Come abbiamo visto in aula, la vera questione epistemologica sollevata dalla teoria dell’evoluzione di Darwin riguarda non tanto la realtà dell’evoluzione (delle specie viventi), difficile da mettere in dubbio, quanto il suo meccanismo (o la sua causa).
Alla luce dei tuoi studi, della teoria di Darwin (cfr. manuale cap. 5, § 8, pp. 155-57), del dibattito che ne è seguito (qui ripreso per quanto riguarda il tema che ci interessa) e di eventuali approfondimenti personali, la “selezione naturale” (casuale) dell’organismo (o del carattere dell’organismo), di volta in volta, più adatto all’ambiente (in cui l’organismo si trova), ti sembra una spiegazione convincente dell’evoluzione? Ve ne sono di migliori, di alternative, di aggiuntive? (Precisa, anche, entro quali limiti e in quale prospettiva, filosofica, religiosa, scientifica, sostieni la tua tesi, quale che sia)
Darwin scrisse nella sua teoria dell’evoluzione che gli organismi si evolvono in base all’ambiente in cui vivono.
Io mi trovo pienamente d’accordo con lui; le sue dimostrazioni mi sembrano molto valide e argomentate.
Inoltre da quando l’uomo ha preso il sopravvento sulla natura, molti animali si sono adattati al cambiamento e hanno dovuto modificare le loro abitudini. Tutto questo per sopravvivere. Quindi anche per questo motivo sono convinto della validità della tesi di Darwin
Quali dimostrazioni e quali argomentazioni (di Darwin)? Mi sembra che tu ti sia limitato a citare la sua tesi.
Interessante la tua argomentazione (non di Darwin) relativa ai cambiamenti intervenuti nelle specie a seguito dell’azione dell’uomo. Perché non fare qualche esempio?
Manca comunque un serio confronto con le tesi degli antidarwinisti, anche solo per smontarle e mostrarne l’inconsistenza.
Non c’è dubbio che la tesi di darwin sulla selezione naturale non sia stata rivoluzionaria, e che poi abbia trovato applicazione in molti altri campi, non solo quello antropologico. Il problema però, secondo me, è di tipo matematico, ovvero la percentuale di possibilità che il mondo si trovi evoluto com’è adesso.
La teoria che un animale si adatti all’ambiente in cui si trova è convincente, si, però questa evoluzione è completamente casuale, quindi in realtà non esiste la legge del più forte, ma la legge di chi è più fortunato.
In questo senso io credo che ci siano due alternative: una in cui non si ammette Dio, in cui l’universo è veramente controllato da numeri e noi siamo qua per un incredibile serie di coincidenze, o una in cui si ammette dio, o qualsiasi altra cosa simile. Se si ammette l’esistenza di un “entità” superiore, allora può essere che sia lui, totalmente o parzialmente, a “spingere” in qualche modo, direttamente o indirettamente, l’evoluzione.
Non rimangono molte altre possibilità, in effetti…
Immagino che tu sia incorso in un lapsus, quando hai scritto: “Non c’è dubbio che la tesi di darwin sulla selezione naturale non sia stata rivoluzionaria”, intendevi: che tale tesi SIA stata rivoluzionaria, vero?
In effetti, infine, Darwin non parla di “più forte”, né di “più fortunato”, ma di “più adatto” (che diventa, come scrivi, “più fortunato” se le intendiamo, anti-lamarckianamente, come “casualmente più adatto”).
La teoria di Darwin mi sembra una spiegazione abbastanza convincente dell’evoluzione soprattutto per quanto riguarda la selezione naturale del più adatto (vengono eliminati gli individui più deboli, cioè quelli che, per le loro caratteristiche sono meno adatti a sopravvivere a determinate condizioni ambientali; solo i più adatti sopravvivono e trasmettono i loro caratteri ai figli). Infatti ogni specie evolve perché i singoli individui che la compongono perseguono “scopi”, come la propria conservazione, attraverso la lotta per la sopravvivenza, ma questa evoluzione si svolge in modo del tutto accidentale . Grazie a questa teoria, Darwin riuscì a ridimensionare l’ipotesi di un “progetto divino “.
Più che a “ridimensionare”… se la teoria è giusta, il progetto divino deve essere abbandonato.
La teoria della trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti, in gran parte falsificata, non è di Darwin, ma di Lamarck (sebbene Darwin, a differenza dei successivi darwinisti, non la escludesse del tutto).
Giustamente scrivi “scopi” tra virgolette. In una prospettiva radicalmente neodarwinistica non vi sono scopi di alcun genere, ma tutto accade per una combinazione di caso e necessità (come recita il titolo del fortunato libro di Jacques Monod).
Personalmente ritengo che la teoria di Darwin, con le dovute aggiunte e correzioni, si possa ritenere vera, nonostante il fatto che le conoscenze di cui egli disponeva all’epoca non erano sufficienti per spiegare come avvenivano i cambiamenti evolutivi. Ora, grazie alla scoperta del DNA, dei geni e delle mutazioni a livello genetico siamo in grado si osservare come questi cambiamenti possano avvenire. Molti esperimenti hanno confermato questa teoria, nonostante si possa controbattere che la natura è un sistema così complesso che un solo modello non in grado di racchiuderla tutta, riducendo così la teoria di Darwin ad un’approssimazione o ad una costante.
Interessanti le considerazioni sui tentativi di replicare sperimentalmente i meccanismi evolutivi (quali? puoi essere più precisa? gli esperimenti di Waddington e altri sui moscerini della frutta?) e sul ruolo che assegni alla genetica post-darwiniana. Non ti misuri, però, neppure criticamente, con le obiezioni filosofiche ed epistemologiche al darwinismo (Bergson, Sermonti ecc.).
Secondo me la “selezione naturale” darwiniana è una delle migliori teorie per spiegare il fenomeno dell’evoluzione. Infatti, nonostante si basi sulla casualità, risulta essere convincente e geniale allo stesso tempo. Prima di Darwin nessuno si era affidato al caso per dimostrare una sua teoria e lui, invece, fa della casualità uno dei fondamenti dell’evoluzione. Il nostro mondo è immerso nel caso, non sappiamo cosa di preciso cosa succederà tra un minuto, tra un’ora o domani e, a mio parere, questo è un fattore che da ancora più credibilità alla teoria di Darwin. Senza il caso, infatti, non si spiegherebbero molte peculiarità delle specie viventi ( ad esempio: perché le giraffe hanno il collo lungo?) che sono giunte alla forma che noi oggi conosciamo tramite evoluzioni migliorative si, ma non frutto di leggi deterministiche. Sicuramente ci sono teorie alternative, come ad esempio quella delle Sacre Scritture, dove si presuppone l’esistenza di un Dio creatore che plasma e forma “a sua immagine e somiglianza” gli esseri viventi ed il mondo. Dal mio punto di vista affermare con certezza l’esistenza un Dio è un pensiero troppo grande per il genere umano. Sento più vicina la teoria di Darwin che definisce l’evoluzione come un qualcosa di naturale e mosso dal caso che evidentemente secondo lui, e anche secondo me, è strettamente legato al nostro mondo a differenza di un Dio.
Sottolinei con acume il ruolo fondamentale assolto dal caso nella teoria di Darwin e il suo valore. Tuttavia non ti misuri con le obiezioni che sono state mosse al meccanismo della selezione naturale casuale.
Personalmente ritengo la teoria dell’evoluzione di Darwin molto interessante e convincente. Questa tesi si basa sul processo di selezione naturale in cui l’ambiente opera una selezione nella quale vengono eliminati gli individui più deboli, cioè i meno adatti a sopravvivere, mentre i più forti o i più adatti sopravvivono e trasmettono i loro caratteri ai figli. Ovviamente questa teoria esclude, dopo moltissimi anni, qualsiasi ipotesi di un progetto divino ma se si nega l’esistenza di Dio si deve poi postulare l’esistenza di vita extraterrestri per rendere verosimile il sorgere, sulla Terra, sia della vita, sia dell’intelligenza come anche affermava Margherita Hack. A questo proposito mi ritrovo d’accordo con il pensiero di Monod il quale afferma l’esistenza di infiniti pianeti somiglianti alla Terra e quindi per ovvie ragioni statistiche renderebbe molto meno improbabile le varie concatenazioni casuali che avrebbero portato all’origine e allo sviluppo dell’uomo.
Sia pure sinteticamente ti misuri col dibattito sul darwinismo e prendi una posizione argomentata (anche se resta ovviamente da dimostrare l’esistenza della vita extraterrestre e tutto si riduce a un calcolo delle probabilità).
Trovo che questo tema sia particolarmente interessante e soprattutto incredibilmente attuale. Al giorno d’oggi ci sono molteplici modi di vedere l’evoluzione Darwiniana, molti concordano con Darwin stesso, altri si discostano, forse perchè non riescono a trovare un posto per un Dio in questa ideologia. Credere che tutto avvenga su una base casuale, che NOI esistiamo per un susseguirsi di improbabili avvenimenti, è senza ombra di dubbio da accettare e crea in noi un immenso vuoto. Ci aggrappiamo fin troppo spesso ad un volere divino, ad una mano che ci guida per concordare pienamente con Darwin. Personalmente penso che credere in un Dio appagghi molto di più la nostra persona ( l’idea di essere speciali, l’idea di avere un fine, l’idea di qualcosa dopo la morte…), tuttavia io mi schiero dalla parte del biologo Brittannico: preferisco attribuire tutto al caso, a reazioni chimiche a singolarità fisiche; vedere l’universo come un continuo intrecciarsi di infinite casualità.
Tu ti schieri e preferisci… Si, sulla base di quali argomenti? Come convinceresti chi attribuisce un ruolo a Dio della falsità della sua prospettiva? Ricordiamo che la spiegazione teologica (e quella teleologica) dei fenomeni biologici, prima di Darwin, era tutt’altro che fondata solo su esigenze di ordine religioso, ma nasceva da oggettive difficoltà a spiegare l’armonia e la funzionalità delle parti degli organismi (e di quelli che oggi chiameremmo ecosistemi).
Mentre in classe veniva spiegata la teoria dell’evoluzione naturale della specie mi è sembrato impossibile che la nostra realtà (biologica e non) sia esclusivamente frutto di una serie di mutazioni genetiche casuali. Come può la complessità delle strutture del corpo umano (cervello, occhi ecc.) essere frutto della più completa casualità?
Sono d’accordo con la teoria di Darwin per quanto riguarda il fatto che la selezione avvenga sulla base della sopravvivenza: gli individui più forti ed adatti al loro ambiente sopravvivono, riproducendosi e trasmettendo alle generazioni successive i caratteri che hanno permesso loro di vincere la lotta per la vita.
Inoltre la teoria darwiniana rende superficiale ed inutile l’ ipotesi dell’ esistenza di Dio: dato che tutte le specie, e quindi anche l’uomo, sono frutto di evoluzione naturale (e casuale) viene definitivamente escluso il ”progetto divino” della creazione.
Ciò nonostante è inevitabile pensare che alcune strutture biologiche degli esseri viventi sembrano essere dotate di una certa funzionalità, finalità e sembrano escludere la tendenza casualistica della realtà (strutture come ad esempio il cervello). Contro la teoria del caso altri studiosi hanno invece riportato l’improbabilità che la vita si sia potuta sviluppare casualmente ed in maniera così complessa ed ordinata in un unico pianeta in un unico universo. Le probabilità che ciò accadesse sono davvero minime.
Non credo che riuscirei a trovare un spiegazione completa ed esauriente per spiegare in maniera definitiva il meccanismo dell’evoluzione della specie: tutte le teorie e le ipotesi prese i considerazioni risultano parziali oppure insufficienti a definire esaustivamente il processo evoluzionistico.
Esprimi una posizione onesta e apprezzabile: mentre cogli i limiti del paradigma evoluzionistico evocando le argomentazioni razionali che sono state sollevate contro la sua “autosufficienza”, non ti abbandoni a ipotesi ancor meno suffragate da indizi o da prove, come quelle di matrice teologica o metafisica, conservando un atteggiamento di dubbio e di ricerca.
Nonostante alcuni pensatori avessero già sviluppato alcune ipotesi relative all’evoluzione tale questione si amplia con l’avvenire dell’Ottocento.
Le teorie che ebbero un impatto influente furono quelle di Lamarck e di Darwin. Il primo scrisse in merito agli organismi dicendo che sono il frutto di modificazioni graduali imposte dall’ambiente, le quali vengono trasmesse alla prole. Approfondendo tali aspetti sono emerse delle limitazioni, come per esempio caratteristiche quali lo sviluppo muscolare: un genitore muscoloso è in grado di trasmettere tali caratteri ai suoi successori? Non proprio, infatti i caratteri acquisti da un individuo nel corso della sua vita non sono ereditari.
D’altra parte, il darwinismo si definisce attraverso la selezione naturale: una specie che presenta le caratteristiche più adatte ad un determinato ambiente ne esce vincitore dalla lotta per la sopravvivenza.
Personalmente ritengo che la selezione naturale sia una spiegazione esauriente per spiegare i meccanismi evolutivi.
Sarebbe, però, opportuno prendere in considerazione anche altri aspetti, quali la selezione artificiale, da un punto di vista più concreto e materialista. Questa, a differenza di quella naturale, opera con una finalità ben precisa. Per fare un esempio, si potrebbero considerare gli allevatori che, per ottenere una determinata tipologia e quantità di raccolto, incrociando linee pure ed ottengono delle forme ibride in grado si soddisfare le loro esigenze.
Inoltre, la selezione naturale imprime delle mutazioni nelle diverse popolazioni in modo del tutto casuale. Lo si consideri, infatti, sotto una prospettiva strettamente scientifica. La trascrizione del codice genetico può portare a diversi errori, come per esempio una coppia di basi azotate anomale o la disattivazione o attivazione di un gene. Conseguente a ciò sono dei cambiamenti, vantaggiosi o svantaggiosi, nell’individuo, ma anche nella specie, poiché alcuni tratti, qualora questo scegliesse di riprodursi, verrebbero trasmessi alla prole.
In aggiunta, il termine “evoluzione”, a mio parere, può essere inteso anche da un punto di vista più astratto, se si considera la vita umana da una prospettiva sociale o filosofica. In diverse occasioni abbiamo avuto modo di dilettarci con diverse interpretazione degli stessi fenomeni, le quali, giustamente, considerate da diversi individui appaiono talvolta divergenti. Pensatori, filosofi, ma anche scrittori, studiando e analizzando ciò che fu (stato e detto) apportano le loro modificazioni e i loro miglioramenti, inducendo così il progresso.
Ciò può essere analizzato anche sotto un punto di vista storico inteso come un l’evitare gli errori commessi in passato per non riproporli, e l’ambizione verso uno stile di vita migliore.
Concludendo, è possibile definire tale termine attraverso molteplici metodologie.
Riferisci correttamente i passaggi storici e teorici che condussero da Lamarck a Darwin, ma non argomenti a fondo la tua tesi. Dai per acquisito che la teoria di Darwin sia valida e non ti misuri, anche criticamente, con le obiezioni che sono state formulate contro di essa. La possibilità della selezione artificiale e l’interpretazione alternativa o aggiuntiva che proponi del termine “evoluzione” non toccano la questione di fondo (evocandole fuoriesci dalla questione posta).
Nonostante le critiche epistemologiche fatte alla teoria di Darwin ritengo che la “selezione naturale”, intesa come causa, sia corretta e convincente anche ai giorni nostri. Darwin afferma che individui di una stesa specie si evolvono gradualmente nel tempo attraverso la selezione naturale, in quanto in competizione fra loro per le risorse umane. Nella lotta per sopravvivere l’ambiente gioca un ruolo molto importante perché opera una selezione tra gli individui eliminando i più deboli. Cinque sono i punti chiave della teoria che ritengo tutt’ora validi: 1. i soggetti sono diversi l’uno dall’altro; 2. questo perché hanno caratteristiche ereditare diverse; 3. essi pertanto si adattano all’ambiente; 4. non tutti però nello stesso modo; 5. solo i più forti riescono a sopravvivere adattandosi all’ambiente stesso. Ritengo che la teoria di Darwin sia corretta anche perché, differentemente da Lamarck , si basa non solo sul caso, ma anche sulla necessità. Ancora non è vero che non è pienamente scientifica, perché non si può sconfessare. Ogni individuo per sopravvivere alle modifiche ambientali non può che adattarvisi attraverso la selezione del più forte. Tale teoria trova ancora più conferma nell’attuale comunità scientifica dove si cerca di studiare il mondo genetico, che si incontra di norma casualmente, in modo da garantire meccanicamente, attraverso manipolazioni, la selezione naturale e quindi la creazione dell’individuo più forte.
Molti studiosi hanno cercato di contraddire la teoria scientifica di Darwin, ma a mio parere senza risultato. Difficile è, infatti, affermare che l’evoluzione della specie non abbia come caratteristiche la casualità e la necessita. Causalità perché casuale è l’incontro dei geni al momento della fecondazione; necessità perché ogni individuo cerca sempre di adattarsi al mondo che lo circonda al fine di sopravvivere.
La tua argomentazione non è molto “cogente”. Ad esempio, quando scrivi che i “soggetti sono diversi l’uno dall’altro […] perché hanno caratteristiche ereditare diverse” e aggiungi: “essi pertanto si adattano all’ambiente ecc.” Perché la c.d. “biodiversità” dovrebbe essere collegata all’adattamento? Organismi diversi potrebbero essere (come di fatto sono!) comunque “rigidi” e non adattarsi affatto ad alcunché, se non introduci altri fattori (oltre la diversità) come l’azione della selezione naturale e, quindi, del caso. Questo fattore, tra l’altro, che opera nell’interpretazione darwinistica dei processi, è proprio ciò che distingue tale prospettiva da quella lamarckiana, mentre tu sembri attribuire a Lamarck l’attribuzione di un ruolo al caso. Come vedremo, poi, il fatto che una teoria “non si può sconfessare” non la rende scientifica, ma anzi, proprio all’opposto, dogmatica (anche le dottrine religiose non si possono sconfessare, quando, p.e., attribuiscono certe qualità a Dio – come confutarle? – , ma questo non dimostra che siano vere).
Di sicuro una delle questioni più discusse dall’antichità fino al giorno d’oggi è l’origine dell’uomo e della sua sopravvivenza. La teoria di Darwin afferma che l’evoluzione dell’uomo sia avvenuta tramite una “selezione”, la quale ha riportato i caratteri più forti e adatti all’ambiente che ci circonda; ma io non escluderei l’idea di una “casualità” all’interno di questo meccanismo così preciso e verificato. Purtroppo non possiamo essere certi della storia di milioni di anni fa, quindi dedurne una risposta certa, non lo ritengo appropriato. Altrettanto non possiamo negare l’evoluzione della specie umana, dall’homo habilis all’homo erectus, diventando poi “homo sapiens”, il quale processo ha portato alla crescita dell’intelletto umano, che si è adattato all’ambiente circostante, trovando soluzioni che potevano avvantaggiarlo. Credo che più che parlare di una “selezione naturale” dove vince il più forte, penso che la vita dell’uomo sia cambiata in ogni individuo, tutti hanno partecipato all’evoluzione, mutando i propri caratteri, formando così un’unica specie dominante. Sicuramente escluderei la teoria religiosa, che delinea Dio come creatore del mondo e dello stesso essere umano, come superiore ad ogni animale e perfetto nella sua forma, forse perché in parte fantasticata e creata per dare risposte che a quel tempo l’uomo non sapeva darsi. Come riportato precedentemente, ricondurrei il processo di mutazione anche ad una “casualità”, al fato che ha portato l’uomo a trovarsi in un determinato posto in un determinato momento. Al giorno d’oggi possiamo notare come l’essere umano stia vivendo nelle diverse parti del mondo, chi abita in una capanna e chi è proprietario di una multinazionale, ma non ritengo che il secondo sia il migliore, in quanto più potente e quindi degno di vivere una bella vita, perché credo che tutto sia dovuto alle circostanze e situazioni nel quale un certo individuo si ritrova. Come possiamo verificarlo ora, così è successo anni fa: nessuna specie fu predominata da un’altra, ma esse hanno avuto una diverso processo evolutivo che le ha caratterizzate e portate ad identificarsi nella propria diversità.
Ma ricondurre l’evoluzione a fattori casuali, se ci aggiungi gli effetti della selezione naturale (non del più forte, ma del più adatto, del “fittiest”, come scriveva Spencer), è esattamente la spiegazione darwinistica! Non è chiaro, tuttavia, che cosa intendi quando scrivi che l’intelletto umano “si è adattato all’ambiente circostante, trovando soluzioni che potevano avvantaggiarlo” e che “la vita dell’uomo [è] cambiata in ogni individuo, tutti hanno partecipato all’evoluzione, mutando i propri caratteri, formando così un’unica specie dominante”. Sembra qui che tu suggerisca una partecipazione attiva degli individui e dei loro organi (come il cervello), secondo la prospettiva di Lamarck, che, tuttavia, implica la problematica teoria dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti.
Trovo che la teoria di Darwin, anche se supportata scientificamente, sia molto fragile a causa della vastità dell’argomento a cui prova dare una risposta. Ci sono infatti vari casi che secondo me potrebbero smentire l’ipotesi evoluzionistica. Per prima cosa non mi è ben chiaro se Darwin abbia posto una fine al processo evolutivo, se cioè, la selezione naturale stia continuando ancora oggi. Sembra che ai giorni nostri (e forse anche a quelli di Darwin), l’evoluzione si sia arrestata o quasi. Assistiamo, a causa dell’azione dell’uomo, a dei perfezionamenti della specie. Per esempio, grazie ad incroci genetici il genere umano è stato in grado di far nascere mucche che fanno più latte di altre mucche. Questa non si può chiamare evoluzione, perchè si tratta di un processo artificiale operato dall’uomo a suo vantaggio e soprattutto, perchè si tratta di una ricombinazione non casuale di geni che non è per nulla legata al fattore ambientale di cui parlava Darwin.
Sulla vastità dell’argomento non ci sono dubbi. Tuttavia, la tua osservazione non coglie gli eventuali nuclei problematici della teoria. Che l’evoluzione si sia arrestata o meno (ma perché dovrebbe esserlo? non c’è ragione che i viventi su cui l’uomo non opera, se la teoria è corretta, non continuino a evolvere per selezione naturale, fosse questa dovuta pure alle trasformazioni indotte involontariamente dall’uomo nell’ambiente) l’importante, in una prospettiva darwinistica, è che essa abbia funzionato con il meccanismo descritto da Darwin
Sicuramente la teoria Darwiniana è convincente anche dato il suo seguito e la sua larga approvazione da parte della comunità scientifica, infatti di base la teoria più che una semplice analisi di dati sembra un ragionamento logico che funziona a priori e questo spiega la sua applicazione, con diversa efficacia, ad altri campi oltre quello naturalista. Ciò nonostante bisogna aggiungere che diversi studi abbiano dimostrato una capacità degli animali di trasmettere alla prole alcuni caratteri acquisiti durante la vita in maniera non casuale (in animale trasferito in un clima freddo genera una prole con pelo più folto), cosa che anche se non nega Darwin costituisce sicuramente una notevole aggiunta.
Ciò che in Darwin ci lascia attoniti almeno quanto i filosofi e, più in generale, i pensatori del novecento è il concetto di casualità che il ricercatore poneva alla base dell’esistenza e della conseguente evoluzione delle specie. La regolarità con cui quest’idea riusciva a spiegare i fenomeni creò imbarazzi tanto ai religiosi quanto agli atei che, fin ad allora, avevano dato alla forma un senso finalistico, la forma in funzione della funzione che l’oggetto va a svolgere. Oggi, se anche l’idea di un mondo deterministico e meccanicistico sia stata messa duramente in discussione dalla moderna meccanica quantistica, pure la possibilità che il mondo vivente sia nato per caso sembra, per così dire, improbabile visto ad esempio la scarsità di anelli intermedi e invece di picchi evolutivi occasionali come il numero enorme di tentativi, di dadi che avremmo dovuto tirare, per ottenere un così grande numero mutazioni genetiche casuali in un così breve periodo.
Sorge così spontaneo chiedersi che cosa sarebbe più credibile: una teoria della vita in cui la vita è considerata come altamente improbabile o la presenza, ad esempio, di un finalismo in questa.
Credo che il problema sia risolvibile in poche righe, tuttavia vorrei prima proporre un mo modo di vedere il finalismo: l’idea che gli oggetti siano tali per svolgere al meglio una funzione non è poi frutto di stravaganti misticismi, basti pensare che, essendo il nostro mondo governato da leggi termo dinamiche, magnetiche e simili, pare naturale che gli oggetti debbano avere almeno un fine, quello di rispettare queste leggi. Che poi siano sopravvissuti, fra gli esseri che rispettavano queste regole, solo quelli votati alla loro sopravvivenza, è logico, in quanto solo loro avranno cercato di adempiere a questo scopo.
In questo senso credo si possa intendere il finalismo del mondo. Tuttavia questo simpatico sistema tende a risultare antiquato e a inadattato alle nuove scoperte in campo fisico che mostrano quanto queste famose leggi in realtà lascino il posto ad un mondo in cui il caso regna sovrano.
Da ora in poi, per esporre la mia tesi, mi affiderò molto al pensiero di Camus; dunque: il mondo, per ciò che possiamo comprendere, non ha un senso, un fine, questo perché governato dal caso, scarto le possibilità di una forza, o di un essere, come Dio, che comprenda e regoli ciò che noi non possiamo ne comprendere ne tanto meno regolare, non perché impossibile, ma perché una soluzione che mi trascenda non è una soluzione, non per me, in quanto non la posso comprendere.
Rimane comunque la possibilità di una forza a noi comprensibile, che regoli forze a noi incomprensibili e di cui noi non abbiamo ancora conoscenza, certo è che, per il rasoio di Ockham, il mio giudizio, malgrado il rammanico di vitalisti e animisti, penderebbe verso una spiegazione che riesca a descrivere e dare un senso al mondo sulla base di ciò che di questo conosco, senza aggiungere ulteriori incognite nascoste che, come sosterrebbe Aristotele, non fanno altro che complicare inutilmente l’equazione.
Alla critica di Schopenhauer secondo la quale, cercando una filosofia razionale di un mondo irrazionale, starei illudendo me stesso, rispondo che è proprio la consapevolezza di questa irrazionalità che rende la mia filosofia superiore ad un’illusione, ciò si traduce nella filosofia dell’uomo assurdo, la filosofia di un uomo che cerca una ragione consapevole dell’impossibilità di trovarla.
Per riassumere, sostengo che il mondo sia governato dal caso e ritengo questa soluzione insoddisfacente ma necessaria e dunque mi oppongo cercando un senso che mi sia immanente in un mondo che, in maniera sempre più palese, mi trascende.
Per quanto riguarda la tua osservazione, secondo la quale “pare naturale che gli oggetti debbano avere almeno un fine, quello di rispettare [le] leggi [di natura]”, farei la seguente considerazione. Nella concezione classica (p.e. nella cosiddetta meccanica langrangiana o in quella hamiltoniana) queste leggi sono “vincoli”, non “fini”. Esse costringono le cose a comportarsi in una certa maniera, ma non suggeriscono alcuna progettualità al fondo. Sembrano più cause efficienti e materiali (condizioni) che cause finali e formali. Non sembra che si richieda la mano di Dio per spiegare perché la massa dovrebbe attrarre altra massa: potrebbe trattarsi di una proprietà del tutto accidentale acquistata dalla massa (oggi diremmo: dal campo di Higgs) all’inizio dell’universo. Invece, che le foglie, consentendo la fotosintesi, permettano la sopravvivenza dell’albero sembra qualcosa di “finalizzato”, perché non c’è un legame diretto (meccanico) tra l’una e l’altra cosa, eppure la seconda è resa meravigliosamente possibile dalla prima. Comunque Fantappié e altri si sono forse avvicinati alla tua prospettiva (o a tu alla loro) supponendo che le cause finali non siano altro che cause efficienti a freccia temporale invertita…
Per quanto riguarda la prospettiva di Camus, a me non sembra che egli possa farci uscire da un orizzonte radicalmente nichilistico, se o finché nega l’azione, anche indiretta, di entità “spirituali”. Se tutto è davvero frutto del caso e privo di senso, come sembra suggerire una certa lettura delle fisica dei quanti, in cui non è più neppure possibile appellarsi a un ordine “meccanico” del mondo, ogni costruzione di senso sarà irrimediabilmente provvisoria e votata allo scacco, come sembra suggerirci Nietzsche, sulle orme di Schopenhauer. Forse, in questa prospettiva, non rimarrebbe altro che il “gioco”, il gusto del non senso, il divertimento che consiste nel prendere le cose per come vengono, senza farci alcun conto, andando alla scuola degli antichi scettici… Ma è solo un’ipotesi
Di primo acchito la conclusione “sostengo che il mondo sia governato dal caso e ritengo questa soluzione insoddisfacente ma necessaria e dunque mi oppongo cercando un senso ecc.” parrebbe un filo contraddittoria, non trovi? Come puoi sostenere e considerare necessaria una soluzione insoddisfacente a cui ti opponi?
Di primo acchito la conclusione “sostengo che il mondo sia governato dal caso e ritengo questa soluzione insoddisfacente ma necessaria e dunque mi oppongo cercando un senso ecc.” parrebbe un filo contraddittoria, non trovi? Come puoi sostenere e considerare necessaria una soluzione insoddisfacente a cui ti opponi?
È la base su cui si fonda la filosofia di Camus, una volta constatato che il mondo è governato dal caso, se vi è un senso, se voglio dargli un senso, dev’essere necessariamente in funzione di ciò.
L’assurdo si genera da questa condizione, per questo la giudico necessaria.