Limiti del meccanicismo

proiezione

  • Tu, dunque, proponi di interpretare almeno alcuni processi naturali in termini non meccanicistici, riconducendoli a cause finali piuttosto che efficienti?

Si. Come spero di riuscire ad argomentare, penso che tutto ciò che accade dipenda, in ultima analisi, da cause finali.

  • Come puoi sostenere qualcosa del genere, quando da secoli la ricerca scientifica è proceduta sui sicuri binari del meccanicismo?

Ne sei certo?

  • Certo. Leggi che cosa scriveva ad es. Jacques Monod, quando, in Il caso e la necessità,  chiamava in causa il cosiddetto “postulato dell’oggettività” della natura:
La pietra angolare del metodo scientifico è il postulato dell'oggettività della Natura, vale a dire il rifiuto sistematico a considerare la possibilità di pervenire a una conoscenza 'vera' mediante qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali, cioè di 'progetto'. La scoperta di questo principio può essere datata con esattezza. Galileo e Cartesio, formulando il principio d'inerzia, non fondarono solo la meccanica, ma anche l'epistemologia della scienza moderna, abolendo la fisica e la cosmologia di Aristotele. Certamente ai predecessori di Cartesio non erano mancate la ragione, la logica, l'esperienza, e neppure l'idea di confrontarle sistematicamente. Ma la scienza, così come l'intendiamo oggi, non poteva costituirsi solo su queste basi. Le mancava ancora la severa censura del postulato di oggettività. 
Postulato puro, che non si potrà mai dimostrare poiché, evidentemente, è impossibile concepire un esperimento in grado di provare la non esistenza di un progetto, di uno scopo perseguito, in un punto qualsiasi della Natura.
Il postulato di oggettività è consostanziale alla scienza e da tre secoli ne guida il prodigioso sviluppo. È impossibile disfarsene, anche provvisoriamente, o in un settore limitato, senza uscire dall'ambito della scienza stessa.
[Jacques Monod Il caso e la necessità, p. 33]
  • In particolare, per quanto riguarda l’ambito della vita,  che tu consideri uno “sviluppo” esplicabile sulla  base di cause finali, Monod precisa:
    L'oggettività ci obbliga a riconoscere il carattere teleonomico degli esseri viventi, ad ammettere che, nelle loro strutture e prestazioni; essi realizzano e perseguono un progetto. Vi è dunque, almeno in apparenza, una profonda contraddizione epistemologica. Il problema centrale della Biologia consiste proprio in questa contraddizione che occorre risolvere se essa è solo apparente, o dimostrare insolubile se è reale [ibidem].

Per quanto riguarda quello che Monod chiama “Il problema centrale della Biologia”,  è possibile impostare una sua soluzione con un approccio diametralmente opposto all’approccio di Monod.

Ma la tua tesi, mi sembra, è più generale. Come molti fisicalisti sostieni più o meno come segue: dai tempi di Galileo e Cartesio la scienza, come si esprimeva Immanuel Kant, è proceduta sui suoi sicuri binari (a differenza della filosofia, della teologia, dell’astrologia e di altre simili pseudo-scienze) dal momento in cui ha deciso di prendere le mosse da una serie di assunzioni meccanicistiche e di escludere dal proprio campo un’altra serie di assunzioni non meccanicistiche: essenzialmente da quando ha ammesso come principi di spiegazione accettabili solo cause di tipo materiale o efficiente, escludendo dal novero di tali principi cause di tipo formale o finale (per tacere dell’invocazione dell’azione di Dio o di alcunché di spirituale); e da quando ha fatto del procedimento “geometrico-matematico”, connesso in qualche modo [in realtà in modi tutt’altro che ovvi] con l’ “evidenza” sperimentale,  il proprio metodo fondamentale.

  • Esattamente

Innanzitutto osserva che gli stessi fisicalisti, come Monod, ammettono che le assunzioni meccanicistiche, in quanto postulati teoretici fondamentali, non sono direttamente dimostrabili. Essi, infatti, ne difendono il valore irrinunciabile invocando gli straordinari successi della “scienza” e del suo metodo.

  • E non è forse un buon argomento?  La scienza, che è proceduta su basi meccanicistiche, ha mietuto finora successi enormi, che sono sotto gli occhi di tutti, mentre altre “visioni del mondo” (come quella antica o quelle “orientali”), sovente contraddistinte proprio da un approccio di tipo “olistico”, per quanto filosoficamente seducenti, non sembrano, tuttavia, aver dato gli stessi risultati, in termini di comprensione della natura e di sviluppo tecnologico.

Bisognerebbe intendersi sul concetto di “risultato”. Inquinare o devastare l’ambiente è certo un “risultato”, ma è poi così desiderabile? Ma ammettiamo, senza concederlo, che la scienza “moderna” abbia mietuto solo successi.

Ma, soprattutto, paradossalmente, il fatto che l’approccio meccanicistico alla natura sia così tecnologicamente promettente può essere anche considerato un argomento contro la “verità” di tale approccio. Come dire: da Bacone in poi la scienza meccanicistica della natura interroga la natura solo per poterla meglio sfruttare, più che per poterla meglio conoscere. Gli esperimenti che essa allestisce sono costruiti a priori per indagarne solo quei tratti (le cause materiali ed efficienti dei fenomeni) funzionali a riprodurre artificialmente i fenomeni naturali, trascurando tutti gli altri aspetti degni di “contemplazione”.

Ad esempio: se studio i viventi come se si trattasse macchine biochimiche programmate dai loro geni (secondo l’ideale della biologia molecolare) posso  trarne indicazioni utili per applicazioni biotecnologiche (p.e. in agricoltura), mentre se li studio come il frutto dell’azione di campi morfogenetici, costitutivamente refrattari a venire riprodotti in laboratorio, la mia ricerca è tecnologicamente sterile (dunque neppure sensatamente finanziabile). Ciò, tuttavia, non depone contro l’esistenza dei campi morfogenetici, ma solo contro il loro “valore d’uso”.

Insomma, senz’altro il progresso scientifico ha consentito di mietere grandi successi soprattutto in campo tecnologico, ma bisogna stare attenti a non commettere un grave errore epistemologico.

  • Quale?

Quello di proiettare, per così dire, un metodo sul proprio oggetto.

  • Che cosa intendi dire?

Ad esempio, oggi riusciamo a fare (calcolare) grandi cose con il computer.  Sarebbe tuttavia un errore pensare che la realtà stessa sia digitale piuttosto che analogica, ossia discreta piuttosto che continua, solo perché il computer può “leggerla” solo se riusciamo a ridurla a sequenze di 0 e 1.

  • Eppure vi è chi pensa che queste straordinarie capacità dei computer non siano casuali e che, in particolare, non sia un caso che oggi si possa immaginare di costruire un computer quantistico. La realtà stessa potrebbe essere, in ultima analisi, qualcosa di “granulare”, come ci suggerisce la meccanica quantistica…

Anche quest’idea potrebbe essere il risultato della proiezione di un metodo su un oggetto, non ti sembra?

Le cose non sono fatte di lettere e sillabe anche se noi ci serviamo del linguaggio articolato per rappresentarle!

  • Ma come puoi seriamente mettere in discussione che la natura sia meccanica come la ricerca scientifica suggerisce che sia?

Sulla base di due considerazioni fondamentali.

In primo luogo la preferenza degli scienziati di oggi per le interpretazioni meccanicistiche delle loro stesse scoperte non ha alcunché di scientifico.

Essa radica in  una “fede” nel meccanicismo non meno irrazionale della “fede” che si può nutrire, ad esempio, nell’olismo e nelle interpretazioni che lo richiamano (come quelle che si appellano a “campi morfici“).

In secondo luogo i presupposti meccanicistici,  a cui faceva riferimento ad es. Monod, sono molto meno antichi di quello che si potrebbe credere e, ancora oggi, sono assai meno consolidati di quello che sembra.

Anzi, è possibile sostenere che il progresso scientifico è sempre stato accompagnato da una forma di cripto-animismo.

 

di Giorgio Giacometti