Perché gli enigmi della natura potrebbero restare insoluti

laboratorio

  • D’accordo, supponiamo che ad oggi la ricerca scientifica non si sia dimostrata in grado di sciogliere alcuni enigmi.  Che cosa esclude che essa possa scioglierli in futuro?

Dipende dalla natura delle cause in gioco nei fenomeni o processi naturali che risultano attualmente inesplicabili.

  • A che che genere di cause ti riferisci?

Se, ad esempio, in alcuni processi – come tutto fa pensare per quanto riguarda quelli che risultano attualmente inesplicabili – operassero quelle che Aristotele e Tommaso chiamerebbero cause finali, non ci sarebbe modo  di spiegare questi processi ricorrendo ai procedimenti della ricerca scientifica sperimentale.

  • Perché no?

Che cosa fa lo scienziato?

  • Che fa?

Costruisce modelli compatibili con i fenomeni noti, ma, soprattutto, capaci di predire eventi che non sono stati ancora osservati. Una teoria scientifica, in particolare, è tanto più convincente quanto più è in grado di prevedere/spiegare fenomeni (anche precedenti o già noti) non considerati nel momento della sua elaborazione (ciò che l’epistemologo Imre Lakatos chiama “contenuto empirico indipendente”).  

Più in dettaglio la scienziato, applicando il metodo cartesiano, riduce fenomeni complessi a fenomeni più semplici (analisi), manipolando opportunamente la natura. Questo gli permette di allestire esperimenti, replicabili da chiunque sia in grado di riprodurre le medesime condizioni sperimentali, nei quali figurano come dati in ingresso gli oggetti naturali così manipolati e come risultati i dati in uscita.  Se il risultato atteso si verifica, la teoria risulta corroborata.

Ora, così facendo, su che cosa (o mediante che cosa) agisce lo scienziato?

  • Su che cosa?

Agisce e può agire soltanto sulle (o mediante le) c.d. cause efficienti, essendo egli stesso, in quanto agente delle manipolazioni, in ultima analisi causa efficiente dei fenomeni che, letteralmente, produce (ad esempio la nascita di nuove particelle subatomiche non mai prima osservate in un acceleratore di particelle o la generazione di una chimera in ambito biologico).

  • E perché lo scienziato non potrebbe agire anche sulle (o mediante le) cause finali, ammesso che qualcosa del genere esista?

Perché lo scienziato può solo agire nel presente per modificare il futuro (che è chiamato a predire e le cui predizioni sono oggetto di controllo), ma non può agire nel presente per modificare il passato (retrodizione), come opererebbe una causa finale (la quale, come ci ricorda Luigi Fantappié, può essere rappresentata semplicemente come una causa efficiente che agisce a freccia del tempo invertita).

Pertanto, se in natura operassero cause finali (e vi sono numerosi indizi a favore di questa ipotesi) queste non potrebbero venire riprodotte in laboratorio e non potrebbero essere direttamente oggetto di verificazione (o falsificazione) sperimentale.

  • E indirettamente? Queste cause finali potrebbero venire rilevate indirettamente?

Si. Se vi fossero “processi” che, manipolati dallo scienziato agendo sulle loro cause efficienti, subissero bensì un’alterazione nel loro sviluppo naturale, ma, salvo che l’intervento non fosse distruttivo, continuassero nel loro corso, le cause finali di questi processi potrebbero essere intuite indirettamente, per così dire in controluce, allusivamente o negativamente, tramite l’attività scientifica.

L’attività dello sperimentatore costituirebbe una mera interferenza all’interno di un processo che egli non potrebbe globalmente controllare, come una diga non può impedire infinitamente all’acqua di un fiume di raggiungere il mare.

Tuttavia, le cause nascoste, di tipo finale, da cui tale processo dipende, potrebbero essere suggerite proprio dal fatto che il processo stesso possa solo venire alterato (o, al limite, distrutto), ma non generato con gli strumenti della sperimentazione scientifica.

  • Ma che di che tipo di ” processi” si dovrebbe trattare?

Si dovrebbe trattare di “sviluppi” non riducibili, tali da sfuggire a ogni tentativo di ricondurli a leggi o a spiegazioni in termini di causa-effetto. 

Alludo precisamente a quegli sviluppi la cui spiegazione non si è ancora trovata e che costituiscono, pertanto, enigmi della natural’origine e l’evoluzione dell’universo, l’origine e l’evoluzione della vita, lo sviluppo degli organismi, la nascita della coscienza, l’intelligenza, la memoria, la libertà ecc. 

  • Ma perché tali sviluppi dovrebbero dipendere da cause finali?

Che vi siano all’opera segretamente – un “segreto metafisico” – cause finali è suggerito da questa circostanza: si tratta di sviluppi, appunto, caratteristicamente irreversibili, in ambito cosmologico, biologico e psicologico, che, per prodursi, richiedono (apparentemente) tempo e sono contraddistinti da un peculiare bilancio tra incremento di ordine, concentrato in loro medesimi (sorta di vortici), e un incremento di disordine, al contorno.  

L’ordine prodotto non è immediato, “automatico”, come quello generato dallo svolgimento di un’operazione matematica (e, almeno idealmente, nei processi fisici reversibili determinati da cause meccaniche, come le trasformazioni adiabatiche), ma è complicato e, per così dire, ritardato da un lavoro di continua selezione di componenti funzionali, lavoro che determina un incremento del disordine al contorno.  

Ciò impedisce di prevedere con precisione prima quello che accadrà poi e mostra in questi processi una certa indeterminazione che, quando è vissuta soggettivamente, può rappresentare se stessa come (un certo numero di gradi di) libertà. 

Nondimeno questi sviluppi non si svolgono in modo tale che il risultato finale possa essere frutto di una pura combinazione casuale di circostanze. Questo risultato, infatti, non corrisponde a ciò che si registrerebbe (statisticamente) se tutto si svolgesse senza un fine, in modo puramente casuale.

  • Dunque, questi sviluppi richiedono tempo?

Questi sviluppi non solo richiedono tempo, ma, in quanto caratteristicamente irreversibili, fanno anche sì che il tempo sia ciò che è, alcunché di essenzialmente diverso dalle altre dimensioni (spaziali) in cui tutto si svolge.

  • Ma, se non erro, secondo te è possibile adottare una prospettiva, come quella di Parmenide o di Einstein, all’interno della quale il tempo è abolito (o ridotto a una dimensione equivalente a quelle dello spazio). Come appaiono in tale luce questi processi?

Se adottiamo l’interpretazione di Fantappié le cause finali che vi operano, come già notato, appaiono del tutto equivalenti a cause efficienti a freccia del tempo (spazializzato) invertita. Tuttavia, più propriamente il sistema complessivo, in cui il tempo è abolito, è tale che le cause cessano di essere tali (la causalità, infatti, presuppone il tempo e la vita), ma conserva una caratteristica coerenza logica globale (vi operano forme di entanglement spaziale e temporale).

Tuttavia tale sistema “simultaneo” non è visibile come tale a chi vi è immerso, cioè ne è parte, come individuo vivente. La necessità che vi domina (“fato”, “destino”) non può essere riconosciuta come tale, ma solo presagita ad es. nei cosiddetti fenomeni di sincronicità (quando, ad es., si registrano i suddetti fenomeni di entanglement), dal momento che ciascun individuo, in quanto si sviluppa all’interno del sistema, si rappresenta se stesso, così come gli altri sviluppi interni al sistema, come tale da godere di un certo numero di gradi di libertà (e di corrispondente potere causale).

 

di Giorgio Giacometti