Thomas Kuhn parte dalla considerazione che nessuna teoria è del tutto esente da falsificazioni (tentativi falliti di corroborarla), che non è possibile “misurare” il tasso di “falsità” (dunque di verosimiglianza) di una teoria rispetto ad un’altra e che, pertanto, non è possibile parlare di progresso scientifico, da un punto di vista strettamente logico-epistemologico.
Se un fenomeno contraddice la previsione di una teoria viene registrato come anomalia. Le mancate corroborazioni costituiscono, dunque, per Kuhn, altrettante anomalie rispetto a una teoria (p.e. la rotazione dell’orbita di Mercurio o la perturbazione di quella di Urano rispetto alla teoria di Newton). Non è ragionevole pensare che uno scienziato, davanti a una o più anomalie, abbandoni la teoria apparentemente falsificata, soprattutto se ne manca un’altra in grado di spiegare ciò che la prima non riesce a spiegare. Ma anche se quest’altra teoria esiste, è probabile che anche la nuova teoria non sia esente da incongruenze. Dunque la scelta tra più teorie rivali, in ultima analisi, è di ordine culturale, non strettamente logico.
In caso di anomalia per Popper vanno evitate le ipotesi ad hoc che tentano invano di salvare una teoria che, nei fatti, è stata falsificata. Secondo Thomas Kuhn le ipotesi ad hoc sono, invece, tentativi elaborati dagli scienziati per far rientrare l’anomalia nella teoria senza sovvertirla. Un’anomalia emergente durante il controllo di una teoria va spiegata adattando la teoria stessa e solo in casi estremi abbandonandola (costringendosi a cercare un’altra teoria).
Per Kuhn, insomma, non bisogna abbandonare subito le teorie che presentano anomalie, perché altrimenti la ricerca non potrebbe procedere e dovrebbe ricominciare sempre da capo alla minima perturbazione. Prima di considerare confutata una teoria, se ne devono risolvere le anomalie intese come rompicapo (puzzle) (cfr. il caso della scoperta di Nettuno: l’introduzione di un’ipotesi ausiliaria esplicativa della perturbazione dell’orbita di Urano evita di abbandonare la teoria di Newton e consente perfino la scoperta di un nuovo pianeta).
Lo scienziato lavora per lo più all’interno di una cornice di scienza normale, che gli vieta di mettere in discussione i presupposti del suo sapere, assunti, in un certo senso, come dogmi (p.e. principio di conservazione dell’energia, legge di Newton ecc.). Solo in tempi eccezionali, a fronte di crescenti anomalie, qualche scienziato geniale può tentare una rivoluzione scientifica, un cambio di paradigma, che comporta la messa in discussione di presupposti accettati fino ad allora (cfr. la crisi dei presupposti del meccanicismo).
Dal fatto che navighiamo in “oceani di anomalie” e non ci sono teorie prive di confutazioni deriva che un paradigma è preferito a un altro sulla base di criteri extrascientifici (p.e. pragmatici, culturali, religiosi, metafisici, estetici), come nel caso storico della scelta del modello eliocentrico copernicano piuttosto che di quello geocentrico aristotelico-tolemaico (entrambi presentavano numerose incongruenze).