositivistica!) è letteralmente priva di senso. Essa va intesa, dunque, non tanto come un insieme di affermazioni sulla realtà, ma come un’attività di critica (o purificazione) del linguaggio.

Ecco la mia lezione su questo argomento:

 

Cfr. pp. 185-88.