Leggi questi estratti da diverse opere di Marx e, sulla base di quanto già indicato in aula (qui riassunto), individua le principali analogie e le principali differenze tra l’approccio filosofico di Marx e quello di Hegel.
Se credi, puoi aiutarti anche con le indicazioni del manuale, pp. 93-103 (fino a Il programma politico dei comunisti, escluso).
N. B. Sia negli estratti proposti, sia sul manuale si fa riferimento al pensiero di Ludwig Feuerbach. Basti sapere che Feuerbach, come Marx, riteneva che si dovesse “raddrizzare materialisticamente” Hegel, nel senso di considerare i soggetti della contraddizione dialettica non concetti astratti, ma individui concreti. Tuttavia, come gli rimprovera Marx, Feuerbach si limitava a pensare diversamente le cose, in chiave materialistica (p.e. sostenendo che non l’uomo fosse stato “creato” da Dio, ma Dio dall’uomo, che Dio fosse dunque solo un pensiero, non una realtà), senza tuttavia andare a fondo circa le condizioni storico-materiali che determinavano pensieri umani e le prassi necessarie per trasformarle.
Marx prende molto spunto dalla filosofia hegeliana ma la modifica e rielabora rendendola più adatta alla sue idee materialistiche ed economiste. La filosofia di Marx, infatti, risulta essere più concreta e mirata ad un fine rispetto a quella hegeliana, colma di pensieri idealistici. Un’altra differenza si può notare nel fatto che secondo Hegel la natura derivi dallo spirito (che è causa di tutto), mentre per Marx è lo spirito (o coscienza) a derivare dalla natura stessa. Proseguendo è evidente come Marx si concentri sulle contraddizioni del passato e da esse ne tragga un insegnamento da applicare nel presente e nell’immediato futuro. Hegel, al contrario, non riesce a trovare dei riscontri pratici per la sua filosofia che resta molto astratta. Basti pensare all’esempio dello schiavo – padrone, solamente per Marx il servo ha una vita più dignitosa del suo capo. Inoltre esso ha anche il diritto di attuare una ribellione proletaria assieme agli altri sottomessi per rovesciare la classe dominante. Per Hegel invece il buon comportamento di un servo, ossia la sua tacita sottomissione, verrà ripagato in futuro con la beatitudine. Come si può notare è un pensiero del tutto privo di applicazione alla vita reale. Differenza fondamentale è anche l’uso che i due filosofi fanno della parola “ideologia”. Per Hegel con ideologia si intende tutto ciò che viene concepito dalla nostra mente. Marx invece considera “ideologie” tutti quei falsi pensieri che abbondano nella storia ma che, però, vengono raccontati come veri dalla classe dominante per difendere i propri interessi. L’analogia tra i pensieri dei due filosofi più significativa è quella che entrambi credano e sfruttino molto le potenzialità della dialettica per esporre le loro teorie.
Hai colto diversi aspetti che realmente distinguono i due filosofi, ma li hai espressi in modo non sempre chiaro e talora francamente improprio o errato.
Ad esempio che significa che la filosofia di Marx è “più concreta e mirata ad un fine rispetto a quella hegeliana, colma di pensieri idealistici”. Quale fine? Che vuol dire che una filosofia è “colma di pensiero idealistici”? Marx si concentra più sul presente che sul passato, se parliamo di contraddizioni, appunto perché guarda al futuro. Non è che il “servo” per Marx abbia una “vita più dignitosa del suo capo”… O, almeno, che intendevi dire? Il punto vero che li distingue, come in parte chiarisci tu stesso, è che il servo può arrivare a rovesciare concretamente il rapporti di potere vigenti (non attraverso una “ribellione”, ma una “rivoluzione”). Il termine “ideologia” non è usato diversamente da Hegel rispetto a Marx, ma in Hegel è del tutto assente. Dunque, anche se hai restituito un’idea sostanzialmente corretta delle differenze tra i due, devi cercare di essere più preciso. Meglio tacere le cose su cui non sei certa, che esprimerle in modo che possano essere considerate errate, non ti sembra?
Hegel era idealista e “vive” nel mondo della sintesi. La sua sintesi è proiettata nel passato e quindi ha solo una funzione di contemplazione.
A differenza di Hegel, Marx era un materialista e “vive” tra la tesi e l’antitesi. La sua filosofia non è proiettata nel passato, ma nel futuro e tendente alla rivoluzione.
Le principali analogie tra i due è che entrambi sono storicisti e prediligono la dialettica come forma di filosofia.
La risposta è corretta, ma forse eccede in sintesi (e non in senso hegeliano! :-)). Non ti pare? Forse si poteva approfondire almeno un po’, senza arrivare agli eccessi di analisi di taluni tuoi compagni (e non in senso marxista).
Sia Marx che Hegel credevano che la dialettica, cioè il trovare errori ed antinomie attraverso il dialogo, fosse il metodo fondamentale. Entrambi credevano inoltre in uno “spirito del tempo”, che determinava se le azioni compiute da una persona erano “adatte” all’epoca in cui vivevano. Da questa concezione, Marx cercherà di analizzare dialetticamente le epoche storiche, trovando che in ognuna di esse la classe dominante fa valere le proprie idee sulla classe dominata, facendole passare per “giuste” e “buone”. Marx utilizzerà inoltre l’esempio fatto da Hegel del rovesciamento della dinamica del servo e del padrone, secondo la quale in realtà è il padrone ad essere dipendente dal servo e non il contrario, sostenendo però che a questa ideologia deve essere assegnata una prassi, cioè ad una azione. La classe dominata (cioè, nel caso di Marx, la classe operaia o i “servi”) dovrebbe emanciparsi dalla classe dominante (ossia i borghesi, o i “padroni”) attraverso un’azione rivoluzionaria.
Hai esaminato il rapporto tra Marx ed Hegel “entrando” da una particolare angolazione, che rende chiaro come certi concetti hegeliani siano trasformati da Marx. Anche se forse meno esaustiva di altre, la tua risposta mi sembra pregevole per questa particolare prospettiva che hai adottato.
Derivando Marx in diversi aspetti da Hegel, è chiaro che nel modo di fare filosofia e di approcciarsi alla realtà i due si assomiglino molto. Anche Marx infatti utilizza il metodo dialettico del suo maestro, ricercando nella realtà le aporie, le contraddizioni e giungendo ad una sintesi (se pensiamo a fondo il termine A esso si rovescia nel suo contrario, il termine B, il quale a sua volta si rovescia nel termine A; giungiamo ad una sintesi C che al suo interno contiene sia A che B). Ma mentre in Hegel questa sintesi è puro pensiero, qualcosa di addirittura astratto, per Marx essa deve necessariamente essere un’azione concreta, reale, addirittura rivoluzionaria, ciò che egli chiama prassi (‘’Nella prassi l’uomo deve provare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere immanente del suo pensiero’’).
Marx critica duramente la visione hegeliana, che egli definisce negativamente ideologia, in quanto essa non ha alcun risvolto nel concreto, nella realtà, ma si limita ad analizzare i problemi da un punto di vista teorico e mentale. Con Marx infatti anche il termine ideologia assume un significato diverso: prima esso stava ad indicare il complesso delle idee e delle mentalità proprie di una società o di un gruppo sociale in un determinato periodo storico; dopo Marx invece il termine assume una connotazione negativa, stando ad indicare l’insieme delle motivazioni teoriche usate da un individuo o da una classe sociale (dominante) per legittimare interessi e poteri.
La critica di Marx nei confronti di Hegel si estende inoltre su un altro punto: il rapporto tra società, famiglia e Stato. Per Hegel famiglia e società sono due momenti astratti che trovano la sintesi concreta nell Stato. Marx ribalta questa teoria giungendo alla conclusione che sono la società e la famiglia ad essere soggetti reali ed indispensabili per lo Stato, mentre quest’ultimo è solo un’idea astratta.
Infine Marx chiarisce e motiva un punto che era solo stato messo in luce da Hegel, cioè perché in una determinata epoca storica certi inganni, certe illusioni resistono e si sviluppano senza alcun problema. La spiegazione che egli dà è che è interesse della classe dominante di un determinato periodo storico che certe idee, teorie e dottrine persistano, in modo da legittimare potere e governo. (‘’Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio’’). Da qui deriva la definizione di ideologia esposta prima.
Hai colto in sequenza ordinata i principali punti di contrasto tra Marx ed Hegel attingendo con equilibrio alle fonti che avevi a disposizione: l’inquadramento effettuato in classe, i documenti relativi a Marx, il testo in adozione. Ottimo lavoro.
Entrambi i filosofi si basano sul concetto di dialettica però in modo diverso. La dialettica hegeliana è idealistica mentre quella di Marx è materialistica. Il primo filosofo pensa che un’idea uscendo da se stessa poi ritorni al punto di partenza attraverso un processo dialettico. Un esempio di ciò per Hegel è la storia: infatti tutte le forme di religione o politiche che nel corso della storia si sono seguite e seguiranno rappresentano il ritorno dell’idea alla sua essenza. Per Marx invece la storia è caratterizzata del progresso economico quindi da realtà concrete .
Inoltre bisogna ricordare le critiche mosse da Marx nei confronti di uno dei paragrafi dei” Lineamenti di filosofia del diritto” di Hegel. Infatti l’economista tedesco afferma che Hegel abbia inverto i rapporti di predicazione commettendo un’inversione di soggetto e predicato. In Hegel famiglia e società sono concetti astratti che si tramutano in un concetto reale chiamato stato. Al contrario Marx pensa che famiglia e società civile siano i veri soggetti reali mentre lo stato sia l’idea.
Hai colto aspetti importanti della differenza tra Hegel e Marx.
La critica di Marx a Hegel, relativa all’inversione tra astratto e concreto, in realtà, non riguarda solo la filosofia del diritto di Hegel, ma tutta la sua filosofia (p.e. il paragrafo della Fenomenologia, che abbiamo letto, per cui il “questo” individuale si dissolve nel concetto universale del “questo” andrebbe riscritto rovesciandone il senso)
Considerando le analogie, Hegel e Marx ritengono la dialettica come metodo fondamentale, la quale, per entrambi, è in grado di cogliere l’Assoluto.
Inoltre, entrambi considerano il lavoro come personificazione dell’uomo in quanto l’uomo fa in modo che gli oggetti riflettano la propria persona.
Per quanto riguarda le differenze, la visione idealistica di Hegel, secondo cui la natura deriva per cui è la coscienza ad essere discendente dalla natura.
Inoltre, i due hanno una visione temporale della filosofia differente: Hegel comprende, nel presente, il passato; Marx, attraverso una tesi formulata nel presente, giunge ad una sintesi che prenderà atto solamente in un tempo futuro, attraverso una prassi concreta e definita.
In più, nella teoria hegeliana, che trova fondamento nello spirito e nella logica, risulta incompreso il motivo per cui un determinato fenomeno persiste nel tempo. Marx introduce l’ “ideologia” secondo cui una dottrina si manifesta per un periodo prolungato nel tempo, in quanto è interesse economico di un gruppo di persone che tale dottrina sia applicata per tutti.
Concludendo, Marx sostiene che la società civile, giuridica e politica trovi spiegazione nei rapporti, determinati e necessari, stabiliti dall’uomo. Da ciò si deduce che “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere,” come sosteneva Hegel “ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.”
La tua risposta è più sintetica di altre e dimostra anche che hai seguito con attenzione il lavoro in aula. Dovresti forse prestare un po’ più di attenzione (soprattutto se si trattasse di una prova formale) alla forma. Ad esempio il seguente periodo ha qualcosa che non funziona:
“Per quanto riguarda le differenze, la visione idealistica di Hegel, secondo cui la natura deriva per cui è la coscienza ad essere discendente dalla natura”
Una delle più grandi differenze tra il pensiero di Marx e quello hegeliano è che quest’ultimo credeva che la realtà fosse la sintesi delle diverse tesi e contraddizioni presenti in essa e questo processo può essere compreso solo tramite la ragione; Marx invece credeva che la realtà fosse rappresentata dalle diverse contraddizioni di cui essa è composta e che per raggiungere la sintesi la mera ragione non fosse sufficiente anzi che per raggiungere una risoluzione al rapporto tra tesi e antitesi si dovesse seguire una prassi rivoluzionaria.
Hegel poi giustifica l’importanza di alcune correnti di pensiero culturali affidando il ruolo di deus ex machina allo spirito, marx invece crede che la dominanza di alcuni aspetti della cultura rispetto ad altri siano decisi dalla classe dominante per ottenere nuovi vantaggi e che lo stato sia solo un sostenitore di tale comportamento.
Sia Hegel che Marx applicano un sistema logico dialettico e fortemente condizionato dallo storicismo.
Mi sembra che tu abbia colto l’essenziale. Sarebbe da precisare che cosa intendi per “storicismo” perché è un termine che ha assunto diverse accezioni. Credo che tu intenda che la verità, come il bene, non esistono assolutamente ma sono un prodotto storico(dialettico)
Nonostante le filosofie di Marx e di Hegel si presentino come storiciste e dialettiche vi sono delle interessanti differenze che porteranno i due pensatori a conclusioni diametralmente opposte.
Possiamo notare un allontanamento del primo dal pensiero hegeliano proprio nel significato che viene dato alla storia, in entrambi è presente l’idea che questa contenga un insegnamento, tuttavia mentre Hegel si pone in un atteggiamento contemplativo -studio del passato per la comprensione del presente- Marx ne fa un uso rivoluzionario, poiché, come egli sostiene, il presente non è il momento in cui tutti i divenire si sono compiuti e le sintesi generate, ma invece è il campo degli scontri fra tesi ed antitesi, delle stridenti contraddizioni che esplodono nei moti dialettici: uno studio della storia per una comprensione del presente al fine della determinazione del futuro.
Questa concezione genera il secondo punto di disaccordo fra i due: questa posizione rispetto alla storia porterà Marx a ritenere che questi moti debbano palesarsi non solo nella coscienza, nelle fantasie della mente, ma anche nella realtà storica e dunque in una rivoluzione di ciò da cui derivano e di cui determinano l’essenza sia della società che, come sosterrà, dei modi di produzione e distribuzione.
Quest’ultimo punto introduce la più grande differenza fra Marx e Hegel, e in generale fra questi e la totalità delle filosofie che lo precedono, ovvero un ribaltamento, ad opera del primo, del rapporto di subordinazione, entro il quale venivano considerate, fra politica ed economia. Alla base di questo rovesciamento vi è la contestazione del socialista della posizione di mediatore che veniva attribuita allo Stato e dunque dell’intangibilità delle sue leggi, rispetto al quale la società civile si trova subordinata. Difatti, secondo Marx, citando Lenin “Lo Stato appare là, nel momento e in quanto, dove, quando e nella misura in cui gli antagonismi di classe non possono essere oggettivamente conciliati. E, per converso, l’esistenza dello Stato prova che gli antagonismi di classe sono inconciliabili”. Si introduce così una nuova visione della storia, la storia delle lotte di classe, in cui l’una, la dominante, cercherà con ogni mezzo di mantenere il suo potere sull’altra, la dominata.
Questo nuovo modo di vedere il mondo porterà ad una revisione critica di aspetti come il cristianesimo che, se per Hegel consiste nella rappresentazione dell’Assoluto, che precede la fusione con questo ad opera della filosofia, per Marx esso è solo l’oppio dei popoli, la cui esistenza è dovuta esclusivamente a fattori economici e da cui ogni classe, una volta divenuta dominante, ha preso ciò che le conveniva. Una visione di questo tipo spiega come la nascita dei primi culti, come quello della dea madre della Venere di Willendorf, fosse dovuta alla necessità di sicurezze di tipo economico, nella produzione e riproduzione della vita reale, e come il cristianesimo, in base alle mutevoli necessità delle classi dominanti, si trasformi in determinati periodi storici da fervido sostenitore di un’uguaglianza e di un’amore necessariamente universale ad arma violenta in guerra, talvolta contro interi popoli, ma pronta a scagliarsi su pensatori singoli o su gruppi di lavoratori, culminando nell’incarnazione stessa di queste meccaniche con la sua metamorfosi in Stato. Stato che, se per Hegel permetteva e garantiva la realizzazione della volontà razionale e quindi della volontà universale, per Marx esso non è che il parassita che, al servizio di pochi, schiaccia i molti, impedendo il progresso e che dunque dev’essere distrutto.
Simile sorte dovranno subire le famiglie che rappresentano, nell’idea comunista, l’ennesima espressione della volontà di possesso che il capitalismo ha acuito, proponendo una comunanza delle donne che, al contrario di Tommaso Campanella, vuole introdurre un concetto che verrà poi approfondito: quello della parità di dignità di tutti gli individui (si può dunque dedurre che la comunanza sia pure maschile), che secondo Marx è stata resa ormai ovvia dal regime capitalistico stesso, nello sfruttamento indiscriminato di ciascun individuo, parità che tuttavia deve ancora risolvere le proprie contraddizioni: uguale nel lavoro ma subordinata nel privato, ponendo l’emancipazione femminile come sintesi necessaria laddove Hegel vede in questo nucleo la perfetta sintesi del patrimonio, rappresentante le tradizioni, e dell’innovazione, dando inoltre al matrimonio una dimensione etica.
Vorrei concludere con una riflessione personale. Se è dunque vero che lo Stato è uno strumento nato dai bisogni di una classe per danneggiarne un’altra e per riuscire a mantenere il controllo sui mezzi di produzione, ovvero per mantenere il controllo sulla proprietà privata, e se questa nasce per via di un contratto, chi funge da garante a quest’ultimo? Non lo Stato, che necessariamente sorge dal contratto stesso. Potrei affermare che secondo un’ottica marxista questo è reso valido dalla maggioranza degli individui interessati, come quando, nel 1788, in seguito ad un sollevamento popolare, i contadini francesi si rifiutarono non solo di pagare i canoni ai feudatari in rispetto al diritto di “proprietà immanente”, ma pure i prezzi che l’Assemblea nazionale aveva imposto al fine di riscattare dati terreni.
Si pone però il problema, se ciascuno può ottenere il possesso di qualunque oggetto, semplicemente con il supporto, o meglio, attraverso il controllo della maggioranza, come può essere la proprietà privata tale? Per rispondere a questo interrogativo prendo spunto dalla filosofia di Hume: il concetto di privato non è altro che una credenza, appunto data dal convincimento degli interessati che uno steccato, un muro o un contratto determinino l’appartenenza, concetto che ugualmente nasce in seguito ad una credenza. Dunque come può una rivoluzione come quella auspicata da Marx sia portare ad una presa di consapevolezza da parte della classe dominata, rappresentante la maggior parte della popolazione, della natura effimera della proprietà privata, che risolvere l’inevitabile anarchia concettuale che verrebbe a divenire la base del pensiero di ciascuno? Un’anarchia che, sebbene già presente, culminerebbe una volta divenuta consapevole.
Davvero molto interessante e puntuale. Che dire? La tua perplessità conclusiva mi sembra giustificata. Il problema è che per Marx la “struttura economica” è un primum, mentre, come giustamente osservi evocando Hume, anche nozioni apparentemente primitive come quella di “possesso” o “detenzione” (Marx stesso riconosceva che la nozione di “proprietà”, in quanto giuridica, era sovrastrutturale, in ultima analisi “ideologica) sono derivate e, in particolare, legate a “credenze” più o meno socialmente diffuse. Il timore che il ragionamento di Marx possa sfociare in quella che chiami “anarchia concettuale” non è peregrino. Alcuni ritengono che il pensiero marxiano, nella sua auto-contradditorietà di fondo (in definitiva lo stesso marxismo si propone come ideologia e, dunque, sembra che non vi siano “verità”, in ottica marxiana, che non suonino, per così dire, “retoriche”), inauguri la stagione del nichilismo europeo (anticipata da Schopenhauer e continuata da Nietzsche…).
Principale similitudine fra Hegel e Marx è rappresentato dalla dialettica, ossia l’arte del mettere in luce le contraddizioni attraverso il dialogo. Della dialettica Hegeliana però Marx non critica la forma, bensì il contenuto: cioè il modo in cui sono intesi i termini della contraddizione e la loro sintesi. In sostanza mentre la dialettica di Hegel è idealistica, poiché lo spirito è il motore di essa, la dialettica di Marx è materialista ed economica. In altre parole Hegel vede l’evoluzione dell’umanità come processo spirituale dell’idea, mentre Marx parla del progresso della storia umana come l’evoluzione della realtà concreta, produttiva ed economica.
Un aspetto di differenza è rappresentato, invece, dalla visione della filosofia. Hegel ritiene che la filosofia debba riguardare il mondo intero, caratterizzato dall’esistenza del mondo reale-razionale, ma anche dall’esistenza di un mondo apparente. Marx invece afferma la necessità di una filosofia nuova, più pratica, che si ponga rispetto al mondo in un rapporto di trasformazione. Per comprendere la visione nuova filosofica di Marx si deve partire dall’analisi che Hegel fa del rapporto tra famiglia, società civile e Stato. In Hegel famiglia e società civile sono due momenti astratti che trovano la loro realtà concreta nello Stato(idea e/o spirito); Marx, viceversa, afferma che famiglia e società sono i veri soggetti reali che creano lo Stato. quindi lo Stato diventa astratto.
Questo esempio porta in evidenza un altro aspetto interessante del rapporto tra Hegel e Marx e cioè come Marx utilizzi molte categorie di pensiero di Hegel rovesciandole.
Infine Marx si differenzia da Hegel per i suoi interessi che da filosofici diventano prevalentemente economici. Marx rimproverando alla filosofia Hegeliana di essere troppo ideologica e teorica arriva ad affermare che l’uomo in quanto essere sociale, storico e pratico deve essere materialista al fine di trasformare la realtà sociale, politica, esistente. In altre parole, per Marx, è l’uomo che fa la sua storia, perché non è la coscienza che determina la vita, ma la vita materiale che determina la coscienza. Tale visione della storia si chiama materialismo storico, ovvero è la vita materiale degli uomini che realizza la storia dell’uomo stesso.
Ottima risposta, per la quale valgono in parte le stesse osservazioni che ho fatto a Laura.
Ci sono molte contrapposizioni tra Marx ed Hegel ed ora andremo ad analizzarle.
Riguardo al ruolo della filosofia Hegel ritiene che essa è il proprio tempo appreso con il pensiero: la filosofia deve quindi spiegare la realtà già avvenuta riducendola all’ordine razionale dello Spirito; essa deve rendere chiaro che la realtà è manifestazione dell’Assoluto. Per Marx, invece, la filosofia non si deve fermare a pure dissertazioni astratte ma deve condurre ad atti che rovescino la situazione attuale: il suo fine è giungere alla dis-alienazione economica e quindi religiosa dell’uomo.
Analizziamo ora gli elementi di differenza tra Hegel e Marx riguardanti l’idealismo di Hegel e il materialismo di Marx.
Mentre la dialettica di Hegel è idealista, poiché l’Idea o Spirito è il motore di essa, la dialettica di Marx è materialista ed “economica”.
La dialettica idealista hegeliana riguarda un popolo nella sua globalità, ovvero un singolo Stato. Il concetto di popolo dunque, è per Hegel un concetto organico.
Tesi, antitesi e sintesi sono posizioni che i singoli popoli/Stati pongono in successione, gli uni dopo gli altri, ognuno dando un proprio contributo alla storia mondiale, ovvero allo sviluppo dialettico dell’Idea assoluta che vi è a base.
Lo Stato è senza dubbio, per Hegel come per Marx, una realtà fondata sulla divisione del lavoro, dei ruoli sociali. Non può esistere Stato senza un’organizzazione gerarchica della vita sociale. Ed è proprio tale gerarchia o organizzazione a costituire per Hegel l’aspetto spirituale della vita associata, in contrasto con l’anarchia priva di principio (di un’idea guida o legge spirituale) tipica delle società ancora naturali e pre-statali.
Ma l’esistenza di tale gerarchia sociale non implica quella di una lacerazione, di una lotta tra le classi della società e del popolo in questione. O quantomeno, questo aspetto della vita sociale non ha nel pensiero hegeliano un peso eccessivo, non è essenziale per comprendere la sua concezione di popolo e Stato.
Il processo dialettico hegeliano tende dunque a riguardare i popoli nella loro relazione reciproca. Marx, da suo canto ha una dialettica di carattere materialista perché conferisce ai fattori materiali ed economici una priorità sostanziale rispetto a quelli politico-giuridici (istituzionali e coercitivi) e a quelli, ancora più immateriali, di carattere spirituale o – come dice Marx – ideologico, finalizzati cioè alla rappresentazione della realtà. La dialettica marxiana quindi, si gioca non all’esterno ma all’interno del singolo popolo, delle classi che lo compongono. Essa ha luogo nello Stato (ovvero tra i membri della comunità statale, nello specifico tra le diverse classi sociali), non tra i singoli stati e popoli. Esso parla di un progresso della storia umana, e ammette che, all’interno di tale storia, vi sia un progresso di natura peculiarmente spirituale, ma considera questo progresso non come il riflesso di un’Idea assoluta ma dell’evoluzione di una realtà concreta: la realtà economica. Cambiando i modi di produzione cambiano, di conseguenza, anche le forme politiche, religiose, artistiche e filosofiche alla base della vita sociale. Il modo di produzione economico è quindi la base dell’evoluzione storica, mentre le forme politiche, religiose, artistiche e filosofiche sono la conseguenza di tale base e della sua evoluzione.
Un altro punto argomento di differenza tra Hegel e Marx riguarda l’atteggiamento politico: Hegel mira a giustificare filosoficamente lo stato borghese e quindi a spiegare il presente per giustificarlo; Marx invece mira a rovesciare il sistema politico vigente, e la sua filosofia è uno strumento per favorire questo processo. Un ultimo punto che distingue questi due filosofi riguarda la storia. Secondo Hegel la storia inizia solo con il sorgere dello stato, prima di esso essa non è ancora iniziata, poiché la vita senza stato rimane ancora a uno stadio puramente naturale e animale. In tale tipo di vita lo Spirito non si è ancora manifestato nemmeno nelle sue forme più semplici e primitive. Secondo Marx invece, lo stato è il “grande nemico” dell’uomo, poiché solo a partire da esso ha inizio la stratificazione sociale, la nascita di individui più ricchi e potenti che comandano e di altri che ne sono comandati: lo stato insomma, coincide con la nascita delle classi sociali e della diseguaglianza tra gli uomini. Secondo Hegel la storia finisce dialetticamente con lo stato dei suoi giorni, secondo Marx invece, la storia finirà con la scomparsa dello stato e, con esso, con quella delle diseguaglianze sociali che ad esso sono consustanziali.
Risposta davvero ricca ed esaustiva. Posso chiedere se è tutta frutto di elaborazione personale o hai attinto a qualche fonte autorevole? L’ideale sarebbe che lavoraste senza attingere a fonti perché dovreste “mimare” le risposte da dare nel contesto di verifiche nelle quali non potete attingere a fonti esterne (rispetto a quelle eventualmente assegnate, come nella prima prova dell’esame di Stato). Sotto questo profilo dovreste cercare di rispondere anche in modo un po’ più sintetico di quanto tu abbia fatto.
Nei suoi scritti Marx si contrappone ad alcuni punti del pensiero hegeliano. Il primo a sviluppare alcune obiezioni a Hegel fu Ludwig Feuerbach (il quale verrà poi anche ripreso dallo stesso Marx) che nel suo scritto “Per la critica della filosofia hegeliana” contrappone alla già conosciuta forma di idealismo una filosofia di tipo realistico, potremo dire “materialistica”, ribadendo che il vero soggetto è l’essere, mentre il pensiero è solo un predicato.
In seguito, con Marx, giungeremo al rovesciamento della dialettica di Hegel, non criticandone tanto la forma (la contraddiszione e l’affermazione della necessità), bensì il suo contenuto: quello che il primo considera autentiche realtà, il secondo le definisce solo come puramente ideali, considerando come unica vera realtà il sapere assoluto.
In campo economico Marx, grazie allo studio di Hegel, ha osservato che il lavoro è un’oggettivazione dell’uomo, la quale si andrà a trasformare in un’ alienazione: l’uomo non diventa solo schiavo del lavoro ma diventa proprietà altrui, espropriato della sua essenza. Egli inoltre afferma che la proprietà privata e la formazione di una società capitalistica è dovuta grazie ad una determinata situazione storica (la quale non veniva considerata da Feuerbach) e l’unica soluzione a questa forma rigida di società è la creazione di una nuova organizzazione: il comunismo, dove viene abolità qualsiasi proprietà privata per la formazione di una proprietà comune.
Un ulteriore punto che è stato toccato da Marx è la religione: mentre Hegel afferma che in essa vi è un contenuto di verità, Marx ritiene che essa abbia perso ogni sua moralità, soggetta ad una strumentalizzazione da parte della classe dirigente, mezzo per tenere sotto controllo la classe operaia.
Cogli diversi punti corretti e li approfondisci anche oltre quanto abbiamo precisato in aula.
Attenzione a non perdere di vista la consegna (in questo caso il confronto tra i due autori). Il capoverso “In campo economico Marx, grazie allo studio di Hegel, ecc. ” fino a “viene abolità qualsiasi proprietà privata per la formazione di una proprietà comune” contiene informazioni corrette, ma dov’è il confronto con Hegel?
Marx deve molto al pensiero hegeliano. Utilizza, ad esempio, lo stesso metodo dialettico, ma sotto un punto di vista più materialistico. Un’ altra differenza sta nel concetto di ideologia: se per hegel ideologia è ciò che si pensa, in Marx è sempre definita come pensiero, creato però dalla classe dominante per mantenere il proprio potere. Per concludere, forse la più grande differenza sta nel fatto che il pensiero filosofico hegeliano, per quanto complesso e completo, non può avere un’applicazione concreta; al contrario di Marx, il quale scopo è proprio quello di creare una filosofia concreta che porti ad una sua applicazione per ottenere una successiva rivoluzione.
La risposta è forse troppo sintetica. Anche tu, come altri, attribuisci anche a Hegel l’uso del termine “ideologia”, sia pure in accezione diversa rispetto a quella di Marx. Mi viene da pensare di avere spiegato male questa nozione: è il solo Marx a servirsene (tra Hegel e Marx, prima di loro fu adoperata dai cosiddetti “ideologi” e, criticamente nei loro confronti, da Napoleone).