Dopo aver studiato le pagine del manuale indicate nell’ultima unità didattica svolta, relativa alla guerra fredda fino agli anni Cinquanta, approfondisci autonomamente il problema del persistente sottosviluppo dei Paesi di recente decolonizzazione (con particolare riguardo a quelli africani), concludendo lo studio del § 3 del cap. 16 del manuale e leggendo con attenzione la scheda dedicata al Dibattito sul sottosviluppo e l’inserto Sottosviluppo associato a toccanti immagini. Se l’argomento ti interessa, puoi ovviamente approfondirlo cercando fondate informazioni anche in rete o altrove.
Rispondi quindi al seguente quesito:
- Quali le ragioni, a tuo parere, del persistente sottosviluppo (che dura fino ai giorni nostri) dei Paesi africani?
N.B. Il quesito ha un certa rilevanza e attualità perché, come sappiamo, molti flussi migratori che ci toccano molto da vicino non hanno solo ragioni politiche, ma anche economiche (con la differenza non da poco che, mentre nel caso dei profughi per ragioni politiche, in forza del diritto d’asilo, sancito anche dalla nostra Costituzione, siamo tenuti all’accoglienza, nel caso dei migranti cosiddetti “economici” siamo autorizzati a praticare forme di “respingimento”, che, ovviamente, sono ben lungi dal risolvere i loro problemi, anche se, apparentemente, sembrano risolvere, almeno per il momento, i nostri)
IL sottosviluppo dei paesi africani è tutt’ora visibile, infatti vengono spesso raggruppati nel cosiddetto “Terzo Mondo”. Molte sono le cause di ciò, ma a mio parere il motivo fondamentale è che alle maggiori potenze mondiali va meglio cosi. In questo modo, possono sfruttare le ricchezze minerarie e petrolifere dell’Africa, senza che i governi locali si intromettino. Inoltre, il commercio di armi è fiorente in Africa, e quindi per paesi come l’America, ciò è un altra fonte di guadagno. In breve quindi, alle grandi potenze conviene che l’Africa rimanga sottosviluppata.
Forse la tua analisi è un po’ semplicistica non trovi? Nei testi suggeriti sono indicate diverse complesse ragioni possibili del sottosviluppo, alcune delle quali legate anche a problemi endogeni…
Nel corso del 900 sempre più stati africani riescono ad essere riconosciuti come indipendenti. A questo punto devono decidere che tipo di economia seguire: capitalistica a modello europeo, o socialista a modello sovietico. Se optano ad esempio per il primo, essendo più povere richiedono l’aiuto di stati ricchi e potenti, indebitandosi e indirettamente rimettendosi sotto i loro controlli ( in questo caso non più militari ma economici). Ciò porta alla diffusione di multinazionali e al sempre più marcato squilibrio di ricchezze. Altre possibili cause dell’arretratezza possono essere i regimi dittatoriali che si sviluppano in questi territori, che opprimono le popolazioni peggiorando la qualità della vita.
Se fosse come scrivi, i Paesi che si avvicinarono all’Urss dovrebbero avere risolto i loro problemi, ma pare che non sia così… Dunque vi devono essere altre ragioni, alcune accennate anche nei testi proposti, per la persistente arretratezza di numerosi Paesi africani.
Il sottosviluppo dei Paesi africani, detti anche del “terzo mondo” è un fattore oggettivo. Le cause di questo fenomeno sono molteplici. Innanzitutto bisogna ricordare il ruolo che ricoprivano questi Paesi, essi infatti erano colonie e per questo motivo venivano sfruttate intensamente dai loro colonizzatori. Il periodo coloniale, dunque, non fece altro che impoverire di materie e forza lavoro i Paesi africani. Una volta ottenuta l’indipendenza dalle potenze europee, i governatori autoctoni degli Stati africani non riuscirono ad instaurare un governo solido e capace di guidare i loro Paesi verso una rinascita economica (a causa anche dell’arretratezza tecnologica e culturale). L’unico modo in cui questi Stati riuscirono a sopravvivere fu grazie agli aiuti economici delle multinazionali americane, inglesi e dei Paesi più industrializzati. Gli Stati africani finirono per indebitarsi con quelli più sviluppati e tutt’ora sono soggiogati dal loro dominio economico. Questi aiuti economici furono utili per salvare gli instabili governi che si formano ma non riuscirono a porre rimedio al problema della povertà, una delle principali piaghe dell’Africa, che portò a conflitti interni per la sopravvivenza e ad ondate migratorie (mancanza di mano d’opera) di persone in cerca di un futuro migliore. Oltre a questi fattori bisogna considerare che tutte le ricchezze economiche africane (petrolio, diamanti, miniere, gas) sono tutt’ora gestite dai Paesi del “primo mondo” che si intascano i profitti delle vendite e quindi non lasciano spazio alla crescita economica africana, ma anzi la impoveriscono ulteriormente.
Mi sembra un’analisi equilibrata che pur insistendo sui problemi legati all’imperialismo e al neocolonialismo non sottace i fattori endogeni (dici “culturali”) che quanto meno aggravano i problemi soprattutto dell’Africa e non contribuiscono a risolverli.
Ancora oggi l’occidente non capisce quali siano le vere e concrete ragioni del persistente sottosviluppo dei paesi africani. Molti studi ritengono che le cause siano da ricercarsi in fattori politici ed economici, mentre altri ritengono che il sottosviluppo dell’Africa dipenda da cause interne, storico culturali, religiose ed educative. Io ritengo che le ragioni del sottosviluppo siano essenzialmente dovute al colonialismo che non ha saputo rispettare la storia, la cultura, le religioni e il modo di vivere del popolo africano. Quindi la causa fondamentale è da ricercarsi nel colonialismo sfrenato che ha voluto e mantenuto per secoli il popolo africano come analfabeta, schiavo e sottomesso. Sicuramente il fatto che il popolo africano sia tutt’ora un popolo analfabeta è causa principale del suo sottosviluppo. La mancanza di scuole ed il tribalismo non hanno permesso al popolo africano di crescere, di conoscere e di svilupparsi. Ancora la denutrizione di massa è caratteristica del popolo africano, dovuta alla sproporzione tra crescita demografica e produzione agricola. Infine le continue guerre civili che sono presenti nel paese non hanno permesso al popolo africano di organizzarsi economicamente sfruttando le enormi risorse che detiene e che se sfruttate avrebbero potuto migliorare l’intera comunità africana.
Anche se per escluderle, almeno evochi possibili cause endogene del sottosviluppo, dimostrando di averci riflettuto. L’analisi mi sembra globalmente convincente. Non parlerei, tuttavia, di un popolo africano “schiavo” (anche se ti servi del termine in modo metaforico) per evitare equivoci e confondere il colonialismo dell’Ottocento, politico ed economico, con lo schiavismo diffuso nei secoli precedenti (ma abolito proprio nel corso dell’Ottocento, in genere prima dell’espansione imperialistica in Africa).
La questione africana è sempre stata nella storia, dall’inizio del colonialismo fino ai giorni nostri, una matassa di interessi culturali, economici e di potere.
Quando le grandi nazioni europee hanno occupato i paesi africani, nel corso dei secoli, hanno imposto la cultura occidentale su quella nativa corrompendo o distruggendo tradizioni o costumi che non ritenevano degne, come l’obbligo di utilizzo della lingua del popolo occupante.
la conquista ha portato, soprattutto nel periodi più recenti, a uno sfruttamento incondizionato delle materie prime presenti nel territorio senza portare ovviamente uno sviluppo economico alla popolazione.
È stato anche interesse di alcune lobby industriali occidentali mantenere una certa tensione politica e militare per mantenere un profitto approfittando dell’equilibrio instabile caratteristico di alcuni territori africani
Dunque anche tu come altri escludi cause endogene?
ci sono molte cause del persistente sottosviluppo dei paesi africani. A mio parere la causa principale è che agli altri paesi fa comodo che l’Africa sia inferiore, così se ne possono approfittare e sfruttare le sue ricchezze con il minimo sforzo. Per me questo atteggiamento molto permissivo, è dato dal fatto che gli africani non hanno un proprio senso di appartenenza della terra perché fin da subito gli europei hanno deciso come doveva essere spartita l’Africa.
Forse la tua lettura, anche se presenta certamente elementi di verità, è un po’ semplicistica, non trovi? Un’analisi corretta dovrebbe essere più articolata e approfondita. Non è molto adeguato lessicalmente “agli altri paesi fa comodo che l’Africa sia inferiore, così se ne possono approfittare”. Mi sembra una sorta di proiezione antropomorfica, come se i Paesi occidentali fossero dei bruti che approfittano di altre persone con handicap o qualcosa di simile. Ci sono dinamiche economiche e politiche impersonali, per le quali più che di “comodità” forse è meglio parlare di “interesse”, più che di “inferiorità” è meglio parlare di “mancanza di un’effettiva sovranità o autonomia politica ed economica”, più che di “approfittamento” è meglio parlare di “sfruttamento”, insomma adottare un linguaggio più tecnico.
Non è possibile determinare un numero definito di cause per spiegare il fenomeno del sottosviluppo; si può parlare invece di molteplici fattori, strettamente connessi gli uni agli altri, i cui effetti hanno portato al fenomeno sopracitato.
Prendendo in esame il caso dei Paesi Africani, tali fattori possono essere riconosciuti, in prima istanza, nella religione professata, la quale ha condizionato la vita degli africani, portandoli a condurre uno stile di vita guidato dalle superstizioni e dal timore di vendette imminenti.
A questo si aggiungono anche altri aspetti di tipo sanitario, poiché si ha la mancanza di un’attenzione medica adeguata; culturale, dato il basso livello di alfabetizzazione e scolarizzazione causato dal ridotto numero di enti disponibili; politico ed economico, in quanto si è verificato un abuso di potere in entrambi questi ultimi campi da parte della casta dominante.
Naturalmente, a ciò concorre anche la condizione a cui sono stati sottoposti questi paesi per anni, il colonialismo, che ne ha ritardato lo sviluppo e, proprio, con la sua scomparsa sono meglio emerse quelle che, poi, si sono rivelate le arretratezze di queste popolazioni, come ad esempio il mancato progresso agricolo o la scarsa industrializzazione.
Ed è proprio attraverso tutti questi elementi che si può provare a chiarire il motivo per cui, in seguito al Piano Marshall e alla disponibilità economica offerta dagli Stati Uniti verso l’Europa occidentale volta a favorire la ricostruzione di un equilibrio al termine della guerra, in Africa non si abbia avuto il boom economico e perché questa abbia reagito in maniera divergente dal resto del mondo.
Concludendo, il sottosviluppo africano si è manifestato, e tutt’ora si manifesta, come conseguenza di aspetti legati alla loro diversa tradizione, cultura, religione e ad una mentalità in cui sono assenti i mezzi per far fruttare efficacemente il denaro lavorando intensamente.
A differenza di altri forse tu insisti troppo sulle cause endogene, interne, del sottosviluppo, senza mettere adeguatamente l’accento sulla questione della “relazione” come la chiama il vostro libro di Storia, ossia sul legame tra sottosviluppo e sfruttamento, prima coloniale, poi neocoloniale, da parte delle potenze occidentali.
Siamo ormai abituati a sentir parlare di Terzo Mondo e della situazione di sottosviluppo che vige in tali Paesi e, dal momento che accettiamo ogni forma di sfruttamento, siamo certi che le cose non potranno mai cambiare, come non è successo in tutti questi anni.
Si può dire che ognuno sia perfettamente cosciente dell’enorme peso che ha il mercato Occidentale sul continente africano e quanto il nostro inconsapevole aiuto ne sia promotore. L’Africa ci offre numerose risorse: minerali, petrolio, carta e prodotti alimentari come caffè, cacao e tè… tutti facilmente commercializzabili, ma ottenuti da violenze ed abusi, che ripetutamente e volontariamente vengono nascosti e giustificati.
La società che compone queste nazioni è pesantemente divisa e frammentata tra tribù povere e sottomesse, da una parte, e famiglie ricche e borghesi, dall’altra, che dirigono ogni attività politica ed economica con la complicità dei paesi sviluppati.
Non solo l’ordine sociale, ma anche la religione e le diverse culture, vivendo in contrasto tra loro, non fanno altro che indebolire l’unità nazionale.
Ogni forma di rivoluzione è alquanto irrazionale ed innocua, tutto segue un preciso schema dove la popolazione viene continuamente sottoposta a lavori strazianti, con misere paghe e diritti violati… questo non fa altro che arricchire famose multinazionali, tenute a non rispettare alcuna giustizia, poiché nessun uomo viene tutelato e resta preda della schiavitù.
Negli ultimi anni varie associazioni si sono adoperate per sostenere quanta più gente possibile, ma il persistente sottosviluppo che colpisce l’Africa non cela di esistere, ostacolando ogni forma di progresso e bloccando il continente al corrente stato di miseria che lo ha caratterizzato per secoli.
Mi sembra che tu abbia ragione, anche se non consideri forse con equanimità tutti i fattori del sottosviluppo (compresi quelli endogeni, non legati, cioè, allo sfruttamento ad opera dell’Occidente). Che significa poi “Ogni forma di rivoluzione è alquanto irrazionale”?
Le ragioni del persistente sottosviluppo dei Paesi africani vanno ricercate a partire dall’indipendenza che quei Paesi, nel corso della seconda metà del Novecento, ottennero. Infatti, con l’indipendenza di questi Stati, la stretta collaborazione tra questi ultimi e i colonizzatori cessò e i mercati, le risorse, gli aiuti economici finirono per estinguersi. Dopo aver ottenuto l’indipendenza dovettero decidere su che modello adeguare il proprio governo: a stampo capitalista o sovietico. Molti di essi optarono per dittature e regimi militari che restarono al potere attraverso controlli e conflitti con le popolazioni costringendo, in alcuni casi, interi gruppi ad emigrare. Successivamente, però, i problemi continuarono; infatti, ritrovandosi con un’economia praticamente inesistente, questi Paesi dovettero chiedere aiuto alle nazioni più ricche dando vita ad un colonialismo economico (neocolonialismo). Con la nascita del Neocolonialismo i Paesi sviluppati portarono le proprie industrie nel Paesi del terzo mondo dove la manodopera costava meno, dove anche i minori e i bambini potevano essere reclutati e dove le garanzie che tutelavano i lavoratori non esistevano e dove le materie prime avevano un costo bassissimo, lasciando in patria soltanto i settori di punta, i centri di ricerca legati allo sviluppo industriale e il centro direzionale. Oltre a ciò le società multinazionali furono in grado di condizionare l’esistenza di governi e regimi dei paesi dipendenti, controllandone parte rilevante delle risorse economiche. A tutto ciò di affiancò il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali. Tutti punti che ho elencato precedentemente in molti Paesi sono ancora attuali ed è per questo motivo che il fenomeno del Sottosviluppo è ancora molto attuale (vedi i flussi migratori, le qualità di vita, le organizzazioni organizzative ecc).
L’analisi mi sembra corretta. Quasi ovunque, tuttavia, il neocolonialismo segue immediatamente al colonialismo, talora ad opera della stessa ex madrepatria (soprattutto quando questa era la Francia), più spesso ad opera degli U.S.A., nel senso che la collaborazione tra popoli coloniali e colonizzatori o, comunque, sviluppati non cessò affatto, come invece scrivi, ma si trasformò in una dipendenza “neocoloniale” (legata ai capitali investiti dalle potenze occidentali).
Con il termine della seconda guerra mondiale i grandi imperi coloniali degli stati europei cominciarono a soccombere, perché sempre più paesi iniziarono a lottare per l’indipendenza dai colonizzatori bianchi. Il modo in cui gli europei e gli americani si erano imposti sulle popolazioni native risultò estremamente deleterio per lo sviluppo sociale, politico e culturale di questi popoli. In gran parte dei paesi colonizzati, si attuava un tipo di colonizzazione che mirava a ricostruire un modello di società il quanto più simile a quella del popolo colonizzatore. Veniva imposta una specifica religione (solitamente quella cristiana), una certa lingua, un determinato modo di vestire, le stesse leggi del paese colonizzatore, la stessa organizzazione sociale e lo stesso tipo di architettura. I paesi colonizzati inoltre venivano utilizzati principalmente come fonti di materie prime, di terre da coltivare e di schiavi; le popolazioni native venivano così costrette a forza ad adeguarsi a questi cambiamenti e la ribellione comportava molto spesso la morte. Questo tipo di colonialismo risultò estremamente dannoso per le popolazioni locali, che non potevano più professare la loro fede o rimanere fedeli alle loro leggi e ai loro costumi, causando così la perdita di significato o addirittura la scomparsa di alcune pratiche religiose o di intere popolazioni. Un altro grave danno causati dai colonizzatori fu il disturbo dell’equilibrio dell’ecosistema: sulle navi in arrivo dall’Europa viaggiavano animali come topi, uccelli, gatti, cani, bestiame e ovini che non appartenevano a quella determinata zona del mondo, la quale non aveva le caratteristiche necessarie per soddisfare le necessità di tali animali. Questo comportò una modifica nel paesaggio agricolo e selvatico del paese. Inoltre gli europei e gli animali che trasportavano sulle loro navi erano portatori di malattie per le quali i nativi non avevano gli anticorpi, il che causò una serie di epidemie che si rivelarono estremamente mortali sia per gli uomini che per gli animali. L’alta mortalità di queste popolazioni portò ad un ulteriore perdita di conoscenze, le quali erano tramandate principalmente a voce.
Per concludere, possiamo dire che il motivo principale del sottosviluppo dei paesi africani è dovuto ad un modello di colonialismo sbagliato. Una volta che le popolazioni sottomesse erano riuscite ad ottenere l’indipendenza si sono trovate senza un identità e si sono presto trovate prede di nuovi sfruttamenti, dovuti anche al fatto che non erano più in grado di gestire le risorse di un paese.
Individui una serie di fattori abbastanza pertinenti, anche se forse ne trascuri altri, più legati all’ambiente naturale originario dei popoli “sottosviluppati” o, viceversa, ai processi economici legati al c.d. neocolonialismo (postcoloniale). Attenzione, però, che la schiavitù era già stata quasi ovunque abolita all’inizio della fase dell’imperialismo (cioè del colonialismo della seconda metà dell’Ottocento, che è quello che ci interessa di più), così come la questione delle malattie introdotte nei nuovi continenti dai “nostri” animali può a sua volta essere fatta risalire a epoche antecedenti e non mi sembra del tutto pertinente al nostro problema (nel senso che il nessuno lega direttamente il sotto- o mancato sviluppo alle epidemie determinate in passato in Africa o, più documentatamente, in Oceania e nelle Americhe).
Le ragioni del sottosviluppo dei cosiddetti paesi del ”terzo mondo” vanno ricercate sia nelle epoche più lontane che in tempi più recenti. Nella maggior parte dei casi si tratta di ex colonie, diventate indipendenti solo nella seconda metà del Novecento, che per secoli sono state sottoposte al dominio politico ed economico delle grandi potenze mondiali. Lo sfruttamento di questi paesi per ricavare materie prime e manodopera a basso costo ha impedito loro di sviluppare adeguate politiche economiche e sociali. Qui le rivoluzioni economiche, tecnologiche, sociali e politiche dell’ europa e del nord America sono state impedite dal colonialismo.
Ciò nonostante anche dopo i moti indipendentisti questi paesi non sono riusciti a risollevarsi (in molti casi è stato loro impedito). La mancanza di fondi li ha costretto ad indebitarsi con gli stati più potenti, subordinandoli indirettamente alle loro politiche estere. Gran parte dei governi di questi stati è soggetta, in maniera più o meno esplicita, a governi occidentali. Inoltre molti di coloro che parlano di sottosviluppo non sono affatto interessati a colmare le diseguaglianze tra ”nord” e ”sud” del mondo: le grandi multinazionali continuano a sfruttare queste terre e le loro popolazioni per ottenere guadagni sempre più alti a costi sempre più bassi. In gran parte di questi stati si sono costituiti regimi totalitari o pseudo democratici sempre più corrotti che impediscono il rispetto dei diritti della popolazione, sempre più sfruttata.
Mi sembra un’analisi documentata e puntuale.
Il termine sottosviluppo non indica una semplice arretratezza, anzi per alcuni storici un tale parallelismo sarebbe addirittura fuorviante, poiché implicherebbe una naturale propensione dei Paesi sottosviluppati a tendere verso i più progrediti, un pensiero che venne duramente messo in discussione dagli studiosi degli anni cinquanta e sessanta.
Di tutte le relazioni che sono state proposte volte a cercare di spiegare le ragioni di questo fenomeno, vorrei darne una personale. Innanzitutto vorrei far notare come i paesi sottosviluppati posseggano in genere numerose risorse naturali e come queste siano state motivo della prolungata presenza in quei suoli di potenze straniere.
Detto questo credo che il problema si possa spiegare in questo modo: la classe capitalista e quella “operaia” nel senso più ampio del termine sono costrette ad un dialogo, a degli accordi, la prima non può sfruttare la seconda se non entro certi limiti, che variano rispetto a molteplici fattori che variano nel tempo, ne è un esempio il regresso che sta avvenendo in questi ultimi anni a livello di tutela del lavoratore. Questo modello permette a entrambe le classi di sopravvivere e migliorarsi (con tutti i limiti che comunque possiede e che sono causa di cicliche crisi).
Dipendendo questo modello dalla forza contrattuale dei lavoratori le multinazionali capitaliste saranno naturalmente propense ad “aggredire” i Paesi in cui questa forza è minore. Questo modello spiega come dalla fine del colonialismo (il precedente sistema utilizzato dalle principali potenze militari ed economiche) la situazione di questi Stati non sia diventata simile a quella degli Stati occidentali.
A questo concetto si deve sommare la tendenza delle potenze occidentali a favorire le proprie società capitaliste in virtù del rapporto di interdipendenza fra queste e i cittadini a loro più vicini, questo sistema evita rivolte e moti dove potrebbero avvenire, mantenendo e anzi migliorando le condizioni dei cittadini dei Paesi occidentali dove le ricchezze ricavate vengono elaborate e consumate e crea una situazione di stallo nei Paesi sfruttati, ove in genere il “patto”, il dialogo è fra le multinazionali ed una ristretta cerchia di dittatori, situazione che come è storicamente dimostrato porta la società verso sempre più frequenti episodi di corruzione a scapito dei lavoratori, la quale voce in capitolo viene soffocata.
Così si creano tiranni, situazioni di guerra permanente in cui lo scopo è creare un circolo vizioso in cui, ancora una volta, l’importante è rinchiudere la società in un loop, evitando eventuali rafforzamenti della classe operaia.
Una teoria simile sul funzionamento delle multinazionali è stato sviluppato da studiosi come John Perkins.
Molto interessante. Non credi dunque che vi sia alcuna spiegazione endogena del sottosviluppo, legata ad es. al clima dell’Africa o alla condizione storica dei Paesi africani antecedente al colonialismo? Vi potrebbero essere ragioni culturali, in senso antropologico, ad esempio un attaccamento a forme di produzione arretrate, se giudicate col metro dell’efficienza occidentale, ma strettamente legate ai riti e ai simboli di determinate culture (penso a certi “riti” agricoli, al “rispetto” per certe zone considerate sacre, a modi “arcaici” di percepire lo spazio e il tempo ecc.), che rendono difficile lo sviluppo p.e. “industriale” di un Paese (che sarebbe percepito, non a torto, un “tradimento” e una “violenza” nei confronti della cultura del Paese medesimo). Sotto questo profilo potrebbe essere perfino desiderabile o anche un obiettivo politico non tanto favorire lo sviluppo di certe regioni del mondo, quanto mettere in discussione il nostro modello di sviluppo (fonte di stress, infelicità, alienazione ecc.), andando, p.e., verso una “decrescita” economica invece che una continua rincorsa alla crescita della produttività…
Credo che il sottosviluppo dei paesi del terzo mondo sia soprattutto dovuto alle politiche del cosiddetto mondo occidentale. Le nostre azioni di sfruttamento delle risorse naturali e umane ha violentato le economie e le società di questi paesi. Anche al giorno d’oggi non siamo in grado di aiutare questi paesi investendo in paesi con cui in un futuro si potrebbero attuare anche rapporti commerciali. È evidente però, a mio parere, che la colpa non è solo nostra. Infatti, dopo che questi paesi hanno riacquistato l’indipendenza non sono stati in grado di risollevare la propria condizione economica e sociale, anzi molto hanno peggiorato la propria condizione rispetto a quando erano sito il dominio coloniale. Questo problema può forse essere a ricondotto a motivi politici, molto spesso riconducibili a realtà corrotte, o forse può anche essere un motivo di carattere sociologico, in cui società patriarcali e basate principalmente su organizzazioni famigliari vengono forzate ad aggrupparsi in stati.
Interessante il tuo ultimo spunto, originale, sulle possibili ragioni di carattere sociologico. Ti eri dimenticato di svolgere l’esercizio? L’hai inviato solo poco fa…
A mio parere l’arretratezza dei paesi del terzo mondo è dovuto in gran parti ai paesi occidentali. Infatti fra le cause più importanti sono presenti il colonialismo, il neo colonialismo oltre ai vari problemi economici, sociali e politici. Inoltre bisogna ricordare che gli europei saccheggiarono i territori africani e distrussero gran parte della cultura africana
Tutte queste cose insieme hanno fatto sì che le regioni africane non siano state in grado di svilupparsi sia a livello economico che a livello politico. Inoltre, secondo me, tutt’ora questi territori sono ancora molto sfruttati dalle varie multinazionali che non permettono il pieno sviluppo di queste zone.