Il 2 maggio, dalle 18.30 alle 19.30, ho proposto con Norma Romano un incontro gratuito on line sull’importanza di conoscere se stessi per affrontare meglio la vita.
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Corso di formazione esistenziale
Il Centro di Consulenza e Pratiche Filosofiche di Udine ha proposto dal un corso on line, a numero limitato di partecipanti, sul tema della libertà: un viaggio tra le diverse teorie filosofiche attraverso l’esercizio di un pensiero critico (cliccare sull’imamgine per ingrandirla).
Gli obiettivi del corso sono stati: sviluppare le proprie capacità critiche, autocritiche, interpretative e riflessive; acquisire consapevolezza del rapporto tra pensato, vissuto e agito; imparare ad esercitare un proprio sguardo filosofico sul mondo; migliorare la propria capacità di esprimere e comunicare la propria “filosofia di vita”; acquisire maggiore capacità di ascolto nei confronti del punto di vista degli altri; migliorare la qualità della propria vita.
A tutti partecipanti è stata offerta, a richiesta, una consulenza filosofica individuale gratuita.
Per saperne di più sulla consulenza filosofica:
Tutto è uno e noi siamo tutto?
Come può la consulenza filosofica diventare (sempre più) una professione?
Da qualche tempo coloro che esercitano la consulenza filosofica si interrogano su una questione che sembra piuttosto grave e urgente:
Come può la consulenza filosofica, in quanto forma della filosofia, diventare (sempre più) una professione?
Per rispondere al quesito propongo tre tesi fondamentali, per argomentare le quali dovrò a più riprese evocare il libro in cui ho trattato estesamente della consulenza filosofica, come forma della filosofia, cercando di sviscerarne le implicazioni epistemologiche, culturali e, per quel che qui interessa, professionali: Platone 2.0. La rinascita della filosofia come palestra di vita, Milano-Udine, Mimesis 2016 (d’ora in poi “P” – per avere un’idea del contenuto di questo libro si possono leggere due penetranti recensioni: la prima di Davide Ubizzo apparsa sulla rivista “Phronesis” (Anno XIV, numero 25-26, aprile 2016), la una seconda, a cura di Augusto Cavadi, su “Comunicazione filosofica”, n. 38, maggio 2017 -).
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Storia della filosofia? 10 luoghi comuni da sfatare
Ecco una serie di discutibili luoghi comuni (eufemismo, per non dire che si tratta di vere e proprie “leggende metropolitane” che si tramandano perché nessuno ha il coraggio o la competenza per metterle in discussione) nei quali incorrono le ricostruzioni della storia della filosofia – complici anche le Indicazioni ministeriali del MIUR – compiute anche da diversi manuali scolastici in commercio (i cui autori si guardano bene dal correggerli, per tema – si può sospettare – che il proprio prodotto finisca invenduto, dal momento che coloro che dovrebbero adottare tali opere – i docenti di Filosofia – sono tendenzialmente conservatori nelle loro scelte).
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Saggi e articoli
Perché filosofare sul web
Che significa essere cattolici?
Che significa essere cattolici?
N. B. Le considerazioni che seguono sono elaborate non da un teologo di professione, ma da un filosofo, e sono svolte in una prospettiva filosofica. Non verranno perciò prese in considerazione tutte le fonti scritturali e magisteriali pertinenti al tema, ma ci si limiterà a poche considerazioni epistemologiche generali. Tuttavia, deve essere ben possibile a un semplice credente, relativamente digiuno di studi teologici, esplicitare e giustificare a se stesso il senso del suo essere cattolico, per confermarsi di essere tale (o per scoprire di non esserlo affatto). Altrimenti sarebbero con certezza cattolici soltanto i teologi in grado di dimostrare a se stessi e agli altri analiticamente i fondamenti dottrinali della propria fede. Si dirà che il credente “ingenuo”, a differenza del “filosofo” (portato a gettare il seme del dubbio dove altri vivono le certezze consolanti della fede), non ha bisogno di esplicitare e giustificare alcunché, poiché, se vuole essere certo di essere “cattolico”, può limitarsi a recitare, durante la messa, il Credo niceno-costantinopolitano e ad assentire all’omelia del sacerdote. Ma recitare il Credo non significa comprenderlo. D’altra parte, se fosse vero, come sostengono i cosiddetti cattolici tradizionalisti (le cui tesi, peraltro, proverò a confutare in questo contributo), che la Chiesa è precipitata in una grande confusione dottrinale, non si potrebbe essere mai certi che il sacerdote che pronuncia l’omelia sia in linea con l’autentica dottrina cattolica. Dunque, a quanto pare, siamo tutti chiamati a uno sforzo di discernimento senza precedenti.