Studia l’ultimo capoverso dell’unità didattica relativa al darwinismo (con le risorse che la corredano) e rispondi al seguente quesito:
- Prescindendo da considerazioni morali o religiose, il darwinismo ti sembra scientificamente sostenibile se applicato a popolazioni umane? Se sì, in che termini?
A mio parere, escludendo considerazioni morali o religiose, il darwinismo non è scuentificamente sostenibile se applicato alle popolazioni umane.
Il primo motivo per cui sostengo questa tesi è che, come sostiene anche Barrai, la selezione naturale non può operare in ambito umano perché ogni forma di selezione è diventata “artificiale”, ci basti pensare al mercato, che viene controllato da meccanismi politici e legislativi, e ad alcune forme di “selezione” come i campi di sterminio o alcuni tipi di razzismo che portano determinati popoli a privare altri degli elementi base per la sopravvivenza (come cibo e acqua).
Un’altro motivo a favore della mia tesi è che l’uomo, come molti altri animali, tende a creare società organizzate nelle quali prevale la solidarietà e l’armonia fra i vari componenti piuttosto che la forza del singolo e quindi il meccanismo di “selezione naturale” viene messo in secondo luogo dalla cooperazione fra i componenti della società.
In conclusione, per i motivi elencati sopra, ritengo che il darwinismo non sia applicabile alla società umana odierna.
… oppure la selezione naturale opera anche in ambito sociale per favorire appunto le società nelle quali prevale la solidarietà e l’armonia…?
Abbiamo visto che la nuova teoria di Darwin sull’evoluzionismo non ha avuto solo un notevole impatto in campo scientifico, ma anche in campo sociale ed economico. L’influenza di quest’ultimo nella sfera sociale è espresso col concetto di darwinismo sociale, termine con il quale storici e studiosi intendono la selezione naturale e spontanea degli individui migliori, ossia aventi le caratteristiche più adatte all’ambiente e al contesto in cui vivono, all’interno della società a discapito di quelli meno fortunati che saranno destinati ad estinguersi.
A mio parere tale teoria pare un po’ forzata, perché se la teoria dell’evoluzionismo applicata all’ ambito scientifico parrebbe essere coerente e solida, nell’ambito sociale inizierebbe un po’ a traballare.
Infatti, quella caratteristica di spontaneità di tale processo va a perdere di significato in ambito sociale, dove oltre alle connotazioni dei singoli individui fisiche e mentali, bisogna tenere conto della classe sociale di provenienza e quindi le disponibilità economiche e la loro importanza all’interno della stessa società. Non a caso tale evoluzionismo parrebbe diventare semplicemente una lotta fra classi, dove come sempre coloro che hanno maggiori disponibilità e ricoprono una posizione più alta all’interno della società parrebbero essere avvantaggiati rispetto agli altri, rendendo tale processo artificioso.
Quindi tale processo evoluzionistico applicato alla sfera sociale parrebbe essere più complesso, perché a differenza della sua applicazione in ambito scientifico, quest’ultimo non aderisce unicamente alle leggi della Natura e a un finalismo, frutto unicamente del meccanicismo delle selezione naturale, ma parrebbe essere più articolato, poiché bisogna tenere conto dei fini dei singoli individui, della disparità delle classi e le diversità dei fini e ambizioni di queste ultime, che in molti casi vanno a discapito l’una dell’altra.
L’idea che la società umana sia troppo complessa perché vi possano essere applicati criteri interpretativi darwinistici è suggestiva. Tuttavia, non dobbiamo essere ingenui. Il darwinismo sociale classico, ad esempio in Spencer, tiene appunto conto, almeno in parte, di questa complessità. Si tratta, infatti, di darwinismo economico: i più forti sono i più dotati non fisicamente, ma finanziariamente. Ci sarebbe da chiedersi perché, anche in questa versione, il darwinismo sociale non funzioni.
Attenzione: non si tratta di opporre un darwinismo applicato “all’ambito scientifico” a un darwinismo applicato “all’ambito sociale”, ma un darwinismo, che si propone come teoria scientifica, applicato all’ambito “biologico” a un darwinismo applicato all’ambito sociale. Nella tua versione, invece, la conclusione sembra già implicata nelle premesse (se solo il darwinismo biologico è scientifico, allora quello sociale ovviamente non lo è; ma questo è appunto quello che devi dimostrare!, dunque non puoi presupporlo).
Dopo aver letto l’unità didattica sul Darwinismo sociale, considero che la teoria di Darwin, se applicata a popolazioni umane, non sia scientificamente sostenibile, in quanto, nel corso della storia, venne solamente usata per giustificare il colonialismo e il razzismo.
Nel corso della storia infatti il Darwinismo venne applicato dalla biologia al rapporto tra uomini, tramutato in Darwinismo sociale, secondo cui i potenti sovrastavano i poveri e le nazioni forti sovrastavano le deboli “non facendo che obbedire alle leggi di natura”.
Tutto ciò avvenne però senza alcuna base scientifica, ma come giustificazione al razzismo e alla superiorità della razza bianca su tutte le altre: avvenne dunque una selezione “artificiale” dettata dall’uomo e non più una selezione naturale e biologica come quella sostenuta da Darwin.
L’ultima riga della tua riflessione allude all’argomentazione che viene adoperata per contestare il darwinismo sociale e il razzismo, privandoli della loro apparente base scientifica. Tuttavia, non sviluppi quest’argomentazione (che dai per scontata) e ti soffermi nel resto del testo sull’uso “politico” del darwinismo, limitandoti a contestarlo, ma senza dire perché ssrebbe un uso sbagliato. Ad esempio scrivi: “la teoria di Darwin, se applicata a popolazioni umane, non [è]scientificamente sostenibile, in quanto, nel corso della storia, venne solamente usata per giustificare il colonialismo e il razzismo”. Dov’è l’errore logico? Se “in quanto” significa “perché” qualcosa non funziona. Il fatto che una teoria sia usata nel peggiore dei modi non esclude che sia scientifica. Un razzista potrebbe replicare, rovesciando il tuo “in quanto”, all’incirca così: “Uso la teoria di Darwin per giustificare il mio razzismo ‘in quanto’ è scientificamente sostenibile applicarla anche a popolazioni”. Non bisogna dare per scontato che il razzismo sia sbagliato, ma dimostrarlo mostrando (non presupponendo!) l’infondatezza del darwinismo applicato a popolazioni umane.
A mio parere il darwinismo mi sembra scientificamente sostenibile applicandolo a popolazioni umane ma non tanto sull’estinzione completa di specie bensì su evoluzioni dell’organismo umano causate da un obbligatorio adattamento al mondo. Basti pensare a molti anni fa dove la gente moriva per un semplice raffreddore invece ora il nostro corpo sa perfettamente difenderci da questi batteri. Ciò non vuol dire che l’uomo di una volta si è istinto del tutto tuttavia alcune cose all’interno del suo corpo sono mutate per adattarsi meglio all’ambiente.
Non mi sembra che la tua risposta sia del tutto pertinente al quesito. Quando si parla di darwinismo sociale non si intende fare riferimento all’adattamento dell’uomo all’ambiente dal punto di vista fisiologico, ma, appunto, sociale. Inoltre non è chiaro se questo adattamento dell’uomo all’ambiente a cui alludi abbia carattere darwinistico o, piuttosto, lamarckiano (sembri suggerire che la “funzione crea l’organo”).
Barrai si dimostra contrario all’applicazione del darwinismo in ambito sociale in quanto sostiene che esso sia il frutto della teleologia, intesa come la tendenza degli uomini al perseguimento consapevole e intenzionale dei fini.
I fini da noi perseguiti sono tuttavia spesso determinati e influenzati dall’ambiente in cui siamo inseriti, come quello della società; questa è a sua volta frutto degli avvenimenti e delle scelte degli umani, il cui comportamento è, in ultima analisi, determinato in un certo senso dalla selezione naturale.
Darwin stesso, ne “L’origine dell’uomo e la selezione sessuale”, afferma come tra gli istinti di sopravvivenza umani vi siano anche gli istinti sociali: questi risultano utili e vantaggiosi alla sopravvivenza umana in quanto promuovono la protezione reciproca e portano alla creazione di nuclei di individui che risultano in tal modo essere più forti nel far fronte a possibili minacce; oggi, questi meccanismi di sopravvivenza si riflettono ad esempio nel bisogno di sentirsi accettati dai propri simili e di provare un senso di appartenenza.
La loro presenza nel comportamento umano può dunque essere considerata come il frutto della selezione naturale, che trova in questo modo applicazione anche in ambito sociale.
Sì, mi sembra più ragionevole non “separare” artificialmente l’uomo dal resto della natura e, quindi, ritenere che la selezione naturale funzioni anche per l’uomo (sempre ammesso che assolva una funzione così rilevante, cosa che, come sai, Bergson e altri contestano anche per l’ambito naturale). Certamente, il modo in cui funziona la selezione in una società evoluta è molto diverso da quello che immaginavano di darwinisti sociali e i razzisti, come tu stessa suggerisci, parlando del “valore” dell’accettazione e del senso di appartenenza.
Il darwinismo nella sua nozione della selezione naturale del più adatto/forte appare spesso storicamente presente nella supremazia degli stati l’uno sull’altro. La forza di uno stato, però, è ben più difficile da definire piuttosto che quella del singolo, infatti bisogna ben considerare molti fattori quali: le alleanze economiche o politiche con altri stati, la situazione politica interna (l’unità tra i diversi partiti o tra popolo e sovrano), le ideologie presenti nello stato (poiché se pacifista uno stato sarà più facilmente soppresso militarmente, se comunista sarà soppresso economicamente dagli altri stati), la forza militare di questo, la presenza o meno di uomini o donne che siano in grado di giostrare al meglio le situazioni (esempi sono: Alessandro Magno, Giulio Cesare, Carlo Magno, Elisabetta I, Napoleone, etc), lo stadio di avanzamento tecnologico e scientifico e l’unità religiosa. Possiamo ad esempio considerare le colonizzazioni dell’America e dell’Australia in cui la società più sviluppata tecnologicamente, quella europea, è stata in grado di sopprimere le popolazioni indigene, oppure più indietro nel tempo quando l’impero romano fu distrutto dai Barbari, in cui una società seppur più sviluppata e con armi sofisticate, non fu in grado di reagire all’invasione estera a causa di un incrinatura a livello politico e sociale. Dunque alle volte una popolazione che sembra più avvantaggiata per alcuni criteri, per altri appare svantaggiata e dunque non è così semplice definire esattamente quale sia quella sicuramente più adatta alla situazione. Inoltre spesso c’è anche un tocco di caso a condire la situazione come durante la battaglia tra l’invincibile armada e la regina Elisabetta I in cui grazie a una tempesta la vittoria fu dell’Inghilterra, ma questo può benissimo avvenire anche in natura, la giraffa con il collo più alto può inciampare e morire e nonostante sia la migliore risulta essere la prima a morire.
Risposta molto interessante e ricca, ma manca forse di conclusione. Mi verrebbe da dire… e quindi? Posta questa maggiore complessità, è giustificato l’approccio dei cosiddetti darwinisti sociali? E quello dei razzisti? Si direbbe di no, ma forse qualche parola su questo, in conclusione, avresti potuta scriverla (attenzione, anche negli elaborati d’esame, a non dare niente per scontato, ma a esplicitare il più possibile i passaggi, a rischio di apparire banale).
Se da un lato, il nostro comportamento, in quanto esseri umani, obbedisce in qualche maniera ancora alle leggi naturali, compresa quella di selezione. Dall’altro, siamo in qualche modo andati oltre alla semplice selezione naturale: come società, possiamo, infatti, fornire i mezzi per sopravvivere anche a individui che, in caso contrario, sarebbero stati destinati a soccombere. Oggi, introdurre un sistema di selezione naturale sarebbe, come dice Barrai, comunque artificiale, dettato da un progetto preciso, che intende favorire alcuni individui piuttosto che altri.
E che ne pensi dell’opposto punto di vista ad esempio della tua compagna Chiara Cernoia?
a mio parere il darwinismo se applicato a popolazioni umane può essere scientificamente sostenibile. Uno dei fulcri più importanti della teoria evoluzionista di Darwin era quello della selezione naturale, ovvero l’accumulazione lenta e graduale di piccole variazioni che portano alla trasformazione della specie o alla formazione di una sua particolare varietà: questa idea se applicata alle popolazioni umane risulta essere valida in quanto, anche tra gruppi di persone esiste una sorta di selezione che tende ad “eliminare” ed a escludere gli esseri con più difficoltà nell’adattamento
Può darsi, ma non consideri minimamente gli argomenti in contrario, neppure per confutarli. Dunque la tua risposta è un po’ carente.
Nella selezione naturale elaborata da Darwin i meccanismi della natura non sono cattivi o buoni, o che portano a determinati fini e non hanno un valore dal punto di vista politico e morale.
Nel darwinismo sociale l’estensione della teoria di Darwin alla società umana ed in particolare alla sfera sociale ed economica mi pare più un giustificare il diritto del più forte sul più debole (in campo economico) e un giustificare forme di razzismo (colonialismo, antisemitismo…) in campo politico/culturale.
Ci sono tuttavia fondamentali differenze fra la società e l’organismo: le parti dell’organismo formano un tutto indivisibile, le diverse parti di una società sono libere e relativamente disperse e quindi, mentre le parti di un organismo collaborano insieme per la sopravvivenza di questo, nella società il tutto deve convergere per il benessere del singolo. Dal momento che l’evoluzione della società è un processo naturale, anche le disuguaglianze sociali ne sono il frutto inevitabile e naturale.
Non sono legati bene i passaggi logici tra le varie parti del tuo testo (i vari capoversi). Il fatto (esposto nel primo capoverso) che i meccanismi della natura siano moralmente neutri sembra mettere in dubbio che li si possa invocare per giustificare qualcosa (come invece fa il darwinismo sociale, come scrivi nel secondo capoverso). Eppure tu non colleghi esplicitamente le due cose.
La tua riflessione sulla differenza tra società e organismo non mi è molto chiara, soprattutto non me ne è chiara la pertinenza con l’argomento e neppure la coerenza con quanto scritto sopra. Se le diseguaglianza sociali sono un frutto inevitabile e naturale sembra che il darwinismo sociale sia giusto, cosa che prima negavi…
Sinceramente penso che il darwinismo possa essere si applicato alle popolazioni umane ma non propriamente come negli animali. Difficile pensare oggi giorno che una specie più forte domini su un’altra e prenda il suo posto. Forse un tempo parliamo degli inizi della civiltà umana è sicuramente più veritiero: l’uomo sapiens che con la sua intelligenza e “evoluzione” si avvento su l’uomo di Neanderthal. Con Hitler vedo un tentativo di sterminio del popolo ebreo quasi visto come più debole e quindi la razza ariana superiore andrebbe a sterminati e a sopravvivere., ma questo è un concetto indotto dal nazismo e non veritiero, è stato fatto in modo che la gente pensasse che la Raza ariana fosse la migliore e la più forte.
In Conclusione vedo il darwinismo sociale più applicato nel passato che oggigiorno. Con l’avvento della ragione nell’uomo e nei pensieri moderni di civilizzazione e di vita penso sia difficile che i concetti del darwinismo si attuino.
Non è chiarissimo perché il darwinismo sociale non potrebbe funzionare. In ogni caso non ha mai funzionato neppure in passato. Quella che ha funzionato è stata, forse, la selezione naturale darwiniana (non il “darwinismo sociale”), applicata magari ai rapporti tra Sapiens e Neanderthal (ma, come sai, la questione è controversa).
No perché come dice Barrai la selezione naturale in ambito umano non può più operare, perché ogni forma di selezione (da quella operata dal mercato a quella che sarebbe effetto di una lotta tra classi sociali o tra popoli) è inesorabilmente “artificiale”, frutto di un preciso progetto umano, cosciente [1] (non riguarderebbe, cioè, l’ambito della teleonomia, ossia di un apparente finalismo, frutto, appunto, del meccanismo della selezione naturale, ma di una vera e propria teleologia, ossia di un finalismo effettivo, consapevole, intenzionale).
Riporti pari pari le parole del mio sito, senza citarle tra virgolette… Ti sfugge perfino la nota numero [1} che ricopi nel testo… Non era una verifica, quindi eri autorizzata ad attingere a testi di riferimento, ma resta valida la regola che, se citi, tu riporti la fonte.
A mio parere il darwinismo sociale può essere scientificamente possibile ma è decisamente improbabile; infatti applicando la teoria a specie animali si ha come risultato della selezione naturale, la sopravvivenza dell’animale con le caratteristiche fisiche più adatte a quella particolare circostanza mentre gli altri soccombono. Con le popolazioni umane invece non funziona allo stesso modo, esse tendono ad organizzarsi in gruppi e società quindi la selezione naturale non va a selezionare il singolo individuo più adatto ma la comunità o società meglio organizzata. Di conseguenza se all’interno di una comunità dovesse nascere un individuo con alcune limitazioni fisiche per cui egli non può camminare e muoversi liberamente, nel mondo animale morirebbe (come esplicitato nella teoria di Darwin) mentre noi umani cerchiamo di essere solidali nei suoi confronti e di sostenerlo. Egli potrebbe anche rivelarsi di enorme aiuto alla società stessa come, per esempio, Stephen Hawking: un grandissimo fisico, cosmologo, matematico e tanto altro, che dato il suo contributo all’umanità attraverso diversi studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo.
Insomma, abbracci l’ipotesi che la selezioni funzioni ancora a livello umano, ma abbia effetti del tutto diversi da quelli immaginati dei darwinisti sociali (cosiddetti) e dai razzisti. E’ probabile. Ti segnalo che anche per alcuni gruppi animali, comunque, a quanto pare, funziona la selezione “gruppale”, per così dire, e non solo quella individuale.
Secondo Darwin i meccanismi della natura non hanno uno scopo o un fine preciso e non sono da considerare sotto un aspetto morale, politico o etico. Però la teoria di Darwin sostiene che ogni individuo sia in competizione con un altro e che quando le risorse presenti scarseggiano sono gli individui più adatti all’ambiente ad avere la meglio e a sopravvivere. Se questo aspetto viene visto sotto un punto di vista sociale può quasi sembrare una giustificazione a comportamenti razzisti o al diritto di una persona più forte di prevalere sul più debole.
Quindi secondo te il razzismo ha qualche fondamento scientifico? Oppure vi sono problemi metodologici nel trasferire concetti biologi all’ambito sociale?
Dal mio punto di vista i concetti appartenenti al darwinismo possono sintetizzare non solo L’andamento e l’evoluzione degli animali selvaggi ma anche degli uomini durante la loro vita cittadina: tutt’oggi infatti possiamo constatare nella vita di tutti i giorni che alcune condizioni possono risultare più favorevoli di altre all’interno della società ad esempio: nascere poveri potrebbe sembrare una sfortuna ma al giorno d’oggi sono presenti innumerevoli agevolazioni che attenuano e migliorano la sua situazione mentre magari una persona che non rientra in nella definizione di “povero”, non avente quindi diritto a quelle particolari agevolazioni potrebbe trovarsi in maggiore difficoltà del povero e magari non riuscirebbe neanche a sopravvivere. In questa situazione io vedo chiaramente il favoreggiamento dello sviluppo di particolari caratteristiche CASUALI che portano a una maggiore facilità nella vita: parte della teoria evoluzionistica predicata da Darwin.
Credo che il darwinismo non possa essere applicato pienamente nell’ambito della società umana, poiché nella lotta per la sopravvivenza individuale intercorrono diversi elementi, quali i costrutti sociali e le convenzioni che modificano le possibilità di sopravvivenza del singolo, in maniera conforme al tipo di società nella quale è inserito.
Per poter applicare il meccanismo di selezione naturale all’uomo credo sia necessario fare un salto di gerarchia e considerare al posto del singolo individuo, diversi gruppi sociali con tratti affini.
Personalmente ritengo che il darwinismo oggi giorno non sia molto presente sebbene nel passato ci siano state delle popolazioni sottomesse. Questo avvenne con lo schiavismo, sempre esistito, che vedeva la sottomissione e schiavizzazione del popolo dominato cosiderato ormai inferiore. Questo avveniva solo a causa di un’idea generata da presupposizioni errate. Questo schiavismo ha portato ripercussioni anche nei giorni nostri mantenedo delle diversità molto grandi relative allo sviluppo principalmente economico e sociale.
A mio parere il darwinismo puè sembrare scientificamente sostenibile se si parla di mutamento dell’organismo e non di estinzione di massa. Infatti se prendiamo in considerazione l’evluzione umana, possiamo notare come l’uomo sia riuscito ad adattarsi e sopravvivere senza estinguersi. Un esempio può essere la morte, ad esempio, per febbre: fino a non molti anni fa le l’orti per febbre erano frequenti ma con gli anni l’uomo è riuscito a combatterla e a trovare una soluzione che non presupponesse l’estinzione di massa.
A domani prof 👋🏼👋🏼👋🏼
Secondo me, la teoria darwinista non è sostenibile del tutto se applicata a popolazioni umane.
Infatti gli effetti del darwinismo non possono essere considerati “naturali” ma sempre indotti dal essere umano