Per quanto riguarda il problema di come conciliare il libero arbitrio con il meccanicismo a cui sembra obbedire la Natura secondo la scienza galileiana, cartesiana e newtoniana, Baruch Spinoza “taglia la testa al toro”, come si suol dire, negando semplicemente che esista il libero arbitrio. Materia (o estensione) e pensiero non sono due sostanze distinte che interagiscono una con l’altra, ma due “facce” (due “attributi”) della stessa unica Sostanza (Dio = Natura).
Infatti, se definiamo con Aristotele “sostanza” ciò che non dipende da altro per essere, le cartesiane res cogitans e res extensa non possono più essere considerate vere e proprie sostanze (come le considerava Cartesio), in quanto dipendono da Dio, la sola vera e unica sostanza.
Che cosa sono, allora, pensiero ed estensione? Essi sono attributi di Dio, in quanto dipendono da Dio (non potrebbero esistere senza Dio), così come gli accidenti delle sostanze in senso aristotelico dipendono dalle rispettive sostanze (un tavolo può essere bianco o nero – accidenti che non potrebbero esistere senza il tavolo -, ma deve necessariamente essere un “tavolo”, la sostanza, senza la quale il”bianco” e il “nero” non potrebbero inerire ad alcunché).
In questa prospettiva “monistica” (secondo la quale pensiero ed estensione non sono che “due facce della stessa medaglia”) dire, ad esempio, “Tizio esce di casa perché vuole prendere una boccata d’aria” e dire “Tizio esce di casa perché i muscoli delle gambe, comandati dal cervello, lo portano fuori di casa” sarebbe la stessa identica cosa, solo vista da due punti di vista diversi (come dire che uno stesso foglio è concavo o convesso a seconda del punto di vista da cui lo si guarda), il punto di vista (soggettivo) del soggetto agente e quello (oggettivo) di qualcuno che lo studiasse dall’esterno.
N.B. Il difetto di questa soluzione è la negazione del libero arbitrio il quale sarebbe solo apparente: noi crediamo di essere liberi nelle nostre scelte, ma queste sono già determinate da cause (viste fisicamente) o ragioni (viste psicologicamente) ben precise anche se ci sfuggono: quelle appunto che ci fanno scegliere in un certo modo piuttosto che in un altro. Ma se il libero arbitrio non esiste, sembra che siamo del tutto irresponsabili delle nostre azioni (non potremmo agire se non come agiamo, dunque perché biasimare alcuni comportamenti e lodarne altri?). D’altra parte, anche se il libero arbitrio esistesse, come dovremmo intenderlo?
- Se la mia azione sfuggisse alla necessità perché casuale, non ne avrei maggior merito che se fossi costretto da necessità.
- Se invece posso invocare ragioni che giustificano la mia scelta (come dirà anche Leibniz), questa ragioni non sono forse la “controparte” spirituale di quelle che, sul piano corporeo, non sono altro che cause? Ma allora non potrei avere agito diversamente da come ho agito, perché qualora avessi agito diversamente da come ho agito, anche in quel caso ve ne sarebbero state ragioni o cause, semplicemente: diverse.