Dopo aver studiato l’unità didattica relativa alla nascita del comunismo mondiale in Russia (con tutti i testi a cui essa rinvia, on line e off line) e dopo aver ripassato brevemente il pensiero di Marx (cosa sempre utile ai fini dell’esame di Stato), rispondi al seguente quesito:
- Il comunismo realizzato nella Russia sovietica costituì a tuo parere un’applicazione corretta della dottrina di Marx? (Argomenta la tua analisi)
Bisogna dunque riflettere se il comunismo storico è stato fedele a ciò che teorizzava Marx; secondo il mio parere, in linea di massima, sì.
Lo stesso partito bolscevico aveva come obiettivo la realizzazione di una nuova società senza sfruttati né sfruttatori e sono state poi applicate le principali categorie del marxismo ovvero l’idea che la storia è lotta di classe, la cui conclusione inesorabile è la rivoluzione e l’instaurazione violenta di un nuovo ordine sociale, che coinvolge tutto l’ambito umano (sfera privata e “spirituale” incluse) abbattendo l’ingiusta oppressione di una classe sull’altra e spianando la strada alla perfetta realizzazione del pieno benessere.
La differenza sostanziale tra il comunismo marxiano e russo sta nella modalità di realizzazione, evidente principalmente nelle tesi di aprile di Lenin che sosteneva, correggendo Marx,
che in Russia vi erano le condizioni per una rivoluzione proletaria, nonostante non vi fosse in Russia un capitalismo maturo, con alle spalle una rivoluzione borghese e la formazione di una numerosa classe operaia; si poteva insomma passare direttamente dal feudalesimo, solo da poco rovesciato, al comunismo, senza passare, come invece aveva previsto Marx, attraverso il capitalismo;
ciò sarebbe stato possibile, a causa della esiguità della classe operaia, grazie a una alleanza tra operai (unica classe rivoluzionaria per Marx) e contadini.
Interessante la tua analisi “controcorrente” (molti sostengono, anche tra i tuoi compagni, che il comunismo storico abbia “tradito” Marx). Effettivamente si può ammettere, con Gramsci, che spero di leggervi in aula, che il marxismo sia stato seguito da Lenin “nello spirito”, anche se non “alla lettera” (il che non assolve Lenin dalla “colpa” di certi gesti illiberali, ma, semmai, fa risalire la “colpa” alla stessa dottrina marxiana). Tuttavia, ci sarebbe da chiedersi se anche Stalin possa essere collocato coerentemente sulla linea Marx – Lenin.
Alla luce dell’analisi della dottrina di Marx e delle misure adottate da Stalin, posso affermare con certezza che quest’ultimo non applicò correttamente i principi marxisti.
Questo sin dal principio: non vi erano infatti i presupposti delineati da Marx affinché la rivoluzione potesse compiersi con pieno successo. Stalin decise comunque di procedere, ma quello che si venne a creare non fu certo lo stato socialista teorizzato da Marx. Il teorico politico/economico prevedeva una dittatura del proletariato, classe sociale che però ai tempi di Lenin non si era ancora sviluppata in grande numero, essendo la Russia un paese quasi totalmente agricolo. Stalin decise quindi di procedere con una dittatura del proprio partito. Solo apparentemente infatti il governo era di stampo democratico, con i cittadini che prendevano le decisioni riuniti in soviet.
Inoltre bisogna sottolineare come la politica di Stalin sia stata di fatto totalitarista; prevedeva infatti una dittatura (più personale che di partito), l’identificazione di un nemico comune ( i kulaki) per il popolo , il culto della persona…
Nonostante sia pur vero che Stalin abbia seguito Marx per quanto riguarda l’aumento vertiginoso della produttività, non si può certo dire che egli abbia applicato i suoi principi alla lettera. A questo punto verrebbe da pensare che forse il vero socialismo non ha mai visto luce, anche se è difficile dire se e quando si potrebbe sviluppare e sopratutto che conseguenze potrebbe portare con sé.
Ottima analisi. Sarebbe interessante chiedersi se in tutto o in parte le tue considerazioni potrebbero essere riferite anche a Lenin (per molto tempo, infatti, dopo la cosiddetta “destalinizzazione”, molti comunisti, nel mondo, trovarono utile addossare a Stalin ogni responsabilità della degenerazione del “socialismo reale”, “salvando”, per così dire, l’immagine di Lenin).
Secondo la mia opinione, la dottrina di Marx ha ben poco a che vedere con la nascita dell’Unione Sovietica.
Possiamo trovare come unico punto di contatto, infatti, il solo gesto rivoluzionario a favore del proletariato, ma ciò vorrebbe quindi dire che senza la dottrina comunista una classe completamente soggiogata dalle forze dominanti non avrebbe tentato una rivoluzione?
Non basta il solo gesto rivoluzionario per poter usare la parola “comunista” nel suo originale significato marxiano, ma c’è bisogno che questa rivoluzione abbia delle conseguenze forse utopiche, ma sicuramente diverse dalle dittature di Lenin e, in intensità maggiore, di Stalin.
Dittatura del proletariato non vuol dire dittatura del singolo, regime del terrore e creazione di una nuova classe dominante e di una nuova classe dominata.
L’Unione Sovietica è solo uno dei tanti esempi di estremizzazione delle dottrine, tanto simili fra loro, quanto diverse dalle stesse dottrine da cui sembrano apparentemente nascere.
L’analisi è senz’altro ragionevole, tuttavia non direi che “la dottrina di Marx ha ben poco a che vedere con la nascita dell’Unione Sovietica”: la dottrina di Marx ha a che vedere con la nascita dell’U.R.S.S., almeno come sue fonte di legittimazione ideologica (nel senso che faceva comodo ai bolscevichi almeno far credere di fondare i propri principi rivoluzionari sul “socialismo scientifico”, credenza peraltro allora molto diffusa anche in Occidente).
Dopo aver analizzato la dottrina di Marx e le misure adottate da Stalin, a mio parere, quest’ultimo non applicò correttamente i principi marxisti.
Già da principio non vi erano infatti i presupposti delineati da Marx affinché la rivoluzione potesse compiersi con pieno successo. Questa si svolse anticipando i tempi, tentando di cattivarsi l’appoggio dei contadini, oltre che degli operai, in una fase di scarso sviluppo capitalistico, ossia in assenza delle condizioni economiche previste da Marx. Stalin decise comunque di procedere con una dittatura del proprio partito. Solo apparentemente infatti il governo era di stampo democratico. Il potere lo deteneva il Partito comunista in forma collegiale o era detenuto personalmente dal segretario politico. Tutto ciò fu sempre giustificato adducendo l’esigenza di procedere a una rapida industrializzazione e la minaccia di accerchiamento capitalistico e la necessità di mantenere salda la “dittatura del proletariato”.
Molto corretto, ma forse avresti dovuto chiarire per il lettore ingenuo quali specifiche dottrine o previsioni di Marx furono disattese da Stalin
Buonasera, a mio parere il modello sovietico applicato in Russia, seppure promosso da tutti e giustificato secondo la dottrina Marxista, non rispecchia totalmente quella che era la concezione di comunismo espressa da Marx.
Seguendo teoricamente la sua filosofia, una rivoluzione proletaria avrebbe potuto avvenire innanzitutto con la presenza di una classe proletaria (quasi totalmente assente in Russia, che si limitava ai tempi ad avere una società prevalentemente agricola e pre-industrializzata), sarebbe dovuta essere seguita da una rivoluzione proletaria nel omento di un surplus di produzione e che,dopo una fase di dittatura proletaria, prevedeva l’estinzione dello Stato e la nascita di una libera società senza classi industriale. Già per il fatto che la società russa non era industriale non si può affermare che la rivoluzione partì seguendo il modello comunista enunciato da Marx, inoltre, il nuovo stato formato non andò mai a estinguersi, ma anzi il potere rimase nelle mani del Partito Comunista, che giustificò tale presa di potere con l’ esigenza di apportare al paese un assetto del tipo industriale, tralasciando quindi quello che Marx aveva dichiarato sul piano teorico.
Dopo aver analizzato le schede relative a Marx e Stalin posso affermare che quest’ultimo non applicò correttamente i principi marxisti.
Poiché non vi erano i presupposti delineati da Marx affinché la rivoluzione potesse compiersi con pieno successo. Questa si svolse anticipando i tempi, infatti, in Russia non vi erano le condizioni per una rivoluzione proletaria proprio perché ancora non si era sviluppato un capitalismo maturo. Si cercò l’auto di contadini e operai e quello che si ottenne fu solo in apparenza un governo democratico, ciò è causa della politica di Stalin che finì per risultare totalitarista; prevedeva infatti una dittatura più personale che di partito. Tutto ciò fu giustificato con la scusa di una rapida industrializzazione.