Prima di immergerci nelle diverse risposte offerte a questo quesito dai diversi epistemologi del Novecento prova a rispondere brevemente e sinceramente alla domanda
- Che cosa contraddistingue a tuo parere il sapere scientifico? (Cioè: come lo distinguiamo da altre forme di sapere, ammesso che ce ne siano, e come possiamo essere certi che si tratti davvero di scienza e non di pseudoscienza?)
Può essere interessante confrontare le vostre (e mie) risposte con quello che hanno “pensato” altri, forse maggiormente qualificati, ma, come vedremo, comunque divergenti nelle loro conclusioni su questo tema.
Secondo me la scienza, a differenza delle pseudoscienze, si basa su prove, determinate regole e fatti dimostrati; e questo fa si che che il sapere scientifico sia sensato, veritiero e attendibile
Come si raggiungono le prove? Esistono prove inoppugnabili? O abbiamo a che fare sempre con indizi più o meno convergenti (vedi l’esempio dei due gemelli con lo stesso DNA – uno solo ha commesso un omicidio e ha lasciato sue tracce, ma quale? – fatto ad altro compagno). Fatti dimostrati? Ma come? Basta dimostrare che è accaduto un fatto per avere scienza di qualcosa? Forse ne abbiamo la “storia”. Ma la scienza si nutre leggi universali “astratte” da fatti particolari. Come si possono astrarre senza commettere errori? Non sono stati commessi errori in passato? Se si, come è possibile se la scienza era “veritiera”?
Ritengo che il sapere scientifico si distingue dalle altre forme di sapere, anche se non possono essere chiamate così dato che si basano solo su percezioni e non su dati oggettivi, per il fatto che adotta metodi di ricerca e di studio prima di affermare qualsiasi cosa; infatti questa forma di sapere/conoscenza non si basa solo sull’apparenza dei fenomeni e sulle percezioni, ma ne indaga tutti gli aspetti, li studia, fa esperimenti su di essi e ci ragiona su prima di fare qualsiasi affermazione a riguardo.
Allora se io indago tutti gli aspetti di questa matita… Un momento, già sorge un problema! Come faccio a sapere che li ho indagati tutti? E poi quali sono esattamente gli aspetti di una matita? Comunque cerco di misurarne le dimensioni, la peso, ne descrivo il colore, la “assaggio”, la frantumo e vedo se occupa lo stesso volume di prima ecc. Ci ragiono tantissimo, penso a tutte le matite che ho usato nel passato e che userò nel futuro. Lamento che tra poco le tastiere (come quella che sto usando ora) finiranno per rendere inutili le matite… Bene, ho fatto un bel po’ di lavoro, giusto? Faccio la seguente affermazione: ho distrutto una matita normale, che non mi serviva più, occupava lo stesso spazio che occupa ora che è ridotta in frantumi e mi viene da piangere… Bene, ho fatto scienza? Forse no. Forse bisogna tornare a quello che scrivevi sul “metodo” di ricerca. Già ma quale? In che cosa differisce p.e. dalla meditazione buddhista o dalla ricerca di Dio attraverso la preghiera o dalla ricerca di nuove terre emerse via mare?
Il sapere scientifico dal mio punto di vista è contraddistinto dal fatto di essere scientificamente dimostrato. Questo tipo di sapere, infatti, è tale in quanto rispetta le leggi naturali e da esse è alimentato (la caduta di un corpo verso il basso dimostra l’esistenza della gravità, che dunque è un sapere scientifico in quanto dimostrabile dalla teoria di Newton e dalle leggi di natura). Tutto ciò che non si può dimostrare con teoremi o leggi non è da considerarsi scienza o appunto “sapere scientifico”. Sinceramente non saprei come definire tutto ciò che va al di là della scientificità e mi limiterei a chiamarlo “sapere non scientifico” in quanto tratta di questioni non dimostrabili (esistenza di Dio).
Tu comprendi come dire che “il sapere scientifico è contraddistinto dal fatto di essere scientificamente dimostrato” sia poco più di una tautologia. Che cosa fa sì che un sapere sia “scientificamente dimostrato = scientifico” e non chiacchiera? Il fatto di rispettare le leggi naturali? Forse è la natura che rispetta queste leggi e questo sapere, più che rispettarle, le scopre. Sei d’accordo? Ma siamo daccapo. Come le scopre? Come scopre che sono quelle vere? I teoremi hanno una validità in matematica (con i limiti che abbiamo visto: se accettiamo i postulati o assiomi da cui derivano e se per caso non dovessero dare luogo a sviluppi contraddittori imprevedibili), ma non si possono applicare automaticamente in altri campi scientifici in assenza di verifiche sperimentali. Queste però (cfr. altre mie risposte) presentano diverse difficoltà (non sono mai esaurienti). Per quanto riguarda l’esistenza di “saperi non scientifici” ci sono diversi problemi. Uno è di ordine etimologico: “scienza” significa “sapere”, dunque un sapere non scientifico sarebbe un sapere che non produce sapere, il che è contraddittorio. Poi tu pensi all’esistenza di Dio, ma credo che tu intenda che essa sia oggetto di “fede”, non di “sapere” (scientifico o meno). Senza andare tanto lontano, pensiamo alla “storia”. E’ scienza? La critica d’arte? La psicologia umanistica (ne riparleremo) o la stessa psicoanalisi? Insomma, la questione è complessa….
Secondo me, si può parlare di sapere scientifico quando si tratta di una teoria che è stata testata e che, almeno per il momento, risulta essere valida. Per attestare la validità di una teoria bisogna eseguire una serie di esperimenti sulla base di ipotesi e, se gli esperimenti sono stati svolti nella maniera corretta, essa può considerarsi valida se rispetta ed è conforme alle ipotesi da cui si era partiti. Ovviamente, andando avanti nel tempo, teorie che sembravano valide sono state ridimensionate da nuove scoperte. Questo vuol dire che alcune verità considerate scientifiche potrebbero rivelarsi totalmente sbagliate. Ciò, d’altra parte, non intacca la loro validità in quanto essere sono attualmente il nostro miglior tentativo nel cercare di comprendere l’universo.
Come vedremo, questo tipo di risposta, ancora molto diffuso e difeso da diversi epistemologi presenta alcune criticità. Ad esempio secondo la tesi di Duhem-Quine non è affatto semplice chiarire “se gli esperimenti sono stati svolti nella maniera corretta”. Ad es. usare il cannocchiale per osservare il cielo era considerato scorretto ai tempi di Galileo (perché le lenti inducevano una deformazione nell’immagine risultante), ma oggi sapremmo assai poco senza i nostri potenti telescopi. Per quanto riguarda la correzione indotta da teorie successive in quelle precedenti, l’ottimismo della tua conclusione (in definitiva le teorie attuali sono le migliori che abbiamo) dipende da come intendi questo genere di “correzione”. Se si trattasse di “negazione”, ad esempio, e se queste negazioni fossero frequenti, non ci sarebbe molto da fidarsi. Ad es. se ogni cinque anni uscisse una “ricerca americana” prima a favore della dieta mediterranea, poi contraria, poi di nuovo a favore e così via, credo che ben pochi si interesserebbero più a lungo di “ricerche americane” nel campo della dieta alimentare.
Credo che non sia affatto facile definire le caratteristiche che contraddistiguono il sapere scientifico dalle altre forme di conoscenza. Forse il sapere scientifico è ciò che è oggettivo e valido per tutti, qualcosa sul quale non si può esprimere un giudizio o un idea personale. La scienza forse è quella conoscenza che deve essere basata sui fatti e sull’evidenza sperimentale: ciò che è scientifico deve essere verificabile. Tuttavia credo che sia molto difficile per la scienza moderna, rispettare queste ”regole”, soprattutto dopo le rivoluzioni del Novecento,. Molti valori che prima venivano considerati i fondamenti del sapere scientifico pian piano sono stati distrutti da nuove teorie (es. relatività, meccanica quantistica, ecc.)
Certo, metti il dito sul problema. Tuttavia, non è tanto il metodo scientifico, in quanto tale, ad essere messo in crisi, quanto la pretesa di raggiungere, tramite esso, quell’oggettività a cui alludi all’inizio. Cioè si possono ancora verificare moltissimi fatti, ma – a quanto pare – questo non basta affatto a costruire un sapere scientifico. Infatti, questi fatti, bisogna interpretarli [anacoluto ad effetto, da non imitare in un saggio breve all’esame di Stato!]. E queste interpretazioni iniziano molto presto e molto presto possono divergere o contraddirsi. Non è solo la scienza del Novecento a suscitare il problema. Possiamo dire che la recente rivoluzione scientifica ci ha “ricordato” qualcosa che abbiamo già visto: il sole sorgeva e tramontava (è un fatto!) sia per Copernico e Galileo, sia per i loro avversari aristotelici, ma l’interpretazione di questo fatto era molto divergente e per secoli non si è avuta la prova di chi avesse ragione.
Il sapere scientifico o la scienza in generale è l’insieme di tutte le conoscenze ottenute attraverso rigorosi metodi o esperimenti effettuati allo scopo di giungere ad una descrizione abbastanza verosimile della realtà attraverso leggi ben precise. Ovviamente nel pensiero umano sono presenti anche altri saperi che concepiscono il mondo in vari modi diversi fra loro ma io personalmente non ritengo che sia possibile per l’uomo, almeno per ora, giungere ad una conclusione sulla veridicità di uno di questi saperi. Inoltre vorrei sottolineare la debolezza che ha dimostrato la scienza nel corso degli anni, infatti in più di un occasione ha dovuto cambiare teorie o aggiustarne di altre come nel caso del modello atomico.
Se ho ben capito, trovi deboli i saperi non scientifici (quali ad esempio?), ma anche la stessa scienza. Tuttavia, all’inizio la caratterizzi per i suoi “rigorosi metodi”. In che cosa consiste il loro rigore? Parli di “esperimenti”. Ma che cosa distingue un esperimento da una comune esperienza? Parli di “leggi precise”. In che senso, se poi ammetti che le teorie scientifiche nel tempo sono state aggiustate e cambiate?
A mio parere il carattere che contraddistingue il sapere scientifico da altri saperi è la dimostrabilità. Una teoria è scientifica se basata su esperimenti dimostrati e dimostrabili. La dimostrabilità attraverso gli esperimenti, permette di ritrovare un riscontro alle teorie elaborate e quindi di poter descrivere il comportamento di un fenomeno. La dimostrabilità stessa però può essere anche la causa della negazione di una teoria scientifica che si credeva fondata e solida. Da questo aspetto si può ricavare, secondo me, un altro carattere fondamentale che costituisce una teoria scientifica, e cioè la sua reversibilità: una teoria scientifica infatti, non potrà mai essere mai definitiva e pienamente esatta, anzi, la solidità di una teoria scientifica dipende dalla sua fragilità. Con fragilità intendo il susseguirsi di esperimenti funzionati e non che aiutano la formazione di una teoria. Bisogna dunque essere scettici su teorie che sono vendute come esatte e finite poiché proprio la scienza è costituita da teorie costruite su smentite di altre teorie. La scienza va intesa quindi come fenomeno in continua evoluzione.
Mi sembra che tu usi la parola “dimostrabilità” senza chiarirne fino in fondo il significato. Il rischio è quello di cadere nella tautologia. Se dico che è scientifico ciò che è dimostrabile, ma non spiego che cosa intendo per dimostrabile, ho solo cambiato la parola “scientifico” in un sinonimo. Tu evochi gli esperimenti, ma dici: non qualsiasi, bensì quelli “dimostrabili”. Cioè, quelli “scientifici”? E siamo punto e daccapo. Alludi a “riscontri”. Intendi che una teoria è vera se ha riscontri? Non è troppo poco? Se qualcuno pensa che io abbia ucciso una persona e si trova il “riscontro” che ero effettivamente nei paraggi (o che non ho un alibi ecc.), questo dimostra scientificamente che sono io l’omicida? Se si trova il mio DNA sul cadavere della vittima, questo è un “riscontro” sufficiente? E se avessi un fratello gemello omozigote (che ha il mio stesso DNA) lo sarebbe ugualmente? E come escludere che ne abbia uno? La seconda parte della tua risposta sembra riconoscere tutte queste difficoltà, ma sembra indebolire troppo la nostra nozione di scienza. Se siamo così scettici sulle teorie scientifiche, perché le privilegiamo ai discorsi pseudoscientifici, ad esempio nelle perizie in tribunale, quando si tratta di condannare o assolvere qualcuno? Perché, se siamo così scettici, non consultiamo anche il cartomante? Ci sarà qualcosa che rende una teoria scientifica migliore di una pseudoscientifica. Che cosa? La dimostrabilità? E torniamo al problema iniziale…
La scienza nasce dal desiderio dell’uomo di conoscere; quindi, per essere tale, necessita di affermazioni generali che devono essere orientate e provate con dati precisi. Il sapere scientifico, pertanto, si differenzia dalle altre forme di sapere perché segue un preciso procedimento: osservazione del fenomeno, formulazione dell’ipotesi per spiegare il fenomeno e infine l’individuazione delle regole che spiegano il fenomeno stesso.
Interessante risposta. La questione è: “Come può un'”affermazione generale” essere orientata e provata con “dati precisi”, che, in quanto tali, sono solo particolari?”. La legge di gravitazione di Newton, ad es., vale forse per questa mela qui, per quel pianeta là, ma come inferisco che essa sia valida “in generale”? Ad es. l’accelerazione di gravità (9,81 m/sec^2) vale a Udine, a Caserta, ovunque… al livello del mare (o quasi), ma non sulla Luna. Anche se ripeto mille volte la misurazione, non posso generalizzarla a tutto l’universo. Altro problema riguarda il rapporto tra “osservazione di un fenomeno” (appunto: caduta di questa mela qui) e “formulazione dell’ipotesi” per spiegarlo (non ho ben capito che cosa sarebbero le “regole che spiegano il fenomeno”, se non quelle coincidenti con l’ipotesi stessa): lo stesso fenomeno può essere spiegato da più di un’ipotesi, ciascuna coerente con il fenomeno, ma contraddittoria con le altre. P.e. le ipotesi geocentrica ed eliocentrica, fino a un certo momento, spiegavano esaurientemente gli stessi fenomeni celesti: il fatto che da un certo momento in poi, a fronte di nuove osservazioni e scoperte, l’ipotesi geocentrica sia stata falsificata, non escluse che non potesse esserlo anche quelle eliocentrica, da un certo altro momento in poi, a fronte di ulteriori scoperte; ma se le cose stanno così, le ipotesi sono condannate a restare tali, non si sarà mai certi di esse, non si potrà mai affermare che “sappiamo”, cioè “abbiamo scienza di” qualcosa tramite esse!
Secondo me il sapere scientifico è tale per cui ha delle basi su cui si fonda. Questi basi possono essere a loro volta dedotti da altre conoscenze, o possono essere assiomi. Inoltre, la conoscenza della scienza porta a delle deduzioni o conseguenze, quindi a sua volta genera altro sapere scientifico. Questo quindi è ciò che per me contraddistingue il sapere scientifico dagli altri saperi.
In base alla tua definizione sarebbe scientifica la seguente affermazione: “Dio esiste”. Le basi su cui si fonda sono le seguenti: “Tutto ciò che esiste è determinato da una causa, ma non si può retrocedere all’infinito nella ricerca delle cause, perché se non vi fosse nessuna causa iniziale, non vi sarebbero neppure cause successive, dunque non vi sarebbero cause affatto; dunque vi deve essere una causa prima, non causata da altra causa; e questa è quella che tutti chiamiamo Dio: dunque, Dio esiste” (all’incirca è la “dimostrazione” dell’esistenza di Dio di Tommaso d’Aquino). Puoi considerare certi elementi di queste “basi” come conoscenze o, se non pensi che si tratti di cose che sappiamo (già, come le sappiamo?), come assiomi. Ad esempio potrebbe essere una conoscenza (un che di evidente) o un assioma (assunto per convenzione) la tesi: “se non vi fosse nessuna causa iniziale, non vi sarebbero neppure cause successive”. Se non pensi che l’esistenza di Dio sia una conoscenza scientifica, forse non sei stato abbastanza chiaro nel definire quello che secondo te è il sapere scientifico, non trovi?
Il sapere scientifico si contraddistingue da ogni altro tipo di sapere, in quanto esso si basa su ipotesi e leggi scientifiche, caratterizzato da nuove scoperte e approfondimenti. Il sapere scientifico è l’unico sul quale si fonda la nostra esistenza, ogni fenomeno, causa e conseguenza, sottostá a ordini scientifici, che negli anni son stati verificati, assumendo sempre più importanza e dando meno credibilità ad ogni valore religioso e morale.
Non ti sembra un po’ tautologico dire che il sapere “scientifico” si basa su leggi “scientifiche” e che ogni fenomeno sottostà a ordini “scientifici” ecc.? La questione è appunto che cosa fa sì che questo sapere, queste leggi, questi “ordini” siano scientifici e non religiosi, filosofici, frutto di opinione ecc.? Come distingue una legge scientifica da un’ipotesi pseudoscientifica?
Personalmente ritengo che ci sia una netta distinzione tra il sapere scientifico e il sapere avanzato da altre discipline.
Il sapere scientifico, ad esempio, viene assunto come uno studio ricco di ricerche le cui soluzioni sono tutte ampliamente dimostrabile e osservabili.
Facendo un esempio, la medicina può essere considerata una diramazione del sapere scientifico, in quanto costantemente scienziati, biologi e chimici, studiano le patologie oggigiorno incurabili, basandosi su diagnosi, anamnesi e su relazioni di causa-effetto. La soluzione conclusiva che viene avanzata, dopo essere più e più volte sperimentata, testata e perfezionata, viene assunta come cura, e dunque in grado di apportare dei benefici.
La dimostrabilità di una tesi del sapere scientifico, però, non esclude la sua unicità. Infatti, quando un postulato viene assunto come vero, e dunque efficiente, è scorretto supporre che sia la sola e unica tecnica attendibile.
Riassumendo, a mio parere, le scienze sono dei campi di interesse e di studio caratterizzati da un continuo e incessabile dinamismo, dove gli studiosi troveranno sempre qualcosa di inspiegabile su cui focalizzare la loro attenzione e il loro tempo, per renderlo, alla fine, spiegabile.
Bisognerebbe chiarire meglio, come proveremo a fare, il significato di nozioni come “dimostrazione”, “osservazione” (in quanto si tratti di osservazione rilevante per scopi scientifici), “nesso causa-effetto” ecc. Non è chiara l’associazione che istituisci tra “postulato” e “tecnica”. Il dinamismo può essere importante in campo scientifico, ma ci aiuta forse poco a contraddistinguerlo. Nella storia dell’arte troviamo p.e. un grande dinamismo, correnti artistiche si succedono a correnti (impressionismo, espressionismo, cubismo, futurismo ecc.), influenzandosi, correggendosi ecc., ma tutto questo non ne fa certo un ambito “scientifico”.
Il sapere scientifico a mio parere è il sapere che si occupa di analizzare fenomeni cercando cause e meccanismi intermedi ma senza la pretesa di capire il fenomeno fino in fondo rendendo impossibile la predicibilità completa di alcuni di essi, perché le deduzioni che riusciamo a comporre dopo le osservazioni sono semplificazioni legate alla nostra percezione e agli strumenti che siamo obbligati a utilizzare e non sempre il reale svolgimento naturale di un meccanismo.
Inoltre alcuni tipi di scienze si basano su assiomi legati anche essi a una approssimazione che tende a semplificare la situazione che si sta studiando infatti alcuni studi come la relatività o le geometrie non euclidee hanno messo in crisi le precedenti visioni della fisica classica e della geometria analizzando in modo diverso e senza basarsi su preconcetti.
Metti bene in luce i limiti del sapere scientifico, ma come possiamo, allora, distinguerlo da altri (pretesi) saperi? Alludi alla capacità di “approssimare” la realtà, ma come possiamo verificare quest’approssimazione se la sola cosa che “abbiamo” sono i dati sulla “realtà” che ci fornisce la scienza stessa?
Il sapere scientifico passò dall’ottocento al novecento da essere considerato prima un sapere oggettivo ed immutabile, regolato da leggi che non si contraddicevano mai fra loro, poi a scienza incerta i cui postulati potevano essere verificati solo dopo che ne fossero state accertate le conseguenze,come sostenne Russell, dunque ad essere un sapere non aprioristico.
Iniziando con una definizione generica si potrebbe dire che lo scopo della scienza sia di descrivere i fenomeni, anche se già qui si potrebbe controbattere che questa non si limiti a compiere analisi ma pure, trovando leggi che ci regolano, dia un senso ai sistemi che scopre.
Io credo inoltre, in continuità con pensatori come Popper che da singoli casi particolari non si potrà mai ricavare una legge valida sempre e in ogni luogo, o meglio: non si lo si potrà mai dimostrare. Questo in quanto è sufficiente un aporia in un sistema per farlo crollare e non si potrà mai avere una comprensione universale o totale di una qualunque cosa (mantenendo così possibile la presenza di una qualche legge che non può essere incasellata nel sistema fino ad allora ricostruito).
Penso dunque che la scienza si basi non su assiomi quanto su ipotesi, più o meno adatte a descrivere la realtà, una realtà che per altro sembrerebbe basarsi su leggi che di fatto non sono tali secondo le teorie della fisica quantistica, ma su una libertà che non permette di fatto, fosse confermata (cosa che, se consideriamo valido ciò che ho scritto prima, non può essere), comporterebbe l’impossibilità di una descrizione certa dei fenomeni.
Mi sembra che tu abbia colto l’essenziale della problematica epistemologica contemporanea. Non è chiarissimo il senso dell’ultimo periodo.