Dopo avere ripassato l’unità didattica sull’imperialismo e studiato quella sull’Italia liberale della seconda metà dell’Ottocento, leggi il documento 2 alle pp. 565-66 del manuale di quarta (vol 2) e rispondi al seguente quesito:
- Nel contesto politico nazionale e internazionale della seconda metà dell’Ottocento il discorso di Pasquale Mancini ti sembra convincente o, invece, velleitario?
A mio parere il discorso pronunciato da Pasquale Mancini alla Camera nel 1885, se inserito nel contesto dell’imperialismo e dell’Italia liberale di quel periodo, risulta molto convincente.
Mancini riteneva che l’Italia dovesse avviare concretamente una politica coloniale per sviluppare e potenziare la propria economia portando le proprie avanguardie tecnologiche e la propria idea di civiltà in un luogo dove queste erano sconosciute. Il fine di tutte le espansioni coloniali degli stati europei era di favorire la commercializzazione dei prodotti locali e conseguentemente di aumentare la ricchezza degli imprenditori, facendo però attenzione e moderando l’esposizione ai rischi derivanti dalla colonizzazione.
Queste motivazioni spinsero molti imprenditori italiani, il cui scopo principale era arricchirsi, a finanziare la colonizzazione, in particolare in Africa, nella speranza di ottenere un guadagno. Sfortunatamente, come è noto a noi “posteri”, gli investimenti degli imprenditori non fruttarono quanto gli era stato “promesso” da Mancini anche a causa della sconfitta dell’Italia da parte dei popoli “colonizzati”.
Trovo che il discorso di Pasquale Mancini riguardante l’espansione italiana in Africa sia piuttosto valido, in quanto non solo propone le sue argomentazioni, ma presenta anche una confutazione a possibili tesi contrarie, assieme a una descrizione di quello che secondo lui dovrebbe essere l’approccio dell’Italia nella politica espansionistica in Africa.
Questa viene inoltre presentata come l’unica soluzione possibile al problema dell’emigrazione, in quanto dei provvedimenti interni al paese richiederebbero tempi troppo lunghi.
All’opinione che vede l’espansione nel continente africano un inutile investimento, a causa della povertà dei commerci, Mancini controbatte che la sua politica espansionistica avrebbe come scopo non solo un miglioramento delle condizioni di vita tramite l’istruzione e la civilizzazione secondo modelli europei, ma anche la creazione di un sistema che porterebbe gli abitanti a sentire il bisogno di soddisfare “novelli bisogni” consumistici, producendo conseguentemente ricchezze.
A livello pratico, questo processo sarebbe da attuarsi con investimenti proporzionali alle risorse di cui si dispone e, oltre che a migliorare le condizioni interne del Paese, permetterebbe all’Italia di uscire dalla situazione di isolamento in cui si trovava, risolvendo un problema a livello anche internazionale.
Considerando il contesto politico nazionale ed internazionale della seconda metà dell’Ottocento, ritengo che il discorso di Pasquale Mancini sia velleitario in quanto l’Italia in quel periodo non aveva sufficienti mezzi economici e militari per riuscire a colonizzare un altro Stato. Infatti come dimostrato nei decenni precedenti l’Italia per riuscire ad annettere nuovi territori come il Veneto e Roma, ha sempre necessitato dell’aiuto di potenze straniere con le quali aveva stipulato alleanze; per cui come nel caso del Veneto, nonostante gli italiani avessero perso negli scontri militari, hanno comunque ottenuto dei territori in quanto alleati con il vincitore, la Germania di Bismarck. Detto ciò, considerando che la maggioranza della popolazione italiana era analfabeta e che i sistemi di comunicazione all’epoca erano limitati e controllati da governo, quindi alcuni fatti venivano omessi oppure manipolati, non stento a credere che un discorso del genere in cui si promette, in particolare alla classe medio-bassa, un futuro roseo e migliore possa essere sembrato credibile e convincente agli italiani.
Senz’altro il discorso di Mancini ha tratti che Marx avrebbe chiamato “ideologici”, dunque ingannevoli. Tuttavia, insigni intellettuali italiani del tempo, come Giovanni Pascoli (che, tra l’altro, era di idee socialiste), erano anche persuasi della necessità di un’espansione coloniale dell’Italia (nel caso di Pascoli il riferimento era alla Libia). E’ vero, poi, che l’Italia subì dure sconfitte non solo – come scrivi – nei tentativi che compì a più riprese di “completare” il suo “Risorgimento” con l’annessione del Veneto e di Roma, ma anche nella sua stessa azione coloniale (con le sconfitte di Dogali e Adua), ma si procurò comunque le colonie di Eritrea e Somalia e, quindi, nel 1911, di Libia (pur con grande difficoltà a reprimere la resistenza dei Libici). Dunque non è del tutto vero che l’Italia fosse così debole da avere bisogno del sostegno di altri Stati per la sua espansione (la guerra di Libia fu condotta addirittura con successo contro l’Impero Ottomano).
Se vivessi nell’Ottocento il discorso di Mancini mi sembrerebbe assai convincente, infondo parla di aiutare il continente africano civilizzandolo e ottenendo in cambio ricchezze sicure seppur in modo lento, in più si tratta di un’affermazione dello stato italiano a livello internazionale.
Guardando il testo con un occhio esterno alla situazione però appare tutto un po’ inverosimile, la civilizzazione promessa sembra più un’oppressione di queste varie civiltà affinché vengano plagiate sul modello europeo cristiano, come se fossero completamente perse a se stesse e avessero quasi necessità di qualcuno che le modifichi. Infatti pensando a ciò che accadde realmente vediamo uno sfruttamento compulsivo e disumano di questi luoghi. Poi le così grandi ricchezze sicure sembrano un po’ esagerate, poiché sicuramente ci furono però non di questa importanza.
Hai differenziato opportunamente la tua valutazione distinguendo i presupposti nostri da quelli di un italiano dell’Ottocento. In ogni caso, se noti, Mancini è piuttosto prudente quando parla dei vantaggi economici del colonialismo (non parla di “grandi ricchezze sicure”, ma di dirottare progressivamente l’emigrazione italiana da Paesi terzi alle future colonie, ragionamento che, in se stesso, non sembra così sbagliato…).
Nel contesto politico nazionale italiano del 1800 il discorso di Pasquale Mancini mi sembra alquanto convincente in quanto il suo discorso risulta essere ben argomentato nel presentare il tentativo di giustificazione economica (quale l’incremento del commercio) e civilizzatrice nei confronti della politica coloniale.
Mancini infatti sostenne che l’espansione coloniale italiana dovesse essere un principio di miglioramento e civilizzazione delle popolazioni africane al fine di creare una nuova società, in stile europeo, con gli stessi bisogni e consumi delle grandi nazioni, in modo tale da favorire il commercio e il mercato internazionale. Dunque, nonostante questa impresa mi sembri alquanto discutibile poiché le popolazioni africane vennero spesso “utilizzate” come forza lavoro e schiavitù, ritengo che il discorso di Mancini sia supportato con valide idee e argomentazioni a sostegno di esse, che avrebbero potuto convincere le persone dell’epoca.
E queste idee e argomentazioni convincono anche noi?
N.B. Se ti riferisci al secolo scrivi “Ottocento” non “1800” (che è solo un anno, anche molto lontano dal periodo in cui scrisse Mancini).
A mio parere il discorso di Pasquale Mancini è da una parte convincente dall’altra velleitario poiché afferma di voler far diminuire gli sfruttamenti e eliminare l’emigrazione verso i paesi civilizzati e quindi spera che lo sviluppo avvenga equamente nelle future colonie però purtroppo queste idee rimangono utopiche.
Perché queste idee rimangono utopiche? Inoltre Mancini non si limita all’argomento sull’emigrazione.
Come ben sappiamo il periodo preso in questione è un periodo ricco di contraccolpi e sali scendi per l’Italia, dove oltre agli aspetti negativi causati dalla crisi economica europea (che porteranno ad attuare una politica protezionistica invece che liberale) vi un passaggio di governo tra la destra e la sinistra, partiti aventi pareri diversi fra di loro su vare questioni.
Tali discordanze di opinioni e di interessi lo si riscontra anche sulla questione coloniale, ossia sulla necessità e la consequenziale utilità per l’Italia di intraprendere delle spedizioni coloniali per civilizzare “nuovi popoli” (anche se i motivi sono principalmente di carattere economico).
Infatti, l’Italia assunse il controllo nel 1882 della Baia di Assab (Mar Rosso) e nel 1885 del porto di Massaua (Eritrea), ma nonostante tali ristretti successi, i successivi intenti dell’Italia mutarono in vere e proprie tragedie, che indussero i principali esponenti della politica italiana ad abbandonare i principi liberalistici e l’intento di espansione coloniale.
Di conseguenza il discorso del brillante giurista e uomo politico Pasquale Stanislao Mancini tratta di per sé una tematica che riguardava sicuramente una tra i dibattiti più importanti all’epoca, dove le varie posizioni politiche (radicali, conservatori oppure socialisti) e i suoi rispettivi esponenti esprimevano pareri discordanti.
Tralasciando la pertinenza o no di tale discorso per un attimo, se si analizza la capacità di quest’ultimo di convincere un possibile lettore, personalmente ritengo che tale discorso, con l’intero ragionamento logico di base, è assai efficace.
Infatti, Mancini mette in luce sia aspetti negativi, che rappresenterebbero i timori per alcuni (che potrebbero essere già stati fondati o no, come nel caso delle varie sconfitte, quali: Dogali 1887 o la guerra ad Abba Garima 1896; o i molteplici aspetti positivi e utili di tali ire espansionistiche.
Il suo ragionamento non pesca motivazioni a favore e contro solo in campo politico, come ci si potrebbe aspettare, ma anche dal campo sociale (mettendo in luce il concetto e fine giustificato di civilizzazione), umano ( mettendo in luce le libertà e i diritti dell’uomo nell’emigrare e nel ricercare ciò che vuole), ma soprattutto in campo economico (mettendo in luce come, se da una parte l’espansione coloniale rappresenta una possibilità di aumentare le entrate e di conseguenza risollevare la situazione economico dell’Italia, dall’altra necessità comunque di investimenti (che se non mirati equilibrati, potrebbero recare ancora più danno).
In conclusione, nonostante lui riporti sia argomentazioni a favore che e contro il colonialismo italiano, lui ritiene che questa mira espansionistica, che oramai caratterizza tutte le grandi potenze europee, non può e non deve essere scartata dall’Italia, poiché si escluderebbe dal partecipare a questa impresa comune e solidale di civilizzazione, per non parlare dei vantaggi economici personali. A mio parere ha ragione.
La tua risposta è alquanto squilibrata.
Il riassunto di storia italiana dei primi tre capoversi è poco pertinente (oltre che contraddistinto da connettivi inappropriati, come “di conseguenza” all’inizio del terso capoverso, in luogo di un “in questo contesto si può collocare ecc.” o simili).
Poi riferisci i diversi argomenti con cui Macini sostiene il colonialismo, ma non li discuti, limitandoti a un conclusivo “a mio parere ha ragione”. Che cosa ti ha convinto di più? Perché? Siamo ancora d’accordo nella funzione civilizzatrice del colonialismo? Forse gli argomenti economici sono i più persuasivi, ma perché?
Il discorso politico di Pasquale Mancini, è perfettamente coerente con la scena politica europea ed italiana dell’epoca, ma visto con gli occhi di adesso, non è particolarmente convincente; certamente, un esponente borghese o del popolo di fine ‘800 si sarebbe potuto fidare della politica estera di colonizzazione che Mancini propone, perché sembra promettere diversi vantaggi alla Nazione Italiana.
Però, se si guardano attentamente le argomentazioni a favore di questa “opera di colonizzazione nel continente nero”, si possono riassumere con una frase: “lo hanno fatto anche gli altri stati europei, quindi anche noi italiani ne siamo legittimati!”, il che si può pensare fosse il sentimento prevalente riguardo queste questioni di politica estera all’epoca; quindi si può supporre che Mancini abbia intrapreso una manovra demagogica al fine di potersi assicurare anche una parte di elettorato.
Come ho scritto anche a Riccardo M. Mancini non adduce solo l’argomento che tu ricordi (che, peraltro, non sarebbe così peregrino come tu sembri suggerire…).
Il discorso di Mancini riprende i vari temi di metà ottocento come la colonizzazione . Mancini promette vantaggi per la nazione se la stessa iniziasse a colonizzare l’africa come le altre potenze europee. Questo discorso se all’apoca poteva risultare convincente al giorno d’oggi sembra molto banale e privo di senso: se qualcuno fa una cosa allora anche noi siamo legittimati a farlo, è un concetto abbastanza infondato.
Ho capito il tuo ragionamento, tuttavia Macini non si limita ad affermare quello che scrivi nell’ultima riga, ma adduce altri argomenti a favore della colonizzazione. Inoltre non è chiaro perché un discorso, se è logico e sensato in un’epoca, non debba anche esserlo in un’altra.
Penso che il signore Pasquale abbia ragione nel pensare che non si debbano schiacciare le colonie sotto la potenza della madre patria ma che si debba, piuttosto, cercare di svilupparle. Inoltre concordo anche con il fatto che per evitare l’emigrazione di molti italiani si debbano migliorare le condizioni interne all’Italia attraverso processi lenti e progressivi.
A mio parere Mancini, sebbene porti molti argomenti e giustificazioni a favore della sua tesi, non ritengo che il suo discorso sia molto convincente. Questo perchè cerca di giustificare le sue argomentazioni, moralmente sbagliate, con delle frasi che sottolineano il sottosviluppo e la “primitività” di queste popolazioni africane dicendo che esse necessitano aiuto per assomigliare di più all’Europa civilizzata. Nella parte finale del testo per convincere ancora di più un lettore dice che da queste imprese frutterebbero allo stato molti soldi come è dimostrato da altri stati.
La tua critica è soprattutto morale, dunque
Dietro il colonialismo italiano c’era un’esigenza di prestigio e il problema dell’emigrazione. Centinaia di migliaia di italiani emigravano all’estero in cerca di condizioni di vita migliori che non trovavano in Italia. L’Italia stava attraversando un periodo di crisi e malcontento generale, quindi si pensò di distrarre l’opinione pubblica con un’impresa coloniale. Il governo italiano scelse di trovare dei territori come sbocco all’emigrazione. In teoria le colonie sarebbero servite a creare nuovi mercati e come fonte di materie prime e territori in cui trasferire manodopera in eccesso. Però l’inserimento nella corsa coloniale avvenne molto più tardi rispetto alle altre potenze europee e furono spesi moltissimi soldi per conquistare territori poverissimi e lontanissimi.
L’analisi del discorso di Mancini al parlamento mi sembra sostanzialmente anche corretta, ma si riduce ad una intenzione o tentativo maldestro di dare una giustificazione economica (incremento del commercio) e civilizzatrice (con giustificazioni paternalistiche e giustificazioni ispirate al darwinismo sociale) alle avventure coloniali che hanno alla base solo ragioni di potere, prestigio e spartizioni di benefici.
Ottima risposta, davvero analitica ed eccellentemente argomentata.
Dal mio punto di vista il discorso di Mancini, se rivolto a un pubblico ignorante e analfabeta come quello italiano di fine 800’, risulta molto convincente, ma se si analizzano le argomentazioni che vengono portate a favore della politica espansionistica italiana ci si rende conto della pochezza di quest’ultime e si capisce il vero intento di Mancini ovvero quello di accaparrasi un maggior numero di voti.
Non dici perché le “argomentazioni che vengono portate a favore della politica espansionistica italiana” sarebbero caratterizzate da “pochezza”.
A mio parere il discorso di Mancini è molto convincente ma allo stesso tempo irreale: infatti, sebbene affermi che sarebbe opportuno che il fenomeno dello sfruttamento dovrebbe cessare e che lo sviluppo avvenga allo stesso modo in tutti i paesi, è chiaro che ciò non si può avverare e quindi per quanto il suo discorso possa essere efficace o meno, il contenuto di quest’ultimo non si realizzerà mai.
A domani prof