Come intendere i tesori della sapienza umana

Siva_nataraja

Nella nostra prospettiva gli individui che appartengono alla specie homo sono costituiti in modo che l’Uno-tutto possa vivere, percepire e intendere attraverso di loro (senza escludere che ciò sia vero di altre creature terrestri, come p.e. le scimmie antropomorfe, e extraterrestri, ma in modi che ci sfuggono).

  • Dunque, qualunque azione un uomo compia costituisce una rivelazione dell’Uno?

In un certo senso sì. Tuttavia, la filo-sofia come ricerca e amore della conoscenza è la via eminente attraverso la quale nei secoli l’uomo ho cercato se stesso, l’Uno-tutto che io stesso sono – che noi stessi siamo – ha desiderato ricongiungersi a sé , in un percorso costellato di innumerevoli equivoci (idoli) che ancora, inevitabilmente, si presentano.

In questa ricerca, che è filosofica, ma può apparire come religiosa, artistica, scientifica, latamente culturale, alcune tradizioni hanno prodotto risultati, sempre provvisori, in forme più o meno risonanti con quelle nelle quali si esprime la nostra prospettiva.

  • Ma evocare queste tradizioni non è invocare un principio di autorità?

Evocare alcune di queste tradizioni, in quanto hanno lasciate tracce di sé nella forma di testi o immagini, non è indulgere a un improprio principio di autorità; significa, piuttosto, corroborare la nostra prospettiva.

  • E perché mai?

Se siamo davvero l’Uno alla ricerca di se stesso, tale ricerca nei secoli avrebbe dovuto ragionevolmente produrre risultati convergenti (o, almeno, reinterpretabili come tali), nei limiti in cui tali risultati erano raggiungibili con i mezzi a disposizione nelle diverse culture e nonostante i diversi tipi di condizionamento locale (di ordine economico, sociale, politico ecc.).  Ma è proprio questo il caso, come si sono accorti prima di noi tutti coloro che hanno ritenuto di indovinare, nel corso dello sviluppo millenario del pensiero e della cultura, lo stagliarsi del profilo di una “filosofia perenne” (la prisca theologia di Marsilio Ficino).

  • A quali tradizioni, in particolare, ti riferisci?

Le tradizioni a cui alludo sono rappresentante in modo eminente dal platonismo greco e dal Vedanta hindu. Anche se noi le conosciamo soprattutto attingendo a testi scritti, possiamo congetturare che esse derivino da una tradizione ancestrale, esclusivamente orale (come è proprio delle autentiche tradizioni), presumibilmente risalente all’originaria cultura indoeuropea (non si parla di razza!) da cui le citate tradizioni  di epoca storica sono derivate.

  • Non ti sembra di peccare di eurocentrismo?

No, non escludo affatto, in realtà, che altre tradizioni, a me meno note, evolutesi presso altre culture (mi sovviene il taoismo) possano avere conseguito risultati affini.

Tuttavia, il vantaggio di attingere a testi scritti in lingue indoeuropee (il greco e il sanscrito in primis) è che essi possono più immediatamente risuonare con il linguaggio che noi stessi parliamo, ricorrendo sovente a termini che condividono la medesima radice indoeuropea di parole di uso corrente (come “essere”, “anima”, “uno” ecc.).

di Giorgio Giacometti