Riflettendo sul rapporto tra fede e ragione nei secoli, prendendo ispirazione anche dal film Agorà di cui abbiamo fruito e dalla figura della filosofa Ipazia che vi è rappresentata, discuti se e (in caso positivo) in che modo si possa aderire a una prospettiva religiosa come quella cristiana (ma un discorso analogo può essere fatto per le altre religioni abramitiche, come quella ebraica e quella musulmana) e praticare la filosofia.
Ritengo che il rapporto del credere in Dio e praticare la filosofia sia possibile, anzi forse anche necessario. La credenza in Dio non può essere ricavata soltanto da qualcosa affermato in un libro (la Bibbia), poiché altrimenti dovremmo seguire le parole di tutti i libri. Infatti il testo Sacro della religione cattolica non deve essere seguito alla lettera, poiché alcune espressioni potrebbero essere intese in modo errato; invece questi testi devono essere interpretati in modo che ci portino a fare e credere al bene. Inoltre sono passati diversi secoli dalla scrittura della Bibbia e così è anche cambiato il modo di vivere, cose che accadevano all’epoca, ora sono diverse; sarebbe alquanto difficile praticare ciò che facevano a quel tempo.
Infatti il credo imposto da alcuni genitori alla nascita non limita i bambini alla ricerca della conoscenza, anzi il credere in Dio crea nuove e diverse prospettive per vedere il mondo, le quali ci porteranno a porci diverse domande.
La fede, infatti, non si priva della ragione, ma si nutre di essa, come la ragione della fede. Infatti, per i limiti della ragione, non c’è modo di sapere prima, quale tra le varie ipotesi di “vita buona” sia la migliore, bisogna allora affidarsi alla fede di una di esse. La fede va allora approfondita razionalmente per mettere in coerenza i suoi diversi aspetti. La ragione allora, purifica e spiritualizza la fede, mentre la fede riesce in quello che la ragione fallisce . Le due facoltà hanno una bisogno dell’altra.
Ottima analisi. Magari potevi citare Agostino o altri autori che l’hanno, almeno in parte, chiaramente ispirata.
Dal mio punto di vista praticare la filosofia e essere credenti allo stesso momento è una cosa molto improbabile se non impossibile.
Partendo dalla definizione di filosofia, cioè l’amore per il sapere e la ricerca di quest’ultimo, notiamo che è “incompatibile” con una qualsiasi religione nella quale bisogna credere a dei dogmi prestabiliti da altre persone.
Le persone che, dall’antichità fino ad oggi, hanno ritenuto sia di aver praticato la filosofia sia di aver creduto in una religione, a mio parere hanno messo in secondo piano o i dogmi della religione o la ricerca della sapienza.
… oppure hanno finito per aderire a una religione dopo averla filosoficamente scelta, come si sceglie l’epicureismo o lo stoicismo…
Dopo aver visto il film Agorà e quindi aver identificato il rapporto che convive tra filosofia e religione( più precisamente Cristianesimo, ma confrontabile con molte altre): cioè che la ragione, cioè il modo di pensare filosofico, sia troppo distante da quello religioso, basato su dogmi, anche a causa per la consequenziale formazioni di Potestas ( individui che esercitano il potere, ricchi di una visione limitata, poiché non accettano visioni differenti), a mio parere trovo l’aderire a una religione una cosa positiva, ma unicamente se la si pratica con ragione.
Infatti basarsi su dogmi e leggerli senza sapere cosa significano veramente può essere indifferente o anzi nocivo per noi stessi e gli altri, soprattutto se si parla di documenti scritti secoli prima, dove il modo di vivere era differente.
In conclusione la cosa migliore sia non sceglierne solo una, ma entrambe, in modo tale da non credere alla parola di una unica persona (come Cirillo) ma sviluppare un ragionamento, pensare a ciò che si dice.
La risposta è coerente e anche più chiara di quello che spesso non siano le tue risposte. Tuttavia vi sono le seguenti locuzioni improprie: “il rapporto che convive tra filosofia e religione”, “ricchi di una visione limitata”.
Ritengo che aderire a una prospettiva religiosa e praticare allo stesso tempo la filosofia sia possibile: la scelta stessa di una via religiosa implica la pratica della filosofia poichè, prima di sceglierla, è necessario utilizzare la ragione per riflettere su quale sia la via migliore che può condurci al bene (scopo condviso anche dai filosofi).
Un altro modo che consente a un credente di praticare la filosofia è il metodo allegorico, ossia l’interpretazione di fatti e scritture inverosimili in chiave simbolica per poterne trarre un signficato che si avvicina alla verità.
Si ritiene inoltre che la ragione e la fede siano strettamente legate in quanto la ragione può essere utilizzata per alcune dimostrazioni e per le interpretazioni allegoriche, ma deve essere accompagnata dalla fede nel caso in cui presenti dei limiti. Fede e ragione, anziché contraddirsi, si completano quindi a vicenda.
Ottima analisi. Forse potevi ricordare alcuni degli autori che te la potrebbero avere ispirata.
Penso che essere filosofi e al contempo avere fede in una religione dipenda dalle varie correnti filosofiche che si perseguono. Per esempio se una persona segue la corrente filosofica degli scettici non può al contempo avere fede in una religione, e anche in qualsiasi altra cosa, dato che nello stesso tempo dovrebbe mettere in discussione tutto e credere in qualcosa.
Bisogna considerare però l’esistenza della filosofia cristiana, la quale cerca di dare risposte sul mondo e sulla vita partendo dalla rivelazione cristiana. Quindi possiamo dire che esiste una corrente filosofica che ammette e che si basa sullla fede in una religione, in questo caso cristiana.
Ottima e articolata risposta. Forse non si può generalizzare e tutto dipende da come interpretiamo essere filosofi ed essere credenti.
Sì è possibile, ma forse ci potrebbero essere dei limiti al pensiero filosofico, perché appunto si deve avere fede, perciò credere a qualcosa che non può essere dimostrato. Nonostante ciò se si interpreta la Bibbia e non si considera il suo significato unicamente letterale, si possono fare delle considerazioni su questa e trovare la verità. Inoltre si può praticare la filosofia trovando la maniera migliore per raggiungere Dio (cosa che per il “bene” già filosofi dell’antichità avevano cercato).
Hai colto diversi elementi della “complessità” del problema sollevato. I filosofi antichi, del resto, non cercavano solo il bene, ma anche Dio stesso, talora identificato con il Bene supremo, come nel caso di Platone (implicitamente) e Plotino (esplicitamente).
Ogni filosofo non potrà mai aderire ad una fede già stata prestabilita e quindi ad una religione. Egli infatti, essendo filosofo, è ricercatore del bene e della via della salvezza e, poichè la sua è una ricerca, non può accettare una verità già data (imposta dalla religione).
I cristiani invece, per essere davvero tali, devono accettare le verità dei testi sacri e non ricercare un’altra via.
Per quanto esposto sopra non si può praticare filosofia e religione allo stesso tempo e allo stesso modo, poichè l’una esclude l’altra; tuttavia ritengo che religione e filosofia si influenzino a vicenda e che si equivalgano poichè hanno lo stesso scopo: il bene e la felicità.
Infatti, come abbiamo studiato, i testi sacri devono essere interpretati, và quindi svolta una ricerca della verità nei testi, la quale, per definizione è filosofia.
Come ho scritto a Jari e suggerito a Caterina, bisogna anche mettersi nei panni del filosofo che, cercando e cercando, alla fine “trovi” la verità in una religione. Non è molto diverso da chi la trova negli “atomi” di Epicuro o nel “Lògos” degli stoici (che, tra l’altro, è affine al “Lògos” in senso cristiano).
Assumerei la prospettiva di Agostino, che, avendo tentato invano di trovare “salvezza” nella filosofia e avendo sperimentato i limiti della ragione, pensa che questi possano essere superati dalla fede. Quest’ultima, in ogni caso, non si nutre della ragione, come quella della fede (credo ut intelligam, intelligo ut credam). Poiché non c’è modo di sapere prima quale tra le diverse ipotesi di “vita buona” sia la migliore, bisogna affidarsi alla fede in una di esse. La fede va, poi, approfondita razionalmente, mettendo a coerenza i suoi diversi articoli. La ragione aiuta a purificare e spiritualizzare la fede, e questa riesce in ciò in cui la precedente fallisce. Le due, dunque, si implicano reciprocamente.
Risposta completa e corretta (citi l’autore che ti ha maggiormente convinto).
Nonostante ciò che ci è stato detto in classe riguardo ai diversi modelli validi del rapporto tra fede e ragione, sia nell’antichità che ai giorni d’oggi, io personalmente non ritengo che si possa contemporaneamente praticare la filosofia ed aderire ad una prospettiva religiosa come il cristianesimo o l’ebraismo. Questo perché un filosofo è sempre alla ricerca della verità quindi deve costantemente mettersi in discussione e non prendere nulla per certo, per cui non può credere ciecamente a nessuno degli ideali e degli insegnamenti, nemmeno quelli portanti, della religione cristiana o ebraica che sia. Di conseguenza una persona che riflette mettendo in dubbio le basi di una religione non si può ritenere praticante di essa.
Sei d’accordo con Ipazia, nella “lettura” dello sceneggiatore del film “Agorà” (non sappiamo che cosa Ipazia davvero pensasse, può darsi che avesse una profonda religiosità “neoplatonica”, non meno “dogmatica” di quella dei suoi avversari cristiani). Tuttavia ti invito a leggere la mia risposta a Jari, che potrebbe fare anche al caso tuo.
A parere mio Filosofia e Religione, in senso più stretto, non possono essere messe sullo stesso piano e praticate contemporaneamente allo stesso modo perché presentano degli aspetti che non possono coesistere insieme senza creare dei dissidi.
Premettendo che la Filosofia si basa sulla ricerca di un’effettiva verità, la religione, proprio in questo ha la sua differenza fondamentale: presenta infatti uno schema di verità prefissate a cui dover credere e comportamenti da dover seguire affinché si possa essere considerati dei credenti, e molto spesso l’autorità religiosa impone la sua visione su altre interpretazioni, considerabili eretiche.
Al contrario la filosofia non si dovrebbe basare su delle verità dogmatiche, ma dovrebbe essere sempre alla ricerca di nuove idee e interpretazioni della realtà, al fine di avvicinarsi il più possibile alla verità. Quindi invece di limitare la visione dell’individuo, come la religione può essere in grado di fare, la filosofia apre la mente e permette di accogliere e conciliare diversi tipi di pensiero.
Ciò non vuole significare che “La Religione è cattiva…” ma, più semplicemente, offre una sicurezza e un “qualcosa” in cui credere e una spiegazione della realtà plausibile alle persone che decidono di seguire questo pensiero.
Si potrebbe riuscire a conciliare la filosofia con la religione solo integrando quest’ultima con uno studio di tipo filosofico, che porterebbe ad una visione rinnovata ed ampia del pensiero religioso (però questo tipo di studio non è considerabile vera e propria filosofia, intesa nel suo senso più stretto.)
Perché lo studio filosofico della religione non sarebbe pienamente filosofia? In generale, nella tua analisi sembri partire dalla posizione di chi già crede a qualcosa “dogmaticamente”. Ma prima di credere a qualcosa, come direbbe Abelardo, occorre pensare, riflettere, ponderare. Forse chi “abbraccia” una religione, prima di farlo, ha dovuto filosofare, non credi? D’altra parte anche “abbracciare” l’epicureismo e lo stoicismo, in quanto “dottrine” filosofiche, sembra qualcosa di molto simile (infatti gli scettici accusavano questi filosofi di “dogmatismo”). Anche “abbracciare” la visione scientifica del mondo potrebbe avere qualcosa di “religioso” se ci si fida di quello che dicono gli scienziati e non si fa la fatica di verificare sperimentalmente e di controllare logicamente tutte le loro affermazioni…
A mio parere non è possibile credere in una religione e praticare la filosofia questo perchè anche la filosofia può essere considerata una specie di religione. Quindi visto che la religione è qualcosa a cui si crede e ci si affida, non si può predere come riferimento più di una dottrina. Anche perchè alcuni elementi nella filosofia, che sono visti positivamente, nella religione, in cui si crede, possono essere considerati negativi. Quindi queste diversità porterebbero a dei dubbi su quale dottrina sia la migliore.
Interessante: hai valorizzato quanto abbiamo approfondito circa la natura quasi religiosa delle antiche scuole di filosofia, come luoghi nei quali si insegnava a seguire una “via” che impegnava tutta l’esistenza e, dunque, era incompatibile con altre (filosofiche o religiose che fossero).
Si potrebbe pensare che filosofia e religione siano due cose completamente opposte, nella religione le parole dei testi sacri molte volte vengono applicate alla lettera mente la filosofia è la ricerca della verità e la religione si impone già come una verità.
In realtà è possibile essere sia filosofi che Cristiani, basta conciliare le due cose ovvero vedere il mondo Cristiano da una nuova prospettiva e interpretare tutto diversamente .
Diversamente, come? Allegoricamente, intendi? Non si rischia di far dire ai testi (sacri) tutto quello che si vuole, sovrapponendo la propria filosofia alla “rivelazione divina”?
Sappiamo tutti che le scienze, e gli uomini di scienza, hanno oggi un grande peso presso l’opinione pubblica, tanto che si parla di una loro leadership culturale. Ma io mi riferisco a qualcosa di diverso e, per così dire, di più intrinseco: i procedimenti euristici che caratterizzano le scienze moderne ci consentono una nuova e più precisa conoscenza dell’indole e dei modi di procedere della nostra intelligenza. Sono quindi assai rilevanti per la gnoseologia e in genere per la filosofia. Se è vero che la riflessione sulle scienze moderne consente alla ragione una nuova e più approfondita comprensione di se stessa, ne risulta confermata l’indole storica della nostra ragione, nel senso del suo progressivo rivelarsi a se stessa.Una seconda considerazione, in certo senso complementare alla prima, è che il rapporto della fede, e della teologia, con le scienze ha bisogno di essere mediato dalla filosofia: in concreto da un esercizio della ragione filosofica che, da una parte, è «interno» alla teologia, poiché la teologia è fides quaerens intellectum; dall’altra parte deve essere autonomo rispetto alla fede e alla teologia, perché la filosofia è autonoma o non è filosofia.
??? Da dove hai tratto questo passo complesso? Che cosa intendi per “procedimenti euristici”? E per “gnoseologia”? Non è corretto rispondere citando qualche bel pensiero di altri senza citarli o metterli tra virgolette all’interno di una propria elaborazione, quella che ti era richiesta dalla domanda.
È possibile essere credenti ed essere filosofi ? A mio parere si è possibile perché una cosa non esclude l’altra. Prendendo a confronto ragione e fede notiamo che la ragione purifica e spiritualizza e la fede la supera poiché riesce in quello in cui la ragione fallisce.
Tutto quello sostenuto dalla fede inoltre può essere approfondito con la ragione se ci si sforza a intenderlo e interpretarlo in modo coerente non dando un significato letterario ma allegorico.
Ottima risposta, tuttavia potevi almeno citare l’autore che te l’ha quasi letteralmente ispirata (Agostino), nella forma: “come dice Agostino…”, anzi, poiché si tratta di un riassunto del prof, “come suggerisce Agostino….”.
Secondo me filosofia e religione non possono coesistere nella vita di una persona, questi 2 concezioni sono molto differenti tra di loro e vi sono dei dissidi che non hanno un’apparente soluzione. (Anche per questo Ipazia si rifiuterà di convertirsi al Cristianesimo e verrà lapidata). Mentre con la filosofia noi possiamo pensare e riflettere liberamente su ciò che vogliamo, la religione invece, impone in un certo senso un modo di vivere e delle regole da seguire secondo i “testi sacri” di quella religione. Non c’è possibilità di libertà di pensiero o di messa in dubbio di alcune regole. Con la filosofia ricerchiamo la verità quindi non ci fermiamo davanti alle apparenze mentre con la religione in un certo senso noi chiudiamo gli occhi e seguiamo la concezione di vita del credente senza cercare di sapere la verità o interrogarsi.
Non penso potrebbero esistere insieme senza che nella religione venga fatta qualche modifica quindi che vada incontro ad una visione un po’ filosofica e apra gli occhi sul mondo circostante.
Eppure vi sono molto filosofi “religiosi” e molti credenti che, ad esempio, si interrogano sul significato, in sé ambivalente, di certi passi della Scritture e lo fanno attingendo alla ragione…
Secondo me si può aderire ad una prospettiva religiosa, ad esempio cristiana, e anche praticare la filosofia, solo quando gli ideali delle due coincidono, ovvero quando gli stessi concetti scritti nella Bibbia e le stesse parole di Gesù rispecchiano quello in cui noi crediamo sia il bene e il meglio da praticare per raggiungere la felicità.
…. a meno che l’approccio delle due “pratiche” non sia differente, come diceva Ipazia (nel film): chi crede a qualcosa non può metterlo in discussione, mentre il filosofo (in questa prospettiva) dovrebbe farlo…
Non lo so. Affermo questo perché non so ancora bene cosa voglia dire credere, dato che nonostante io provi a definire dei caratteri per il concetto di credere, cado in innumerevoli interpretazioni diverse.
Analogo discorso per la filosofia, pur saggiandola praticamente in ogni momento. Di conseguenza le conclusioni a cui posso arrivare sono sfumature di due affermazioni, ovvero si o no, basate su sfumature differenti delle stesse premesse.
La tua risposta non è molto chiara. Non sai che cosa vuole dire credere? Almeno potevi discutere alcune delle “accezioni” del termine che abbiamo incontrato studiando i diversi autori…