In Inghilterra si sviluppa una corrente, quella dell’empirismo, che insiste sull’importanza, in campo scientifico, di osservazioni ed esperimenti.
Già Bacone agli inizi del Seicento celebra l’importanza dell’esperimento e dell’induzione.
John Locke, nella seconda metà del secolo, pur facendo propria la distinzione di Galileo e Cartesio tra qualità primarie (corrispondenti alle grandezze fisico-matematiche dei corpi) e qualità secondarie (quella soggettive, come colori, suoni ecc.), ritiene che le prime si ricavino per esperienza per generalizzazione di casi particolari.
Lo stesso Isaac Newton, considera la legge di gravitazione che perviene a formulare come “valida fino a prova (sottinteso: empirica) contraria”; inoltre si rifiuta di formulare ipotesi sulle cause della gravitazione (in termini leibnizioni: non ritiene necessario comprendere la ragion sufficiente del fenomeno).
Infine, David Hume porta alle estreme conseguenze questo approccio: egli mette in luce, da un lato, come gli altri empiristi, i limiti della ragione, ma riconosce anche, come gli antichi scettici, i limiti dell’induzione e dell’esperienza (empirismo scettico).