Significativo il fatto che la rivoluzione non nacque da un moto spontaneo di resistenza del popolo all’assolutismo monarchico, ma dalla convocazione effettuata dallo stesso re degli Stati Generali (5 maggio 1789) allo scopo di ottenere l’approvazione di nuove misure fiscali che avrebbero dovuto colpire soprattutto il clero e nobili. In teoria, quindi, re e popolo avrebbero dovuto essere dalla stessa parte (“illuministicamente”) contro i privilegi di pochi. Come sappiamo, invece, la cosa sfuggì di mano al sovrano, perché, probabilmente, come documentano i numerosi cahiers de doléances presentati, il malcontento sia del popolo (contadini e artigiani della città, soprattutto di Parigi), sia della nascente borghesia professionale e imprenditoriale era troppo cresciuto, così come le pretese politiche dei rappresentanti del Terzo Stato, ispirate ai principi dell’illuminismo, erano incompatibili con la volontà del re di preservare i suoi propri privilegi e l’assetto assolutistico. Ciò contribuisce a spiegare la convergenza di interessi (per un certo tempo) dei rappresentati del Terzo Stato e del popolo, soprattutto di Parigi, che portò in sequenza: alla proclamazione dell’assemblea nazionale costituente (20 giugno 1789), alla presa della Bastiglia (14 luglio), all’eversione della feudalità (abolizione di tutti i privilegio feudali, 4 agosto) e alla solenne proclamazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino (26 agosto).
Cfr. la prima parte del film La rivoluzione francese, coprodotto dalla Rai, del 1990, ben congegnato e piuttosto fedele a quanto ci proviene dai documenti dell’epoca (notare che molti fotogrammi del film, come quelli che ritraggono il giuramento della pallacorda o l’assassinio di Marat, sono direttamente ispirati e quasi ricalcati da celeberrimi dipinti che immortalarono gli stessi eventi, in particolare del pittore Jacques-Louis David).
[Dalla prima parte cfr. la prima riunione degli Stati Generali e il seguente dialogo tra Robespierre e Desmoulins; l’autoproclamazione del Terzo Stato come assemblea nazionale ad opera di Sieyès; il giuramento della pallacorda; l’autoconvocazione permanente dell’assemblea; il popolo di Parigi in armi (verso la presa della Bastiglia); la rivoluzione riconosciuta come tale; la nascita del tricolore; l’eversione della feudalità susseguente alla “grande paura”; la proclamazione dei diritti dell’uomo e del cittadino]
In alternativa possiamo fruire di questo documentario o di questa scheda video con immagini e voce narrante sintetica. C’è anche il celebre film Danton. Qui una puntata di Passato e presente sul tema.
L’assetto monarchico-costituzionale, ispirato al modello inglese e alla dottrina di Montesquieu, proprio della prima fase della rivoluzione (1789-92), si rivelò subito fragile, nonostante i buoni uffici di Mirabeau, di La Fayette e del club dei foglianti, a causa delle resistenze del re e della regina, del problema scaturito dalla costituzione civile del clero, delle crescenti rivendicazioni del popolo di Parigi. La fuga del re fermata a Varennes, maldestramente spacciata per rapimento, e la guerra dichiarata nel 1792 soprattutto per volontà dei girondini (e del re, che desiderava perderla!), diedero il “colpo di grazia” alla “tenuta” di questo assetto (qui sotto rappresentato dalla distribuzione dei seggi all’Assemblea legislativa).
[Della seconda parte (qui) del citato film, relativa all’approvazione della Costituzione e all’insurrezione del 10 agosto 1792, cfr. le sequenze dedicate a: l’invenzione della ghigliottina; Mirabeau cerca di convincere Maria Antonietta del valore della Costituzione; la Festa della Federazione, 14 luglio 1790; l’invenzione e il valore degli assegnati; il re critico della “costituzione civile del clero” e, a seguire, la reazione di Marat e la fuga del re fermata a Varennes; il massacro del Campo di Marte; la dichiarazione di guerra; la Marsigliese e il progetto della Convenzione; la seconda rivoluzione (repubblicana) del 10 agosto 1792].
Non meno fragile si rivelò, tuttavia, l’assetto repubblicano (che diede origine anche al celebre calendario rivoluzionario, a marcare la cesura con la tradizione religiosa e culturale), contraddistinto da crescenti violenze, spesso legittimate dalle circostanze eccezionali della guerra e della rivoluzione, culminanti nel Terrore (1793-94). Si verificò in questa fase il detto “ogni rivoluzione divora i suoi figli”, dal momento che vittime della rivoluzione cominciarono a essere non più soltanto i suoi veri nemici (gli aristocratici, eventualmente anche la famiglia reale), ma gli stessi esponenti rivoluzionari. Esplosero anche le contraddizioni del modello politico repubblicano ispirato alla dottrina di Rousseau: come può un popolo essere insieme sovrano e suddito di se stesso, obbedire a una volontà generale astratta (incarnata, di fatto, nel Comitato di salute pubblica guidato da Robespierre e intesa da Robespierre come “virtù”) e rimanere costituito da individui liberi (eventualmente anche di cedere ai propri vizi personali, prima di tutti il desiderio di arricchirsi)?
Ecco la distribuzione dei seggi alla Convenzione:
[Della terza parte del citato film, quella sui cosiddetti “processi”, cfr. le sequenze dedicate a: Marat e i massacri di settembre; la proclamazione della repubblica, dopo Valmy; verso la condanna del re; l’esecuzione del re; Dumouriez, la Vandea, l’occupazione del Belgio; il progetto del terrore; Danton e Robespierre contro la Gironda; l’assassinio di Marat.
Della quarta parte, sul Terrore, cfr. le sequenze dedicate a: Robespierre spiega il terrore; Desmoulins discute con Robespierre degli eccessi del terrore; il progetto di Danton di Comitato di Clemenza; Danton e Robespierre, a seguire: l’arresto di Danton; difesa di Danton e accuse di Robespierre alla Convenzione; il discorso di Danton alla fine del suo processo [importante]; Robespierre parla di Rousseau e di Dio, segue celebrazione dell’Essere supremo e della Dea ragione; il discorso di Robespierre alla Convenzione e la sua caduta.]
Dalla morte di Robespierre (1794) al colpo di Stato del 18 brumaio (1799) di Napoleone si assistette, nel clima della repubblica “termidoriana” e “direttoriale” fondata sulla Costituzione moderata dell’Anno III, a una continua oscillazione, in politica interna, tra minacce da sinistra (esemplare il tentativo di instaurazione di un regime comunistico di Gracco Babeuf nel ’96) e da destra (da parte di monarchici legittimisti, favorevoli alla restaurazione di un Borbone sul trono di Francia), a cui il Direttorio rispose con il ripetuto ricorso all’appoggio dell’esercito (costituito da giovani arruolati fin dal ’93, pervasi di spirito rivoluzionario), fino alla definitivo trapasso del potere nelle mani del più carismatico e “glorioso” generale del tempo, Napoleone Bonaparte.
In questi anni si consolida la “topografia politica” che ancor oggi riconosciamo: a destra i reazionari e i conservatori, al centro i liberali, a sinistra i democratici e, successivamente, i socialisti. Tutti costoro ebbero modo, in un certo senso, nel volgere di pochi anni di sperimentare (o di tentare di farlo, nel caso di Babeuf) i loro ideale, facendo della Francia rivoluzionaria un immenso laboratorio politico che resterà nella storia come paradigma (esempio) di ogni futura trasformazione istituzionale.