Cusano, Giordano Bruno, Montaigne, Pomponazzi, Machiavelli, Lorenzo Valla…
Abbiamo incontrato o, talora, solo sfiorato tante diverse facce di quel prisma, preparato da secoli di storia pagana e cristiana (in generale, religiosa), che chiamiamo Umanesimo e Rinascimento.
Quali dei pensieri e delle intuizioni elaborate nel crogiolo di quest’epoca rigogliosa ti sembrano particolarmente attuali e per quale ragione? O, in alternativa, quali ti appaiono tristemente inattuali, ma sarebbe altamente auspicabile che tornassero in auge? (Sempre scrivendo perché)
In primo luogo vorrei esprimere il mio disaccordo sulla dimostrazione dell’infinito attuata da Cusano e Giordano Bruno in quanto se noi traccia o un limite(la circonferenza) per quanto grande che sia questa é comunque limitata.
Attualmente é,a mio parere,abbandonata la teoria che uomo e Dio siano la stessa cosa,così come la faccenda della creazione:se in principio non era presente nulla come si può creare qualcosa(nulla si crea,nulla si distrugge ma tutto si trasforma).
Attuale é il pensiero di Pico sul fatto che ogni cosa é simile ad un modello(ogni uomo é simile,ma a sua volta tutti siamo diversi);anche il pensiero del libero arbitrio mi sembra attuale nonostante le limitazioni che vengono applicate dall’etica e dalle leggi degli uomini,ma non da un’entità superiore che controlla il destino di tutti(questo in visione puramente atea,se uno crede in qualcosa,questa diventa sua personale)nonostante,come dice Montaigne,esiste il caso o comunque delle coincidenze.
Non ho ben compreso la tua critica a Cusano e Bruno. Perché dici che la circonferenza sarebbe comunque limitata? Ma l’ipotesi è di considerare proprio una circonferenza infinita! Forse sostieni che non è possibile una circonferenza infinita? La questione diventa allora se sia possibile l’infinito in atto (affermato p.e. da Plotino, ma negato da Aristotele). Un argomento banale a favore è il seguente: se l’universo fosse finito avrebbe un confine, ma un confine delimita qualcosa da qualcos’altro, dunque ci sarebbe dell’altro oltre il confine, e allora anche quest’altro sarebbe parte dell’universo e così via… all’infinito: dunque l’universo non può avere alcun limite (ma se non può avere alcun limite possiamo tracciare figure geometriche che hanno parti – come la circonferenza di un cerchio o il suo raggio – infinite ecc.).
Anche la tua critica alla creazione non mi è chiara. Certo, se dal nulla non nasce nulla, la creazione dal nulla è impossibile. Ma questo problema, paradossalmente, riguarda più gli attuali modelli cosmologici che p.e. il platonismo (antico e rinascimentale). Infatti è la scienza attuale che postula che tutto sia provenuto da un “Big bang” il che ci propone (come approfondiremo in quinta) la questione dell’origine di tale “inizio” (dal nulla?). Ma secondo le vedute antiche il principio genera a partire da se stesso (non dal nulla), esso, appunto, come tutto, “si trasforma”, dunque dove sta il problema? Anzi, proprio questo approccio permette di evitare di cadere nel divieto di Parmenide (l’essere non può venire dal non essere), riecheggiato quasi letteralmente da Lavoisier (il chimico francese che nel Settecento diceva che nulla si crea dal nulla ecc.).
Infine le ultime considerazioni mi riescono pure un po’ ardue da intendere. Pico dice sì che ogni cosa deriva da un modello, ma, paradossalmente, non l’uomo (su cui invece tu metti l’accento) che è di “natura indefinita” e non è stato fatto in base a un archetipo. Il libero arbitrio non patisce limiti dall’etica, perché tu sei sempre libero di agire sia bene sia male (anzi, se non si potesse distinguere tra bene e male sarebbe perfino difficile comprendere in che senso tu possa essere libero, almeno secondo coloro che hanno “inventato” il libero arbitrio). Che cosa, poi, “diventa sua personale” se uno crede a qualcosa? Sembri credere che una persona “credente” sia necessariamente convinta che Dio controlli il destino, ma così non è (vedremo che qualcosa del genere è sostenuto dai protestanti, ma non p.e. dai cattolici).
Insomma, sarebbe preferibile che scrivessi magari su meno argomenti, ma che, quanto più vuoi sostenere tesi tue, magari un po’ controcorrente, tanto più le argomentassi in modo un po’ più chiaro e analitico, almeno se vuoi convincere qualche tuo lettore o interlocutore….
Il pensiero principale che caratterizza il Rinascimento e che possiamo riscontrare anche nel pensiero moderno vede l’uomo come centro dell’universo, si pensa che l’uomo sia l’artefice del proprio destino; e come nel Rinascimento l’uomo cerca il proprio posto nell’universo, al giorno d’oggi l’uomo pensa solo a se stesso e al raggiungimento dei suoi obiettivi, per i quali farebbe qualsiasi cosa.
Come allora la religione trova un posto periferico rispetto a quello che aveva nel Medioevo.
Su questo aspetto si può notare però una differenza fondamentale in quanto mentre nel Rinascimento veniva prestata molta attenzione all’abbellimento dei luoghi di culto (nonostante l’allontanamento di Dio dalla centralità dell’universo), al giorno d’oggi, anche questi passano in secondo piano (anche se la Chiesa di Roma potrebbe permetterseli).
E’ proprio la religione a passare in secondo piano? In che senso? Hai presente le bellissime chiese rinascimentali di Roma e di Firenze? Se hai seguito con attenzione quando dicemmo in aula e le pagine del sito, ma anche il tuo manuale, credo che tu ti sia accorta che il Rinascimento, a differenza p.e. dell’illuminismo, non è ateo o irreligioso, ma soltanto “umanizza” Dio mentre “divinizza” l’uomo: li fonde, quasi, come suggerisce la tradizione neoplatonica. Forse quello che volevi o potevi dire è semplicemente che vengono lasciati cadere certi aspetti esteriori della religione, certi dogmi o precetti, mentre si insiste sulla dimensione spirituale, che, tra l’altro, è quella che permette più facilmente il dialogo tra religioni diverse.
Secondo me, molti pensieri filosofici, elaborati durante il Rinascimento, sono ancora attuali. Come diceva Lorenzo Valla, ognuno sceglie a suo modo come mettersi in relazione con Dio e non è obbligato a seguire la Chiesa. Dio, nella religione cristiana, ha creato il mondo ed è parte di questo, è ovunque e in nessun luogo, come diceva Cusano. Quest’ ultimo, inoltre, ha elaborato una nuova concezione del mondo fisico, legata a Copernico, Keplero e Galilei; non essendovi un centro, la Terra non è al centro del mondo e inoltre si muove di moto circolare, anche se non di una circolarità perfetta. Legato sempre alla religione, il pensiero di Ficino sull’anima (copula mundi) è attuale; l’anima è legata alle cose divine ma ricopre la materia ( vivendo nel corpo) e attraverso all’amore l’uomo e l’anima si riconducono a Dio. Infine, l’uomo è superiore alle altre creature ed è libero di scegliere ciò che vuole essere (teoria sostenuta da Pico della Mirandola); quello che oggi chiamiamo libero arbitrio oppure la libertà di parola, di pensiero.
Intuisco che molte delle dottrine di cui riferisci ti sembrino attuali, ma attenzione alla “forma” della tua esposizione (lo dico in vista p.e. della verifica p.v.).
Quando scrivi: “Come diceva Lorenzo Valla, ognuno sceglie a suo modo come mettersi in relazione con Dio e non è obbligato a seguire la Chiesa” affermi qualcosa a cui sembri aderire, che ti sembra quindi attuale e, correttamente, con il “come”, evochi un autore a conforto, sottolineandone implicitamente l’attualità e il valore.
Ma quando scrivi:”[Cusano] ha elaborato una nuova concezione del mondo fisico, legata a Copernico ecc.” sembri “dimenticare” di chiarire se e come queste concezioni siano valide o attuali (non basta dire che Cusano ha elaborato una “nuova” concezione, perché, nuova ai suoi tempi, potrebbe comunque essere sbagliata o non condivisibile oggi). Passi dalla “modalità” “Io penso questo e quest’altro, come dicono Tizio e Caio, per questa e quest’altra ragione” alla “modalità” “Tizio e Caio, inoltre, dicono questa cosa qui…”. E allora? Verrebbe da chiedere? Che c’entra che cosa dicono? Non stavamo sostenendo una certa tesi? Si potrebbe intravvedere il tuo desiderio di dimostrare che hai studiato tra le righe di una risposta in cui, invece, dovevi sostenere argomentativamente una tesi, un approccio. Mi sbaglio?
Buonasera prof, io ritengo molto attuale e vicina alla mia personalità e al mio modo di pensare il pensiero di Montaigne, secondo il quale non esiste una verità assoluta ma esistono delle verità personali, frutto dell’ esperienza di ogni individuo e che quindi non possono valere per tutti ma sono soggettive. Sostengo questa visione personale perchè la verità, e non solo questa, è frutto di noi stessi e del nostro modo di pensare e vedere le cose, che sono a loro volta strettamente collegate alle esperienze che abbiamo maturato. Quindi, siccome ognuno di noi fa esperienze diverse dagli altri e vive le stesse esperienze o altre in maniera differente, è inevitabile che la verità o qualsiasi cosa derivi da essa non possa essere universale ma bensì puramente soggettiva. Ritengo attuale, interessante e “matura” in relazione al periodo in cui è stata maturata anche la visione di Machiavelli, che mette per primo in evidenza il rapporto che c’è tra il fine e i mezzi utilizzati per raggiungerlo. Ancora oggi si parla infatti del fine che giustifica i mezzi e di forza e persuasione, argomenti sempre attuali.
Molto interessanti le tue considerazioni. Ti potrei chiedere: Ma valgono anche per il campo scientifico? In campo scientifico la “verità” è personale? E se non lo è, qual è il confine? Lo stesso Montaigne, quando scopre qualcosa sull'”Uomo” (p.e. che è soggetto alla fortuna più di quanto non creda), scopre qualcosa che vale solo per lui stesso (cioè solo Montaigne sarebbe soggetto alla fortuna?) o non scopre piuttosto, sia pure “sperimentalmente” o “per esperienza personale” (del resto anche Newton, secondo l’aneddoto, scoprì la legge di gravità in seguito all’esperienza della caduta della mela…), qualcosa che vale per tutti? Del resto anche Socrate, il suo modello, credeva sì che la verità potesse essere “partorita” solo da ciascuno, liberamente, se ne era gravido, ma non che essa restasse “soggettiva”: alla fine, messa alla prova, se reggeva il dialogo, sarebbe stata “universale”…
Nel periodo Rinascimentale si incontrano diverse personalità che elaborano pensieri e intuizioni a volte simili tra loro. Questi ultimi riguardano il rapporto uomo-Dio e la conduzione della vita umana. Analizzando le varie idee, ho trovato particolarmente attuale quella in cui Valle sostiene che l’unico bene e l’unico fine di tutte le attività dell’uomo è il piacere. Se infatti per “piacere” si intende il raggiungimento di una certa qualità di vita, allora si può affermare che ogni uomo studia, lavora e si impegna per raggiungerla. Come lui, anche tutte le attività umane, sono finalizzate a rendere sempre più alta la qualità e lo stile di vita della comunità. Montaigne e Macchiavelli parlano poi di “sorte” o “fortuna”. Il primo sostiene che è inutile immaginare una natura più perfetta di quella dell’uomo e lamentarsi di non possederla; di conseguenza quest’ultimo deve accettare in modo sereno la propria condizione e la propria sorte. Macchiavelli invece afferma che la fortuna è arbitra della metà delle azioni umane. Secondo me nel mondo d’oggi, con i mezzi tecnologici e scientifici a disposizione e in continua evoluzione, stiamo cercando di manipolarla: se il destino di una coppia è quello di non avere figli, grazie alla scienza e alla medicina potranno avere una speranza “non naturale”.
Un’ affermazione invece che non ritengo attuale a cui sarebbe auspicabile fare ricorso in qualche occasione è quella di Cusano; egli afferma che la conoscenza è possibile solo quando c’è proporzione tra ciò che già si conosce e ciò che si vuole conoscere. Questo è il caso della conoscenza di Dio, il quale è infinito: tra l’infinito e il finito che è conosciuto dall’uomo non c’è proporzione quindi l’uomo potrà indefinitivamente avvicinarsi all’essere infinito di Dio ma non potrà mai raggiungerlo. Andrebbe esposto alle persone molto (“morbosamente”) religiose che basano e compromettono l’intera loro esistenza con la speranza di incontrare Dio dopo la morte e raggiungere la salvezza eterna. Con questo non intendo dire che è sbagliato essere religiosi ma bisogna darsi un limite e farlo con moderazione.
Molto interessanti le tue considerazioni.
Per quanto riguarda il tentativo post-moderno (potremmo dire) di “manipolare” la fortuna bisognerebbe chiedersi se sia qualcosa di sensato (in termini machiavellici: se cerchiamo di “acquistare” un risultato effettivamente conseguibile con i mezzi di cui disponiamo o disporremo nell’immediato futuro) o se si tratti di un’illusione (suggerisco la visione del film Gattaca sul tema). Possiamo forse intervenire p.e. sul genoma dei nostri figli, ma qualcosa potrebbe sempre sfuggire al nostro controllo (forse proprio per l’infinità delle implicazioni sempre in gioco, per evocare proprio Cusano).
Per quanto riguarda la “moderazione” che suggerisci nel rapportarsi a Dio, come vedremo nel prossimo modulo, si tratta, più che altro, di evitare di cadere nel “letteralismo” che, in sostanza, significa “fondamentalismo” e, quindi, “fanatismo”. Cusano era un cardinale, ma non immaginava che il discorso che svolgiamo su Dio, tanto in teologia, quanto nelle stesse Sacre Scritture, potesse venire interpretato letteralmente (genererebbe contraddizioni senza fine), ma supponeva che dovesse venir inteso metaforicamente, potremmo dire: poeticamente (come l’immagine della sfera infinita suggerisce). Ora è difficile condannare sul rogo qualcuno solo perché preferisce un certo tipo di immagini o di metafore (per alludere all’inesprimibile) piuttosto che altre, non trovi?
Sicuramente sia le correnti di pensiero dell’Umanesimo che del Rinascimento offrono interessanti spunti di riflessione per ragionare sulle nostre attuali inclinazioni.
Personalmente trovo che la visione di Machiavelli sia molto popolare al giorno d’oggi, specialmente tra i giovani, ma viene male interpretata. Si considera infatti solo la frase “il fine giustifica i mezzi” senza contestualizzarla. Per Machiavelli il fine giustifica i mezzi solo se il fine è il bene dello Stato (quindi della collettività potremmo dire noi oggi), mentre il fine ultimo dell’uomo moderno è la propria realizzazione, che non deve essere necessariamente raggiunta con metodi etici o morali poiché questi ultimi rallentano e/o ostacolano il raggiungimento dei propri traguardi. Qui secondo me avviene un’intersezione con il pensiero di Lorenzo Valla, che individua come scopo della vita dell’uomo il piacere (ovviamente al giorno d’oggi non lo intenderemmo come il piacere dato da un buon dolce, ma come la nostra realizzazione in svariati ambiti come quello lavorativo o quello sentimentale). Riassumendo, l’uomo d’oggi insegue il piacere e la realizzazione personale dando a questi elementi la massima importanza e priorità, tanto da considerare l’elemento etico come una limitazione di cui liberarsi.
Penso che in uno scenario di questo tipo sarebbe auspicabile il ritorno in auge della dottrina di Niccolò Cusano, ed in particolare del suo concetto chiave ovvero il fatto che ognuno di noi è il principio e il principio è in ognuno di noi. Se una persona fosse conscia di questo riuscirebbe a vedere l’altro come “un altro se stesso”, e quindi lo amerebbe e rispetterebbe come fa con sè. Inoltre l’uomo sarebbe portato alla ricerca e comprensione di sé, nutrendo meno angoscie sul futuro e sulla vita poiché consapevole di cosa vuole essere, fare e avere. Nascerebbe quindi una coscienza di collettività molto forte tra tutti gli uomini che porterebbe più armonia e allo stesso tempo ogni persona cercherà con tutte le proprie forze di realizzare i propri obbiettivi, sapendo di potercela fare senza bisogno di danneggiare gli altri poiché consapevole del proprio valore.
Sono personalmente d’accordo, per quel che può valere, con la tua alta considerazione di Cusano. Tuttavia non mi è del tutto chiaro perché nella sua prospettiva ciascuno cercherebbe di realizzare i propri obiettivi perché consapevole del proprio valore, senza danneggiare gli altri. Come derivi questa idea dalla dottrina secondo la quale ognuno di noi è il principio e, quindi, è anche gli altri? Se noi siamo gli altri potremmo, ad es., servire gli altri invece che cercare di realizzare i nostri propri obiettivi, in quanto i loro obiettivi sarebbero i nostri…
Considera poi che chi persegue il piacere non vuole liberarsi dall’etica, ma piuttosto ne segue una anche molto forte e chiara: quella che fa appunto del piacere il bene supremo. Implicitamente tu fai riferimenti a un’etica cristiana o, comunque, basata sul “dovere”, ma non tutte le etiche sono così, anzi, storicamente, se ricordi, lo stesso Aristotele considerava massimo bene le felicità (personale) attorno alla quale (imitato secoli dopo da San Tommaso d’Aquino, supremo dottore della Chiesa cattolica!) costruiva la sua etica.
Personalmente diffido delle etiche esclusivamente basate sul dovere, perché è molto difficile convincere qualcuno ad aderirvi, dal momento che esso, se non è giustificato da qualcosa (p.e. se non è considerato come un mezzo per perseguire un fine superiore), sembra opporsi gratuitamente alla “natura” e ai desideri che naturalmente tutti abbiamo (magari infusi in noi da Dio stesso!) e che sembra piuttosto “naturale” cercare di esaudire.
Tradizionalmente (nello stesso Epicuro) la critica all’edonismo (alla ricerca del piacere per il piacere) gioca sul carattere illusorio delle soddisfazioni della “carne”, sulla sofferenza che a lungo andare esse producono (in termini di assuefazione e dipendenza, di vera e propria schiavitù), piuttosto che sull’appello a limiti morali “a priori”.
Ottimo cmq il rilievo che l’etica di Machiavelli (sicuramente contraria a porre tali limiti morali in maniera incondizionata) non sia poi così “edonistica” come sembra, ma abbia una essenziale valenza politica, in se stessa encomiabile.
I pensieri che io reputo più attuali sono quelli di Lorenzo Valle nel dire che il piacere è l’unico fine delle attività umane e della vita religiosa che si ricollega a Pomponazzi dicendo che la virtù è premio a se stessa. Questi due filosofi affermano che l’uomo fa cui che fa per il proprio piacere così com’è ai giorni nostri ovvero che tutti studiano per arrivare al loro scopo, al lavoro che gli piace. Un altro filosofo che mi sembra attuale e Montaigne quando dice che la vita è un esperimento continuo, è un problema sempre aperto e che bisogna accettare i limiti della condizione umana e la propria sorte, sorte che può essere intesa sia come destino sia come volete divino (a seconda della religione).
I pensieri che invece mi sembrano inattuali secondo me sono quelli di Pico della Mirandola quando dice che il desiderio universale di una sintesi si racchiude nell’unione del sapere religioso e filosofico, questo non mi sembra attuale poiché sta nella virtù umana la voglia di sapere e scoprire e non credo ci fermeremo al giorno d’oggi di studiare per basarsi sulla religione e/o filosofia. Un altro pensiero che reputo inattuale è quello di Pomponazzi quando dice che l’anima è inseparabile dal corpo e che quindi con la morte del corpo muore anche l’anima, certo non ne abbiamo le prove ma credendo sempre in quealche religione pensiamo e crediamo in una ‘resurrezione’ dell’anima.
Un pensiero invece che non so se collocare nell’attuale o inattuale è quello di Nicoló Cusano che dice che il mondo non ha confini però questo pensiero mi è piaciuto molto poiché non ci avevo mai pensato che dividendo l’infinito, ogni parte di essa è anch’essa infinita. Mentre quando dice che c’è sproporzionalità tra il sapere umano e l’infinito di Dio credo di possa dire che sia sempre attuale poiché Dio è superiore a tutto.
Infine credo che il pensiero machiavellismo, il fine giustifica i mezzi si possa accostare a quello pomponazziano, il bene e il male sono la compiutezza dell’universo poiché alle volte il fine può anche rappresentare il bene e i mezzi il male, quindi, per il raggiungimento del bene bisogna passare per il male.
Molto interessanti le tue considerazioni, anche per la loro schiettezza.
Non ho molto capito l’analogia che poni tra Machiavelli e Pomponazzi.
Se ti ha incuriosito Cusano, sei pronta ad affrontare il modulo in cui ci occuperemo delle premesse filosofiche della rivoluzione scientifica.
Su Montaigne e il suo “relativismo” puoi leggere la mia replica alla mia omonima Chiara Giacometti.
Per quanto riguarda le tue osservazioni su Pico, non mi sono molto chiare. Pico non invita a “smettere di studiare”, tutt’altro. Come ricorderai, aveva una memoria prodigiosa e studiava di tutto. Semplicemente, non contrapponeva quella che oggi chiameremmo ricerca scientifica (e che all’epoca faceva parte della c.d. “filosofia naturale”, come vedremo studiando Galileo) alla religione, rettamente intesa (ossia come ricerca di Dio fuori da ogni rigido steccato dogmatico). Può darsi che quest’ultima ricerca sia meno attuale (dopo Kant, come vedremo, si è iniziato a distinguere ciò a cui possiamo arrivare con la ragione, a partire dai sensi, e ciò che sfuggirà sempre, come Dio o la natura della nostra anima), se era questo quello che intendevi. Ma, come spero di mostrarvi, le cose non sono così semplici e una certa idea del “principio” di ogni cosa non possiamo fare a meno di averla e coltivarla.
Curiosamente, nel caso di Pomponazzi, difendi l’ipotesi “religiosa” dell’immortalità dell’anima (che sarebbe molto meglio difendibile nella prospettiva platonica di Pico e Ficino piuttosto che in quella aristotelica del nostro “Peretto Mantovano”). In questo caso, forse, distingui verità di ragione e verità di fede, come lo stesso Pomponazzi. Anche questa distinzione la dovremo approfondire presto (nel prossimo modulo).