La famosa “dottrina delle idee”, elaborata (anche) per controbattere il relativismo sofistico e certe interpretazioni della dottrina del divenire di Eraclito, più che sostenuta esplicitamente da Platone mediante argomenti o prove , è presupposta (data per scontata). Tuttavia, in due importanti passi dei dialoghi Cratilo e Teeteto, tale dottrina viene in qualche modo implicitamente giustificata.
Leggi dunque questi passi, tratti da questi due dialoghi, sapendo che le “stabili essenze” di ciascuna cosa di cui qui parla Platone (ad esempio “il bello in sé”, “l’uguale in sé” ecc.) , intese come qualità concepite “in se stesse” di tali cose, sono appunto ciò che altrove Platone denomina “idee”.
Tali idee si distinguono dalle rispettive “cose” belle, uguali ecc. (p.e. un volto, un albero ecc.), in quanto queste ultime, essendo immerse nel tempo, potrebbero, prima o poi, cessare di essere belle o uguali ad altre e divenire p.e. brutte o diverse.
Prova, quindi, a rispondere (come sempre nel box qui sotto, dedicato ai commenti) al seguente duplice quesito:
- Perché secondo Platone per avere scienza (conoscenza) di qualcosa (anzi, anche solo per nominare questo qualcosa) dobbiamo presupporre l’esistenza della corrispondente idea e in che senso dobbiamo considerare tale idea “causa” della cosa di cui è idea?
Platone, nella “teoria delle idee” ritiene che la scienza deve essere perfetta, cioè deve avere i caratteri della stabilità e dell’immutabilità, e di conseguenza deve avere come oggetto le idee, che Socrate nel dialogo con Ermogene definisce come “cose che hanno in sé stesse una loro propria e stabile essenza e non dipendono da noi, bensì sono per sé stesse”. Quindi per idea non si intende un pensiero del nostro intelletto, come facciamo noi oggi, bensì un’entità immutabile e perfetta e che esiste per suo conto.
Per il filosofo le cose sono copie imperfette delle idee, ad esempio, se consideriamo l’idea dell’amicizia possiamo considerarla perfetta e immutabile, ma se consideriamo l’amicizia tra due persone essa non è la “fotocopia” della relativa idea perché cambia nel tempo e può anche cessare di esistere, ma, nonostante ciò, contribuisce all’idea di amicizia.
In sintesi l’amicizia tra due persone contribuisce alla relativa idea, che però è la causa per cui l’amicizia (intesa come cosa) è ritenuta tale, quindi le idee sono la condizione dell’esistenza delle cose.
Non direi che l’amicizia tra due persone, almeno secondo Platone, contribuisce alla relativa idea (che è inalterabile), ma, semmai, che la relativa idea contribuisce a farci intendere se e quanto tra due o più persone corra dell’amicizia. A parte questo tratto, cogli aspetti importanti, anche se eccedi i testi proposti. Da dove ricavi, p.e., che le cose sono “copie” delle idee? Non certo da questi testi. A volte le cose si possono dire in modo più semplice e non meno, anzi più esatto che ricorrendo a lunghi discorsi e perifrasi o citazioni o riferimenti ecc.
La dottrina delle idee rappresenta una buona parte del pensiero Platonico. Platone elabora la sua teoria delle idee collegandola al concetto di scienza. Infatti, la scienza deve essere immutabile e perfetta e per questo motivo non può avere come oggetto di studio le cose del mondo variabile e umano, perché esse cambiano e sono imperfette. Per questo motivo l’oggetto della scienza saranno le idee. Le idee rappresentano dei modelli per le cose del mondo sensibile che rappresentano delle imitazioni imperfette delle idee. Per Platone, nel nostro mondo esistono delle cose più o meno belle e più o meno brutte che si ispirano all’idea di bellezza e di giustizia. Secondo Platone esistono due tipi di idee: quelle dei valori e quelle matematiche (trigonometria, ecc,). L’idea del bene può essere assimilata a quella di Dio. Tuttavia, pur non sostenendo la differenza tra le idee e le cose, Platone mette in evidenza lo stretto legame, poiché le idee rappresentano il criterio di giudizio delle cose. Questo significa che noi per giudicare degli oggetti non possiamo fare a meno di riferirci alle idee. La conoscenza delle idee non può derivare dai sensi, i quali sono ingannevoli, essa invece deve derivare da una visione intellettuale. Per spiegare la conoscenza delle idee, Platone ricorre alla teoria della reminescenza: la nostra anima prima di calarsi nel corpo è vissuta nel mondo delle idee dove ha potuto contemplare i modelli perfetti delle cose. Una volta discesa nel nostro mondo, l’anima conserva un ricordo sbiadito di ciò che ha visto, grazie all’esperienza delle cose, l’anima ricorda ciò che ha visto nell’iperuranio. Per Platone conoscere equivale e ricordare, poiché le idee sono già presenti dentro di noi, occorre solo uno sforzo per tirarle fuori.
Qui e là abbozzi elementi della risposta richiesta, p.e. quando spieghi che “la scienza deve essere immutabile e perfetta e per questo motivo non può avere come oggetto di studio le cose del mondo variabile e umano, perché esse cambiano e sono imperfette, [ma] l’oggetto della scienza saranno le idee”. Peccato che tu immerga questi spunti in una ricostruzione non pertinente del “pensiero platonico” (ad esempio dove ricavi dai nostri testi che “esistono due tipi di idee: quelle dei valori e quelle matematiche” o quello che scrivi sull’idea di bene o la teoria delle reminiscenza ecc.?).
Non complicatevi la vita. Rispondete soltanto a quello che vi è richiesto. Lo scopo dell’esercizio non è che sollecitarvi a documentarvi sul manuale o altrove su questa o quella teoria di Platone, ma verificare la vostra capacità di leggere e comprendere un testo filosofico (a prescindere da informazioni ricavabili altrove).
Secondo Platone per avere conoscenza di qualcosa dobbiamo presupporre che esista una corrispondente idea, perché essa si presenta come un parametro, il quale tutti andranno a seguire per comprendere ed avere una nozione a cosa ci si sta riferendo. Per esempio come si fa a dire che quella è una mela se non si ha prima conosciuto che quella cosa con quella forma, odore, gusto, ecc è una mela?! Non si può. “Bisogna partire dall’inizio.”
L’idea è una causa della cosa di cui si ha idea, perché per avere un idea bisogna prima avere un inizio, in questo caso una idea iniziale, che porterà ognuno ad altre idee. Quindi tutto nasce da una principale idea che è la causa di tutte le altre idee.
La prima parte è molto convincente: non si può conoscere qualcosa se non se conosce l’idea, che è il solo “aspetto” (idea in greco significa “aspetto”) della cosa che rimane uguale nel tempo. Non è chiaro in che modo, invece, da un’idea iniziale si sia portati ad altre idee e perché invochi una principale idea… Mi pare che tutto questo esuli dai nostri testi (se ti riferisci all’idea del bene come causa delle altre puoi avere ragione rispetto a Platone, in generale, ma non è cosa che tu possa ricavare dai testi esaminati).
Secondo Platone per avere scienza , e quindi conoscenza, di qualcosa dobbiamo presupporre l’esistenza della corrispondente idea perché le cose si modificano e quindi “la cosa” presa in considerazione , per quanto possiamo averla pensata e capita, non sarà mai uguale a se stessa poiché si modifica nel tempo ; necessitiamo perciò di un’idea tale da fornirci un presupposto di conoscenza riguardo a quella determinata “cosa”.
L’idea è causa dell’idea stessa in quanto noi possediamo già un’idea di quell’idea e ci porta a riflettere e cercare la sua ragione d’essere.
Esatto… o quasi. Necessitiamo di un’idea tale da fornirci qualcosa che ci permetta di conoscere ciò che in quella cosa è “nominabile” e persistente nel tempo: tale è, appunto, l’idea.
Poi non direi che l’idea è causa dell’idea stessa, ma della cosa che muta, nella misura in cui rimane “nell’idea” in questione (p.e. un volto bello è tale, finché rimane tale, perché partecipa dell’idea di bellezza o a causa di tale idea). Immagina, per assurdo, che la bellezza, intesa come idea, sparisca. Nessuno potrebbe più riconoscere alcunché di bello.
Le idee sono la causa delle cose per il semplice motivo che le idee sono la condizione dell’esistenza degli organismi o la loro ragione d’essere. Ad esempio diciamo che due oggetti sono delle scarpe sulla base dell’idea di umanità che è la causa che rende questi due oggetti delle forbici.
Dire che una certa cosa è “causa” perché è “condizione di esistenza” o “ragion d’essere” suona alquanto tautologico o sinonimico (sembra che il “perché”, la presunta argomentazione, non sia che un altro modo di dire la stessa cosa: come dire: “una causa è una causa perché è una causa”). L’esempio è alquanto bizzarro. Due oggetti sono due scarpe sulla base dell’idea di scarpa (non di umanità), che è anche ciò che rende questi oggetti scarpe (e non forbici!), dunque ne è causa.
Per conoscere qualcosa dobbiamo sicuramente pensare che a questa cosa sia legata un idea perchè senò quella cosa non la potremmo neanche nominare visto che ogni nome che diamo ad un oggetto o persona nasce da un idea.
Per esempio quando viene scoperta una nuova specie animale o vegetale per darle un nome è necessario rifarsi ad una idea che può essere ispirata dalle particolarietà di questa specie.
Come detto in precedenza per avere conoscenza di una cosa è necessario che ci sia collegata un idea ad essa, questo significa che l’idea possa essere vista come una causa della conoscenza di una cosa e questa conoscenza viene indicata come scopo o effetto dell’idea.
Potrebbe essere come dici, in parte, ma mancano forse alcuni “tasselli”. Senz’altro, come scrivi, “per conoscere qualcosa dobbiamo sicuramente pensare che a questa cosa sia legata un’idea perché sennò quella cosa non la potremmo neanche nominare”, tuttavia l’argomentazione con cui difendi questa tesi sembra presupporre quello che vorresti dimostrare (“ogni nome che diamo nasce da un’idea”) e rischi di cadere in un circolo vizioso o in una tautologia (per conoscere le cose dobbiamo conoscere le loro idee, altrimenti non potremmo nominarle, ma per poterle nominare dobbiamo conoscere le loro idee…, come dire: per avere A devo avere B, perché per avere B devo avere A…). L’esempio della nuova specie vivente non sembra molto utile, perché rimane il problema di come “conoscere” la relativa idea.
Il punto è che per conoscere e nominare le cose bisognerebbe che queste rimanessero “ferme” perché anche la nostra scienza possa essere tale (e i nomi possano significare qualcosa in modo stabile e univoco). Poiché, però, questo non è dato (tutto diviene), allora bisogna che conoscenze e nomi si riferiscano non alle cose che mutano, ma a qualcosa di “stabile” che le riguarda, che Platone chiama “idea”.
Infine, l’ultima tua osservazione spiega perché le idee siano cause della CONOSCENZA delle cose. Ma l’ipotesi di Platone è che esse siano causa delle cose stesse!
Provando a leggere i dialoghi tra Teeteto e Cratilo penso di non aver capito molto. Neanche la domanda che ci pone mi risulta molto chiara. Forse Platone pensa che dobbiamo presupporre l’esistenza di un’idea relativa a una cosa perchè senza di essa non possiamo conoscerla perchè essa (la cosa) muta nel tempo. Penso che la mia risposta sia sbagliata e spero di riuscire a capire meglio l’argomento in classe. La prego di non pubblicare il mio commento.
Al contrario, sei sulla giusta strada. Se le cose mutano continuamente nel tempo, come potremmo conoscerle? Quello che conosciamo non sono le cose che mutano, ma le idee (o forme) delle cose, alle quali le cose ora si approssimano, ora si allontanano (p.e. alla forma di un triangolo o alla forma di un essere umano ecc.). Se ci pensi è proprio così: lo studente di medicina non studia il mio o il tuo corpo, ma IL corpo umano, in generale, ossia l’idea. Poi il mio o il tuo può avere caratteristiche peculiari (o anche “difetti”) che lo allontano più o meno dal “tipo” (o idea) studiato da quello studente di medicina.
Secondo Platone per conoscere qualcosa presupponiamo l’esistenza della corrispondente idea poiché per dare un giudizio su determinate cose dobbiamo inevitabilmente riferirci all’idea di quel giudizi, infatti spesso diciamo che un cibo non ci piace sulla base dell’idea del non piacere. Talvolta le idee sono anche le cause delle cose perché sono la condizione dell’esistenza degli oggetti infatti diciamo che due individui sono bassi sull’idea della bassezza che è la causa che li rende tali. Tuttavia il legame tra idee e cose non è stato ben definito da Platone.
Per quanto sintetica e, in alcuni tratti, manchevole di qualche necessaria precisazione, la tua risposta è sostanzialmente corretta. Non direi, comunque, che “per dare un giudizio su determinate cose dobbiamo inevitabilmente riferirci all’idea di quel giudizio”. Direi: “dobbiamo inevitabilmente riferirci all’idea di quelle cose sulle quali verte il nostro giudizio”. Per Platone, poi, le idee sono SEMPRE (non talvolta) causa delle cose, perché, come chiariremo meglio in aula, se non ci fossero le idee, non ci sarebbero neppure le cose che ne partecipano (come potrebbe esistere p.e. una figura circolare se non ci fosse l’idea del cerchio, cioè se fosse impossibile tracciare figure circolari, in generale?).
Inizialmente i primi scritti di Platone erano basiti su Socrate e avevano lo scopo di difendere sostenere le sue tesi, se pur da lui reinterpretate . Infatti tutti le idee e le dottrine generali di Socrate pur essendo riportate con fedeltà da Platone subiscono però un filtraggio dovuto ai suoi interessi e alle sue tendenze speculative. Ad esempio Platone da molta importanza al metodo socratico delle definizioni, ed è proprio grazie a questo che giunge a formulare la teoria delle idee con la quale da inizio al secondo periodo della sua vita con il quale riuscì ad andare al di là delle dottrine che Socrate gli aveva insegnato, riuscendo così a superare il suo maestro. L’origine della teoria è strettamente unito con il concetto platonico della scienza: in antitesi con i sofisti e andando oltre persino Socrate, Platone ritiene che la scienza debba essere immutabile e stabile, quindi perfetta. Egli però credeva che il pensiero rifletta l’essere (realismo gnoseologico), cioè la mente èra la riproduzione di ciò che esiste. Allora si chiedeva quale fosse l’oggetto di studio della vera scienza? Inizialmente ipotizzo che fosse l’opinione che derivava dai sensi, ma essendo questi mutevoli e imperfetti furono scartati. Successivamente Platone capì che l’oggetto in questione fossero le idee, ma non le idee come forma di pensiero come noi immaginiamo al giorno d’oggi, ma le idee come un’ entità immutabile e perfetta. Allora giunse a ipotizzare che questa sostanza autonoma vivesse in un proprio mondo diverso dal nostro, chiamato iperuranio (al di là del cielo). Anche se sono diverse dalle cose reali del nostro mondo non vuol dire che non abbiano rapporti stretti, infatti Platone immagina il nostro mondo e le cose che lo compongono come delle copie imperfette delle idee come del resto la nostra realtà. Ad esempio nella nostra realtà ci sono cose belle o giuste, nell’iperuranio invece troviamo LA BELLEZZA E LA GIUSTIZIA. Quindi abbiamo 2 tipi diversi di conoscenza (dualismo gnoseologico) e 2 diversi tipi di essere (dualismo ontologico).
Valgono i rilievi fatti per la risposta data da Chiara C. In particolare ti diffondi in ipotesi storiografiche relative al progressivo distacco di Platone da Socrate che sono tutt’altro che inoppugnabili e che, comunque, non hai certo potuto ricavare dai testi proposti.
La “dottrina delle idee” è una teoria formulata da Platone che segna l’inizio del suo percorso come filosofo indipendente, in quanto si allontana dalle dottrine del suo maestro (Socrate) elaborando un proprio pensiero originale.
Con questa dottrina Platone definisce la “scienza” come verità perfetta e stabile, contrapponendola all'”opinione” che definisce invece come verità imperfetta e mutevole. Scienza e opinione rispecchiano rispettivamente “idee” e “cose” che, pur essendo concetti distinti, sono strettamente collegati fra loro.
Secondo Platone, infatti, per avere scienza di qualcosa è necessario presupporre l’esistenza della corrispondente idea; in altre parole, le idee sono i modelli a cui le realtà materiali fanno riferimento. Ad esempio, quando disegno una figura geometrica come un triangolo, utilizzo come modello di riferimento l’idea di un triangolo perfetto e cerco di riprodurlo. Inoltre, il triangolo da me disegnato è un’imitazione del triangolo ideale e, senza quest’ultimo, non avrebbe modo di esistere. Le idee sono quindi la causa delle cose.
La mia copia è però solamente un’approssimazione del triangolo ideale, in quanto, secondo Platone, non ci è possibile raggiungere la perfezione assoluta. Questa infatti non è presente nella nostra dimensione imperfetta e mutevole, ma si trova in una dimensione distinta detta “iperuranio”. Platone afferma quindi che la nostra realtà è solamente una copia di questa dimensione.
Cara Chiara, quello che scrivi è corretto, ma sembra tratto pari pari da qualche manuale o sintesi relativa alla dottrina delle idee di Platone. Non ti si chiedeva di illustrare questa dottrina, ma solo di ricavare dai TESTI proposti la risposta alla specifica, doppia domanda che era stata formulata. Ad esempio, la tua “dotta” risposta non chiarisce perché le idee sarebbero causa delle cose. L’esempio del triangolo potrebbe andare bene per rispondere alla prima parte della domanda, ma perché tirare fuori la specifica problematica delle figure geometriche? I testi proposti parlano di “bello” e di “uguale”, ad esempio. Sarebbe stato forse opportuno utilizzare esemplificativamente questi concetti. Infine, che la dottrina delle idee segni il distacco di Platone da Socrate è un’ipotesi storiografica diffusa, ma controversa. Certamente non puoi averla tratta dai testi proposti, dal momento che il “personaggio” che sviluppa la teoria delle idee è proprio Socrate!
Iniziamo dicendo che tutto muta e niente è statico, di conseguenza non appena qualcuno si avvicina alla comprensione di un concetto esso si modifica e perciò anche la nostra idea dovrebbe variare continuamente in base alle modifiche apportate all’oggetto, arrivando così a un circolo infinito. Nonostante la presenza di mutazioni più o meno evidenti, l’uomo descrive comunque ciò che gli sta attorno in qualche maniera, infatti esso impone un’idea che gli pare più corretta senza considerare le variazioni singole, così facendo l’idea diventa essa stessa l’oggetto. Ad esempio la bellezza è di natura mutevole, ma nonostante ciò noi la descriviamo con un’ idea generale, perciò si ha che una cosa non è bella a causa del suo aspetto o di qualche sua caratteristica, ma è bella per l’idea che si ha della bellezza.
Nella prima parte cogli abbastanza bene il senso dell’operazione di Platone, anche se il nostro filosofo non intende riferirsi (come approfondiremo in aula) a “idee generali” imposte dall’uomo alle cose divenienti, ma a idee preesistenti. La mancata messa a fuoco di quest’ultimo aspetto rende più debole la seconda parte della tua risposta. Se quello di “bellezza” fosse solo un concetto nostro, umano, come potrebbe essere “causa” della bellezza delle cose esterne? Tutt’al più esso sarebbe causa del fatto che a noi sembrano belle. Non ti sembra?
Possiamo dire che il bene non crea le idee ma si limita a comunicare la loro perfezione. Per PLatone esiste anche un’idea del divino p.e idee,l’anima,le stelle la quale però non è all’altezza delle idee che sono un’entità superiore.
Possiamo parlare di criterio di giudizio delle cose,ovvero le idee sono la condizione della pensabilità degli oggetti oppure dei causa delle cose ovvero le idee sonk la condizione dell’esistenza degli oggetti
Il rapporto tra idee e cose non è stato ben definito perchè è un punto piuttosto incerto.
1- Secondo Platone dobbiamo avere un idea di qualcosa anche solo per nominarla, infatti se esse fossero veramente in continuo cambiamento, dipendentemente dal momento avrebbero significato diverso, quindi nome diverso e nessuno potrebbe mai nominarle.
2- Non capisco cosa vuole chiedere con la sua seconda domanda, nonostante questo cerco di segnalarle il passo del testo dove credo ci sia la risposta alla sua domanda:
“niente altro fa si che quella tal cosa sia bella se non la presenza o la comunanza di codesto bello in se”
Platone sostiene che le idee sono sia criteri di giudizio che causa delle cose in quanto , per giudicare un oggetto, un azione o un avvenimento, dobbiamo prendere riferimento da esse; però sono anche causa in quanto fanno parte delle essenze archetipe, ovvero l’essenza sostanziale delle cose. Per esempio noi riteniamo un’azione giusta o sbagliata in base alla nostra idea di giustizia, però la nostra idea di giustizia è dettata anche da quella che si può definire una base inconscia definita dal codice morale.
Senz’altro per giudicare un oggetto occorre, secondo Platone, prendere come riferimento l’idea. Ma ciò è dovuto al fatto che i fenomeni sono “mutevoli” nel tempo (altrimenti forse le idee non sarebbero necessarie).
Per quanto riguarda la “causalità” delle idee essa è certamente legata al fatto che le idee sono archetipi, ma questo ancora non spiega la loro funzione causale. Il punto è che, se l’idea non ci fosse, non ci potrebbe essere neppure il fenomeno corrispondente (o sarebbe così diverso da non poter essere “nominato” o “riconosciuto” come tale). Per quanto riguarda la base inconscia dei nostri giudizi (si torna, in un certo senso, alla prima parte della questione, perché si discute del nostro modo di conoscere e giudicare, non delle cose come sono in se stesse…), può essere come dici, ma mi sembra che qui tu vada piuttosto oltre quello che è implicato nei testi letti di Platone.
Platone sviluppa la teoria delle idee per arrivare al concetto di scienza (conoscenza) come sapere assoluto. Egli distingue le idee e la realtà. Per cui le cose della realtà sensibile sono considerate copie imperfette del mondo delle idee (dove risiedono i modelli unici e perfetti) e rappresentano l’opinione cioè il grado inferiore della conoscenza, mentre la vera scienza ci porta alla verità, avendo come oggetto di studio le idee.
Per Platone per avere la conoscenza vera bisogna che un’idea si assoluta ed immutabile, e non relativa.
Dobbiamo considerare un’idea “causa” della cosa di cui è idea nel senso che le cose imitano o partecipano imperfettamente i modelli unici e perfetti (idee). Le idee vengono considerate la causa della realtà.
Se ci rifletti, nella prima parte della tua risposta hai “raccontato” le opinioni di Platone sul rapporto tra idee e “realtà” (per la precisione: tra idee e fenomeni o apparenze, perché, per Platone, la vera “realtà” è proprio quella delle idee!). Tuttavia, la domanda richiedeva di trovare perché per conoscere è necessario che l’oggetto della conoscenza sia un’idea. Nella tua risposta ribadisci che le cose stanno così, ma non spieghi perché debba essere così. Analogamente per spiegare perché le idee sono cause finisci per affermare: “Le idee vengono considerate cause della realtà”. E certo! Ma la questione è: “Perché?”. Quando qualcuno ti chiede perché sei andata p.e. al cinema, rispondi con una descrizione del cinema, magari ricordando la data in cui il cinema fu costruito, la via dove si trova ecc.? No, rispondi “a tono”, spiegando le ragioni per cui hai fatto quello che hai fatto. Può darsi (nel caso della conoscenza basata sulle idee) che queste ragioni ti sfuggano. Puoi sinceramente ammetterlo invece di sostituire la risposta corretta con “racconti”, non trovi?
Le idee sono la causa delle cose , poiché gli individui sono in quanto amano e partecipano, sia pure esattamente delle essenze archetipe.
Possiamo affermare che le cose sono le idee di condizione dell’esistenza degli organismi e la loro ragione di avere .
Che cosa amano gli individui?
Il resto della tua risposta non è molto chiaro. Perché possiamo affermare quello che scrivi? Che significa? Che c’entrano gli organismi?
La teoria delle idee nasce da due necessità del filosofo: una necessita’ etica, che lo spinge a individuare quei valori morali che devono essere propri dei governanti; dall’altro la necessità di trovare un oggetto proprio della scienza, considerata stabile, immutabile e perfetta.
Dove si parla nei testi di “governanti”? Da dove hai tratto questa informazione? La seconda parte della risposta è abbastanza corretta, ma avresti dovuto chiarire meglio la cosa ricordando che le “cose” sensibili o fenomeni, a differenza delle idee,sono mutevoli. E’ questo che costringe Platone a postulare l’esistenza di idee eterne (che, poi, sarebbero l’essenza stessa delle cose mutevoli).
Secondo la dottrina delle idee, nata e argomentata da Platone, che spiega che per avere conoscenza, anche solo per pensare a qualcosa, dobbiamo avere in testa una idea precedente, con la quale riesco a identificare la mia idea, che è personale per ognuno di noi.
Quindi si deduce che per avere, per esempio un idea di un persona, come la sua bellezza mi devo prima rifare a un bello superiore” assoluto” che però proprio ne momento in cui lo penso lo rendo mio, soggettivo, quasi paragonandolo a una variabile, come potrebbe essere una “x”.
Allora non è che quindi tutto nasce da una principale idea che è la causa di tutte le altre idee, perché se ciò non si presentasse così un bambino a cui fin da subito hanno insegnato che il fuoco fa male allora dovrebbe sempre fidarsi di un parere datogli da bambino, quindi non dando mai importanza a il suo parere che però comunque nasce da un idea datogli da piccolo e si trasforma in base a lui stesso e le esperienze di cui ne ha avuto.
Ovvio che questo non esclude il contrario, perché se questa idea la prendiamo nel campo medico, dove per adesso si ha raggiunto un livello di conoscenze elevato, l’idea iniziale non muta per ognuno di noi ma permane, come per esempio il fatto che una vita che si potrebbe condurre con un rene o un polmone in meno e svantaggiosa per l’organismo a medio lungo termine rispetto ad averne due.
Inizialmente sembri avviato sulla strada giusta, poi un po’ ti perdi con esempi non chiari o di cui non è chiara la pertinenza. Sembra che, con l’esempio del bambino e del fuoco, tu voglia indagare l’origine delle idee e che tu (a differenza di Platone) ritenga che tale origine vada ricercata nell’esperienza. Insomma, “ti complichi la vita” con una discussione non richiesta, mentre non rispondi chiaramente alla seconda parte del quesito relativa alla funzione “causale” delle idee.