Lacan, negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, a differenza di Jung, si proclama “più freudiano di Freud”. Nondimeno, introducendo in psicoanalisi un lessico radicalmente nuovo, arricchito da nozioni mutuate dalla linguistica strutturale e dall’antropologia culturale, oltre che da filosofia (p.e. la dialettica servo-padrone in Hegel e Marx) e letteratura, e sviluppando anche una sorta di “psicoanalisi della psicoanalisi” (collocando nei registri “immaginario” o “simbolico” certe nozioni freudiane), egli dà origine, di fatto e di diritto (con la fondazione di due nuove associazioni), a una nuova tradizione psicoanalitica.
Il presupposto di questo sviluppo è l’intuizione, corrispondente alla scoperta del c.d. “stadio dello specchio”, che il nostro “io” è immaginario. Ne segue che i nostri desideri non sono nostri, ma di quell’altro che immaginiamo di essere. Inoltre, il nostro “io” è anche simbolico (è quello che gli altri ci dicono e desiderano che noi siamo). Ne segue che i nostri desideri sono ciò che gli altri desiderano che noi desideriamo.
Ma chi siamo dunque veramente noi e qual è il nostro “vero” desiderio? Sorpresa: non siamo alcunché e non abbiamo alcun desiderio originario. Il desiderio è il resto che deriva dalla differenza tra i nostri bisogni originari e la domanda attraverso la quale li esprimiamo. Questa domanda crea l’illusione di una mancanza, che dunque si rivela frutto del linguaggio.
Siamo, dunque, originariamente alienati dal linguaggio che ci è stato insegnato a parlare, erede della freudiana minaccia paterna di castrazione, senza possibilità di riscatto.
In quest’orizzonte radicalmente nichilistico possiamo eludere lo scacco che ci deriva dalla frustrazione alla quale siamo comunque destinati solo ricostruendo pazientemente la nostra storia personale, intesa come emersione della nostra verità soggettiva, cioè dello scarto irriducibile tra quello che tendiamo sempre a illuderci di essere e conseguire e quel poco che effettivamente siamo, in modo da non precluderci il cammino verso il futuro restando bloccati in vane fissazioni e recriminazioni. Si tratta, insomma, di riconoscere essere animali simbolici.
Ecco che cosa si legge su Lacan nell’Enciclopedia “Treccani” on line.
Ed ecco alcuni estratti dagli Scritti di Jacques Lacan.