Leggi gli estratti dalle Meditazioni metafisiche (sul manuale, U3, P. 1, T1-3 (per quanto riguarda le prove dell’esistenza di Dio basta che tu legga la parte che si riferisce alla terza prova), pp. 205-211) nelle quali Cartesio sviluppa il suo celebre ragionamento, nel quale, partendo da un dubbio radicale, egli finisce per dimostrare l’esistenza propria e di DIo.
Immagina ora di essere tu il professore e di dover illustrare a una classe in pochissime parole il ragionamento di Cartesio. Che cosa diresti?
Affermando che un pensiero, per esistere, necessita di un soggetto pensante e che Dio, essendo infinitamente buono, non avrebbe potuto dotarci di una ragione ingannevole, Cartesio dimostra la propria esistenza e di conseguenza, giustifica l’attendibilità del suo metodo, il quale, essendo prodotto della ragione, può essere utilizzato per ricavare dei principi e non delle semplici ipotesi.
Ottima sintesi, forse addirittura eccessiva. Bisognerebbe infatti aggiungere, dopo “affermando che un pensiero, per esistere, necessita di un soggetto pensante”, la seguente clausola: “e argomentando che un Dio infinitamente buono, perfetto e dotato di ogni altra eccellenza deve necessariamente esistere per il fatto stesso di venire pensato come perfettissimo (prova ontologica)”
Nel primo brano, Cartesio riflette sulla forza del dubbio a partire dall’ipotesi che le nostre conoscenze sono frutto dell’inganno di Dio. Riflettendo, però, giunge alla considerazione della bontà e della perfezione di Dio, che per queste due qualità non potrebbe mai voler ingannare gli uomini. Cartesio non nega però che l’uomo faccia degli errori e afferma che tutte le ipotesi formulate fino ad ora sono dubitabili. Per questo motivo ipotizza l’esistenza di un “cattivo genio” il cui scopo è far fare degli errori agli uomini e l’unico modo per fermarlo è non avere giudizi su niente. Infine egli afferma, per mezzo di un paragone, che il ragionamento che ha intrapreso è difficile e le tentazioni di abbandonarlo sono tante.
Nel secondo brano, Cartesio riprende brevemente le considerazioni fatte nel primo, ribadendo più volte le difficoltà del cammino intrapreso. In seguito Cartesio inizia a porsi una serie di domande riguardanti l’io dubitante, mettendo il luce il fatto che l’attività del dubitare esiste se e solo se esiste un io dubitante. Infine egli ricerca una caratteristica talmente essenziale da permetterci di negare l’esistenza dell’io se questa non è presente. Giunge così all’affermazione che questa caratteristica è il pensiero, senza il quale non potremmo neanche renderci conto di esistere, e, in assenza di questo, noi non esistiamo. Secondo questa considerazione la proposizione “io sono, io esisto” è vera tutte le volte che la penso o la pronuncio.
Nel terzo brano, Cartesio riflette sull’ interiorità spirituale dell’uomo partendo sempre dal dubitare. Egli riesce a dimostrare l’esistenza di Dio per mezzo di tre prove (ma approfondirò solamente la terza). In questa terza prova, partendo da una riflessione sulla geometria, Cartesio mette in luce il rapporto tra essenza ed esistenza. L’idea di un “essere perfetto” implica la sua esistenza perché, se così non fosse, questo “essere perfetto” mancherebbe della perfezione di esistere.
L’analisi è corretta, mi ti si chiedeva uno sforzo di sintesi. Ad esempio, la frase “Nel secondo brano, Cartesio riprende brevemente le considerazioni fatte nel primo, ribadendo più volte ecc.” non aiuta il lettore a comprendere il “succo” dell’argomentazione cartesiana.
Dopo aver introdotto il suo celebre metodo, Cartesio decide di metterlo alla prova esercitando un dubbio metodico superato grazie al suo stesso e un dubbio iperbolico che gli fa dubitare di esistere e del criterio dell’evidenza. Per risolvere quest’ultimo dimostra l’esistenza di Dio, che in quanto infinitamente buono non potrebbe mai averci dotato di una ragione ingannatrice. Fa ciò grazie alla prova ontologica ossia affermando che essendo Dio la cosa maggiore a cui si può pensare egli deve esistere in quanto se venisse eliminato la sua esistenza sarebbe minore di come è pensato. Inoltre per dimostrare che esistiamo e pensiamo pronuncia la celebre frase “cogito ergo sum”, sostenendo che se non ci fosse il pensiero non ci sarebbe nemmeno l’esistenza infatti non ci potremmo mai pensare come esistenti se non potessimo pensare.
Non è del tutto esatto. Il dubbio iperbolico è dissipato innanzitutto dal “cogito”, cioè della certezza di esistere individualmente. A partire da ciò Cartesio “riconquista” per così dire il terreno perduto dimostrando l’esistenza anche di Dio, oltre che della propria.
Cartesio come altri filosofi prima di lui si dedica con sommo sforzo in molte sue opere a ricercare un metodo per determinare la validità o la falsità di ciò che ci appare, di ciò che ci circonda e di conseguenza noi stessi.
In particolare questo criterio deve avere un orientamento unico e semplice, capace di di essere applicato in ogni ambito e che abbia come fine il vantaggio dell’uomo nel mondo, e come espone lui si compone di quattro diverse sezioni, ossia: l’evidenza (l’esclusione di ogni elemento sul quale sia possibile una qualche forma di dubbio), l’analisi (ovvero risolvere il problema scomponendolo nelle sue parti costituenti), la sintesi (assemblare le conoscenze singole per raggiungerne una complessiva) e infine l’enumerazione (una revisione complessiva dei passaggi complessivi e la capacità di proporlo in differenti ambiti).
Il pensiero alla base del ragionamento di Cartesio sta essenzialmente sulla necessità dell’uomo di dubitare di tutte le conoscenze, acquisite in precedenza, in maniera tale da eliminare ogni pregiudizio, che potrebbe essere errata in quanto dato dai sensi ingannabili, per raggiungere un sapere di base verificato, indipendente dalla natura dell’uomo che tende a errare.
Seguendo questo suo criterio, si raggiunge il così detto “cogito ergo sum”, ossia il criterio per il quale si dimostra l’esistenza dell’uomo intesa come anima pensante (non riflettendo sul corpo), poiché se è necessario dubitare di tutto ciò che si sa, colui che dubita, avente questa capacità e questa intenzione, deve esistere.
Il secondo punto fondamentale esposto da Cartesio riguarda l’esistenza di Dio, aspetto che lui dimostra tramite argomentazioni sia di carattere filosofico sia matematico, quali:
• la prima si articola intorno all’idea di base dell’uomo come essere che tende a errare, di conseguenza imperfetto, caratteristica che per esistere deve avere un origine o il suo contrario, ossia un essere perfetto (Dio), che ci ha creati, perché se così non fosse, quindi ci saremmo creati noi, ci saremmo fatti direttamente perfetti.
• La seconda argomentazione riguarda principalmente il rapporto fra essenza e esistenza, ossia l’idea del fatto anche se si ha scienza di determinate evidenze, queste non sono necessariamente vere, pensiero che se si mette in rapporto con Dio cade, poiché nel momento in cui si riflette su qualcosa di perfetto, quest’ultimo deve necessariamente esistere (poiché l’idea di un essere più prefetto del mio non può derivare dal nulla).
La risposta è corretta, ma denuncia una certa poca attenzione alla domanda. Il richiamo al metodo cartesiano non è autorizzato dai testi letti e non è neppure necessario come presupposto del ragionamento che fa Cartesio. Tra le prove dell’esistenza di Dio si chiedeva di riassumere solo la terza,
Cari ragazzi Cartesio definiva falso tutto ciò che ci desta qualche dubbio e arrivò anche a pensare che Dio, onnipotente, ci inganni dandoci la certezza di alcune conoscenze. Ma, dopo aver appurato che Dio è troppo buono per lasciarci vivere con questo inganno, diede la colpa dei nostri dubbi perenni ad un genio cattivo (l’estrema fallibilità umana) che fa di tutto per confonderci e l’unico modo per sconfiggerlo è sospendere il nostro giudizio. Per fare ciò, però, dobbiamo staccarci dalle nostre certezze perché possono essere illusorie e faticare per la ricerca di una base solida su cui costruire il sapere. Per arrivare a quest’obiettivo, sapendo che dubitiamo di tutto, siamo anche consapevoli che in noi ci deve essere un io dubitante e la mia natura sta nel mio pensiero che senza di esso non potrei rendermi conto di esistere. Però possiamo anche capire che il nostro io è fragile perché esiste solo quando pensiamo e quindi non ha un carattere assoluto. Grazie alla riflessione sulla nostra interiorità possiamo anche affermare l’esistenza di Dio. Infatti, secondo Cartesio, quando noi dubitiamo capiamo di non essere perfetti e quindi comprendiamo che c’è qualcosa di perfetto (Dio) ma non sappiamo la sua origine. Per accertarci dell’esistenza di Dio, basti pensare a un semplice quesito: se voi aveste la possibilità di copiare una verifica per prendere 10 lo fareste giusto? Cosi noi uomini, se avessimo avuto la possibilità, ci saremmo fatti perfetti, ma questa nostra impossibilità ci da la conferma della presenza di un essere supremo.
Questa risposta è un po’ strana e in alcuni passaggi un po’ involuta. C’è qualche traccia sospetta di una fonte terza a cui potresti aver attinto, ad esempio quel curiosissimo “cari ragazzi” iniziale… Da dove hai preso spunto? Da una lezione registrata di qualcuno?
È stato lei a precisare nel compito che dovevamo far finta di essere i professori e rivolgerci alla classe per questo si spiega l’ibtroduzione ‘Cari ragazzi’ e l’esempio alla fine per far comprendere meglio. Del resto anche lei quando spiega ci fa molti esempi per farci capire
Ah, ho capito, allora va bene. Scusa, avevo frainteso.
Cartesio, partito dalla considerazione dell’onnipotenza divina, giunge a chiedersi come mai Dio permetta che gli uomini si ingannino, ma Egli dovrebbe essere infinitamente buono. Arriva, quindi, a mettere in dubbio tutte le sue conoscenze e per questo deve sospendere ogni giudizio su di esse. Dovrebbe, perciò, convincersi di essere privo di qualunque cosa, anche se sarebbe tentato di ricadere nelle sue consolanti certezze.
In ogni caso, decide di continuare nelle sue meditazioni alla ricerca di qualcosa di indubitabile. Supponendo che tutte le cose che crede vere siano, invece, false, si chiede che cos’è lui stesso. Lui esiste senza dubbio. Lui è, lui esiste. Sapendo che il pensiero che gli è attribuito non può essergli staccato, perviene alla conclusione che la sua esistenza è certa per tutto il tempo in cui pensa.
A questo punto il filosofo si interroga sull’esistenza di Dio. Dubitando, Cartesio stesso deve essere imperfetto, ma che in lui c’è un’idea di perfetto e si domanda, dunque, quali siano le sue origini. È necessario che questa abbia in se anche tutte le altre perfezioni sulle quali riflette. E che cos’è se non Dio? A questa prova se ne aggiunge una seconda, secondo la quale se l’uomo fosse creatore di se stesso si attribuirebbe tutte le qualità, tra cui anche onnipotenza e infinità, che però non possiede, c’è, quindi, un’essere superiore, Dio, che gli da solo alcuni “perfezioni”. E, infine, una terza tratta dalla geometria, le cui dimostrazioni, pur apparendo dotate di evidenza, non si può essere certi che trattino di oggetti reali. L’idea dell’essere perfetto implica l’effettiva esistenza di esso, perché, se così non fosse, un essere caratterizzato da tutte le perfezioni mancherebbe della perfezione dell’esistenza, il che sarebbe contraddittorio.
Hai colto con precisione tutti i punti del ragionamento cartesiano, anche se, per quanto riguarda l’esistenza di Dio, era sufficiente evocare la terza prova.
Cartesio per dimostrare l’esistenza propria e di Dio compie diversi ragionamenti. Per dimostrare la propria esistenza si accerta che tutto ciò che pensa esiste; non è certo di essere un corpo ma è certo di essere pensiero, infine l’idea, ovvero ciò che appartiene al pensiero, si conosce più delle cose materiali. Per dimostrare l’esistenza di Dio, Cartesio, usa tre prove; la prima consiste nell’idea di Dio come sostanza infinita, immutabile, onnisciente e onnipotente. La seconda prova e che Dio esiste ed è colui che ha causato la mia esistenza dall’inizio e in ogni momento del tempo. La terza prova è che l’idea di Dio è un’idea innata, impressa in noi.
Accenni a vari argomenti introdotti da Cartesio, ma non ne sottolinei i nessi.
Cartesio,per mezzo di tre dialoghi in cui esprime i propri ragionamenti, parte dall’esporre un proprio dubbio sino ad affermare con certezza la propria esistenza e l’esistenza di Dio.
Il primo dialogo si apre con l’esposizione di quella che è la potenza di un Dio che a suo parere ha creato l’uomo al fine di ingannarlo; tuttavia quest’ipotesi viene abbandonata in quanto Dio, infinitamente buono, non può aver voluto che l’uomo fosse costantemente tratto in errore. Tuttavia questa bontà dovrebbe far si che l’uomo non cada mai in errore: si arriva dunque alla conclusione della libertà umana (in quanto l’uomo è in grado di porsi dubbi), e all’esistenza di un genium malignum che trae tutti in errore.
Nel secondo brano Cartesio, riprendendo quanto detto nel brano precedente, giunge all’affermare l’esistenza del soggetto come essere pensante (cogito ergo sum), esistente momentaneamente solo nell’atto del pensiero.
Infine, nell’ultimo brano, Cartesio prova l’esistenza di Dio attraverso 3 argomentazioni. La prima sostiene che Dio sia un essere infinito e perfetto, la seconda che esiste un essere perfetto che ci ha creati (Dio; altrimenti ci saremmo creati anche noi perfetti) ed infine la terza afferma che solamente il pensare un essere perfetto, ne implica l’effettiva esistenza.
Riferisci in modo abbastanza corretto i ragionamenti contenuti nei tre estratti (non si tratta di dialoghi, ma di estratti da un unico scritto, le Meditazioni metafisiche). Forse avresti potuto mettere meglio in luce i nessi.
Cartesio appare evidentemente più portato a fare ragionamenti matematici piuttosto che di tipo filosofico. Per prima cosa egli basa i suoi ragionamenti sull’esistenza di Dio che per l’altro argomenta in modo debole dicendo che poiché esiste l’idea di un essere perfetto esso debba esistere perché in caso contrario gli mancherebbe la perfezione dell’esistenza. Dunque una volta posta questa base egli continua dicendo che esiste un “cattivo genio”, che contrapposto alla bontà divina, ha il compito di ingannare l’uomo, poiché possiamo vedere che l’uomo sbaglia, ma non possiamo accettare che non ci sia una verità assoluta; l’invenzione di questa entità è dovuta al fatto che Cartesio doveva trovare uno stratagemma per elidere la sua stessa prima ipotesi di un Dio ingannatore, poiché Egli essendo perfetto e buono non avrebbe mai potuto macchiarsi di tale cattiveria. Infine Cartesio dubita dell’esistenza di tutto, però facendo ciò dimostra che chi pensa e dubita di tutto deve esistere perché pensa, posto ciò il ragionamento si allarga, dunque se un soggetto dubitante esiste, per sopravvivere avrà bisogno di qualcosa che a sua volta dovrà esistere, però ciò che non pensa o ciò che non pensa più comunque non esiste.
Non ti hanno convinto i ragionamenti di Cartesio? Forse l’ordine con cui li esponi non giova del tutto alla loro comprensione perché non mette abbastanza in luce la concatenazione dei ragionamenti in gioco.
Cartesio espone le sue tesi principali non solo riguardo alla conoscenza umana (gnoseologia) ma anche, e soprattutto, riguardo a Dio e al mondo (metafisica). Cartesio usa il dubbio metodico per neutralizzare gli inganni dei sensi occorre attuare un metodo capace di scartare tutti i punti di partenza inaffidabili. I dati sensibili non possono essere assunti come il fondamento di una conoscenza vera perché i sensi sono ingannevoli e nulla può far escludere che anche il mondo, nella sua totalità, non sia altro che un sogno. Tutta la realtà, anche le verità matematiche sono scartate, viene posta tra parentesi.
Il passaggio successivo delle Meditazioni metafisiche dimostra l’esistenza di Dio, attraverso la cosiddetta prova ontologica l’uomo nella sua attività pensante, ha incontrato il dubbio e si è riconosciuto, per questo come un ente imperfetto; ha, però incontrato anche l’idea di Dio, ovvero l’idea della massima perfezione. Non può aver tratto questa idea da sé stesso ma deve averla avuta da un ente (Dio) con un grado di perfezione uguale ad essa, per questo Dio esiste.
Non hai seguito i testi proposti in lettura, mi sembra, ma ti sei piuttosto basata su qualche altra sintesi del pensiero di Cartesio (nei testi non si fa parola del dubbio metodico, ad esempio).
Cartesio giustifica la propria esistenza e la validità del proprio metodo sostenendo che un pensiero, per esistere, necessita di un soggetto pensante e Dio, essendo infinitamente buono, non avrebbe potuto dotarci di una ragione ingannevole.
E io ti ho già risposto: manca il passaggio del “cogito”